martedì 29 gennaio 2019

Aldilà di tutto


C’è un’età in cui i bambini amano parlare della morte e non se ne spaventano, trattando l’argomento con quel senso pratico che solo in un adulto diventerebbe cinismo. Da piccola mi assicuravo settimanalmente che mia madre desse disposizioni chiare per lasciarmi l’anello di rubino prima di morire. Le mie figlie disegnano cerimonie pompose piene di sposi e di amici in cui manca solo la mamma. “Perché tu qui sei già morta”. Sanno che, se il mondo sarà giusto e tutto andrà come deve, ci sopravvivranno felicemente. “L’anima ha i vestiti?”. Bè io credo di sì, credo che l’anima abbia vestiti bellissimi e li indossi con sicurezza e gioia. Capisco di avergli dato un’idea dell’aldilà simile a quella di un grande magazzino con i saldi perenni e non so se sia teologicamente ammissibile, però mi piace pensare di sì e mi piace anche a pensare che la salvezza non ci troverà sprovvisti di un abito adatto. Soprattutto credo che quest’idea gli ricorderà molto la loro mamma.
Pochi mesi fa gli insegnavamo a farsi il bidet da soli e oggi ci troviamo interrogati sulla nostra visione del mondo. “Sofia dice che prima di essere uomini eravamo scimmie, ma io non ci credo”. “Sofia mi ha detto cicciona”. “Mi prendono in giro per il mio cognome”. “E perché le mamme degli altri vanno sempre a prendere i loro figli e tu no?”. In cinque minuti si passa dal rischio di essere confusi per creazionisti alla necessità di insegnare ai propri figli a volersi bene. Quasi più semplice rifugiarsi nei sensi di colpa da madre assente. Sì perché lo stampatello minuscolo è un grosso tema nella vita di una bambina di sei anni, ma si mescola con la crudeltà delle amiche pucci pucci che la escludono dai loro racconti e portano a scuola il diario segreto. Vorremmo risolverla con Dante, ma “non ti curar di loro” non è una risposta accettabile per un bambino. Non potendo staccare la testa alle amiche antipatiche bisogna armarsi di santa pazienza. Perché discendiamo dalle scimmie ma non c’è nulla di male, perché hai un cognome da animale ma non fai versi da animale, a differenza di quelle oche delle tue amiche. Perché le mamme degli altri fanno quello che possono come la tua. E perché senza dubbio l’anima ha anche le scarpe.

venerdì 18 gennaio 2019

Marie Kondo e la gioia degli oggetti

Da Ticino7 del 18 gennaio 2019

I momenti peggiori sono quelli del cambio dell’armadio quando siamo sommerse da vestiti che non sono più adatti a noi. Potremmo aprire l’amplissimo discorso dell’età giusta per ogni abito e invece oggi ci butteremo su altro. Ci butteremo nientemeno che sul magico potere del riordino così come esso è descritto (e certificato) dalla guru del settore: la giapponese Marie Kondo. Marie ha un’età indefinita e quell’allure tipica delle ragazze giapponesi. Trasuda ordine, calma e organizzazione da tutti i pori. Marie ha scritto un libro diventato un bestseller, alcuni anni fa, intitolato per l’appunto “Il magico potere del riordino”. A suo tempo ne leggemmo come il manuale perfetto del decluttering (leggi: togliere di mezzo tutte le cianfrusaglie inutili che si accumulano in una casa), oggi il “metodo Konmarie” ha migliaia di seguaci e consulenti certificati nel mondo e promette la felicità. Approcciatelo come me con il sorriso sornione di chi pensa si scomodino temi troppi grossi: in fondo si tratta solo di sistemare un armadio. O no? Dopo cinque minuti di video di Marie Kondo vi ritroverete a pensare che questo modo di piegare le t-shirt è assolutamente da provare. Ma il principio base del metodo di Marie è un altro: tenere in casa soltanto ciò che ci provoca gioia e buttare ciò che non lo fa, senza dimenticare di ringraziare ogni oggetto che finisce nella spazzatura. Da pochi giorni su Netflix è arrivata una mini serie in cui la fatina Marie plana nel regno del disordine, ossia le case di coppie e famiglie americane, per cambiare la loro vita. Vedrete uomini e donne accarezzare i propri vestiti e riempire decine di sacchi neri. Penserete a quanto siamo consumisti e a quante confezioni di pasta anche voi comprate senza ricordare di averne in dispensa un rifornimento annuale. Sorriderete di fronte a questi goffi americani che si innamorano di Marie e della sua promessa di essere più felici tramite il riordino. Penserete che è sciocco pensare di trovare il proprio posto nel mondo trovando quello giusto in casa per lo sbattitore elettrico che usate una volta l’anno e ripiegando i calzini comprati in offerta all’H&M. Penserete tutto questo ma inizierete a piegare le t-shirt in terzi. E a riporle verticalmente perché tutto sia ben visibile nel cassetto. Il magico potere del marketing non fallisce mai.


domenica 13 gennaio 2019

Cambiare i regali è da stronzi?

Da Ticino 7 dell'11 gennaio 2019 

Qualcuno si è tolto il dente subito dopo Natale, interrogandosi in quei giorni pigri e indefiniti che seguono le feste. Qualcun altro ha gingillato fino ad oggi quando siamo ormai prossimi alla scadenza entro cui tutti gli oggetti vanno cambiati o definitivamente accettati. La domanda, rimandata o già evasa che sia, è una: cambiare i regali è da stronzi?
La Ficcanaso ha condotto un’indagine scientifica al riguardo, ma prima di diffondere i risultati quantitativi è importante restituire il contesto che ha portato all’operazione.
L’amica numero uno è riuscita, dopo anni di tentativi, a spingere il marito nel negozio di gioielli giusto. Lui ha speso una cifra considerevole nell’unico oggetto che lei non indosserebbe mai.
L’amico numero due è rimasto di sasso quando lei, aprendo la borsa firmata comprata on line, ha detto la cosa peggiore che si possa dire di fronte ad un regalo: “non mi serve”. Non resta che sperare che quelle parole fossero un diversivo per “non mi piace ed è orrenda” e compilare subito il modulo del reso.
L’amica numero tre ha scartato e immortalato con orgoglio il regalo dell’unico uomo “che da 36 anni non sbaglia un regalo”. Del resto di padri che regalano cappotti cammello di Max Mara azzeccando modello e misura se ne contano davvero pochi.
Di fronte a tutto questo la Ficcanaso ha interrogato Instagram con la fatale domanda. Oltre l’80% delle persone che ha votato ritiene che cambiare i regali non sia un gesto da stronzi; solo il 20% è composto di duri e puri. Gente che probabilmente ha l’armadio pieno di accappatoi rosa confetto con frappe e maniche a pipistrello. O di Balenciaga del colore sbagliato.
La verità, checché ne pensi la maggioranza, è che cambiare i regali è da stronzi. “Ma una cosa del genere io non me la sarei mai comprata”, obiettano le amiche dando voce a quella parte di noi che non sa come smaltire il bomber di Alberta Ferretti in edizione limitata che la fa somigliare a un batuffolo di cotone sovrappeso. Del resto perché qualcuno dovrebbe regalarci qualcosa che ci compreremmo da soli? Un regalo è un rischio, la scommessa che qualcuno fa che ti piaccia qualcosa che non hai scelto. Un regalo è un gesto d’amore e in quanto tale irrazionale, meraviglioso e pericoloso. Ma l’amore ha in sé sempre la necessità di essere stronzi. E non solo in fatto di regali.


Domani è un altro giorno

Da Ticino 7 del 4 gennaio 2019

Discuteremo ancora a lungo di George Soros nominato persona dell’anno dal Time. Spero poi in altre scomode rivelazioni del New York Times contro Facebook. Finito di leggere Moby Dick proseguirò con Guerra e Pace, anche perché l’Ulisse di Joyce mi ha appassionato a tal punto nelle settimane scorse che è impossibile scendere di livello.
È durato sei-sette righe redatte nell’italiano zoppicante di chi si avventura in terre ignote, il mio proposito di mostrarmi una persona seria nel 2019. Mi sono sforzata di non includere nella lista il proposito di smettere di alzarmi alle cinque di mattina nel tentativo di finire ciò che ho lasciato indietro il giorno precedente. Non ho neppure citato l’obiettivo “meno dieci kg” con cui ammorbo chi mi sta intorno da dieci anni. Ho cercato di rendermi presentabile ad un pubblico più ampio e maturo.
Anche perché ho finalmente capito che le persone mature di propositi non ne fanno. Le persone, a questa età che è la mia, hanno raggiunto dei traguardi. Stanno bene con se stesse, qualcuno addirittura con il proprio corpo. C’è gente talmente sicura e appagata da fare numerosi figli. Le persone per bene non hanno propositi ma obiettivi. Nei propositi c’è sempre un retaggio strano, quasi superstizioso o addirittura religioso. Ti proponi di riuscire in qualcosa e fai di tutto per farcela, lasciando a Dio gli adempimenti. In Quaresima noi cresciuti col catechismo facciamo dei fioretti: somigliano a dei propositi e si infrangono con generosità. L’obiettivo, invece, è totalmente razionale, obbedisce a leggi certe. Perché, signora mia, funziona così senza bisogno di scomodare i santi: se non mangi, dimagrisci; se corri, sudi; se resisti, leggi qualunque cosa. Se non vuoi, non t’innamori.
Ebbene, il mio proposito per quest’anno è di farne ancora tanti, di propositi. Mi propongo di non piangere durante il cambio dell’armadio, di non sentirmi in colpa ogni sera, di risparmiare, di correre, di non posticipare le scadenze fino all’ultimo secondo disponibile, di imparare ad usare Excel, di contare i soldi, di smettere di pensare al parka di Saint Laurent che non ho comprato l’inverno scorso. Farò in modo che siano propositi e non obiettivi. In caso di insuccesso, è sempre meglio gridare contro il cielo che allo specchio.