venerdì 12 dicembre 2014

Il problema non è che stiamo troppo al cellulare. Ma che lui ci sta più di noi

Dal Giornale del Popolo del 12 dicembre

L'ordine di qua, il disordine di là. I tomi di Bruno Vespa nel comodino di mio padre; in quello di mia madre una base di riviste sotto un romanzo in cui gli occhiali da lettura sono infilati in mezzo come segnalibro. È nella geografia intima e affascinante delle nostre camere da letto che sta cambiando qualcosa. Anche noi abbiamo le nostre pile di libri e giornali, santini, bottiglie d'acqua, abat jour che accendono ricordi d'infanzia e un caricatore sempre attaccato per rifocillare lo smartphone. Poi arriva il giorno in cui quegli inquilini in più, il cellulare e in qualche caso anche l'iPad, ché ormai la lettura su tablet è stata definitivamente sdoganata, iniziano a farsi ingombranti. Il New York Times qualche giorno fa ci ha informato che qualcuno ha anche studiato il fenomeno, evidenziandone ovviamente le ricadute nefaste sulle nostre vite di coppia. Pare che a fare danni sia soprattutto l'asimmetria percepita. Insomma il problema non è che non ci parliamo più perché abbiamo troppi social network in cui dimostrare che esistiamo, ma che c'è sempre uno che esagera. L'altro, ovviamente. Ne parliamo sempre in quelle interminabili chat su whatsApp con le amiche che hanno lo stesso identico problema. Quelle di noi che hanno vietato il telefono a tavola come fanno le professoresse a scuola sono sempre combattute tra la clemenza e il rigore. Vince la clemenza quando bisogna condividere con l'amica del cuore quanto sia cafone quel maschio che ci siede davanti. E che continua a tormentare il suo schermo touch-screen invece dei cappelletti scotti nel piatto. 

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