venerdì 18 giugno 2021

La montagna come una volta

 Da Ticino7 del 12 giugno 2021

Se si eccettuano le quattro mutande e le cinque borse per due giorni infilate in uno zaino per la prima fuga dai miei, non facevo una vera valigia da quasi un anno. Intendo valigia vera, quella per stare in un albergo dove potrebbero esserci anche altre persone, dove ci vuole un cambio per la sera e una giacchetta per il giorno. Perché in montagna, si sa, il tempo cambia in fretta.

Approfittando di qualche giorno libero, il maschio di casa ci ha deportate sui monti. Annualmente queste righe ospitano, analogamente alla mia terapista, gli sfoghi contro la montagna d’estate che illustro con piacere pensando che tante persone, là fuori, siano nella medesima condizione.

I montanari godono per l’aria frizzantina. Sono felici di poter andare in giro con l’oggetto più inelegante e scomodo della storia, ossia lo zaino. Negli anni ho collezionato abiti e accessori che potessero rendere meno penosa la mia deportazione estiva sui monti. Gli scarponi modello vintage da alpinista degli anni Settanta mi hanno aiutato molto. Li vidi a Corvara in tenera età, li ricevetti come regalo (gentilmente pilotato) anni dopo. Tutto, pur di evitare abbigliamenti tecnici. Possiedo dei pantaloni alla Zuawa. Li metto poco perché la famiglia mi accusa di sembrare l’imperatore Cecco Peppe in vacanza con Sissi sulle Alpi (il mio immaginario, ovviamente, è figlio del film con Romy Schneider)

Non sopporto nulla che venga da Decathlon e affini. In questa vita con il budget di Cenerentola e i gusti da Marta Marzotto sono continuamente alla ricerca di abiti, per me e le bambine, che segnalino che siamo attrezzate per la montagna ma non ne siamo ultras. Un buon inizio è certamente il fazzoletto in testa, con le stelle alpine o a fantasia, che a casa nostra ha sempre sostituito il cappello. Non sopporto le persone con le racchette per camminare e il cappuccio in testa. 

Se piove ci si bagna punto e basta, ho sempre detto. E lungo il sentiero si raccoglie un bastone che verrà usato come supporto per il cammino. 

Forse in montagna, più che altrove, è evidente la mia avversione al cambiamento e alla modernità.

I pantaloni tecnici con la parte inferiore della gamba staccabile li lascio al maschio di casa. Che del resto porta lo zaino, i kway e le borracce per tutti.


Mangiare fuori. Da ogni campo

 Da Ticino7 del 5 giugno 2021

Il tempo di distrarsi un attimo: ci stavamo ancora lamentando che non si può fare niente e questa vita si sta portando via tutte le gioie, che tocca iniziare a lamentarsi che non si trova più posto nei ristoranti. Il pic nic è una soluzione che non possiamo prendere in considerazione: l’uomo di casa non si siede mai sull’erba e all’ultimo compleanno di qualche figlia al parco in cui dovevamo atteggiarci da famiglia felice, preferiva gonfiare i palloncini che sedersi sulla coperta nel prato e conversare con gli invitati adulti.

Grigliare è cosa che non sappiamo fare e per la quale accampiamo sempre la solita scusa: casa piccola, vite cittadine, inettitudine al lavoro manuale, professioni invadenti. Il risultato è che siamo invitati da spettatori alle griglie altrui o, più frequentemente, nei ristoranti in cui noi ci sediamo comodi con i sandali aperti che non osiamo indossare in città e qualcuno si immola alla griglia al posto nostro. L’odore delle costine è la cosa più vicina al paradiso che conosciamo e non solo per via della buona predisposizione d’animo che un ottimo Merlot nella tazza può garantire. Le bambine sanno che devono chiedere il permesso per utilizzare le forchette e l’igienizzante, da mesi inquilino sgradito delle nostre borse, sembra appartenere a un altro mondo.

La cosa migliore che può capitarti - specie in età adulta – è di essere invitato in un posto in cima a qualche montagna, in un crotto su in un’alpe e rendersi conto, una volta su, che non c’è campo per il telefono. Bisogna solo aspettare che lo spirito del crotto faccia effetto e passi quella prima mezz’ora in cui si finge di dover andare in bagno per provare se miracolosamente, in qualche anfratto, c’è campo, non dico per un traffico dati, ma almeno telefonico. Quando qualcuno ti sgama in quella che è l’attività tipica dell’imbruttito massimo, sorridi: “Sai, aspetto una telefonata importante. Averlo saputo, avrei avvisato”.

Come spesso accade nella vita, basta aspettare. Aspettare che il vino faccia effetto, che la carne arrivi in tavola, che i bambini mangino le salsicce con le mani senza bisogno che un adulto si alzi per tagliare alcunché. Basta aspettare. E ringraziare il cielo di essere in posti sperduti e intaggabili. Dove le foto ai piatti sono vietate. Perché le mani si usano per mangiare.