Da Ticino7 del 26 aprile 2019
Tre o quattro Sanremo fa, a un giornalista che in conferenza
stampa le chiedeva come mai fosse giù di tono Arisa rispose: “Perché ho le mie
cose e noi donne durante quei giorni lì siamo un po’ suscettibili emotivamente.
Sono cose naturali: tutti fanno anche la cacca”.
La cacca la fanno anche gli uomini ma raramente chiunque di
noi sarebbe portato a motivare con il malumore da stitichezza qualche calo di
performance. Le mestruazioni, invece, sono roba solo di femmine, una cosa per
cui le stesse femmine provano spesso un istintivo ribrezzo.
In uno dei telefilm che hanno segnato gli anni Ottanta, i
Robinson, la mamma festeggiava “la giornata della donna” con le sue bimbe
portandole a divertirsi. Ai tempi di mia nonna ci si sentiva in obbligo di
condividere con le donne della famiglia il fatto che la più piccola della
stirpe fosse “diventata signorina”.
L’adolescenza scorre tra istruzioni dei tampax consultate
come un vocabolario di greco e passaggi in bagno senza farsi vedere. Dopo qualche
anno non ci si vergogna più, anche se tendenzialmente si preferisce farsi gli
affari propri o rivendicare la possibilità di parlare apertamente di
mestruazioni in nome della liberazione femminista che ci restituisce il potere
sui nostri corpi. In quegli anni l’unico obiettivo è controllarle, le
mestruazioni, diminuendone il più possibile l’incidenza sulla vita. È nel
decennio successivo che tutto cambia. Per chi desidera un bambino sono una
spada di Damocle. Ogni momento in bagno è il possibile infrangersi di un sogno
o un sospiro di sollievo.
Un aborto precoce, spiegano i ginecologici, ha l’aspetto di “una
mestruazione un po’ più abbondante”. Ricordo perfettamente l’autogrill di
Sant’Eufemia ovest, sulla bretella Bologna-Ravenna, in cui non riuscivo più a
uscire dal bagno. Sarà sciocco, ma è solo in quell’occasione che ho pensato per
a prima volta a quel sangue come simbolo della contraddizione che percorre la
vita.
Tutto il resto, in fondo, è divagazione da quattro soldi.
Dalle marche di assorbenti che si sentono in dovere di scrivere sulle
confezioni frasi motivazionali sul ciclo, ai colleghi che quando sentono aria
di tempestano sentenziano: «Lasciala stare, avrà le sue cose». In quei momenti
ogni donna ha la licenza di uccidere, rivendicando il diritto di essere odiosa
ogni giorno del mese.