mercoledì 8 maggio 2013

«Stiamo insieme, ma non è una cosa seria». Pd e Pdl e la trombamicizia in politica

Qui e su Revolvere.net
Trombamici. È un termine che usiamo solo noi nati prima degli anni Novanta, noi generazionalmente schiavi delle definizioni. È il termine della terza via, quella, pericolosa e divertente, per cui non si stava insieme ma ci si comportava come se. Quella, per molti di noi, è stata una tappa importante, non tanto a livello di istituto (che è sempre esistito), quanto di definizione. C'era finalmente una parola per dire quello stato che anni dopo persino Facebook avrebbe riconosciuto e identificato con un nome più discreto. Il sospetto che Pd e Pdl fossero legati da qualcosa di molto simile alla trombamicizia ci ha lambito la prima volta qualche giorno fa, quando al termine di un lungo editoriale di Ezio Mauro su Repubblica ci è parso di capire quanto segue: questo governo lo facciamo perché s'ha da fare, ma chi pensa che questo significhi amnistiare culturalmente il ventennio berlusconiano si sbaglia di grosso: siamo diversi (noi migliori degli altri) e non sarà certo un governo Letta a farcelo dimenticare. Il secondo indizio è arrivato sabato mattina con l'intervista di Walter Veltroni al Corriere della Sera. Con garbo e lessico da romanziere Walter ha invitato entusiasti e cinici rispettivamente a scendere dal pero o tirare un sospiro di sollievo: destra e sinistra esistono ancora, eccome se esistono. Perché certo nella lunga intervista c'erano le ipotesi complottarde su Preiti, le riflessioni sulla formula giusta per il Pd, ma più di tutto c'era la rivendicazione di una diversità irriducibile e benedetta. Almeno fino a lunedì mattina. Quando torneremo a metterci le mani nei capelli per le Biancofiore e i Brunetta coi Fassina e le Bindi. E giù
a mettere il veto su Berlusconi alla Convenzione per le riforme, come se 'sto governo fosse nato come un'erbaccia di nascosto e il nome del cavaliere ce l'avesse infilato dentro qualcuno a tradimento. È questo puzzle di una maggioranza assurda che non accetta se stessa ad aver fatto diventare questione di interesse nazionale persino l'inutile scelta dei sottosegretari. È qui che vengono in mente i trombamici, che la sera si prendono la sera, ma il mattino dopo non si salutano. È solo che quella della trombamicizia non è mai una relazione biunivoca. C'è sempre uno dei due (non sempre lo stesso, i ruoli si scambiano di frequente) che vorrebbe qualcosa di diverso. Il classico “qualcosa di più” di fronte a cui l'altro srotola le frasi sul che cosa è in grado dare in questo momento, le ex ingombranti, il passato difficile, il proverbiale bisogno di capire se stesso (che è sempre più facile che non ritrovare la formula giusta per il Pd). Insomma, in questa fase il Pd è quello che esclude categoricamente una cosa seria. «Però domani ci rivediamo, eh?». 

Nessun commento: