lunedì 19 luglio 2021

Il terrazzo e il batticuore

Da Ticino7 del 17 luglio 2021

“No Alpitour? Ahi ahi ahi ahi”. Chi non ricorda lo slogan dei tempi in cui affidarsi ad un tour operator era pressoché l’unico modo di prenotare una vacanza? Quando siamo diventati abbastanza grandi da poter prenotare le vacanze da soli, di tutto questo mondo non c’era più neanche l’ombra. Rovistando su internet abbiamo cercato, anno dopo anno, quello che faceva per noi. Dalla Casa particular all’Havana al residence con amaca in Messico passando per l’albergo a portata di spiaggia sabbiosa adatto agli infanti. Abbiamo anche attraversato periodi “meglio a casa” fino a che non ci siamo imbattuti in ciò che aspettavamo da sempre, al punto, udite udite, da tornarci per due anni di seguito.

La trasformazione in gente abitudinaria si è compiuta quest’anno, quando abbiamo prenotato l’estate prossima prima di tornare a casa. Prima di partire per davvero, però, abbiamo trascorso gli ultimi giorni in un posto nuovo, in una casa “a ripa di mare”, come scriverebbe Camilleri parlando di questa villetta che è in effetti del tutto simile a quella del Commissario Montalbano.

La proprietaria norvegese l’ha acquistata qualche anno fa perché “è innamorata dei tramonti sul mare”. In estate noi turisti contribuiamo al mantenimento di questa bellezza che si affaccia sulle onde e sembra toccarle, con una stradina che conduce alla spiaggia in pochi passi. È tutto quello che ho sempre sognato, ho pensato appena entrata mentre nella mia mente si faceva spazio un dubbio: davvero abbiamo fatto bene a impegnarci con l’altra casa per l’anno prossimo?

Poi siamo saliti al piano di sopra, trovando le formiche intorno al letto, il comodino inesistente, l’abat jour che non c’è, l’armadio come una cassa da morto in verticale senza cassetti, le finestre minuscole, le lenzuola di trent’anni fa e gli asciugamani non stirati, nel bagno non ci sta neanche uno spazzolino, la doccia getta acqua lentissima e farsi uno shampoo sarà un cinema. Abbiamo ripensato alle comodità della solita casa come si ricordano le attenzioni di un marito premuroso ma noioso tra le braccia di un amante affascinante ma vuoto. Sedotte da un balcone sul mare ripensiamo alla lavatrice in esterno che abbiamo lasciato. Tornare? Non tornare? In fondo andare al piano di sopra è così importante? Siamo saggi o borghesi? Non si può vivere restando in terrazza? Una sola certezza: comunque vada il conto sarà salato. 


 

La protezione cinquanta

Da Ticino 7 del 10 luglio 2021

Come ogni anno onoriamo la tessera di fedeltà virtuale rilasciata dalla farmacia del lungomare. Settanta euro di creme ci consentono di avere il doposole scontatissimo, la borsa mare in omaggio e il bagnoschiuma pelli sensibili regalo del farmacista che si ricorda di noi dai 70 euro di creme dello scorso anno. La borsa mare servirà al maschio di casa, in quest’anno in cui siamo riuscite a eliminare dal suo bagaglio lo zainetto da studente di liceo e il telo mare di spugna. Vuoi mettere quello bello di cotone con stampe fatte a mano? Le monete e le chiavi della macchina, invece, staranno benissimo nella borsa omaggio della farmacia, ben collocata su una spalla mentre nell’altra c’è la borsa frigo. A sua volta omaggio delle creme solari comprate in città e dimenticate a casa. Dovevamo anche essere plastic free ma qualcuno ha dimenticato la borraccia. Il primo litigio è scattato proprio prima del check in per identificare il colpevole. “Tu non l’hai presa né mi hai detto che serviva”. “Tu l’hai lavata e rimessa in dispensa”. 

Il secondo litigio è per il filtro solare. Anni a spiegare che la protezione 50 è quello che ci vuole per grandi e piccini non sono serviti a niente. Così abbiamo preso tutta la gamma (i settanta euro di creme di cui sopra) e abbiamo la protezione 6 per pelli già abbronzate (nonostante in famiglia ci differenziamo l’uno dall’altro solo per il tipo di pallore), la 20 per le gambe e gli ultimi giorni di sole, la 50 per il viso e per i bambini e ovviamente il doposole scontatissimo per tutti i tipi di pelle. Dopo mezza giornata di vacanza la 20 sparisce. Siamo già al terzo litigio. “Ah, se solo avessi il mio zaino e la mia tasca delle creme personali”.

Il quarto litigio è per il litigio con la prole. Se tu urli, lei urla. Sei tu l’adulta. Non puoi metterti al suo livello, comandiamo noi. Non vorrai mica essere un genitore autoritario? Autoritario non significa molle. Se non imparano adesso non imparano più. Il bagno dopo mangiato non l’hanno fatto e hanno obbedito senza bisogno di litigare. Quando ci vuole ci vuole. Ho ragione io. Hai torto tu. 

C’è solo una certezza: troveremo l’armonia prima della crema protezione 20.


domenica 4 luglio 2021

Siamo tutti bravi a educare i figli degli altri

 

Da Ticino7 del 3 luglio 2021 

“Due anni, ritrovato vivo dopo 36 ore da solo nei boschi”. Ci sono storie di cronaca che bucano il torrente di immagini e parole con cui siamo bombardati tutti i giorni. Una decina di giorni fa è successo con il caso di questa notizia. Nicola, 21 mesi e una vita in campagna nell’Appenino tosco emiliano con mamma, papà e fratellino, viene messo a letto prima di cena e scompare. I genitori si accorgono della sua mancanza intorno a mezzanotte, lo cercano fino alla mattina e solo allora danno l’allarme. Passa un numero interminabile di ore fino a che un giornalista, inviato di una tv, ritrova il bambino in fondo a un dirupo: qualche graffio, tanta paura, ma sta bene. Riabbraccia finalmente la mamma. Ma nelle foto si vede che ha i sandali ai piedi, gli inquirenti indagano sul motivo dell’allarme dato in ritardo dai genitori. Qualcuno avanza dei sospetti: troppe cose che non tornano, troppo strana la vita di quella famiglia che abita nell’appennino tosco romagnolo in mezzo al nulla, curando le api. 

Scatta più o meno inconsciamente il riflesso condizionato di noi tutti bravi a educare i figli degli altri. Noi sì, che avremmo installato una recinzione intorno a casa, spogliato il bambino prima di metterlo a letto, chiuso la porta a chiave, chiamato immediatamente le forze dell’ordine. Noi sì, che non vivremmo mai in un posto in cui non prende neppure il cellulare e la banda larga è un sogno. Noi sì, che avremmo fatto le cose giuste. E non è solo il senno del poi, gli stessi genitori di Nicola tornando indietro hanno detto che si sarebbero comportati diversamente, ma la sindrome di saper sempre cosa fare quando i figli non sono i nostri.

I nostri che hanno rischiato di buttarsi dalla tromba delle scale, i nostri con cui abbiamo corso per entrare in metropolitana, rischiando che entrasse il passeggino e restassimo fuori noi, i nostri che sono vivi e vegeti per miracolo. Come noi del resto: mandati all’asilo senza mutande, portati in macchina senza cintura, infilati nella sottocoperta di un gommone anni Ottanta quando s’era deciso d’andare in mare nonostante le onde.

Miracolo. È una parola che in molti hanno scomodato nella vicenda del piccolo Nicola. Sì, io credo che sia un miracolo. Solo per un miracolo i nostri figli possono sopravvivere a quell’impasto di buone intenzioni, idiozie, imperfezioni e amore che è l’essere genitori. È un miracolo amare e lasciarsi amare.