venerdì 25 ottobre 2019

Il bicarbonato ci salverà


Lo sgrassatore da cucina sulle macchie, il perborato di sodio nella lavastoviglie, l’aceto per pulire lavatrice. Non dimentichiamo, inoltre, che le piadine, appena cotte, vanno avvolte in un canovaccio di tela grezza (meglio se ricavato dalle vecchie lenzuola della dote della nonna) per mantenere al meglio il calore e la croccantezza. Coltelli a punta in giù in lavastoviglie, uova in frigo anche se non sarebbe necessario (“non saprei dove altro metterle!”), carta igienica che si infila nel porta rotolo solo con il lembo iniziato rivolto verso l’alto, perché non penzoli. L’albume dell’uovo non si butta mai, c’è sempre un dolce in cui può essere riutilizzato. Ricordo ancora come un pericoloso momento di emancipazione quel giorno in cui per la prima volta ho buttato un albume d’uovo. Credo di essere l’unica in famiglia ad averlo mai fatto. L’antitarme nell’armadio si cambia due volte l’anno e si compra solo quello che compra la mamma, anche se ogni bustina costa quanto un maglione nuovo. Il passaggio all’età adulta è possedere il Folletto. La madre, quando esegue il periodico upgrade al modello più nuovo, passa il vecchio in un altro piano della casa. Sono orgogliosa di appartenere a una famiglia non ha mai rottamato un Folletto. L’esemplare degli anni Ottanta che mi ha visto nascere oggi svolge un onesto e adeguato servizio nel garage di casa dei miei. Io ho un’amica che ha comprato il Dyson e la guardo peggio di un piatto si pasta in fase low carb.
Non posso infine dimenticare, nel patrimonio genetico di cura della casa che la nostra famiglia ci ha trasmesso, altri importantissimi princìpi. Il più importante dei quali riguarda il bicarbonato. Le bambine hanno un bruciore al sedere? Lavaggi con bicarbonato. La lavastoviglie fa cattivo odore? Bicarbonato e aceto. La bistecchiera costata un occhio della testa resta sempre unta e bisunta? Una notte a mollo con bicarbonato e aceto e la mattina dopo sei felice come le signore della pubblicità degli anni Ottanta. Le macchie di calcare nella bottiglia spariscono con l’aceto e il bicarbonato. Il bicarbonato fa anche splendere i capelli (sono sicura che neppure voi l’avete mai provato ma non avete motivi per dubitarne) e consente ai dolci di lievitare felicemente. Il potere salvifico del bicarbonato è vicino solo a quello di acqua e zucchero per i bruciori di stomaco. Mia nonna la prescriveva sempre prima di dare l’ordine definitivo: vai letto. Dormendo tutto passa e si sopporta. E credo di averlo imparato perfettamente. Dormendo, ovviamente, in lenzuola sbiancate dal bicarbonato.
Sulla mia strada ho incontrato tante adepte del bicarbonato ed è a loro che ho scritto quando ho incontrato la regina di quello che non vorrei chiamare fissazioni, bensì solide credenze: Britt Marie. È lei la protagonista del romanzo Britt Marie è stata qui, storia di una signora poco sopra i 60 anni che ha passato tutta la vita a pulire (“ciò che fa sempre nelle situazioni più difficili”) e un giorno scopre che il marito tanto amato non è quello che credeva. Ricomincia da zero, trovando lavoro (per la prima volta in vita sua) in una città alla deriva. Una città in cui non si trova il Faxin, unico detersivo in grado di pulire i vetri come solo vanno puliti: perfettamente. In difficoltà, ma non vinta, Britt Marie rimedia con il bicarbonato. Va tutto bene. Britt Marie riuscirà a trovare il Faxin e la sua vita cambierà in maniera inaspettata. E a portarla a mettere in discussioni le tesi perfette che ha sempre sostenuto: «È difficile dire quando nasce l’amore. Ci si sveglia un giorno all’improvviso ed è sbocciato. Succede lo stesso quando appassisce, di colpo un giorno è troppo tardi. In questo senso l’amore ha molto in comune con le piante da balcone: a volte nemmeno il bicarbonato può nulla»

mercoledì 16 ottobre 2019

Giulia De Lellis, un libro che fa stories

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Giulia De Lellis, un libro che fa stories
“Le corna stanno bene su tutto (ma io stavo meglio senza)”. Ben detto, ho pensato qualche settimana fa leggendo questa frase scritta a caratteri cubitali in un cartellone luminoso 6x3. Solo avvicinandomi ho realizzato che si trattava della pubblicità di un libro in uscita: quello scritto dalla ex corteggiatrice di Uomini e Donne, protagonista del Grande Fratello Vip, youtuber, influencer e instagrammer Giulia De Lellis. Da allora sono passate alcune settimane e quel libro è diventato un successo editoriale. Come può una che non ha mai letto un libro scalare le classifiche? In tanti si sono interrogati e il Corriere della Sera ha intervistato anche la ghost writer del libro di Giulia, una femminista convinta che ha capito che la sua vocazione è sostenere qualunque tipo di donna. Sottinteso: anche una influencer ignorante.
Ho deciso di leggere il libro di Giulia De Lellis e ho passato una mezz’ora istruttiva. Ogni capitolo meriterebbe una lettura ad alta voce della protagonista, quanto meno dei titoli: io scioccata; stupida me; lo schifo; l’abbandono; la rabbia; ricomincio da me. La struttura è quella di un lunghissimo post su Facebook o di una serie ininterrotta di stories di Instagram. La narrazione del tradimento segue canoni “classici” e comincia con l’epifania della stronzaggine del maschio (in questo caso quel bonazzo da gara di Andrea Damante, ex tronista). Lei che passa giorni a darsi della stupida e come-ho-fatto-a-non-capire-ero-accecata-dall’amore-non-mi-riconosco-più. L’abbruttimento mentale si associa a quello fisico («una tragedia a cui neppure il miglior contouring potrebbe porre rimedio», scrive Giulia) e solo amici e famiglia riescono ad arginarlo. Poi lui si rifà vivo, lei ci ricasca, poi scappa di nuovo, lui ritorna ma stavolta lei è forte perché – saggia – la capacità di perdonare le corna è come l’altezza: o ce l’hai o niente. Un po’ come il coraggio di don Abbondio, insomma. Si finisce con tanta autoconsapevolezza e il sempreverde «il mio principe sono io».
Questo libro non farà storia e dimostra che ad oggi (e chissà ancora per quanto tempo) Instagram è il mezzo ideale per promuovere qualunque cosa: persino un libro.


venerdì 4 ottobre 2019

Magari fossimo tutti gretini


Da Ticino7 del 4 ottobre 2019
Mi sono avvicinata al fenomeno Greta Thunberg per motivi reali. Solo dopo il viaggio oltreoceano con Pierre Casiraghi e la sua barca a zero emissioni, infatti, ho iniziato a seguire su Twitter l’attività della pasionaria svedese del clima. L’obiettivo era quello di cogliere un’immagine o un qualunque intervento del principe, di fatto ho dovuto accontentarmi delle parole di Greta. Queste dovevano essere righe in cui discettare delle modalità contemporanee di approccio a un principe. Dovevo parlarvi delle treccine e del loro fascino imprevedibile. Dovevo parlarvi del fatto che dobbiamo tutti trovare un modo per lavorare per un futuro sostenibile e contemporaneamente avere un outfit sostenibile (anche esteticamente). Dovevo chiudere dicendo che le trecce me le faccio anche io se Pierre Casiraghi mi porta in barca. E invece mi ritrovo qui, come una vecchietta davanti al camino. Il direttore perdonerà la debolezza che colpisce la mia penna. L’ennesima.
Queste per molti genitori sono le settimane delle olimpiadi dell’incastro: se la grande fa nuoto, come portiamo la piccola a ginnastica? Il catechismo lo riteniamo davvero necessario? On line non si può assolvere l’obbligo? Possibile non esista un pianoforte acrobatico così da mettere insieme almeno due attività? Da giorni penso insistentemente ai genitori di Greta; e non perché hanno cresciuto una figlia con l’Asperger. Penso che hanno condiviso la sua preoccupazione per il riscaldamento globale, verosimilmente l’hanno iniziata a questo tipo di tematiche. Vedendola all’ONU, qualche giorno fa, credo che molti di noi si siano augurati di essere in grado di prendere seriamente ogni passione dei propri figli, rispettarla e non solo trovare un modo per gestirla. Non credo che il mondo si salverà abbandonando gli aerei in favore della barche ecologiche. Né tantomeno che dobbiamo diventare tutti vegani per ridurre la nostra impronta ecologica. Credo però che ci sia un’ingenuità indomita e sincera in quella ragazza. Il libro-denuncia scritto con la sua famiglia si intitolava “la nostra casa sta bruciando”. Prima di tutto brucia di passione. E io ammiro. E mi auguro che tutti noi e i nostri figli abbiamo una grande causa per spendere la vita. Mi auguro anche che sia quella giusta. E soprattutto mi auguro di essere al loro fianco in ogni caso.