venerdì 28 maggio 2010

Divieti da estendere

Anche lo shantung. Da vietare, intendo.

Divieti da estendere

A Vicenza un preside ha bandito infradito, jeans a vita bassa e braghe corte.
Fantasmini, french e ghirighori di brillantini sulle unghie non si possono bandire anche a piede libero?

Certi amori non finiscono


Mocassini beige, acconciatura sciatta, portamento pesante. Qualunque donna che si accompagni oggi a un nostro amore passato non avrà mai abbastanza difetti. Non è solo che “certi amori non finiscono”, come diceva il buon Antonello Venditti. È che esiste una possessività inevitabile nei confronti di chi, per tre anni, un giorno o cinque minuti, abbiamo giudicato degno di un qualche affetto o attenzione. Questo non significa che i nostri giudizi non siano pertinenti, ma di certo saranno dotati di un'acidità imparagonabile a quella di chiunque altro. Lo dobbiamo alle sofferenze e alle gioie che abbiamo vissuto. Ora, io non vorrei metterla giù troppo filosoficamente, ma in fondo quel che accade quando sentiamo l'intero mondo parlare del sequel del film di Sex and the city è una cosa analoga. Non importa che commentatori e commentatrici ne parlino male o bene. Qualcuno ha detto che è peggio dei cinepanettoni, qualcun altro ha detto che non serve farla tanto lunga, è un film frivolo e lasciamo che sia. La Ficcanaso non l'ha ancora visto. Lo farà, probabilmente in solitudine tra qualche settimana e preferibilmente in lingua originale (a noi provinciali sembra accattivante qualunque cosa detta in inglese). Insomma: la ficcanaso non può esprimere un giudizio nel merito. Solo lo sdegno, lo snobismo, l'insopportabile sensazione di vedere una creatura che s'è amata in pasto a chiunque. Potremmo fare un test di conoscenza davanti alle sale ed escludere chi non conosce l'ora esatta del pronunciamento di “Absofuckinglutely”. Potremmo farlo e non basterebbe. Perché non servirebbe a impedire che qualcuno mangi patatine di fronte alle nostre ragazze, e qualcuna chiacchieri di Sex and the city di fronte a uomini a cui noi insegnammo tutto anni e anni fa.

giovedì 27 maggio 2010

Una copertina fatta coi piedi


Premessa: Ilaria D'Amico è come Napolitano. Se ne parli male o ti annoia o non ti diverte o non ti piace sei stronzo. (L'unica differenza è che se parli male di Napolitano gli uomini non ti dicono che sei "soltanto gelosa", ma vabbè).
Veniamo al punto: queste foto da milanese in vacanza in Liguria, o da ricchi in centro il sabato mattina sono quel che passa il convento. Ok, possiamo accettarlo anche se da un settimanale dalla carta irresistibile come Sette ci saremmo aspettate uno sforzo diverso. Ma i piedi. Perché mettere in primo piano i fastidiosissimi piedi? E con i jeans i piedi nudi? Brrrrr.

venerdì 21 maggio 2010

Crescere è tagliare i capelli


A una certa età le donne si tagliano i capelli, per evitare l'effetto "dietro liceo, davanti museo". Secondo me a Michelle l'operazione è venuta bene. No?

Ladri per amore


Dal Giornale del Popolo del 21 maggio
Cinque capolavori sono stati trafugati dal museo d'arte moderna di Parigi. I vicini di scrivania hanno l'aria di saperla lunga sentenziando che è un furto stupido perché nessun ladro potrà rivendere quei Modigliani, Braque, Picasso né mai incassare i cinquecento milioni di euro del loro valore complessivo. Dicono così perché non hanno mai visto Occhi di gatto, il cartone a cui dobbiamo la formazione che ci impedirà di morire un giorno manettari e giustizialisti. Erano tre sorelle bellissime, come cantava Cristina D'Avena nella sigla, scemotte camieriere di giorno, geniali ladre di opere d'arte di notte. I maschi lo guardavano perché, cartone animato o no, erano pur sempre figure sinuose inguainate in tutine nere da Batwoman, noi ragazzine cicciottelle perché saltellando davanti alla tv sognavamo di diventare come loro un giorno: furbe, belle, intelligenti, buone nonostante l'inconveniente di una professione illegale. Guardando le loro gesta eroiche e truffaldine stavamo tutte dalla parte delle criminali, così come nessuno ebbe mai pietà per l'ispettore Zenigata che dava la caccia a Lupin III. Il loro essere fuorilegge ci attraeva, ma più ancora la motivazione dei loro furti ci galvanizzava di quell'antilegalismo che una volta era a sinistra. Loro rubavano ed era giusto che lo facessero perché non avevano nessuna avida motivazione capitalistica, ma solo il desiderio di rimettere insieme la collezione d'arte del padre scomparso. Con una convinzione analoga a quella di allora noi crediamo che i preziosi dipinti di Parigi siano stati rubati per amore. Un ladro in calzamaglia le avrà già recapitate alla sua bella chiedendole di sposarlo. E lei seguendo la legge del cuore si dimenticherà di non avere uno straccio di anello per mettere a tacere le amiche pettegole.

giovedì 20 maggio 2010

Per manifesta superiorità




L'unica che può presentarsi così alla presentazione della collezione di Top Shop e non sembrare in mutande. Massimo rispetto.

venerdì 14 maggio 2010

Premiare lo sforzo

Dal Giornale del Popolo del 14 maggio
L'ultima volta è successo per il motorino. Già a quel tempo sapevo di avere unghie troppo fragili per dedicare l'estate ad occupazioni che non fossero la lettura interminabile di Delitto e Castigo nei pomeriggi afosi, per questo l’unico modo per mettere insieme i soldi necessari allo scopo era risparmiare. Il fatto che dopo un anno avessi raggiunto la somma necessaria all’acquisto di una sola ruota non mi scoraggiava più di tanto. Ogni ragazzina mediamente borghese spera in fondo nell’effetto di un gesto del genere sui genitori, spinti infine ad aprire il portafoglio dal gesto eroico e tutto sommato sensato della loro bambina, che certo è sempre quella che teorizza la non necessità di alcuno studio e di alcun lavoro, ma chissà che in quella determinata testardaggine non si nasconda l’inizio di una vita adulta, di quelle in cui si impara che niente si ottiene gratis e che i soldi non crescono sugli alberi e che per realizzare i propri desideri occorre mettersi d’impegno e via dicendo. Avvenne insomma che i miei mi aiutarono a comprare il motorino, che la mia adolescenza se ne giovò per lo spazio di un'estate e che da allora iniziai a pensare che in fondo il mondo dovrebbe fare come i tuoi genitori, e a un certo punto darti una mano premiando lo sforzo. Insomma, io sono a Berlino da tre giorni e non ho ancora comprato una maglietta. C’è un tizio che mi trascina in giro per musei di storia tedesca e quando tutte quelle date mi si aggrovigliano in testa mi immagino Hitler sul muro di Berlino, vado in confusione e non posso far altro che ammutolire. Nel pomeriggio da programma dedicato allo shopping abbiamo scoperto che esiste una strana festa del papà germanica, per cui sono chiusi tutti i negozi che non siano kebabbari o simili. Ecco, volevo dire. Ora non si può premiare il mio sforzo di elevamento culturale e portarmi in un centro commerciale?