venerdì 19 dicembre 2014

Se li ami (non) cucinerai per loro

Dal Giornale del Popolo del 19 dicembre

Una volta ti prendevano per una femminista osservante e un po' rompiscatole, oggi se rivendichi la liberazione dai fornelli sei semplicemente (e imperdonabilmente) fuori moda. In questo tempo in cui il cibo è diventato food e prima di mettere qualcosa a tavola lo si impiatta (e fotografa), non amare la cucina è peggio di non essere su Facebook. Di solito le magre, magrissime o ex anoressiche sono le più talebane, quelle alimentarmente consapevoli che hanno barattato la conta delle calorie con la certificazione di genuinità degli ingredienti. A tal punto siamo fan dei prodotti di stagione che abbiamo bisogno delle tavole prospettiche per conoscerne l'avvicendarsi nel corso dell'anno. È in questo tempo in cui cerchiamo disperatamente di tornare alle cose di una volta che è d'obbligo cucinare per i nostri figli. Torte, soprattutto; mentre loro venderebbero container di Lego per avere in cambio le merendine del Mulino Bianco. Ma noi, che conosciamo la percentuale di olio di palma contenuta in ogni biscotto ipocalorico, non ci facciamo corrompere, convinte di farlo per il loro bene. Poi succede che quei bambini siano pure allergici e che ci si debba imbarcare in una torta senza latte né uova. È nel giorno in cui l'assaggi e scopri che è anche senza sapore che capisci che, se davvero li ami, non cucinerai mai per loro. Ma selezionerai la gastronomia migliore, o l'amica con il forno facile e il cuore grande. E poi comprerai la candelina più bella della città.

venerdì 12 dicembre 2014

Il problema non è che stiamo troppo al cellulare. Ma che lui ci sta più di noi

Dal Giornale del Popolo del 12 dicembre

L'ordine di qua, il disordine di là. I tomi di Bruno Vespa nel comodino di mio padre; in quello di mia madre una base di riviste sotto un romanzo in cui gli occhiali da lettura sono infilati in mezzo come segnalibro. È nella geografia intima e affascinante delle nostre camere da letto che sta cambiando qualcosa. Anche noi abbiamo le nostre pile di libri e giornali, santini, bottiglie d'acqua, abat jour che accendono ricordi d'infanzia e un caricatore sempre attaccato per rifocillare lo smartphone. Poi arriva il giorno in cui quegli inquilini in più, il cellulare e in qualche caso anche l'iPad, ché ormai la lettura su tablet è stata definitivamente sdoganata, iniziano a farsi ingombranti. Il New York Times qualche giorno fa ci ha informato che qualcuno ha anche studiato il fenomeno, evidenziandone ovviamente le ricadute nefaste sulle nostre vite di coppia. Pare che a fare danni sia soprattutto l'asimmetria percepita. Insomma il problema non è che non ci parliamo più perché abbiamo troppi social network in cui dimostrare che esistiamo, ma che c'è sempre uno che esagera. L'altro, ovviamente. Ne parliamo sempre in quelle interminabili chat su whatsApp con le amiche che hanno lo stesso identico problema. Quelle di noi che hanno vietato il telefono a tavola come fanno le professoresse a scuola sono sempre combattute tra la clemenza e il rigore. Vince la clemenza quando bisogna condividere con l'amica del cuore quanto sia cafone quel maschio che ci siede davanti. E che continua a tormentare il suo schermo touch-screen invece dei cappelletti scotti nel piatto.