martedì 28 gennaio 2020

No, non si dimagrisce per la salute


Da Ticino7 del 24 gennaio 2020
Nel giorno in cui un “digital humanist” vi apparisse come collegamento LinkedIn potreste imbattervi, come è accaduto a qualcuno di mia conoscenza, in una foto della cantante Adele, notevole in quanto enormemente dimagrita. Divorziata da poco e mamma di un bimbo di sette anni, la talentuosa cantante avrebbe perso circa una trentina di kg grazie ad una dieta che prevede sport, no alcol, no zuccheri e soprattutto una combinazione di cibi particolare in grado di “attivare il gene della magrezza”. Prima di cerca su Google Maps il gene della magrezza e cliccare su “calcola percorso” vorrei che i miei quattro lettori si fermassero un momento per seguire alcuni ragionamenti che solo inizialmente parranno divagazioni, ma a un determinato punto del percorso appariranno nella loro indiscutibile e convincente chiarezza.
Cercando le foto di “Adele dimagrita” vedrete la circonferenza della vita, quella delle braccia, la possibilità (impensabile per un grasso) di incrociare le gambe con i polpacci sotto le cosce. Vedrete anche un seno non più prosperoso, delle guance smunte, un’espressione smarrita di chi non sa come dirigere un corpo improvvisamente ridotto a un terzo di quello precedente. Ascolterete qualcuno notare quanto fosse sorridente prima e quanto paia preoccupata adesso. Come a dire che prima pensava di addentarsi una mortazza e ora è schiacciata dalla mestizia della vellutata di finocchio.
A quel punto qualcuno vi farà notare che si può anche perdere il sorriso (perché i grassi sorridono sempre, probabilmente cantano svuotando la dispensa accompagnati da un nero con il senso del ritmo), se in ballo c’è la salute. La salute, sia ben chiaro, non la magrezza. Del resto i tabloid ci informano che la stessa Adele avrebbe deciso di rimettersi in forma per suo figlio, Angelo, che evidentemente merita una madre sana. Il fatto che questo coincida con una madre magra, signora mia, è solo un caso fortuito.
Eccola la contraddizione inaccettabile: se un’agenda per i risparmi di casa (ricorderete il Kakebo della settimana scorsa) può e deve prometterci la felicità, da una dieta non possiamo aspettarci nulla se non la salute. A questo punto la rubrichista, che casualmente è reduce dalla perdita di svariati kg e impegnata nel folle volo della prosecuzione per gli ultimi cinque maledetti che la separano dalla felicità eterna, sbotta e dà in escandescenze. Nessuna donna grassa o anche solo pingue ha il coraggio di dire che si è messa a dieta per muoversi con più disinvoltura sugli uomini che le interessano e per allacciare la zip dell’abito nuovo senza rischiare l’asfissia. Nessuna racconta della soddisfazione inenarrabile di portare al braccio la borsa che ci si è regalate al traguardo dei primi 10 kg persi.
La salute è una roba da maschi oppure per chi non ha il coraggio di rivelare quante materialissime e frivolissime soddisfazioni ci si possa prendere con dieci e dico dieci kg in meno. No, la dieta non si fa per stare bene con sé stesse. La dieta si fa per indossare cose sbracciate e strette in vita anche in inverno, tornando a casa con la polmonite pur di sentirsi chiedere: “Ma come hai fatto? Stai benissimo!”.


Harry e Meghan: li si nota di più se non


Da Ticino7 del 17 gennaio 2020
Da ormai diversi giorni la monarchia britannica deve fare a meno di Harry e Meghan e del loro primogenito Archie, che il destino porterà inevitabilmente a seguire i genitori nella scelta di rinunciare al ruolo di “senior royals”. Difficile capire cosa significhi per gente tanto plebea da fare caso al prezzo della benzina praticato dai distributori. Quello che sappiamo è solo che l’8 gennaio scorso i duchi di Sussex hanno annunciato che lasceranno i loro impegni ufficiali (pur senza rinunciare ai titoli nobiliari, almeno per ora) per avere più spazio per sé e ottenere maggiore autonomia economica. Il che non significa certamente espandere la propria rete su LinkedIn e consigliare banali post di conoscenti di successo per mostrare di essere sempre sul pezzo e appetibili per il mercato, bensì dedicarsi con maggiore dedizione alla beneficenza.
La notizia, comprensibilmente rimbalzata su tutti i mezzi di informazione, ha alimentato le maldicenze che si rincorrono da tempo e che parlano di distanza crescente tra Harry e William nonché di evidente preferenza della regina per la famiglia di William e Kate. È infatti superfluo ricordare che nell’immagine natalizia della vegliarda intenta a fare gli auguri, solo poche e selezionatissime foto stazionavano sulla scrivania e in nessuna c’era traccia dei membri della famiglia apparentati con l’ex attrice americana.
Del resto, in tanti gloriosi e faticosi anni di mestiere, la presente rubrica ha dedicato a Harry e sua moglie, non più di poche righe. E poiché per certe persone che scrivono sui giornali la realtà null’altro è se non un pretesto per le proprie fissazioni vi dirò come la penso: l’unico modo perché Harry e Meghan potessero minimamente diventare interessanti per noialtri Middletoniani di ferro era esattamente questo. Se hai una cognata che pesa 45 kg, ha tre figli, è una borghese ma al contrario tuo non avrà mai la colpa di essere americana né di essere stata attrice puoi fare una e una sola cosa. Sceglierti un altro campionato, crearne uno tuo, giocare alla zia fricchettona che gira il mondo con caftani di seta giocando a rifiutare le convenzioni. Farti vedere giusto a Pasqua e a Natale. L’unico modo per ottenere una foto sulla scrivania e non smaniare per averla.


venerdì 10 gennaio 2020

Altan e il Kakebo

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Da Ticino7 del 10 gennaio 2020
Da settimane ho tra le mani un’agenda dedicata al risparmio. Non è ancora chiaro se chi me l’ha regalata per Natale fosse mosso da sentimenti solidali, ironici o minacciosi. Ma il Kakebo (questo il nome dell’aggeggio, ovviamente giapponese) non contempla l’insuccesso e assicura di aver già aiutato migliaia di persone ad andare oltre il risparmio: “Una gestione controllata delle spese aiuta a sviluppare la conoscenza di sé, l’autodisciplina e l’autostima. Meno stress, più serenità”.
La via alla serenità è lastricata di griglie in cui annotare obiettivi, spese in contanti o carta di credito e valutazioni del lavoro fatto. Il Kakebo è anche generoso di consigli. Come il trucco dei dieci secondi che esorta a riflettere almeno dieci secondi prima di inserire nel carrello del supermercato qualcosa che non era in lista. Per le spese extra non alimentari, invece, l’invito è ad aspettare 30 giorni. Trenta. Anche se la commessa vi dice che è l’ultimo articolo e voi immaginate un’orda di taglie 44 abbondonanti fuori dal negozio pronte ad approfittare della vostra ricerca della serenità. Il Kakebo dice che dopo 30 giorni molte voglie passano.
Dal Productivity Planner al metodo Marie Kondo passando per il Kakebo, queste invenzioni esercitano su alcuni di noi un fascino fortissimo. Innanzitutto, per la spudoratezza sfacciata con cui promettono la felicità. Poi, perché lo fanno associandola a tecniche essenzialmente basate sulla scomposizione dei problemi e degli obiettivi. Esattamente ciò che noi ingordi e spendaccioni siamo cronicamente incapaci di fare. Quando non ce la facciamo (di Marie Kondo ce n’è una e mia sorella, regina del risparmio, trova la serenità con un foglio Excel) pensiamo che siamo incorreggibili e forse anche sbagliati. E allora passiamo a cercare un nuovo metodo per governare noi stessi: proseguire la dieta, riordinare l’armadio, amare con misura, completare quella presentazione inutile per tempo e non la notte prima della consegna.
Oppure possiamo buttare alle ortiche i metodi che non ci corrispondono e contemplare quella meravigliosa vignetta di Altan che dice tutto di noi. Lei, pingue e meravigliosamente annoiata, sta stirando. Lui si avvicina: “Io esco. Ti serve qualcosa?”. Lei non si volta, continua a stirare e risponde: “Tutto”. La stessa risposta che darebbe dopo dieci secondi o trenta giorni.