tag:blogger.com,1999:blog-80861884421136186092024-03-13T21:43:17.226+01:00la ficcanasoEs un sentimiento nuevo
che mi tiene alta la vitala ficcanasohttp://www.blogger.com/profile/01955085185474547345noreply@blogger.comBlogger870125tag:blogger.com,1999:blog-8086188442113618609.post-34157095868308627752022-06-21T12:10:00.003+02:002022-06-21T12:10:47.774+02:00Di ruoli, modelli e stelle<p>Da Ticino 7 del 7 maggio 2022</p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjxWNwe78zKuxP3ptK5AUqULdvOoF6OxEfKJeJrucbml2-VVcll53FqhBIAX5hzwNMrO5r8tk6Et7xRgn50tyDRg14-kqdR7QdR9SefiWk9JZP57ontE7hG4hpzwdQiSCh_uOU3h1_R_QZ8i7KFc6NEEUuiAT8uoqfzgk_kVj1SKfkicqU9P2K5A2O0/s1280/cris%20figli%20ansa%202_28142944.jpeg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="907" data-original-width="1280" height="227" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjxWNwe78zKuxP3ptK5AUqULdvOoF6OxEfKJeJrucbml2-VVcll53FqhBIAX5hzwNMrO5r8tk6Et7xRgn50tyDRg14-kqdR7QdR9SefiWk9JZP57ontE7hG4hpzwdQiSCh_uOU3h1_R_QZ8i7KFc6NEEUuiAT8uoqfzgk_kVj1SKfkicqU9P2K5A2O0/s320/cris%20figli%20ansa%202_28142944.jpeg" width="320" /></a></div><br />Negli anni dell’università, un professore molto stimato insegnava che espressioni come “è indubbio” o “tutti sanno che” posizionavano subito il discorso nel settore della manipolazione. E io che oggi, per la prima volta, volevo essere assertiva mi trovo in difficoltà nell’iniziare un discorso che sostanzialmente dovrebbe debuttare in pagina in questo modo: è indubbio che la foto di Samantha Cristoforetti che saluta i figli prima di andare nello spazio sia semplicemente meravigliosa. È anche indubbiamente vergognoso che il mio pensiero sia andato subito ai concorrenti dell’Isola dei famosi che partivano lasciando a casa la prole per andare a soffrire la fame in un reality show. È indubbio che ci siano ragioni nobili e meno nobili per decidere di andarsene. È indubbio che andare a prendere l’autobus e scapicollarsi per tornare alle sette prima che la tata sparisca e infilarsi la tuta spaziale per stare in orbita cinque mesi siano attività di diversa fattura e identico peso specifico. È indubbio che qualunque scelta venga compiuta da una madre sia oggetto di mille speculazioni e valutazioni altrui. <p></p><p>Quando i bambini sono piccoli e ti si spacca il cuore a lasciarli anche per un solo secondo e si sciolgono in lacrime ogni mattina ti dicono che devi farti forza. Che appena tu giri l’angolo loro iniziano a giocare e sorridere. Tu passi un giorno intero con il magone ma lui sta bene, dicono le maestre. L’asimmetria inevitabile dei sentimenti tra genitori e figli inizia così, nel rimpallo di libertà e senso di colpa. Non so francamente se Samantha Cristoforetti un secondo dopo quella foto meravigliosa abbia iniziato a piangere come facevamo noi girando l’angolo dell’asilo. So, però, che girare l’angolo è giusto. E che se la libertà di scelta (di fare i figli, di non farli, di covarli fino alla maggiore età o di svezzarli a suon di babysitter) è la cosa più importante, lavorare è meglio che fare la mamma a tempo pieno. Ed è anche la cosa che sempre metterai istintivamente in discussione: ogni volta che escono da scuola piangendo e tu non ci sei, ogni volta che dimentichi di guardare i compiti perché la sera arrivi troppo tardi e non hai un neurone che sia uno. “Hanno un padre”, ha risposto Cristoforetti a chi le ha chiesto come avrebbe gestito i bambini durante la sua assenza. Hanno una mamma astronauta o mamma impiegata. Che deve andare nello spazio o rincorrere il tram. E le lacrime, come le soddisfazioni, non temono la forza di gravità.</p><p>(Foto: Ansa)</p>la ficcanasohttp://www.blogger.com/profile/01955085185474547345noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8086188442113618609.post-14765874967868972622022-01-09T10:14:00.005+01:002022-01-09T10:14:56.242+01:002022, io esco<p><span style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; text-align: justify;">Da Ticino7 dell'8 gennaio 2022</span></p><p><span style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; text-align: justify;">Contro la chat di classe esiste una letteratura incredibilmente ampia e condivisa. Non c’è genitore che non ne possa elencare, spontaneamente o su richiesta, la fenomenologia, i tic, la popolazione caratteristica e ricorrente.</span></p><p class="p1" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;">Non mancano mai, infatti, alcune figure centrali allo svolgimento dello spettacolo, come in una tragedia greca. Ci sono i genitori divorziati che si punzecchiano a distanza, le rappresentanti di classe volenterose, i principi del foro che avrebbero un sacco di idee per ammodernare la vecchia e polverosa dirigenza scolastica, le spacciatrici seriali di gif e cartoline di auguri, i disinteressati cronici che si fanno un punto di onore di aver sempre visualizzato senza mai rispondere, le gazzette dell’istituto pronte a riportare ogni voce di cortile, i polemici in servizio permanente, in grado di scagliarsi con eguale veemenza contro il brodo insulso servito ai bambini per pranzo, la mole eccessiva di esercizi di matematica, il metodo di insegnamento della prof di inglese (“ma quale metodo? Qui si deve parlare senza mezzi termini di tirannia, signori e signore”).<span class="Apple-converted-space"> </span></p><p class="p1" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;">Alla chat di classe si applica la regola aurea dei talk show e della tv spazzatura: guardarli è un modo per sentirsi sempre i migliori. “Ma quanto tempo hanno da perdere?”, ci chiediamo condividendo le ultime assurdità con amici che hanno pochissimo tempo quanto noi. <span class="Apple-converted-space"> </span></p><p class="p1" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;">Di questi tempi la “community” si aspetta di essere informata su ogni raffreddore, vaccino, tampone, situazione familiare. “Mariuccia ha incontrato un cuginetto fratello di un contatto di un positivo, ma sono passate 72 euro e non ha neppure un po’ di mal di testa, siamo sereni”. “Siamo sicuri che tizia possa davvero rientrare a scuola?”. “Perché il risultato del tampone non è stato condiviso?”. “In che giorno esattamente è stato effettuato l’esame?”.</p><p class="p1" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;">La sempreverde polemica sui regali di Natale al corpo docente risulta improvvisamente superata dalle pretese assurde di condivisione, scrupolo e cautela. È in quell’esatto momento che le decisioni drastiche non fanno più paura. Soppesi le conseguenze, sai che ti mangerai le mani al primo compito non chiaro su cui non potrai chiedere lumi a nessuno, ma ti fai forza perché ciò che è giusto è giusto. Abbandoni il gruppo provando un brivido di sollievo. Volevamo fare la rivoluzione e siamo finiti a sentirci eroi per aver abbandonato la chat di classe. Ma in fondo esistono modi peggiori per iniziare l’anno, no?</p>la ficcanasohttp://www.blogger.com/profile/01955085185474547345noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8086188442113618609.post-3754196988633249542022-01-09T10:14:00.001+01:002022-01-09T10:14:21.009+01:00Capodanno, la Stube e i balli di gruppo<p> <span style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; text-align: justify;">Da Ticino7 del 31 dicembre 2021</span></p><p class="p1" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;">I Capodanni che ricordo con maggiore entusiasmo sono quelli della mia infanzia da Cinepanettone anni Ottanta, quando si partiva il 26 con ancora la tavola apparecchiata dei bagordi coi parenti, le cartelle piene di compiti che avremmo fatto non si sa quando e gli sci attaccati sul tetto della macchina (no, non eravamo gente che affittava: erano gli anni gloriosi e lontanissimi in cui ancora si dava un valore alla proprietà privata e non allo sharing). Erano gli anni dello skipass con la foto, attaccato alla giacca a vento con un aggeggio con terminale elastico che rischiavi regolarmente di tirarti in faccia al momento dell’ingresso nella seggiovia. Non so come siamo finiti ad essere famiglie che vanno in ferie a mezze giornate, il 24 pomeriggio per finire i regali, il 26 mattina per sistemare la casa. I miei genitori chiudevano i battenti il 23 e di tutto si riparlava dopo il 6 gennaio. In mezzo, solo parenti e vacanze sulla neve. Ovviamente in comitiva con almeno 4-5 famiglie con figli di tutte le età che colonizzavano un albergo sperduto sui monti.<span class="Apple-converted-space"> </span></p><p class="p1" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;">In quel contesto in cui tutto era nostro, il Capodanno era una giornata di sci matto e disperatissimo con rientro in albergo leggermente anticipato per i riti in preparazione alla serata. Il nostro piano si trasformava in un salone di bellezza e con spazzola e asciugacapelli le madri si facevano la messa in piega a vicenda. Il cenone compreso nel prezzo non ti lasciava tregua, ma per noi bambini la cosa più bella era la serata danzante nella Stube dell’albergo. Tra Siamo i Watussi e Dai Fiordi della Norvegia imparavano la gioia dei balli di gruppo e osservavamo con incredulità fratelli e cugini adolescenti che non ballavano e stavano tutto il tempo a chiacchierare: l’anno dopo avrebbero insistito per fare Capodanno a casa con gli amici di scuola e noi bambini avremmo ricominciato a seguire i genitori in cene interminabili e prive di balli.</p><p class="p1" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;">Quando abbiamo smesso di essere bambini abbiamo iniziato a snobbare il Capodanno, proponendo serate alternative in casa, arrivando persino a sposare gente che ci seguisse nella nostra mezzanotte in viaggio in autostrada. Il problema è che adesso i bambini hanno l’età che avevamo noi allora e quella voglia irresistibile di Stube e balli di gruppo. Affitteremo una casa vacanza. Solo per 24 ore ovviamente.</p>la ficcanasohttp://www.blogger.com/profile/01955085185474547345noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8086188442113618609.post-6127561314165515282022-01-09T10:13:00.001+01:002022-01-09T10:13:17.341+01:00Schivare gli auguri<p> <span style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; text-align: justify;">Da Ticino7 del 24 dicembre 2021</span></p><p class="p1" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;">Dio solo sa con quanta fatica abbiamo guadagnato l’arrivo sull’orlo di questo periodo in cui tutto cambierà per restare uguale. Il brodo, i cappelletti, la tombola, i soldi spicci, quel tempo dilatato e sonnacchioso in cui si sente la mancanza dei morti, si contano i vivi e si scuote la testa. Quest’anno rischiamo di non dover tirare fuori le panche e la cosa non ci va giù. Parleremo male a bassa voce dei cugini non vaccinati, del resto ci sono sempre dei parenti di cui spettegolare e con quelli non vaccinati caschiamo piuttosto bene.</p><p class="p1" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;">Arrivare a questo giorno ci è costato innanzitutto settimane di sorrisi accondiscendenti come risposta ai colleghi che chiedono: ci sarai all’evento aziendale? Tu vorresti rispondere che se a casa non tiri fuori le panche per la gragnuola di zie che ti ritrovi non si vede perché dovresti farlo per gente con cui passi già otto ore al giorno della tua vita. Gli strappi un sorriso ma anche un’occhiata diffidente: sei pur sempre la cinica che non partecipa ai team building e ai karaoke, pensi tutto l’anno come schivare i ritrovi comunitari e finisci per trovare sempre una scusa all’ultimo minuto. Due anni di pandemia avevano abituato i peggiori di noi a rilassarsi e a non trovare più scuse multiple per defilarsi. La regola d’oro, spiega la bidonara asociale che è in me, è esporre sempre una singola motivazione, altrimenti la gente senta puzza di bruciato. Perciò mai dire “non mi sento tanto bene e la babystitter non l’ho trovata”, ma andare giù secche e senza paura: “La babysitter è partita per un mese di vacanza”. Con il Covid il problema si è risolto alla radice, incutendo terrore anche negli organizzatori di eventi aziendali più accaniti ed entusiasti. Di fronte alla prospettiva di una festa senza karaoke e tombolata selvaggia hanno desistito, eppure quest’anno sembrano aver ritrovato la verve. Tu non puoi nemmeno addurre una febbriciattola passata dalla prole altrimenti scatta il piano protezione contagi e invece che la pace guadagni la gogna. Questo Covid ci costringe alla peggiore delle scuse, quella doppia e carpiata: “Ho una po’ di febbre e il tampone è negativo, ma meglio restare a casa”. Solo così, con lo spettro del falso negativo, ti lasceranno in pace. A lasciare a qualcun altro il posto al karaoke e parlare male dei cinici che non ci sono mai.</p>la ficcanasohttp://www.blogger.com/profile/01955085185474547345noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8086188442113618609.post-53654433770088870452022-01-09T10:12:00.002+01:002022-01-09T10:12:14.358+01:00Amarsi non significa mai dire “mi dispiace ma non trovo lo scontrino di cortesia”.<p> <span style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; text-align: justify;">Da Ticino7 del 18 dicembre</span></p><p class="p1" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;">Quando le pubblicità che ti compaiono navigando su internet sono quelli per i regali di Natale fai da te e sostenibili, è il momento di farsi delle domande. Lo stesso va fatto quando le amiche, ritenendoti depositaria di qualche capacità strategica, ti danno indicazioni precise sui regali da suggerire ai rispettivi compagni e mariti. Cerchi di obiettare che non hai alcuna autorità in materia, racconti che l’ultima volta che hai risposto alla richiesta di aiuto di un marito in crisi per il regalo alla moglie hai rischiato di rompere un’amicizia perché la marca era giusta (Lanvin, come poteva non esserlo?) ma le dimensioni della borsa giudicate assolutamente inadeguate. Così l’amica ha vissuto un Natale di delusione e alla fine ha cambiato il regalo. Del resto, in queste settimane l’amore si misura così: se mi ami, puoi cambiarlo. Perché amarsi non significa mai dire “mi dispiace ma non trovo lo scontrino di cortesia”.</p><p class="p1" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;">Torniamo al dunque, qualunque esso sia, e alla richiesta dell’amica di turno di orientare la scelta del marito nella selva dei regali possibili. “Vedi – ti dice con aria losca – proprio ieri mi si è rotto l’aspirapolvere”, come a suggerire che quello debba essere il regalo. La filippica parte da lontano e da quella vecchissima pubblicità di Pandora, azienda produttrice di ammenicoli di gioielleria, che tappezzò le grandi città con la scritta: “Un aspirapolvere, un pigiama, un grembiule, un braccialetto di Pandora. Secondo te cosa la farebbe felice?”. La bufera che oggi si fa su Renatino e lo spot del Parmigiano Reggiano, dove l’operaio racconta la vita di colui che lavora 365 giorni all’anno con il sorriso sulle labbra e senza avere mai visto Parigi, è niente se paragonata a quello che si scatenò contro Pandora. Mentre io mi scateno contro il sessismo che è dentro di noi e dobbiamo combattere, l’amica mi guarda con aria vuota. Lei voleva solo che qualcuno sostenesse la spesa di un Folletto nuovo e funzionante. Nel sacro furore del mio me-too domestico aumento l’intensità delle filippiche e la spingo a desiderare un regalo di gioielleria. Il Folletto va giudicato come una spesa di famiglia, mai e poi mai equiparato ad un regalo. È contenta, felice. Il sorriso si spegne solo quando il marito si dirige verso il centro assistenza Folletto più vicino. Perché cambiarlo, dopo tanti anni di onorato servizio?</p><p class="p2" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 14px; text-align: justify;"><br /></p>la ficcanasohttp://www.blogger.com/profile/01955085185474547345noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8086188442113618609.post-31387635177497942232022-01-09T10:11:00.001+01:002022-01-09T10:11:01.224+01:00Ho la tosse e non ho più scuse<p> <span style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; text-align: justify;">Da Ticino7 dell’11 dicembre 2021</span></p><p class="p1" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;">Che certe settimane non saranno quello che avevi prefissato devi capirlo al primo brivido di freddo. Un colpo di tosse, un po’ di mal di gola, la mascherina che non si toglie mai dal naso in ufficio. “Meglio se mangio da sola così non rischio di contagiare nessuno”. Poi via a casa il prima possibile, a condividere unicamente coi parenti stretti tutto il non identificato corredo di germi, batteri o virus (questa pandemia sembra durare da sempre e noi sembriamo non aver capito mai). Le creature come sempre festeggiano perché quando l’adulto è fuori uso la televisione è libera e senza freni, Netflix è a portata di mano, la pasta all’olio (da sempre piatto preferito) sdoganata per tutti i pranzi e le cena in cui il termometro della mamma supera abbondantemente 39. Nel delirio della febbre occorre organizzare i giorni a seguire. Sarà Covid? Non lo sarà?<span class="Apple-converted-space"> </span></p><p class="p1" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;">Il maschio di casa si lancia in invettive non richieste sulla superiorità dell’Aspirina sulla Tachipirina mentre un vocale rauco arriva alla tata perché resti a casa. Il responso negativo del tampone non autorizza nessuno ad abbandonare la cautela, vero? Non vorremo mica che si dica in giro che siamo dei pericolosi irresponsabili? Vogliamo forse fidarci così tanto dei tamponi? Del resto, a tossire in pubblico si rischia la morte per vergogna. La signora delle pulizie resterà a casa tutta la settimana, la febbre sale alla sola idea della pila dei panni da stirare che aumenta a dismisura. Le bambine vanno a scuola ma non vedono nessuno nel pomeriggio. Tanto c’è la televisione.</p><p class="p1" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;">Il circo dura un giorno fino a che la grande torna a casa con la febbre. In meno di un pomeriggio se la sfanga, ma la cautela impone di stare a casa almeno tre giorni senza febbre. La madre intanto continua a rantolare nel letto, non aveva 39 dai tempi delle elementari. Quei tempi meravigliosi che sta vivendo la bambina sul divano, avvolte nelle coperte, con il telecomando in mano e l’unico obiettivo di battere il record di permanenza in pigiama.<span class="Apple-converted-space"> </span></p><p class="p1" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;">Avere l’influenza da adulti è una delle rogne più tremende che si possano avere. Soprattutto in tempo di pandemia, quando non si può neppure tornare in ufficio prima del tempo per sfuggire alle incombenze di una casa di malati.</p>la ficcanasohttp://www.blogger.com/profile/01955085185474547345noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8086188442113618609.post-89869074685952301422022-01-09T10:10:00.001+01:002022-01-09T10:10:07.921+01:00Ma su questo davanzale c'è una renna!<p> <span style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; text-align: justify;">Da Ticino 7 del 4 dicembre 2021</span></p><p class="p1" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;">Ciao, posso farti una domanda?”. Quando una vicina di casa ti rivolge una frase del genere, non puoi che pensare alle urla, alle scenate, alle sessioni di aspirapolvere e appendimento di quadri ad ogni ora del giorno e della notte. Persino le bambine percepiscono l’arrivo di una ramanzina evitata miracolosamente per anni. Tu già pensi che appena sarete sole gliene dirai quattro: perché la valigia con le ruote non può essere utilizzata come uno skate e battere la scopa sul pavimento come lo scettro della Regina di Cuori non è consentito in un condominio. Nei pochi secondi in cui cerchi il coraggio per affrontare lo sguardo e le ragioni della vicina di pianerottolo ti riprometti che farai del tuo meglio, che smetterai di ascoltare audiolibri al massimo volume all’alba e imparerai le regole del buon vicinato.</p><p class="p1" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;">Alzi lo sguardo, pronta ad affrontare la tempesta. “Scusa, ma come riesci a far passare le lucine di Natale da una finestra all’altra?”. Il terrore si scioglie sole e lascia immediatamente spazio alla soddisfazione più piena e compiuta di un largo sorriso. Ci sono voluti anni, anni di alberi di Natale condominiali e ghirlande appese alle porte ma finalmente ci siamo: siamo diventate un riferimento per gli addobbi nel vicinato e il fatto che questo faccia spesso rima con trash è una ulteriore medaglia al valore.</p><p class="p1" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;">Rispondiamo con foga e orgoglio: perché sognavamo di avere un terrazzo di questi tempi, ma il destino si è girato in maniera imprevista e siamo ancora qui con queste tre finestre lato cortile. Ma questo non significa che il progetto Rockefeller Center urbano debba essere abbandonato. Così abbiamo fatto passare un unico filo di lucine da esterno da un davanzale all’altro, con l’aiuto di un marito e di un bastone per appendere gli abiti nell’armadio. Ma perché non puntare sempre più in alto? Così quest’anno, che doveva essere ricordato per le lucine sui davanzali e il muschio vero sul presepe dopo anni di carta prato, improvvisamente ha conosciuto un balzo di qualità con l’arrivo di Giuliana, la renna luminosa che da circa tre settimane (noi l’albero lo facciamo come Chiara Ferragni, all’inizio dell’avvento ambrosiano) fa bella mostra di sé sul davanzale principale, contendendosi lo spazio con un basilico incredibilmente sopravvissuto all’autunno. Natale metafora di una vita priva di senso della misura: perché scegliere, quando si può aggiungere?</p>la ficcanasohttp://www.blogger.com/profile/01955085185474547345noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8086188442113618609.post-82019509311351046612022-01-09T10:09:00.002+01:002022-01-09T10:09:11.937+01:00Diana e i nostri vestiti della vendetta<p><span style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; text-align: justify;">Da Ticino7 del 27 novembre 2021</span></p><p class="p2" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;">Un po’ come il greco e il latino (e come Beautiful), Lady Diana ci ha dato il metodo e le categorie per imparare a leggere il presente. Ed è proprio di una di quelle categorie, da Diana sommamente inaugurata e certamente codificata, che si è tornato a parlare nelle ultime settimane: il revenge dress, tornato in auge perché presente nella stagione di The Crown attualmente in corso di realizzazione. L’espressione viene usata per descrivere un abito indossato da Diana alla festa della Serpentine Gallery nel 1994. Quella sera sarebbe andata in onda un’intervista al principe Carlo in cui lui ammetteva l’infedeltà di cui tutti sapevano. Pare che in occasione di quella festa Diana dovesse indossare un altro abito, di Valentino, e all’ultimo momento decise di cambiare dicendo al suo stylist che voleva assolutamente splendere. E lo fece, tirando fuori dall’armadio un abito di chiffon nero della stilista greca Christina Stambolian, ben sopra il ginocchio, con un piccolo strascico e soprattutto le spalle completamente scoperte, contro ogni cerimoniale di corte. Con quelle spalle scoperte Diana anticipava, via scelta di guardaroba, il terremoto che sarebbe culminato con la famosa intervista alla BBC circa un anno dopo, quando definì il suo matrimonio “troppo affollato” decretando la rottura definitiva con la casa reale.</p><p class="p2" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;">Ora la domanda, che affligge noialtri meno famosi (e meno mitomani) di Diana che se la prendeva – nientemeno – con la monarchia britannica, è se anche nel guardaroba dei comuni mortali debba esistere un revenge dress. L’abito del riscatto, l’outfit per mostrare perfetti fuori anche se distrutti dentro e iniziare così una rinascita, petto in fuori e spalle scoperte verso la vita.<span class="Apple-converted-space"> </span></p><p class="p2" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;">Le amiche interpellate dicono che nessuno merita il nostro rancore, che ci vestiamo per noi stesse, che non dobbiamo dimostrare niente a nessuno. Salvo poi rivelare infinite variazioni sul tema del revenge dress, con il cappotto da gran signora per tornare dal capo che ti ha licenziato, la cintura strettissima e il respiro trattenuto per chi ti ha mollata per una più magra. Per far fronte a tutto questo non vorremmo solo un revenge wardrobe con abiti e accessori di ogni taglia (la vendetta è un piatto che va servito freddo e non è detto che dall’inizio del pasto non si sia preso qualche chilo), neppure uno stylist (abbiamo la pretesa di fare tutto bene da sole), ma un red carpet. Un contesto neutro, anche se a prova di flash, in cui metterci in mostra e arrivare preparate. Sempre meglio che incontrare qualche mostro del passato uscendo dall’autobus, quando l’unica vendetta a cui pensi è quella contro il signore che ti ha pestato un piede mentre arrancavi verso la porta. </p><p class="p2" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"> </p><p class="p3" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 14px;"><br /></p>la ficcanasohttp://www.blogger.com/profile/01955085185474547345noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8086188442113618609.post-590974577529824452022-01-09T10:08:00.001+01:002022-01-09T10:08:15.806+01:00Il parrucchiere, il mestiere più usurante del nostro tempo<p><span style="font-family: "Times New Roman"; font-size: 12px; text-align: justify;">Da Ticino7 del 13 novembre 2021</span></p><p><span style="font-family: "Times New Roman"; font-size: 12px; text-align: justify;">Il mondo si divide tra quelle che vanno dal parrucchiere una volta a settimana, quelle che assolutamente una volta al mese per coprire i bianchi e quelle che si ostinano a ragionare come le ventenni di una volta e dal parrucchiere ci vanno un paio di volte l’anno credendo di avere un capello con cui non vale la pena accanirsi né perdere tempo.</span></p><p class="p1" style="font-family: "Times New Roman"; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;">Nel primo caso il parrucchiere sa sempre cosa fare e non ha bisogno di indicazioni. Periodicamente rinnova, ma settimanalmente è attento custode dello status quo, dovere a cui assolve chiacchierando del più e del meno con la cliente che, evidentemente, osserva religiosamente il comandamento di mia zia: con la messa in piega fatta e una buona borsa puoi vestirti come vuoi e sarai sempre elegante.<span class="Apple-converted-space"> </span></p><p class="p1" style="font-family: "Times New Roman"; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;">Le accanite contro i bianchi, invece, non hanno il tempo per chiacchierare con il parrucchiere, si limitano a condividere il disagio, la sorpresa e il disappunto per essere dovute tornare a fare la tinta prima del previsto, ricordano che fino a pochi mesi prima bastava qualche ritocchino ogni tanto, deplorano il proliferare dei capelli bianchi, scuotono la testa pensando all’età che avanza, per un momento pensano a chi ha deciso di liberarsi da questa schiavitù e lasciar libro spazio ai capelli grigi. “Figuriamoci, io non potrei mai”, chiudono dopo un brevissimo momento di tentazione. Il mese prossimo ricomincerà tutto daccapo, ma per il momento vanno a casa felici, con quella sensazione di bellezza e benessere che solo una chioma fresca di parrucchiere può regalare.</p><p class="p1" style="font-family: "Times New Roman"; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;">Sensazione che le frequentatrici meno assidue apprezzano in eguale misura. Ogni volta che si decidono ad andare dal parrucchiere si scherniscono: eh, sai che io vengo raramente. Il parrucchiere fa quel che può, sa di avere a disposizione un’unica carta e non deve dimenticare nulla: spuntare, rinnovare, dare un tocco di brio. La malcapitata regolarmente apprezza i propri capelli cambiati da mesi di incuria: ma chissà che non sia il caso di lasciarli più lunghi che dici? E il colore? In fondo questo naturale non è carino? Con la doclezza che si riserva a un bambino capriccioso, lui ascolta metabolizza, propone e rilancia. Lei guarda stordita e aspetta domandandosi come si possa dare luce senza schiarire, tagliare mantenendo il perimetro. È tranquilla perché lui promette forma, volume, novità, sostanza. Esce bellissima ripromettendosi di tornare prima del previsto. Come ogni anno sogna di entrare nel campionato di quelle che, dal parrucchiere, ci vanno una volta a settimana.</p><p class="p2" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 14px;"><br /></p>la ficcanasohttp://www.blogger.com/profile/01955085185474547345noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8086188442113618609.post-36697051830181334662022-01-09T10:06:00.001+01:002022-01-09T10:06:31.017+01:00Si scatenino i commenti sulla mensa, signori e signore<p> Da Ticino7 del 13 novembre 2021</p><p class="p1" style="font-family: "Times New Roman"; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;">Nina mangiava volentieri i legumi tre volte a settimana e ora torna a casa insoddisfatta. Anche Gigetto non ha mai avuto problemi sul cibo, ma da quando a scuola viene proposto un solo tipo di frutta è deluso e incattivito. Le merende sono piene di zuccheri (qualcuno giura di aver visto addirittura dei wafer al cioccolato), le creature innocenti sono esposte – addirittura - a cibi processati. Come ogni autunno, nella chat di classe arriva l’indagine di gradimento sulla mensa scolastica e come ogni anno la crociata contro lo zucchero unisce le madri più diverse: coguar in tacco dodici, tik toker in mocassino senza calze, signore in scarpa comoda. Tutte insieme chiedono a gran voce più lenticchie per tutti. Le mie preferite sono quelle contrarie a pizza e piadina con la motivazione più giusta che esista: se già la scuola mi usa il salvacena cosa faccio io? Vorrei dar loro una pacca sulla spalla, spiegare che le capisco, che il primo anno di scuola mi sentivo male quando giocavo la carta pasta al pesto già il lunedì e quando ordinavo la pizza nello stesso giorno in cui la mangiavano a pranzo. Però passa, come la gran parte delle cose nella vita, i bambini crescono, i sensi di colpa diminuiscono vertiginosamente e i problemi si risolvono: provate, figliole, a mettere anche una bella piadina per merenda e assaporerete la libertà. Vorrei raccontarvi anche delle infinite gioie del pane a lunga conservazione nascosto in qualche angolo della dispensa, ma siete ancora troppo sensibili. Ci arriveremo, con il tempo.</p><p class="p1" style="font-family: "Times New Roman"; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;">Ammetto che vivo momenti in cui sono tentata di abbandonare questo mio cinismo ironico, ammettere che ho anche io i miei lati oscuri, che ho cucinato in casa dei pangoccioli e ho appena sfornato delle chips di cavolo nero. Soprattutto, vorrei lanciare nuovi temi, smettere di alzare il sopracciglio pensando che le aspetto al varco (fino a tre anni fa l’attuale consumatrice numero uno di Nesquik in casa nostra mangiava con gusto polpette di ceci) e ingaggiare una discussione seria e informata: è mai possibile che siamo fissati sull’origine dei polli, che facciamo le crociate contro gli allevamenti intensivi e gli antibiotici e accettiamo che qualunque cosa ci venga consegnata a casa a qualunque ora da persone pagate una miseria?</p><p class="p1" style="font-family: "Times New Roman"; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;">Mi ripeto di smetterla e allora infrango il mio primo comandamento (mai intervenire nella chat di classe) con il solito e annuale commento passivo-qualunquista: “Mangiano comunque sempre meglio a scuola di quanto facciano a casa”.</p><p class="p2" style="font-family: "Times New Roman"; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><br /></p><p class="p2" style="font-family: "Times New Roman"; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><br /></p>la ficcanasohttp://www.blogger.com/profile/01955085185474547345noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8086188442113618609.post-40286323791095997542022-01-09T10:04:00.002+01:002022-01-09T10:04:17.397+01:00Essere indietro su tutto<p><span style="font-family: "Times New Roman"; font-size: 12px; text-align: justify;">Da Ticino7 del 6 novembre 2021</span></p><p><span style="font-family: "Times New Roman"; font-size: 12px; text-align: justify;">Essere indietro su tutto, indiscriminatamente, è un’arte. Indietro sulla presentazione chiesta dal capo, ovviamente iniziata ma parcheggiata nella cartella work in progress del computer che prima o poi troveremo il tempo di riordinare. Essere indietro sulla spesa e aver giocato le carte jolly pesto e pasta all’olio già al martedì. “Perché la verdura tanto non la mangiate, vero?”. Essere indietro sull’ultimo stralcio di cambio dell’armadio e ripromettersi che questa sarà l’ultima settimana in cui rovistare nella scarpiera ogni mattina per identificare scarpe pesanti in mezzo a una selva di infradito. L’ultima in cui scriveremo sul diario alle maestre per scusarci dell’ennesimo articolo dimenticato che certamente ci ricorderemo di procurare per lunedì. Essere indietro sulle risposte a quei fornitori che ci scrivono da settimane. “Possiamo risentirci lunedì?”. La settimana prossima, dopo il ponte, dopo le vacanze, dopo, dopo, dopo.</span></p><p class="p1" style="font-family: "Times New Roman"; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;">Nei periodi in cui l’essere indietro su tutto è più invadente si moltiplica la ricerca di ritagli di tempo in cui recuperare, accorciare le distanze, mettersi in pari. E allora cominciano le sveglie la mattina alle quattro, i sonnellini dalle 21 alle 22 che consentono di svegliarsi a sera inoltrata e restare in piedi fino a tarda notte. A cincischiare, ovviamente, perché in questi momenti che dovrebbero servire agli sprint definitivi buona parte del tempo trascorre con le mani nei capelli a pensare che non ce la faremo mai. Siamo poi gli stessi che ogni giorno incoraggiamo la bambina oppressa da un compito punizione: “Con la pazienza si fa tutto”, ripetiamo sempre razzolando nell’incoerenza (del resto sappiamo che questa storia che i bambini si educano con il buon esempio è sopravvalutata e continuiamo a lavorare perché siano migliori e possano scampare alle nostre nevrosi).<span class="Apple-converted-space"> </span></p><p class="p1" style="font-family: "Times New Roman"; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;">Siamo indietro, ovviamente, anche con i regali di compleanno. Domani è il grande giorno e il regalo non è ancora arrivato, la torta neanche, all’ultimo secondo chiamiamo il ristorante implorando uno strapuntino. Le bambine hanno deciso all’ultimo il disegno da fare ma non hanno ancora tracciato neanche una riga. Poi, la mattina, prima di fiondarsi fuori di casa per andare a scuola pregando il cielo di non fare tardi anche oggi, presentano il disegno pronto: “Sai mamma, è incredibile. Non faccio niente per giorni e poi all’ultimo secondo la situazione svolta”. Esempio o no, certe abilità devono essere ereditarie.</p>la ficcanasohttp://www.blogger.com/profile/01955085185474547345noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8086188442113618609.post-15152752821065582702022-01-09T10:03:00.001+01:002022-01-09T10:03:07.217+01:00Datemi il magnesio e sorriderò al mondo<p> Da Ticino7 del 30 ottobre 2021</p><p class="p1" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;">La mattina successiva alla notte in cui ho sognato una rana, prontamente identificata su Google come segno di buon auspicio, cambiamenti positivi e fertilità, mi sono ricordata di non aver preso per mesi il magnesio, efficace contro il nervosismo e l’ipocondria. Non era dunque l’autunno inoltrato, non la noia della vita normale a generare questo senso di impotenza e inconcludenza che certamente qualche rivista americana ha già codificato e legato in qualche modo ai social network. Era solo, semplicemente, una questione chimica. Come con gli stronzi numero uno, due, tre. Come quando la stronza eri tu e sottostimavi il potere di integratori e medicinali.</p><p class="p1" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;">Tra noi ragazze il magnesio diventa popolare quando i vent’anni sono lontani ma non troppo, quando iniziamo ad occuparci di noi stesse e ad ascoltare i consigli di quelle sempre informate, che leggono riviste e ascoltano podcast, che idratano i talloni da sempre e hanno un detersivo preferito dai tempi dell’università. Le ninja degli integratori, insomma, sono ninja anche nel resto dei capitoli della vita, arrivano preparate dove noi atterriamo in ritardo e senza convinzione. Il magnesio, ovviamente, è solo l’inizio.</p><p class="p1" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;">Tra gli indispensabili figurano anche gli integratori per capelli, rafforzanti e anti caduta, vitali durante quelle mezze stagioni che non dovrebbero più esistere eppure sono violentemente sentite dal nostro corpo. Non pervenuti, per inutilità manifesta, gli integratori per dimagrire.<span class="Apple-converted-space"> </span></p><p class="p1" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;">Quando dagli integratori si passa ai medicinali dimenticarsi non è contemplato. Così l’accessorio dell’anno diventa in breve tempo il dispenser di medicine: mia madre ne ha comprato uno a mio padre con un cassettino per ogni giorno della settimana, con l’ulteriore divisione tra colazione, pranzo e cena per ridurre al minimo le possibilità di sbagliare. Alle 13 inizia nei cellulari di entrambi un allarme per ricordarsi l’ennesima medicina, la più importante. Pospongono la sveglia per volte infinite e quasi sempre fanno merenda insieme con Cardioaspirina e Leviaprost.</p><p class="p1" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;">Non so davvero dire se il benessere, così importante ai nostri tempi, sia più legato alle medicine, agli integratori o all’avere qualcuno che ti ricorda di prendere qualunque pastiglia tu debba prendere. Qualcuno con cui discutere per venti minuti, fino a che uno non si ricorda il nome del maledetto integratore della memoria da ordinare in farmacia.</p><p><br /><br /></p>la ficcanasohttp://www.blogger.com/profile/01955085185474547345noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8086188442113618609.post-31834881079604513642021-10-23T16:23:00.000+02:002021-10-23T16:23:04.333+02:00Cinquanta sfumature di puzza di letame<p style="text-align: left;"><span style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; text-align: justify;">Da Ticino7 del 23 ottobre</span></p><p style="text-align: left;"><span style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; text-align: justify;">Dovevamo chiacchierare dei tempi andati, discutere del cambio dell’armadio e dell’opportunità di organizzare uno swap party a Capodanno, ma i bambini volevano vedere i cerbiatti. Arrivati ai cerbiatti il gruppo uno ha proseguito verso i lama e le capre; il gruppo due si è fermato allo scivolo dopo aver passato in rassegna le oche e i maiali (che potrebbero essere cinghiali.) La Fattoria Didattica è roba per gente preparata, entusiasta e infaticabile. Come la signora in abito lungo e tacco sette, che davanti al recinto delle capre arringa i parenti contro il vestito della festeggiata a suo dire pacchiano.</span></p><p class="p1" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;">Seguendo le infinite variazioni sul tema della puzza di letame siamo arrivati alla stalla. “Il bagno è a sinistra dopo le mucche”, risponde cordiale il cameriere mentre corre a consegnare dieci piatti di polenta e salamella alla tavolata giù in fondo. Prima del bagno, di fronte alle mucche, tavoli di gente che mangia.<span class="Apple-converted-space"> </span></p><p class="p1" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;">La gente mangia anche di fianco ai lama, proprio accanto allo scivolo che parte dalla zona mucche. Svoltato l’angolo, subito dopo l’odore acre della cacca dei maiali (che potrebbero essere cinghiali), c’è il ristornate vero e proprio, quello in cui siedono i previdenti che, avendo prenotato con due settimane di anticipo, hanno diritto a un tavolo senza scadenza; al contrario nostro, sloggiati dopo un’ora per lasciare il posto agli avventori del secondo turno di pranzo.</p><p class="p1" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;">C’era gente a mangiare anche prima dei cerbiatti, di fianco al Brucomela e prima dei tappeti elastici. Attrazioni da noi evitate perché qualcuno ha sparso la voce che sono a pagamento. “Il caffè era compreso nel conto, dov’è finito lo scontrino?”. “Torna al tavolo, facendo il giro passando dalle oche, prima dei lama”. Intanto i bambini sono sulle liane, appesi insieme a un’infinità di simili e ai figli di conoscenti incontrati per caso qui in questo girone dantesco. All’ingresso qualche genio ha piazzato una bancarella. Spingiamo i bambini verso il tanfo del letame a dare da mangiare agli animali cercando di dribblare i giochi di plastica e i palloncini. La polenta non era malvagia, il vino rosso di sicuro la cosa migliore, il bagno tremendo. Stare a contatto con la natura è meraviglioso, didattico, anche. Da oggi sappiamo quanti odori diversi può avere la cacca e quanto siano simpatici i maiali (che potrebbero essere cinghiali).</p><p class="p2" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 14px; text-align: justify;"><br /></p>la ficcanasohttp://www.blogger.com/profile/01955085185474547345noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8086188442113618609.post-37517382934159343872021-10-21T15:12:00.001+02:002021-10-21T15:12:07.900+02:00Vent'anni di Tenenbaum<p style="text-align: left;"><span style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; text-align: justify;">Da Ticino7 del 16 ottobre 2021</span></p><p style="text-align: left;"><span style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; text-align: justify;">I giornalisti, al pari di altre categorie iperattive come gli anziani e gli innamorati, amano le cifre tonde: 10 anni di matrimonio, 15 di pensione, il quarantesimo compleanno del partner, i vent’anni di un grande film. Così accade che nella settimana in cui realizzi quanto sia urgente inventare un regalo per l’uomo che odia ogni tipo di festeggiamento ma compie la cifra tonda che la convenzione sociale impone di non ignorare, scopri che i Tenenbaum compiono ben vent’anni.</span><span class="Apple-converted-space" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; text-align: justify;"> </span></p><p class="p1" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;">È il momento per ripercorrere un film irresistibile a colpi di aneddoti e post su Instagram di Gwyneth Paltrow, che per un momento abbandona le tematiche green e salutiste per rendere omaggio al personaggio che l’ha consacrata in un universo che non sembrava il suo, quella Margot depressa con un anulare di legno, costantemente in pelliccia di visone, maglietta a righe, mocassini ed Hermés al braccio. Figlia adottiva, geniale e depressa, di una famiglia di squilibrati altrettanto geniali, è da sempre oggetto dell’amore del fratellastro tennista in crisi di nervi Owen Wilson, ma finisce per sposare un noiosissimo psichiatra.<span class="Apple-converted-space"> </span></p><p class="p1" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;">Con I Tenenbaum Wes Andreson è diventato Wes Anderson e noi siamo diventati dipendenti da tutti i film successivi confezionati con gli stessi ingredienti e dal risultato mai paragonabile: un cast stellare e indolente, colonne sonore immaginifiche, ambientazioni assurde e dialoghi fatti per essere guardati. Quello che tra i fan di Wes Anderson non si può dire è che nessun treno per Darjeeling né avventura acquatica di Steve Zissou hanno mai eguagliato neanche cinque minuti de I Tenenbaum, che – tra le altre mille cose – ha fatto in modo che nessun potesse indossare una felpa dell’Adidas senza sentirsi il vedovo nevrotico Ben Stiller, vestito uguale ai due figli gemelli e fissato con la sicurezza dopo aver perso la moglie in un incendio.</p><p class="p1" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;">“Con chi vorresti festeggiare i tuoi 40 anni?” ho chiesto settimane fa, con finta nonchalanche. È seguita una frase apparentemente dolcissima che ha preceduto una dialettica al limite della minaccia: voglio solo te e le bambine, niente invitati né feste a sorpresa. Ho ripensato al noiosissimo psichiatra marito di Gwyneth Paltrow. Solo giorni fa, spulciando le fotogallery del ventesimo anniversario, ho realizzato che era Bill Murray. Mai sottovalutare le cose che si possono scoprire negli anniversari a cifra tonda.<span class="Apple-converted-space"> </span></p>la ficcanasohttp://www.blogger.com/profile/01955085185474547345noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8086188442113618609.post-29077349443908173142021-10-10T08:02:00.003+02:002021-10-10T08:02:28.076+02:00Sistemiamo l'inglese<p class="p1" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;">Da Ticino7 del 9 ottobre 2021 </p><p class="p1" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;">Con gli amici più fidati condivido una frase in codice, il campanello d’allarme che ciascuno sente suonare quando l’altro, consapevolmente o meno, si lamenta della propria vita e degli obiettivi mancati in anni di studio e di lavoro e, in uno slancio di reattività che cerca di far passare per risolutezza, proclama: “Mollo tutto e vado via per un po’ a studiare l’inglese”.<span class="Apple-converted-space"> </span></p><p class="p1" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;">Succedeva spesso poco dopo la fine dell’università, quando, esaurito l’entusiasmo per gli stage sottopagati che promettevano tanta esperienza, iniziavano i lavori in cui l’esperienza dovevi applicarla e il mercato appariva all’improvviso tutt’altro che entusiasmante. In quei contesti periodicamente ci sentivamo non apprezzati, al contrario di quanto succedeva agli ex compagni di studio, che sembravano aver trovato il proprio posto mentre noi annaspavamo nella perenne insoddisfazione. Allora, in quei momenti, nelle chiamate agli amici per sfogarsi ecco il sogno: sistemiamo questa lingua che mastichiamo senza padroneggiare, basta far pratica guardando le serie in tv, prendiamo il torno per le corna. Abbiamo salvato più volte almeno un paio di amici dal “mollo tutto e sistemo l’inglese”, lo stesso hanno fatto loro con noi. Inserisco nel novero anche quelli che volevano imparare il francese o disseppellire il tedesco.<span class="Apple-converted-space"> </span></p><p class="p1" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;">Anni dopo, a università finita da un pezzo, quell’analogo slancio si sposta su un tema nuovo, apparentemente più adeguato all’avanzare dell’età e della carriera: “Basta, mi metto in proprio”. Qui il miraggio è la flessibilità, la libertà, la possibilità non tanto di realizzare un sogno nel cassetto, ma di costruirne uno per metterci dentro il primo sogno che capita. Ancora una volta chiamiamo gli amici, chiediamo consiglio, ci lamentiamo della nostra inconcludenza, sempre sbirciando i traguardi degli altri sui social. A quest’età fingiamo di perdere meno tempo su Instagram e stiamo su LinkedIn, in quella popolazione di <i>mobile evangelist,</i> <i>digital enthusiast, visionar enterpreneur,</i> <i>manager </i>e <i>head of</i>.<span class="Apple-converted-space"> </span></p><p class="p1" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;">Trovare una strada, incanalare le energie in qualcosa di davvero costruttivo, che porti a costruire quello che si desidera più che a distruggere la credibilità di quello che c’è. Per questo, davvero, ci vogliono dei veri <i>best friend</i>. Perché prima o poi, sistemato o no, l’inglese si impara a usarlo per ciò che serve.</p><p class="p2" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 14px; text-align: justify;"><br /></p>la ficcanasohttp://www.blogger.com/profile/01955085185474547345noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8086188442113618609.post-11663361686600622792021-10-10T08:01:00.004+02:002021-10-10T08:01:29.788+02:00Dieci minuti per tutto<p><span style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; text-align: justify;">Da Ticino7 del 2 ottobre 2021 </span></p><p><span style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; text-align: justify;">Giulia è una tonica signora di mezz’età con un passato di surgelati seppellito da ventiquattro comode rate a tasso zero. Il robot da cucina che oggi mi sta presentando (spoiler inutile: me l’ha venduto) è diventato prima il suo alleato in casa e poi io suo lavoro a tempo pieno. Il primo figlio l’ha tirato su a pane confezionato e bastoncini Findus, l’ultimo porta a scuola tegolini fatti in casa dalla mamma, perché con questo marchingegno il pan di Spagna si fa in dieci minuti e i bambini, se li tiri su con i sapori genuini, le merendine te le tirano dietro. Sull’onda del pan di spagna in dieci minuti, il sugo in altrettanti, il riso un po’ di più con l’inestimabile vantaggio di dimenticarsene, Giulia ha lasciato il lavoro a tempo pieno in una multinazionale per darsi a sessioni di presentazione e formazione, guadagnando l’agognata flessibilità e soprattutto soddisfazioni senza pari. Perché una donna a cui hai insegnato a fare il budino in dieci minuti e a pianificare la spesa settimanale tramite app in altri dieci minuti, non sarà solo una cliente, ma una devota estimatrice.</span><span class="Apple-converted-space" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; text-align: justify;"> </span></p><p class="p1" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;">Le altre invitate alla presentazione ascoltano a bocca aperta. Immaginano un futuro radioso. Ogni volta che nessuno risponderà alla fatidica domanda “cosa cuciniamo oggi?”, ogni volta che qualche distratto componente della famiglia dirà “quello che vuoi”, ritornando ad armeggiare con il telefono e facendoci ripiombare nella solitudine di quella che ha un mestolo in mano e non vuole decidere nulla, ma solo togliersi un’incombenza; ogni volta basterà accendere il robot da cucina, digitare il nome di un qualche avanzo rimasto in frigorifero oppure chiedere suggerimenti a caso. E non solo lui avrà una risposta. Non solo mostrerà centinaia di ricette selezionate per noi, ma ci seguirà passo passo, avvisandoci con una musichetta ogni volta che è tempo di passare allo step successivo della ricetta. Ci ascolterà, troverà una soluzione e ci seguirà.</p><p class="p1" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;">Io non lo so se faremo mai davvero il sottovuoto, il formaggio, il dado fatto in casa. Non lo so se questo è un ultimo tremendo effetto collaterale di questa pandemia che ha ribaltato tutto. So che ho dieci minuti per il pan di spagna, dieci per gli addominali, dieci per sistemare il guardaroba, dieci per curare le piante sopravvissute all’estate, dieci per leggere un paio di pagine. E tutto il resto del tempo potrei usarlo per mangiare il pan di Spagna.</p><p class="p2" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 14px; text-align: justify;"><br /></p>la ficcanasohttp://www.blogger.com/profile/01955085185474547345noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8086188442113618609.post-49823938591882737022021-10-10T08:00:00.004+02:002021-10-10T08:00:41.573+02:00Tutti i corsi del mondo<p> <span style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; text-align: justify;">Da Ticino 7 del 25 settembre 2021 </span></p><p><span style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; text-align: justify;">A questo punto del mese di settembre i giochi sono fatti e le iscrizioni finalizzate. Passati i mesi estivi a prenotare prove e prendere appuntamenti, settembre scivola via tra valutazioni e decisioni. La bambina con il sogno dell’atletica è stata accontentata senza che in famiglia nessuno si prendesse la briga di capire dove potesse aver pescato un’idea sportiva tanto spinta. La grande prosegue coi fondamentali già confermati: equitazione (unico sport che consente outift realmente presentabili) e calcio. Dopo un paio di tentativi andati a vuoto, raggiungiamo il traguardo anche con il corso di teatro, quest’anno approvato di slancio dalla piccola di casa. A entrambe, al grido di “questo non è uno sport da scegliere, bensì un obbligo”, viene imposto il corso di nuoto. Ortopedici e dentisti frequentati nell’ultimo anno hanno spazzato via l’approccio rilassato di due anni fa e ora siamo nella pletora dei genitori che raccomanda “lo sport più completo” perché “non basta stare a galla”. Le convinciamo con lezioni individuali, comodissime mentre anche la mamma può nuotare sacrificando quello che in altri tempi sarebbe stato un sabato di shopping. Il conto è salato ma ortopedici e dentisti saranno fieri di noi. L’entusiasmo per atletica, selvaggio sulla carta, non sopravvive a cinque minuti di realtà. I protocolli anti Covid impediscono ai genitori di entrare ad assistere, l’uscita dell’atleta in erba è sufficiente a capire tutto: “Una cosa da pazzi, si corre troppo in questo sport. Ma sai quanto è lungo un campo?”.</span><span class="Apple-converted-space" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; text-align: justify;"> </span></p><p class="p1" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;">Giunti alla fine del mese con una sola vittima (atletica, appunto), facciamo i conti. Le cifre sono alte, ma mai quanto i rischi. Ogni palestra, piscina o centro che abbiamo frequentato in questi giorni di matte e disperatissime valutazioni, ci teneva a chiarire subito una cosa sola: quest’anno niente voucher o possibilità di recuperare lezioni perse per cause di forza maggiore (nessuno dice pandemia, la segretaria della palestra sorride e fa simpaticamente le corna, esorcizza il terrore porgendoti un foglio da firmare che come titolo dovrebbe avere “sono tutti cazzi vostri”). Proviamo a farci mettere per iscritto dalla maestra di teatro che comunque vada si continuerà, siamo disposte a portare i bambini nel cortile innevato pur di scongiurare le lezioni su Zoom. Nessuno ci garantisce niente. Simpaticamente fanno tutti le corna. Quest’anno sono tutti cavoli nostri. Benvenuti nella giungla.</p>la ficcanasohttp://www.blogger.com/profile/01955085185474547345noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8086188442113618609.post-49432631588211853872021-10-10T07:59:00.003+02:002021-10-10T07:59:55.305+02:00Fantacalcio, i gonfiabili degli adulti<p>Da Ticino7 del 18 settembre 2021</p><p> <span style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; text-align: justify;">Il lievito facilmente disponibile nei supermercati, le scorte di farina stabili in casa, l’abitudine di avere sempre in tasca una mascherina da indossare alla bisogna sostituita da quella di dimenticarsela sempre più spesso (e doverne comprare di nuove). Ma forse il segnale più grande che siamo in una fase nuova è il rinnovato entusiasmo dei maschi. Che hanno smesso di essere nervosi smart worker a tempo pieno e ritrovano vecchie passioni quasi sepolte e incomprensibili ai più: il fantacalcio.</span></p><p class="p1" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;">Condividono la convocazione con la solennità di una riunione di condominio cruciale: “Non aspettarmi, mercoledì c’è l’asta”. Si preparano, non rispondono al telefono, le donne restate in casa a governare la prole li immaginano come Fantozzi in canotta di fronte alla tv con birra ghiacciata e rutto libero, ma chi li ha visti da vicino dice che c’è qualcosa di più. Nessun relax, nessun abbandono degli istinti: qui il tifo dev’essere governato dalla strategia, dalla competizione dall’agonismo matto e disperatissimo di chi deve ad ogni costo avere la formazione vincente. Durante la settimana, poi, si accusano a vicenda di essere diventati tifosi della propria fanta formazione più che della propria squadra del cuore.</p><p class="p1" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;">Alcune di noi, privilegiate proprietarie di case grandi e non sovrappopolate, sono chiamate ad ospitare le aste che si svolgono in presenza. Nei giorni precedenti chiedono consigli su cosa preparare a cena per cotanta competizione: suggeriamo cose nutrienti, soddisfacenti ma soprattutto semplici da mangiare. Come se dovessero prendere la borraccia con una mano sola in bicicletta mentre scalano il Monte Bianco. Chi li ha visti da vicino dice che le similitudini con i compleanni dei bambini si sprecano: percepiscono la solennità della situazione, si ingozzano con voluttà per poi lasciarsi andare. Diventano a tutti gli effetti minorenni ai gonfiabili, con l’unica differenza che tolgono le scarpe (se gli adulti in casa lo permettono) senza indossare gli antiscivolo. Danno il peggior spettacolo di sé abbandonandosi agli istinti più vitali. A guardarli, accomodati nelle sedie dedicate a chi non entra e non toglie le scarpe, adulte attonite e curiose. Scandalizzate ma allo stesso attratte da una gioia tanto selvaggia e incomprensibile.<span class="Apple-converted-space"> </span></p>la ficcanasohttp://www.blogger.com/profile/01955085185474547345noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8086188442113618609.post-87450389366716237432021-10-10T07:58:00.001+02:002021-10-10T07:58:18.202+02:00Cosa diresti al te stesso di dieci anni fa?<p style="text-align: left;"><span style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; text-align: justify;">Da Ticino7 dell'11 settembre 2021</span></p><p style="text-align: left;"><span style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; text-align: justify;">Cosa diresti al te stesso di dieci anni fa? La domanda, tra le più gettonate nei box di Instagram che gli influencer caricano periodicamente nei propri profili per farsi sentire più vicini dai propri follower e soddisfare le metriche dei social assetate di engagement, è tutt’altro che noiosa.</span><span class="Apple-converted-space" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; text-align: justify;"> </span></p><p class="p1" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;">Quasi tutti gli influencer che ho visto rispondere, che siano muscolosi, bellissime, consapevoli paladine dei diritti o mamme blogger impegnate, raccontavano che avrebbero raccomandato soprattutto tranquillità, approccio sereno, niente ansia, fiducia nel fatto che la felicità arriva a chi sta bene con se stesso e apprezza la bellezza nascosta in ogni giornata. È incredibile, mi dico ogni volta, quanti buoni sentimenti inondino Instagram. Viene quasi da rimpiangere le gare di rutti su TikTok.</p><p class="p1" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;">Io alla me stessa di dieci anni fa avrei suggerito di non piegare nel guardaroba quella meravigliosa borsa di Vivienne Westwood che oggi un calzolaio gioielliere e filosofo ritiene difficilissima da riparare. Avrei anche suggerito di studiare meglio l’inglese e non seppellire il tedesco. Avrei suggerito di non rispondere a certe telefonate e di rispondere ad altre. Avrei suggerito persino di richiamare qualcuno, di scrivere lettere di dimissioni al momento giusto, di organizzare fughe oltre oceano, di adottare il gattamortismo in dosi sufficienti a fare di me stessa se non proprio una sfasciafamiglie almeno una discreta stronza. Avrei suggerito di rischiare e di non preoccuparsi. Alla me stessa di dieci anni fa avrei anche raccomandato di leggere più libri classici e di vedere più film importanti. Perché – si sa – arriva un momento della vita in cui ci si rende conto della propria ignoranza. Alla me stessa di dieci ani fa, e qui concordo con la vulgata degli instagrammer, avrei suggerito anche di essere più tranquilla e positiva. Molte di noi alle loro stesse di dieci anni fa avrebbero suggerito di criticare meno e crederci di più. Di comprare Prada e Bottega Veneta, che hanno ancora un futuro nel mercato dell’usato invece di continuare a fare le alternative con Marni e tutti quei marchi non pubblicizzati.<span class="Apple-converted-space"> </span></p><p class="p1" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;">Gli amici interpellati concordano, tutti accomunati da questa smania tipicamente post quaranta di rivedere le proprie scelte e di farsi esami di coscienza. Tutti concordano. Soprattutto sul fatto che dieci anni fa non sono abbastanza: dovremmo fare due parole coi noi stessi di <i>venti</i> anni fa. Almeno.</p><p class="p2" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 14px; text-align: justify;"><br /></p>la ficcanasohttp://www.blogger.com/profile/01955085185474547345noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8086188442113618609.post-59977296863524285442021-10-10T07:57:00.004+02:002021-10-10T07:57:32.021+02:00Quante poche stories in vacanza<p><span style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; text-align: justify;">Da Ticino7 del 4 settembre 2021 </span></p><p><span style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; text-align: justify;">Il cellulare ha sostituito facilmente la Settimana Enigmistica in bagno e sotto l’ombrellone. La vita degli altri ci scorre davanti come un film troppo veloce senza sottotitoli: Chiara Ferragni in barca, l’Estetista Cinica a Porto Venere a crucciarsi perché dovrà trattenere la pancia per entrare nel vestito del red carpet di Venezia. Mezzo mondo a Marzamemi, un’altra metà in Grecia a scoprire che è bella quasi quanto l’Italia. Ex colleghi a Scicli, famiglie felici a Riccione. Famiglie spezzate al mare. Non sono a Marzamemi. Perciò sono in Puglia. Le compagnie numerose vagano tra agriturismi sparsi in Umbria e Toscana. Poi però ogni nucleo famigliare si sposta al mare. La Sardegna è sempre in testa. La barca è una grande scoperta anche per i non ricchi di nascita. Paolo Stella, influencer e tante altre cose, ha costruito una casa meravigliosa a Cefalù. Sicilia, ancora. Chiara Ferragni si sposta a Capri e mangia degli ottimi spaghetti alle vongole, le sorelle pubblicano analoghe foto dal ristorante. I cannoli siciliani hanno fatto ingrassare tutti. Sicuramente quelli di Marzamemi. Alcuni si lamentano infatti di essere ingrassati e cominciando a tornare a casa ci ammorbano con i propositi detox. Qualcuno tira il fiato in montagna, mostrando il maglione “di cotone pesante” dello stilista che ci svelerà nella prossima stories. Quasi tutti abbiamo scoperto l’Afghanistan. Dolore, rabbia, invito a seguire quei giornalisti che raccontano l’esodo tremendo dal loro telefono, tanto di cappello a quegli influencer che sensibilizzano il popolo. Raccolte fondi, swipe up per donare. Poi di nuovo Marzamemi, la spazzatura di Noto, le denunce di Selvaggia Lucarelli in Sicilia. Il rientro in città, il freddo, la canottiera.</span></p><p class="p2" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;">Qualcuno mi ha chiesto se siamo stati in vacanza, quest’anno. L’assenza di stories con sfondo di mare cristallino deve essersi fatta notare. Il paradosso è che quello che non vediamo nel telefono (o meglio nei social, che frequentiamo con somma indolenza) non esiste, mentre quello che lì vediamo ci sommerge fino a diventare irrilevante. Dice: devi seguire le persone giuste, quelli che hanno qualcosa di interessante da dire. Dico: realmente qualcosa può emergere dal mucchio per restare? Davvero sentir parlare di Afghanistan o di letteratura può trasformare in produttivo il nostro scrolling compulsivo sul water o sul tram? Dicono che sono la solita cinica. Però ammetto che Marzamemi è bellissima e gli spaghetti con le vongole una bontà.</p>la ficcanasohttp://www.blogger.com/profile/01955085185474547345noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8086188442113618609.post-49258146111629280092021-10-10T07:56:00.001+02:002021-10-10T07:56:10.867+02:00Il diario di Chiara<p><span style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; text-align: justify;">Da Ticino7 del 28 agosto</span></p><p><span style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; text-align: justify;">La cartoleria vicino alla scuola ha fatto i saldi a luglio, prima di chiudere e riaprire in attesa del periodo più temuto dalle madri di ogni latitudine: il back to school. Un momento che le persone normali non conoscono e non attendono. Perché le persone normali fanno un paio di settimane di vacanza in estate e poi tornano alle consuete faccende, mentre chi gestisce dei bambini vive sulle montagne russe per settimane tra campi estivi, vacanze e soggiorni benedetti dai nonni. Back to school significa ritorno alla normalità, ai ritmi di sempre. Riposanti e benedetti come la monotonia. Back to school significa anche spesa per la scuola. Qui le nevrosi variano perché ci sono scuole che a fronte di un contributo forniscono tutto il necessario, dai libri alla cancelleria; altre che consegnano liste dettagliatissime con le caratteristiche che ogni penna e quaderno deve avere.</span><span class="Apple-converted-space" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; text-align: justify;"> </span></p><p class="p1" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;">Il solito lungo preambolo è per arrivare al punto: come ogni grande leader e interprete del proprio tempo, Chiara Ferragni non ci abbandona in un momento così difficile. E sfodera una linea di diari, quaderni e astucci per tornare sui banchi in grande stile. Pubblicizzata dal soggiorno in Sardegna pochi giorni prima di dare inizio a quel genere letterario e sociologico che sono le foto con i fornitori di servizi a fine vacanza (la foto con l’insegnate di nuoto di Leone, con la massaggiatrice, con lo staff della villa, con i cuochi in una selva indistinguibile di hashtag #adv #supplied che dovrebbero indicare variazioni nel grado di servitù), la linea distinguibile dall’arcinoto occhio azzurro stilizzato, offre tutto l’armamentario necessario per una scuola di successo. Successo nel vero senso della parola.</p><p class="p1" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;">Il diario è infatti infarcito di esortazioni motivazionali di Chiara: “be your own hero”, “boss babe”, “il segreto è amare sé stessi incondizionatamente”, “il futuro è di coloro che imparano ad essere la versione migliore di sé stessi”. Forse le frasi di Gino e Michele e di Jim Morrison (“Darei la vita per non morire”, sicuramente la hit del genere) della Smemoranda hanno fatto di me la cinica inconcludente che sono, mentre le ragazzine di oggi potrebbero davvero diventare ragazze positive e di successo. Sì, probabilmente il diario di Chiara Ferragni è un’ottima idea. Insieme ad ogni altro diario che ci consenta di sfuggire da quello dei Me Contro Te.</p>la ficcanasohttp://www.blogger.com/profile/01955085185474547345noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8086188442113618609.post-78621785381706410942021-08-22T14:27:00.004+02:002021-08-22T14:27:30.666+02:00Un guardaroba pieno di sentimenti<p style="text-align: left;"><span style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; text-align: justify;">Da Ticino7 del 21 agosto 2021</span></p><p style="text-align: left;"><span style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; text-align: justify;">etty25 di Rifiano, paesino nelle vicinanze di Merano, si è offerta di acquistare il soprabito in lana e cotone che ho comprato oltre dieci anni fa in uno dei negozi più belli del lungomare di Cattolica. Ketty25 non lo sa, ma quando lei era probabilmente impegnata ad aspettare la fatina dei denti, io avevo bisogno di un soprabito che non fosse scuro, da poter usare nelle occasioni speciali e nelle cerimonie. Ketty25 non lo sa, ma sta per diventare proprietaria del soprabito che indossai la prima volta che andai alla Scala, a piangere sul “Vissi d’arte, vissi d’amore” e sul bacio di Tosca.</span><span class="Apple-converted-space" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; text-align: justify;"> </span></p><p class="p1" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;">Appena deciso il prezzo metterò in vendita, su una di quelle app che mi tartassano da mesi con la loro pubblicità, anche la borsa di Balenciaga marrone. Il modello di oggi è praticamente identico e potrei davvero guadagnare qualche soldo, oltre a sgomberare l’armadio. Lo specchietto appeso alla borsa, vorrei dirlo a Pucci14 o a SabriRoma, è rotto perché mi ci sono seduta sopra pochi giorni dopo averla ricevuta in dono. La Balenciaga marrone era per l’appunto il regalo di mia mamma dopo la nascita della mia seconda figlia. La venderò perché quello della borsa marrone (specie se una borsa famosa) è un concetto che mi rende triste da sempre (se un giorno vedrete una tizia con una Birkin color bubblegum sarò io, venite a salutarmi) e sono sicura che non mi sentirò in colpa per aver abbandonato così un regalo di mia madre per un’occasione tanto speciale, perché con il ricavato di quella vendita (sommato a quello di tante altre) acquisterò una borsa nuova e che mi piaccia davvero e mi comporterò come se quello fosse il regalo per la nascita della mia seconda figlia fatto da mia madre.</p><p class="p1" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;">Se volete dare una sfoltita al vostro guardaroba e avete deciso di mettere sul mercato dell’usato alcuni dei vostri abiti e accessori scegliete una app, trovatevi un nickname che vi possa far interagire con Ketty25, Pucci14 o SabriRoma e cominciate a fotografare i vostri abiti. Stabilite i prezzi, accettate le richieste di sconto, state pronte a spedire. In poche settimane il vostro armadio sarà svuotato e potrete ricominciare a riempirlo con nuovi capi. Dovete essere determinati, forti e non sentimentali. Non certo come me, che ho ritrovato il biglietto con cui mia mamma mi fece trovare la Balenciaga all’uscita dall’ospedale e devo ancora smettere di piangere per aver solo pensato di poterla vendere. Sicuro poi che Ketty25 apprezzerà a dovere il soprabito che ha conosciuto Tosca?</p><p class="p2" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 14px; text-align: justify;"><br /></p>la ficcanasohttp://www.blogger.com/profile/01955085185474547345noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8086188442113618609.post-49603558642957163152021-08-22T14:26:00.003+02:002021-08-22T14:26:43.887+02:00Ol lieto fine di serie<p style="text-align: left;"><span style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; text-align: justify;">Da Ticino7 del 14 agosto 2021</span></p><p style="text-align: left;"><span style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; text-align: justify;">Solo uno stolto può pensare che l’estate sia una stagione morta per i cultori delle serie tv. Al contrario, si parte mettendo nella valigia un elenco di titoli adatti a trascorrere ogni tipo di serata, ormai senza sensi di colpa da quando la pandemia ha imposto quello che si sospettava già da tempo: restare in casa </span><i style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; text-align: justify;">is the new</i><span style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; text-align: justify;"> uscire. E allora ecco che magari si va al mare o in montagna, si esce a cena, si fanno due passi. Ma la serata si conclude sempre davanti a Netflix e affini, tanto che la presenza di un Wi-Fi performante conta più della vista mare nella scelta del luogo di villeggiatura.</span></p><p class="p1" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;">Dalle parti del nostro divano l’elenco di serie da vedere viene compilato periodicamente: finita una si ritorna alla lista originaria (nel frattempo aggiornata con i consigli di parenti e amici) e si ricomincia il giro.</p><p class="p1" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;">È in uno di quei giri poco prima dell’inizio dell’estate che siamo approdati nel mezzo di Los Angeles a LAPD SWAT, a seguire le gesta di quella che esiste davvero come una squadra speciale della polizia cittadina. I duri e puri della SWAT (acronimo di Special Weapons And Tactics) sono infatti squadre speciali chiamate a intervenire in situazioni particolarmente complesse e rischiose: come operazioni anti terrorismo, salvataggio di ostaggi e antisommossa.<span class="Apple-converted-space"> </span></p><p class="p1" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;">Alla fine del primo episodio mi aspettavo il compagno di divano pronto a un “bello, grazie, arrivederci”. Cosa ci può essere di interessante, mi dicevo, in questi tizi armati fino ai denti che si calano dagli elicotteri per salvare qualche innocente? Quanto può essere attraente un inseguimento su una moto o una testata ai cattivi? Mi sbagliavo. Dopo un inverno di thriller, polizieschi sottilmente psicologici e ambientazioni distopiche, questo mondo di buoni che vincono sempre e cattivi che soccombono con disonore sembra una boccata di aria fresca. Qui nessuna ingiustizia viene tollerata e lo spazio per la misericordia non manca mai, che sia quella del poliziotto testa calda o del ragazzino dei sobborghi più poveri che finisce nei guai ma si ravvede grazie a un agente tutto muscoli e buon cuore. Ero pronta a una delle mie tirate contro queste serie tv da maschi. “Giusto un’altra puntata ti concedo”.<span class="Apple-converted-space"> </span>Sono passate delle settimane e siamo ancora in mezzo a tutto ciò. Perché non potete immaginare quanto sia rilassante e rinfrescante un mondo in cui tutto si aggiusta sempre.</p><p class="p2" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 14px; text-align: justify;"><br /></p>la ficcanasohttp://www.blogger.com/profile/01955085185474547345noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8086188442113618609.post-37030378963341080372021-08-22T14:25:00.003+02:002021-08-22T14:25:56.326+02:00L'amore è uno sport per chi ha il fisico<p style="text-align: left;"><span style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; text-align: justify;"><br /></span></p><p style="text-align: left;"><span style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; text-align: justify;">Da Ticino7 del 7 agosto 2021</span></p><p style="text-align: left;"><span style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; text-align: justify;">l periodo più torrido dell’estate arriviamo con alle spalle un turbine di emozioni inedite: gli europei, con le imprese epiche e impensabili; le Olimpiadi con la solita girandola di sport assurdi della cui esistenza la maggior parte di noi si ricorda ogni cinque anni; Ben Affleck e Jennifer Lopez, protagonisti del ritorno di fiamma più paparazzato e chiacchierato dell’estate.</span></p><p class="p1" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;">Di Bennifer, coppia d’oro di Hollywood poco meno di vent’anni fa, abbiamo ammirato in queste settimane le foto innamorate, i baci a favore di telecamera, la forma fisica sensazionale. Non più tardi di un paio d’anni fa, Ben era su tutte le riviste di gossip, fotografato bolso e trascurato dopo la fine della storia con la moglie Jennifer Garner. Di J-Lo, invece, abbiamo da anni unicamente testimonianze di invulnerabilità al tempo e alla forza di gravità. Che sia qualche anno fa al Super Bowl, in occasione di qualche sfilata o oggi spaparanzata su uno yacht con il celebre fondoschiena a portata di fidanzato e di teleobiettivo: di Jennifer Lopez da anni non si fa che dire come si mantenga bene e come non dimostri gli anni che ha (52). Ora il ritorno tra le braccia di Ben, col quale si dice fosse finita perché lui non voleva impegnarsi, ci rimette di fronte a domande cruciali dal punto di vista esistenziale: è più probabile che il fondoschiena regga all’andare del tempo o che l’amore ricominci? E mentre Ben era impegnato a trascurare i propri addominali e a lasciare la barba incolta, prima di ravvedersi e tornare in forma, dov’era Jennifer? Probabilmente in palestra, probabilmente a lavorare sodo per far fruttare con quintali di motivazione il patrimonio datole dalla natura.</p><p class="p1" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;">Esattamente come gli atleti olimpici, allenati a prepararsi per anni con disciplina e rigore. Per quelli come noi, che guardano le gare in tv con lo spirito da tifoso con cui sfogliano le riviste di gossip, il lieto fine importa relativamente: quello che conta è la passione, la fotogenicità, il pensiero di un ipotetico riscatto e di un momento, anche se fugace, di gloria dopo anni di sofferenza e sacrifici. L’amore è uno sport olimpico. E senza il fisico adatto non si può essere all’altezza del destino. Figuriamoci del ritorno con un ex.</p><p class="p2" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 14px; text-align: justify;"><br /></p>la ficcanasohttp://www.blogger.com/profile/01955085185474547345noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8086188442113618609.post-25536157562023372502021-08-22T14:24:00.004+02:002021-08-22T14:24:49.256+02:00Di chiacchiere, chiappe e vaccini<p class="p1" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;">Da Ticino7 del 31 luglio 2021</p><p class="p1" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;">“Al centro vaccinale sono stati distrutti i vaccini contro la rabbia, la SARS e la peste”. In certi pomeriggi origliare le fantasie dei bambini impegnati a simulare un gioco di ruolo poliziesco è più stimolante che prendere parte ai discorsi degli adulti. Seduti in cerchio in giardino tra un assalto alle patatine e uno alle birre, onoriamo un compleanno estivo chiacchierando del più e del meno come sempre si fa alle feste in cui i maggiorenni sono invitati per fare tappezzeria. Da quando in quei discorsi del più e del meno sono entrati i vaccini, nulla è più come prima.</p><p class="p1" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;">Una regola d’ora degli animatori chiamati a rompere il ghiaccio sedendosi tra i clienti nei villaggi turistici era quella di non discutere mai di sesso, politica e religione. Gli esperti dicevano di limitarsi a scambiare con gli ospiti informazioni su lavoro e provenienza per poi concentrarsi subito sull’unica cosa in comune tra gli inquilini di quel mondo a sé che erano i villaggi: gli spettacoli serali, le olimpiadi di Ferragosto, il gioco aperitivo.</p><p class="p1" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;">Oggi, in un compleanno estivo che raduna compagni di scuola o parenti, l’unico terreno in comune sembra essere quello del vaccino. E solo uno stolto può pensare che il campo non sia minato.</p><p><span style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; text-align: justify;">Se va bene ci sorbiamo la dovizia di particolari della cugina che inspiegabilmente soffre di dissenteria sin dalla prima dose. Vorremmo obiettare che quella torta gelato potrebbe non aiutare, ma l’intervento del cugino scettico ci precede. Al primo accenno di “c’è qualcosa che non quadra”, neanche fosse arrivata la torta e si intravedesse il momento di andare, tutti sono intorno allo zio superstite del Covid che tuona contro i dubbiosi e i no vax.</span><span class="Apple-converted-space" style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; text-align: justify;"> </span><span style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; text-align: justify;">La temperatura si alza e niente sembra portare refrigerio. I bambini ricominciano a giocare, quel famoso vaccino contro la rabbia di cui fantasticavano sembra essere stato distrutto davvero. Cerco di calmare gli animi con il solito contributo estetico e irrilevante: il giovane medico incaricato dell’anamnesi si è complimentato per i miei occhiali, ha osservato che sembro molto più giovane di quello che sono, ha voluto sapere che lavoro facessi e se pensassi di avere dei figli. “Mamma, tra le signore al mare sei l’unica a cui non penzolano le chiappe”. Risate generali. Bisogna certamente fare un salto dall’oculista. Ma solo dopo aver visitato il notaio per nominare la creatura erede universale.</span> </p>la ficcanasohttp://www.blogger.com/profile/01955085185474547345noreply@blogger.com0