domenica 30 maggio 2021

Hanno messo a dieta mio padre

Da Ticino7 del 29 maggio 2021

Hanno messo a dieta mio padre. Significa che un dottore ha certificato ciò che mia madre, Cassandra del colesterolo, va dicendo inascoltata da molti anni. Ogni giorno a tavola, da quando ho memoria di esistere, lei prepara la pasta da cuocere, lui (famoso per aver condito una volta una di quelle paste nello scolapasta) obietta che ci vorrebbe almeno un etto in più, lei gli rinfaccia i chili di troppo e il vino rosso sempre in tavola, lui ribatte che gioca a tennis e va in bicicletta come avesse vent’anni e nessuno gli ha mai dato l’età che ha (e che nessuno di noi conosce esattamente). 

Pensavo di aver ereditato la propensione alle spese facili da mia madre fino a che non ho visto mio padre tornare dalla bottega del macellaio. Salami, lonze, coppe, salsicce. Nei mesi delle restrizioni più dure della pandemia ha rinunciato al caffè al bar facilmente, più arduo declinare il tradizionale invito alla cosiddetta colazione del maiale: nelle case dove si ammazzano le bestie e si fanno le carni si mangia tutto ciò che è fresco e che non si butta via, come recita l’adagio, destinandolo a pochi e importanti invitati. Mio padre ha sempre ricevuto almeno un paio di inviti all’anno alle colazioni del maiale. Mio padre, modestamente, è popolarissimo. In tema di salumi adora fare proselitismo, non c’è cerimonia nostra o dei nostri congiunti a cui lui non abbia aggiunto un prosciutto comprato personalmente o una collana di salsicce. Se ti incontra, ti regala una lonza. Se stai per partire devi avere almeno due salami in valigia. A Natale ha ordinato un paio di quintali di pecorino per i regali. Il fornitore pensava avesse un supermercato.


In questo circo di trigliceridi e colesterolo il medico ha identificato una “vita dissoluta”. Lui spiega che non s’è mai ubriacato né è mai andato a donne, è sportivo. Mia madre annuisce ed estrae vaporiere, spezie, filetti di branzino e scorfano. Nelle nostre videochiamate durante la cena le vellutate hanno sostituito il fiasco di vino sul tavolo, lui, distratto e mesto, sgranocchia una carota. Vorrei dirgli che lo capisco, che le spezie danno sapore, che la pasta integrale è meglio. Vorrei consolarlo forte della mia esperienza di diete varie e variate. Vorrei dirgli di ascoltare tutti questi noiosoni per il periodo che serve. Per tornare presto a essere il mio babbo immortale.

domenica 23 maggio 2021

Antisport di madre in figlia

Da Ticino7 del 22 maggio 2021

Nei lunghi mesi in cui gli sport di squadra erano vietati o sconsigliati per ragioni pandemiche, qualcuno si è sentito incredibilmente sollevato. Se il gioco consiste nel palleggiare per prendere confidenza con la palla, nessuno può prendersela se sbagli il tiro in porta proprio di fronte al portiere. Le cronache raccontano spesso di genitori che si accapigliano guardando le partite dei propri figli, trascinati da una competitività irrefrenabile. Pochi giorni fa agli Internazionali di tennis di Roma, il giudice di gara ha seriamente diffidato il padre della tennista Camila Giorgi dal continuare a schiamazzare a bordo campo disturbando i giocatori. 

Io, dopo cinque minuti di allenamento sbirciato da dietro la rete del campetto, ho pensato che il calcio è uno sport difficilissimo e guardando la palla come una madeleine sono riandata con la mente a tutto il vissuto traumatico che evidentemente è responsabile di anni e anni di seria inattività.

Sì, insomma: parliamo di me, parliamo di me. Conteggiato a parte il nuoto, lo sport più completo obbligatorio per ogni bambino, la mia carriera sportiva ha contemplato negli anni il pattinaggio artistico, la ginnastica artistica (l’arte, una vocazione), pallavolo e danza classica. Di ogni sport ricordo disagi e delusioni: la fuga prima del saggio, la schiacciante serie di sconfitte al torneo di pallavolo disputato lungo le strade di un paesino, l’umiliazione di essere scelta sempre per ultima a scuola quando era il momento di formare le squadre per giocare a basket.

Maturità è parlare continuamente di sé e impegnarsi per evitare ai figli i propri errori, quindi cerco un equilibrio perché mia figlia faccia sport con armonia, segretamente spero che si appassioni a qualcosa (“Continuo equitazione, ma non penso farò la cavallerizza mamma”). Scegliamo uno sport di squadra, chissà che non impari a competere in maniera sana, senza desiderare la morte dell’avversario come fa quando giochiamo a Trivial Pursuit. Così approdiamo al calcio. Il padre le ha spiegato le regole del gioco su un foglio; io ho messo su De Gregori e La leva calcistica della classe 68, per dimostrare che il fuorigioco non lo capisco ma Dio me ne scampi se non so la poesia, il disagio, il sentimento, il cuore. Che devono metterci gli altri. Il mio, di contributo, resterà quello di uscire vincitrice dopo 45 minuti di ricerca delle scarpe perfette alla Decathlon. 

A una certa età

Da Ticino7 del 15 maggio 2021

La rivincita delle rotondette arriva intorno ai quaranta, perché zampe di gallina e rughe sono spesso meno evidenti in chi non è propriamente magrissimo. Secondo un algoritmo complesso e geniale degno della Silicon Valley, arriva un preciso momento della vita in cui la lotta ai chili di troppo va sostituita con quella all’armonia. Niente body positivity, qui il tema è la scelta delle priorità, la consapevolezza, il realismo e il pragmatismo che guarda caso proprio l’età dovrebbe portare in dote.

Le amiche che fino a ieri si interrogavano sul prodotto miracoloso anticellulite oggi sono attanagliate da nuovi, enormi problemi. I principali sono il botox e i capelli bianchi. Le migliori, quelle che alle medie si vantavano d’aver già smesso di fumare, rivelano che non bisogna avere paura dei ritocchini. Che contrastare i segni del tempo è un dovere, purché con modalità discrete e non invasive. Sorridono di fronte alle neofite che temono di diventare come le tante attrici devastate dalla chirurgia estetica. “Ma cosa ti metti in mente? Qui parliamo solo di cose naturali, piccoli trattamenti invisibili di cui nessuno si accorgerà. Non vedi come sono in forma? Io ho iniziato più di 5 anni fa”.

Non lo sapevi ma cinque anni fa, mentre tu ti interrogavi ancora, con un piglio pensoso e da ventenne fuori tempo, sull’opportunità di comprare abiti fast fashion, le tue amiche pensavano al futuro. Affiancando a un solido fondo pensione dei trattamenti estetici mirati a contrastare rughe e segni del tempo. Sorridono di fronte alla tua bizzarra teoria del grasso che minimizza le rughe, ti tolgono il tiramisù dal tavolo e ti guardano negli occhi. Basta scuse, bisogna pensare al futuro. 

L’altro tema di grande discussione sono i capelli bianchi. Anche in questo caso, le previdenti rivelano di tingerli da tempo. Scopri così che erano tutte favorevoli a lasciare i capelli naturali, fino a che si parlava dei capelli delle altre. Oggi le più agguerrite sfoderano senza pietà le foto di amiche che recentemente si sono mostrate senza tinta ai capelli e ti sfidano: “Non mi dirai che questo è stile”. Noi che ieri ci dividevamo su Dior e Chanel e su Zara e H&M, oggi ci accapigliamo di fronte ai capelli bianchi. Del resto, non siamo tutte Helen Mirren.

La discussione vira su La Vacinada, la canzone irresistibile di Checco Zalone che fa il manzo italiano con una bella e attempata signora, la meravigliosa Mirren appunto, ingolosito dal suo essere vaccinata. Le ultras dei capelli tinti non si lasciano intimidire: “Bellissimo il video, bellissima la canzone, ma non vorremo mica arrivare a una certa età per rivalutare l’uomo che ti fa ridere?”.

domenica 9 maggio 2021

Guardatevi dal tatagattamortismo

Da Ticino7 dell'8 maggio 2021

Pochi giorni dopo aver mostrato la sua ciccia post partum come segno di body positivity, Chiara Ferragni mostrava in una storia su Instagram il volto di tata Rosalba nel giorno del suo compleanno. Pochi giorni prima sorridevo imbarazzata vedendo una conoscente che postava su Instagram foto mandate dalla tata dei suoi figli taggandola. Andando a controllare subito il profilo come si conviene in questi casi, notavo che la tata era giovane e bella, evidentemente italofona e soprattutto taggabile, a differenza della Rosalba di casa Ferragnez. Ho pensato che avrei più volentieri dato in pasto al pubblico il numero della mia carta di credito e i dati di accesso al mio conto in banca, certamente meno preziosi della persona più importante della nostra vita che ne rende, semplicemente, possibile lo svolgersi.

Le madri di oggi, specialmente quelle che lavorano più di due ore al giorno e non passano le estati in villeggiatura con la prole, sanno che non è dalle gattemorte ruba mariti che occorre guardarsi le spalle; bensì dalle madri svenevoli sempre pronti a rubarti la tata. “Ah, ma mi daresti il numero della ragazza che accompagna al parco le tue figlie?”, chiedono serafiche se ti incontrano fuori da scuola. Più spesso approcciano direttamente la malcapitata al parco. Specificano subito che è solo per un eventuale backup di qualche ora al pomeriggio, oppure solo in caso di malattia. Vorresti rispondere che tu devolvi tre quarti del tuo stipendio ad un’altra donna proprio per evitare queste situazioni e che auguri anche a loro un impiego pieno di eventualità e nessuna certezza. 

Spesso le giovani e inesperte cedono, soprattutto pensando di fare un favore alla tata in questione, che magari ha piacere ad allargare il proprio giro di conoscenze e occupre qualche ora libera. Tutte quelle che lo hanno fatto si sono pentite amaramente. Non sarà un caso se tra le informazioni inaccessibili dei famosi, ci sono proprio le identità di collaboratori domestici e tate. Si tratta di gente che ha una patente di uccidere (vi immaginate sapere quante ore al giorno guarda la tv il figlio dei Ferragnez o quanti detersivi inquinanti si utilizzano in quelle case? Non sognate anche voi intere paginate di gossip sul tema?), che probabilmente viene remunerata anche per la delicatezza del compito che ricopre. Ora, anche se non siete famosi, ricordate: la prossima volta che qualcuno vi chiede informazioni sulla vostra tata, proponetele di uscire con vostro marito. La vostra famiglia sarà certamente meno in pericolo.


sabato 1 maggio 2021

No, non recupereremo niente

Da Ticino7 del 1 maggio 2021

Il compleanno di aprile è stato accorpato all’anniversario di dicembre e festeggiato in giugno, a una distanza talmente equa dai due avvenimenti da esserne completamente slegato. Un’abitudine che nei casi migliori moltiplica i regali, in quelli più frequenti rende assolutamente trascurabile qualunque tipo di ricorrenza.

Lo scorso anno, in pieno lockdown, la bambina è riuscita a ricevere la Barbie che tanto desiderava. Una sorta di bambola magica, che cambiava colore sotto l’acqua. Al telefono con l’amica del cuore ha promesso: l’aprirò con te quando ci rivedremo a settembre, altrimenti faremo una videochiamata. Noi adulti abbiamo sorriso commossi, nell’ordine: della determinazione della bambina, dell’affetto tra le amiche, della assoluta disinvoltura con cui si dichiarava pronta, a mali estremi, ad estremi rimedi come le videochiamate. Tutto è andato come doveva andare e la Barbie si è aperta a settembre con un evento dal vivo immortalato dalle macchine fotografiche ricevute anch’esse per il compleanno di tanti mesi prima. La grande festa, quella al parco con i palloncini, la caccia al tesoro, le ginocchia sbucciate dopo le corse e il meraviglioso momento di collettiva apertura dei regali era stata comprensibilmente rimandata all’anno successivo. Arrivato l’anno successivo abbiamo rimandato all’estate. Ora siamo qui, inebriati dalla possibilità di sederci in un bar all’aperto, a domandarci come organizzare le feste di recupero. Con noi un esercito di titolari di compleanni, cresime, comunioni, anniversari che hanno festeggiato in maniera frugale con il proposito di recuperare con gli interessi a tempo debito.

Adesso però il tempo debito pare più vicino e sarà che non abbiamo neanche più il fiato per gonfiare i palloncini, ma siamo tutti titubanti. I parenti risponderanno alla chiamata alle armi della comunione con un anno di ritardo? La festa dei 18 anni funziona lo stesso a 19? I 40 si possono festeggiare dopo i 41? Discutiamo di scaramanzia, di regole, di buon senso, di pigrizia. Ripensiamo a tutti i biglietti di auguri ricevuti in questi ultimi mesi, tutti rimandavano a recuperi e tempi migliori. La verità, ce lo diciamo oggi che i tempi migliori sembrano davvero a portata di mano, è che potremo inventare modi nuovi e creativi di fare altro ma non di recuperare il passato. No, non recupereremo niente. Ed è incredibile quanto siamo in forma, noi che non abbiamo mai compiuto 40 anni.


 

Su cosa dovremmo piangere, se non su latte versato?

 Alla bambina che torna a casa con un brutto voto diamo una carezza nell’esatto momento in cui la spingiamo a guardare avanti. Da Ticino7 del 24 aprile 2021

Quelle lacrime devono diventare carburante per studiare di più, scrivere meglio, evitare le orecchie ai quaderni, avere una grafia più comprensibile e così via. Essere genitori, lo dico spesso, significa predicare perfettamente nell’esatto momento in cui ci si accorge di non avere neppure la forza per razzolare. Lo stesso vale con gli amici e con l’assortita gamma di delusioni di cui dobbiamo occuparci nel corso degli anni. Elenchiamone alcune, per aree tematiche: la vita di coppia (“capisci, non è solo che lui non è più quello di una volta, è che lui è sempre stato così e io dov’ero? Non me ne accorgevo?”); la delusione amorosa (“Ho sposato un’altra ma ancora giro la faccia dall’altra parte se lei, bellissima e con i figli per mano, si presenta sulla mia strada”); la delusione lavorativa (“Ho quarant’anni passati, non ho ancora scritto il libro della vita, non so l’inglese come vorrei e tutti sembrano avere lavori più interessanti del mio”); l’invidia sociale (“È imbarazzante, lo so, ma ogni volta che vedo qualcuno che posta foto in case grandi dotate di giardini e terrazzi mi viene il sangue amaro”). 

Agli amici diciamo che è importante farsene una ragione. Ai figli diciamo di reagire e di imparare dai propri errori. Ora, rivendico con orgoglio l’esortare gli altri a fare cose che noi stessi non riusciamo a fare, ma non posso fare a meno di domandarmi (come una Carrie Bradshaw dei poveri): quando, esattamente, abbiamo iniziato a confondere l’affetto con il coaching?

Quando, esattamente, abbiamo dimenticato che la cosa più preziosa sono gli amici che non hanno niente di saggio da dirti? In qualche momento della nostra vita dobbiamo aver pensato che voler bene significasse dire sempre le cose giuste come esortare a guardare avanti, passare oltre e imboccare il portone aperto da quello che potrebbe essere un duro ma in fondo provvido destino. Persino noi, per natura contemplatori malinconici e disperati delle porte che si chiudono, diciamo agli altri di comportarsi com’è giusto e di farsene una ragione. Quando la prima cosa ragionevole sarebbe dire che non c’è cosa più sacrosanta, giusta e liberatoria che piangere. Piangere. Piangere e piangere. Specie sul latte versato. Quanto meno per imparare che le lacrime possono finire.