venerdì 20 settembre 2019

Torna a casa, Barbie


Da Ticino7 del 20 settembre 2019
“Mi sta bene” ho pensato mentre correvo sudata verso uno sperduto negozio di giocattoli. A forza di boicottare Amazon, mi dicevo, finirò per prendere un esaurimento nervoso. Mi piace toccare le cose, rigirare le confezioni, farmi suggerire dai commessi e non vedere comparire sullo schermo l’orrenda frase “i clienti che hanno comprato questo hanno visto anche…”. Non voglio che nessun algoritmo prenda nota dei miei interessi e, anche se so che i miei sforzi dureranno poco e incideranno poco sulle sorti del mondo, ho deciso di fare a meno di Amazon. Pensavo che sarebbe andato tutto bene fino a che non mi sono stati chiesti degli abiti di Barbie.
Tanto per cominciare i vestiti di Barbie sono i-n-t-r-o-v-a-b-i-l-i-. I set della nostra infanzia con gli abiti e le scarpe attaccati alla confezione con laccetti di plastica infernali non esistono praticamente più. Fino a poco tempo fa trovavo una discreta fornitura di abiti da Barbie Poco di Buono, outfit che a talebane del settore come me facevano temere una deriva non certo morale ma estetica. I dubbi sono forti: i vestitini in lurex e gli zatteroni indossati dalle Barbie scongiureranno l’eventualità che la creatura voglia un giorno provarli su di sé? Il dubbio dura poco perché oramai neanche quella tipologia di vestiti è reperibile.
Piuttosto che ripiegare sull’imitazione, mi sono detta, compro un’altra Barbie, che viene venduta corredata di vestiti. Ho trovato Barbie Astronauta, Barbie Coscia Importante; Barbie Sirena; Barbie Pilota; Barbie Ingegnere Aerospaziale. Ora, non vorrei sembrarvi una persona gretta. Io sono tra le prime bambine del mondo ad aver giocato a lungo con Barbie Benetton (lo slogan della pubblicità era “Barbie di colore sei davvero uno splendore”), però sono rimasta delusa. Tornata a casa il giudizio non è stato meno duro. “Noi vogliamo vestiti lunghi, enormi e pieni di lustrini. E macchine enormi dove possa starci anche Ken”. Sì, proprio quel Ken che io ho trovato in vendita corredato di lavatrice e di cesto di panni da lavare in omaggio alla parità di genere e alla divisione dei compiti in casa. “Mamma, Barbie non si può sposare con uno con il cesto di panni sotto braccio e con una macchina in cui non ci stanno neanche le gambe”. Modelli arcaici e suv metropolitani. Vogliono giocare con gli stereotipi. E hanno maledettamente ragione.

mercoledì 18 settembre 2019

Scatti a perdere


Da Ticino7 del 13 settembre 2019
Uno degli effetti della playlist motivazionale di Spotify è di farti recuperare quattro anni di fotografie in meno di due giorni. Da tempo, come chiunque di voi, mi ripromettevo di stampare i migliori scatti della nostra vita salvando i ricordi dalla bulimia digitale dei nostri telefoni. Ho assicurato tutto su un cloud con un piano di archiviazione premium e poi ho scaricato tutto su un hard disk per sicurezza. Ora impiegherò diverse settimane a decidere come farle stampare, al momento ho solo realizzato che il fotolibro è il male assoluto (quasi quanto la tazza con foto dei bambini).
L’operazione mi ha consentito di sfogliare i ricordi di anni. Le bambine che nascono, noi due che veniamo sempre male, quell’unica foto di famiglia scampata alla giostra di questi ultimi anni. Ho fatto in tempo a vedermi incredibilmente magra, incredibilmente grassa, incredibilmente sorridente, con occhiali bellissimi e pettinature improbabili; ho visto le bambine addormentate con la testa sul tavolo, ho recuperato le foto di sfoghi purulenti sulla pelle che mi preparavo ad inviare a qualche pediatra di stomaco forte. Ho ritrovato i primi giorni di asilo, centinaia di momenti quotidiani e pochissimi compleanni e anniversari. La maggior parte degli scatti mi strappava un sorriso se non una lacrima prima della decisione definitiva: cancellare da tutti i supporti, mantenere solo digitale, stampare.
Anno dopo anno le foto degne di nota diminuivano a vista d’occhio. Non solo per l’impresentabilità delle rughe e degli anni che ci portiamo addosso, ma per l’assoluta mancanza di senso. Tendenzialmente ogni situazione si ritrova in 4-5 scatti in cui alternativamente una persona diversa ha gli occhi chiusi, la bocca storta e un doppio mento inguardabile. Sceglierne una da stampare è in ogni caso una condanna. Costa così poco, sei tentata di pensare, che le stampo tutte.
Ecco, sarà che tutto questo lo facevo mentre scorrevano sui giornali le foto di Peter Lindbergh appena scomparso, ma mi sono accorta che scattando a ripetizione non abbiamo fissato mai niente. Non abbiamo mai ritratto niente. E siccome non c’è osservazione esistenziale che non abbia una ricaduta consumista ho deciso: andremo dal fotografo per una foto di famiglia. Così potrò ricattare il maschio di casa: se non sorridi, il prezzo aumenta.

venerdì 6 settembre 2019

Il magico potere della cancelleria

Da Ticino7 del 6 settembre 2019

Settembre, scrivevo qualche settembre fa, è il mese dei grandi proponimenti, quello in cui parti da Bulgakov e finisci con Camilleri sul comodino. Dev’essere quell’eredità di estate che ci portiamo dietro, che pare non farci rassegnare ci induce a buttare il cuore oltre l’ostacolo, sfidare la pigrizia e promettere cose inimmaginabili, che vanno dalla palestra tre volte a settimana all’affronto di libri importanti.
Non sono pochi gli adulti che trovano inaspettato ed enorme sollievo, in un momento dell’anno tanto instabile e rischioso, nell’acquisto seriale di articoli di cancelleria. Chi ha figli in età scolare ha la scusa del famoso “back to school”, quella specie di incomprensibile movimento di massa per cui per due settimane all’anno sembra che non esista nulla che non sia assolutamente indispensabile; tanto per la riuscita scolastica delle creature, quanto per la tenuta psichica dei genitori. Ci trasformiamo in tante piccole Marie Kondo: compriamo matite, le temperiamo perfettamente prima di etichettarle, buttiamo i pennarelli scarichi, disponiamo i pastelli per colore.
Ormai quasi tutte le scuole cercano di arginare la follia dei genitori fornendo indicazioni precise e dettagliate su cosa si debba comprare ai bambini. Alcune scuole pretendono l’astuccio a tre piani; altre lo giudicano uno spreco e indicano le dimensioni di penne e matite richieste o provvedono autonomamente alle principali necessità.
Per quanto ci riguarda, l’acquisto dell’astuccio della discordia ci ha portato a contattare su eBay un collezionista di oggettistica degli anni Novanta: quell’astuccio della Pimpa sembrava a tutti gli effetti introvabile. È arrivato, perfetto. L’inverno sarà un gioco da ragazzi sapendo che in dispensa ci sono dieci quaderni a quadretti, altrettanti a righe, una fornitura da esercito di colla a stick. Siamo preparati ad ogni evenienza e questo riuscirà certamente alla riuscita scolastica delle creature nonché alla nostra tranquillità psichica. Il primo giorno di scuola saremo molto fiere di non aver ceduto alle principesse e di averle dirottate su una sofisticatissima stampa liberty. La cartella retrò ci farà sentire delle madri severe ma giuste. Certo, è molto probabile che a fine ottobre cominceremo con qualche righello delle Winx. Ma anche in tema cancelleria si parte da Bulgakov e si sa come va a finire.