venerdì 27 maggio 2016

Belen, noi e il teorema del costume intero

Dal Giornale del Popolo del 27 maggio
Puntuale come la debolezza primaverile e il disagio da aria condizionata non è la prova costume, bensì la prova costume intero. Arriva infatti il momento nella vita di un essere umano di sesso femminile in cui il costume intero risulta attraente e persino seducente. A qualcuna capita dopo stagioni invernali particolarmente caloriche, ad altre dopo operazioni che richiedono protezione dal sole per alcune cicatrici, ad altre dopo gravidanze ravvicinate. Altre (e forse sono i casi più gravi) sostengono di averne riscoperto semplicemente lo stile e leleganza. Sta di fatto che tutte costoro, a un certo punto, si trovano a provare proprio il costume intero, cioè quel capo di abbigliamento che anni prima avevano abbandonato con gioia buttandosi nelle braccia dellemancipatissimo bikini. Qualcuna arriva anche a comprare costumi interi on line. La prima prova, fatta di nascosto nel bagno dellufficio, lascia intuire ciò che lo specchio di casa confermerà e cioè linfallibile teorema pronunciato dallunica di noi che (per ora) non è caduta nel tranello del costume intero. Primo postulato: è impossibile che il costume intero stia bene. Secondo postulato: se non ti sta bene il bikini e speri che ti stia bene il costume intero la delusione sarà ancora più grande. Devessere per questo che una marca di costumi ha scelto di far posare una testimonial come Belen Rodriguez in costume intero: certe velleità è meglio smorzarle sul nascere.


mercoledì 18 maggio 2016

Brad, Marion e quella scenografia irresistibile

Dal Giornale del Popolo del 13 maggio

35 kg. Quello che probabilmente è il peso del vostro ultimo bagaglio a mano sta scuotendo il mondo del gossip che lo associa al peso di Angelina Jolie. La signora Pitt è in effetti (ancora) più magra del solito e i malevoli sostengono che la causa del dimagrimento vertiginoso sia il patema d’animo per il tradimento da parte del marito. Le fonti anonime citate dai giornali di gossip sostengono che Brad Pitt abbia perso la testa per Marion Cotillard, attrice francese il cui peso non è oggetto di alcuna analisi e che ha recitato con lui nel film “Allied”. Ora io non farò alcuna osservazione, ma mi limiterò, come fanno i giornalisti dei giornali seri che vi piace leggere, a mettere insieme alcuni fatti. In “Allied” Marion e Brad interpretavano una coppia di amanti. La Cotillard ha vinto un Oscar per l’interpretazione di Edith Piaf. Sì, la cantante di Je ne regrette rien, non mi pento di nulla. Uno degli ultimi film di Marion la vede nei panni della tremenda Lady Macbeth. Aggiungete che Brad e Angelina si sono conosciuti sul set di Mr. & Mrs. Smith, dove interpretavano una coppia di agenti segreti in crisi e mentre il pubblico si godeva le esplosioni nella loro casa al cinema, il matrimonio di lui nella vita reale, con Jennifer Aniston, implodeva. Ecco, mettete in fila tutto questo. E ditemi se non state pensando anche voi, come me, che certe volte la vita ha una sceneggiatura che nessun film può riuscire ad eguagliare.

Cuba, una vita fa. Prima di Chanel

Dal Giornale del Popolo del 6 maggio

Era una vita fa e noi eravamo giovani, universitarie e devote alla Lonely Planet. Eravamo alla ricerca del miglior Mojito di Cuba quando un ragazzo del luogo ci propose di tornare con noi in patria. Chissà se c'era anche lui, quel ragazzo che abbordò maldestramente tre ragazze bionde in un viaggio di luglio, l'altra sera, durante la sfilata di Chanel a L'Havana. Abbiamo rivisto le strade e i palazzi sui avevamo lasciato il cuore, gli occhi e lo stupore, una vita fa. Le abbiamo riviste in decine di fotogallery dei giornali che celebravano l'incredibile successo della collezione di Karl Lagerfeld presentata a Cuba. Il primo evento internazionale dopo cinquant'anni di isolamento. Abbiamo seguito la nostra isola (chi va a Cuba e la gira in lungo e in largo su una cinquecento presa a noleggio non può che sentirla per sempre come la sua isola) nei racconti sui social, sfondo perfetto per decine di foto da fashion blogger e influencer. I siti di tanti giornali celebravano Gisele Bundchen col basco del Che e ci hanno rivelato, entusiasti, che i cubani adorano Chanel. Per un attimo ci siamo indignate. Una sana indignazione radical chic nel vedere che il disgelo con Cuba porta navi di turisti americani e delegazioni del mondo fashion in cerca di photo opportunity. Ma e passata subito. Del resto la revolucion è un diritto di tutti. Ed è importante che sia  fotogenica.

Adesso che la cucina è al suo posto

Dal Giornale del Popolo del 29 aprile

Adesso che abbiamo il lavandino angolare in acciaio inox antigraffio, sovrastato da un miscelatore di marca tedesca, la cucina può dirsi completa. Soprattutto da quando nei tubi scorre anche lacqua e il forno si accende senza provocare blackout nellappartamento e nel palazzo. Cè una cucina nuova e nellarco di poco più di una settimana abbiamo svuotato quella vecchia e riempito quella nuova. In mezzo ci sono stati scarponi di operai spaccapiastrelle, polvere delle suddette piastrelle che ha continuato a depositarsi per giorni, serate di cene fuori forzate e una strana eco nei giorni in cui doveva asciugarsi lintonaco. Ecco. Se vi capitasse di rifare una volta nella vita la cucina di casa vostra, sappiate che quello è il momento più pericoloso. Quello in cui, in quella casa polverosa ci arrivate solo a tarda sera, dopo aver ampiamente vissuto fuori tutto il resto della giornata e osservate quei muri, solo pochi giorni prima ingombri di pensili ed elettrodomestici e ora completamente sgombri. Almeno 10 metri quadrati di spazio inatteso. Ci starebbe una cabina armadio coi fiocchi, con tanto di posto per le scarpe e spazio borse razionalmente organizzato. Durerà poco. A un certo punto arriverà la cucina nuova e spazzerà via i più spinti sogni di riorganizzazione. Vi ritroverete a sistemare nei pensili utensili che sarebbero utilissimi a uno chef stellato pensando alla scusa per domani sera: Ceniamo fuori, dai. Non vorrai mica rovinare la cucina nuova?

Lunga vita alla ultras dei colori pastello

Dal Giornale del Popolo del 21 aprile un pezzo lunghissimo. Qui.

Il weekend delle cadute rovinose

Dal Giornale del Popolo del 15 aprile

Nel weekend in cui il mio parrucchiere ha sbagliato tutto per la prima volta, il mio iPhone nuovo è caduto. Laddetto del servizio assistenza Apple che mi ha risposto al telefono ha sopportato lo sfogo, capito che il tema era riparare quellaggeggio o sostituirlo immolando la mia carta di credito, prima che colui che me lo aveva regalato una settimana prima se ne accorgesse. Laddetto del servizio assistenza Apple mi ha indirizzata allApple Store più vicino. Laddetto dellApple Store più vicino era una ragazza con un accento simpatico che ha notato la ricercatezza dei miei occhiali. Mi ha strappato un sorriso nonostante il cuore (e il vetro) spezzato. La seconda addetta allassistenza Apple mi ha chiesto come stessi mentre mi faceva firmare una strana cosa sul suo iPad digitale e intanto mi diceva che con una modica cifra il mio telefono sarebbe stato riparato. Quando? Dopo unora. Lho abbracciata, ringraziata, ho resistito alla tentazione di baciarla e intanto mi sono fatta consigliare una custodia nuova di zecca e costosa per il mio aggeggio. Mentre aspettavo la riparazione, ho girovagato per i negozi del centro commerciale che ospitava lApple Store. E non vuoi festeggiare lo scampato pericolo con un acquisto da niente? E quella camicia in seta, che ha il pregio di esaltare la scollatura e nascondere i fianchi, la vuoi lasciare dovè? Quando sono tornata a prendere il mio telefono avevo speso  poco meno dellequivalente di un telefono nuovo. E avevo maturato la ferma intenzione di comprarmi un altro prodotto Apple il prima possibile.

In ogni casa c'è chi riesce a trovare le cose. Degli altri

Dal Giornale del Popolo dell'8 aprile

In ogni casa c’ è un “cose detector”. Una persona che riesce immediatamente a localizzare e reperire ogni oggetto lasciato in giro dal resto della famiglia. Dopo l’evoluzione tecnologica che ha investito il mondo, il cellulare è rimasto l’unica cosa che i membri della famiglia (almeno quelli sotto i 30) sono in grado di trovare sempre e di individuare al primo accenno di squillo. Per tutto il resto brancolano nel buio. I padri cercano le ciabatte, il giubbotto estivo, le giacche leggere, il cappotto pesante appena la temperatura torna giù di qualche grado. I bambini cercano Barbie, macchinine, sorprese dell’uovo Kinder di un mese prima, disegni che qualcuno aveva buttato erroneamente nel cestino (“ma non lo vedi che sono tutti diversi? Non si possono buttare via!”). I bambini piccoli cercano il ciuccio blu, sbraitano perché stanno trovando solo quello rosso, tentano di infilarsi sotto il divano dove hanno appena tirato un pezzo di biscotto. La buonanima che cerca di stirare nel frattempo localizza la scarpa destra di “Barbie poco di buono”, il caricatore del cellulare del padre delle creature, la pashima di inestimabile valore usata dalla bambina grande per vestirsi di Elsa di Frozen. In tutto questo la buonanima non riesce a ritrovare la sua lima per le unghie e il rinforzante anticuticole. Dev’essere successo poco tempo fa, in un momento in cui non ci siamo accorte di niente. Quel momento senza ritorno in cui ci siamo trasformate da quelle che non trovano le proprie cose a quelle che riescono a trovare solo quelle degli altri.

Natale con i tuoi e Pasqua con un brodo grigio

Dal Giornale del Popolo del 1 aprile

Natale con i tuoi. E Pasqua... Pasqua con chiunque ti offra un brodo caldo di colore accettabile. Ma andiamo con ordine. I piani di molti di noi sono stati mandati all'aria da malattie dell'ultimo minuto. Protagonisti, come al solito, i bambini. Son loro, con i loro 39,5 con facce da pesce lesso che ci hanno fatto vivere un venerdì Santo da brividi. E quale genitore sarebbe disposto a mettere in macchina un bambino febbricitante, ancorché imbottito di Tachipirina, senza sentirsi una persona orrenda? E poi per cosa? Non vorrai mica gettarlo, conciato così, nella mischia di quaranta parenti in quell'assetto da combattimento tipico della festa comandata? E poi un po' di riposo non può fare che bene alla famiglia stressata. E se bisogna restare a casa, almeno attrezziamoci per santificare le feste; anche in termini di tradizioni. Colomba, brodo e costolette di agnello non potevano dunque mancare. Il macellaio, beccato a dieci minuti dalla chiusura il sabato santo, ci ha guardato come dei poveri incapaci: come pretendete, miei cari, di trovare costolette di agnello alle sette di sera del giorno prima di Pasqua? Pazienza: ci rifaremo col brodo. La carne era giusta, le verdure pure e il procedimento delle nonne è stato applicato alla perfezione. E allora come accidenti è potuto succedere che quel brodo, oltre che avere un sapore tremendo, avesse anche un colore inguardabile? Il giorno di Pasqua abbiamo tuffato i nostri cappelletti industriali in un brodo mortificante fin nell'aspetto. In compenso la creatura febbricitante si era ripresa perfettamente. Giusto in tempo per domandarsi, anche lei, da dove accidenti arrivasse quel brodo grigio.

giovedì 5 maggio 2016

Le chiacchiere dei maschi (a tavola)

Dal Giornale del Popolo del 25 marzo
Ero pronta a usare queste righe per un mea culpa. Ero pronta a rivelare pubblicamente che anche io ho peccato di euforia primaverile sui social network. Ho visto un albero in fiore e come l’ultimo dei giornalisti in cerca di un’evoluzione digital ho postato una foto su Instagram. Potrei dirvi che questo stupore puerile è una cosa molto bella e che indica una genuina attenzione alle cose belle del mondo; la realtà è che anche io, come tutti, morivo dalla voglia di dire qualcosa che fosse oggetto di apprezzamento altrui. I social funzionano perché ci regalano, a buon mercato, quello che cerchiamo sempre nella vita: conferme. Un pollice alzato o un cuoricino, che dicano l’apprezzamento o si avvicinino all’affetto. E poi funzionano perché ci permettono di farci i fatti degli altri. Stavo proseguendo su queste riflessioni degne di una laureata in Scienze della Comunicazione quando il discorso dei due signori di mezz’età nel tavolo di fianco al mio a pranzo mi ha distratta. Hanno iniziato dicendo che spesso non ci si innamora delle persone, ma dell’immagine che si ha di loro. Hanno proseguito con uno scanning accurato delle ragazze sedute nel tavolo di fronte (io ero di lato, Dio sia lodato). Belle gambe, bel sorriso e via di commenti poco interessanti. Poi si sono guardati in faccia: “Quella potrebbe essere mia figlia. Anzi: a quel tavolo tutte potrebbero essere mie figlie”. E poi hanno proseguito, come se niente fosse. Li ho ammirati. Solo i maschi possono essere così lucidi e menefreghisti. E immuni alla primavera.

Giù le mani dai nostri maschi!

Dal Giornale del Popolo del 18 marzo


Ci sono quelle di noi che non sono gelose. Che neppure hanno mai sviluppato alcun tipo di competizione, né di apprensività. Quel poco di istinto di protezione alcune lo scoprono davanti allo scivolo quando l'ennesima bambina bionda e perfettamente popolare si bulla della loro nanerottola spettinata. Ma verso i nostri maschi: niente. Se tornassero la sera come facciamo noi a lamentarsi dell'universo mondo e a scuotere la testa per l'ingestibilità della propria vita, noi non sapremmo cosa dirgli. Anche perché, con tutto il bene, non possiamo neanche pensare di distrarci un po' da noi stesse; specialmente adesso che tra vacanze di Pasqua, compleanni e cucine da rifare avremmo bisogno di un'analista ogni volta che apriamo l'agenda! Poi arrivano quegli episodi inediti. Quelli in cui qualcuno se la prende ingiustamente con il maschio con cui condividiamo il divano e diventiamo incontenibili. Rischia, viene insultato e noi sappiamo che se avesse un cuore e dei sentimenti starebbe piangendo a dirotto e sbattendo i piedi per terra. È una terapia che ci sentiremmo anche di consigliargli, ma non c'è tempo. Bisogna prendersela con chi se la prende con il nostro amato. Perché dev'esser chiaro: con lui possiamo prendercela soltanto noi.

Il crudismo

Dal Giornale del Popolo dell'11 marzo
I crudisti sostengono che cuocere i cibi sia dannoso e che il procedimento li privi delle loro proprietà nutritive. Per questo servono soltanto cibi crudi o comunque cotti non oltre una certa temperatura. Ecco, io al primo e unico ristorante crudista in cui sono andata, vi dirò che ho mangiato benissimo, anche se non ho riconosciuto la presenza al palato di particolari proprietà nutritive che mi fossero rimaste ignote nella mia precedente vita di cottura dei cibi. L'unico momento di imbarazzo è arrivato quando ho avuto l'ardire di chiedere il pane, che evidentemente non poteva esistere senza cottura. Mi sono sentita come una che entra con una bistecca cruda in mano in un ristorante vegano. Mi sono sentita un'intrusa, una che non aveva capito dove si trovasse. Nessuno degli altri presenti aveva il pane sulla tavola ed evidentemente si sentivano bene così. Quello che mi sono domandata è: perché cerchiamo sempre i nostri simili? Perché i crudisti si accompagnano a persone che non necessitano di pane? E perché tutti i grafici hanno occhiali da nerd e scarpe strane e tagli di capelli improbabili e guardano un eventuale grafico che indossi le Clark come un outsider? Con tutte queste domande non mi resta che buttarmi su una pizza: ben cotta.



La rivolta contro la nuova Livia

Dal Giornale del Popolo del 4 marzo

Come sempre il paese reale ha il volto e la determinazione di mia madre, penalizzata soltanto dalla scarsa dimestichezza con la tecnologia che le ha impedito di mandare l'importantissimo messaggio già lunedì sera: “Non mi piace la nuova Livia, assolutamente no!”. L’osservazione sconvolgente è stata ovviamente innescata dal ritorno in TV di Montalbano, il giallo che guardiamo senza il minimo interesse per la trama, ma provando il puro piacere di ritrovare vecchi personaggi conosciuti e amati. Ebbene, tra quei personaggi non c'è più la fondamentale ed eterna fidanzata del commissario, perché la nuova interpretazione che ne fa l’attrice Sonia Bergamasco non ci soddisfa. Non è sexy, profonda e capricciosa, leggera eppure mai banale come il personaggio di Livia è nei romanzi di Camilleri da cui è tratta la fiction. Ci improvvisiamo recensori inflessibili ed esperti come facemmo quando a Beautiful cambiò l’attore che interpretava Ridge. Abbiamo fatto una rivolta, sperato che gli sceneggiatori lo facessero morire per l’ennesima volta, invece di sottoporci a un tale shock. Eppure, oggi, riguardando la soap dopo mesi, ci scopriamo inaspettatamente soddisfatte. I produttori hanno in effetti trovato un attore che produce solo due espressioni: quella di quando sposa Brooke e quella di quando la lascia. Ci hanno trovato l’uomo giusto. Invece a Montalbano manca la donna giusta. E questo è imperdonabile.

Lui petaloso, tu bruttiva

Dal Giornale del Popolo del 26 febbraio

I fatti sono noti e, complice la viralizzazione innescata dai social, ormai ci sono pure un tantino indigesti. Un bambino di terza elementare della provincia di Ferrara, incaricato di descrivere un fiore, lo ha descritto come “petaloso”. La sua giovane maestra ha segnato la parola come “un errore bello” e ha scritto all'Accademia della Crusca. Gli accademici hanno risposto con una bella lettera, in cui spiegano che la parola è ben costruita e che, tuttavia, a determinarne l'inserimento nel dizionario non può essere una commissione di studiosi, ma l'ingresso del termine nel linguaggio delle persone. La storia ha scatenato una marea di condivisioni sui social. Inizialmente per la bellezza e la genuinità della storia. Tutti abbiamo pensato alle nostre maestre preferite, quelle che vedevano genialità nei nostri errori e ci hanno fatto diventare grandi. Poi, a poco a poco, i buoni sentimenti hanno lasciato spazio allo sfottò: se si può chiedere alla Crusca di inserire “petaloso” nel vocabolario perché non anche “inzupposo”, aggettivo tremendo usato da Antonio Banderas per descrivere i biscotti del Mulino Bianco? Della serie: maestra, se l'ha fatto lui perché non posso farlo anche io? Io per esempio vengo definita in diversi modi dalla bambina di quasi quattro anni. Quando è in buona dice che sono bella come Elsa, Ariel, Sven (una renna) e tutte le principesse del mondo. Quando le nego un ovetto Kinder non solo sono cattiva, ma divento improvvisamente brutta. “Mamma, sei bruttiva!”.