Da Ticino7 del 12 aprile 2019
Era l’estate dell’anno scorso e stavamo entrando in un
Autogrill quando la grande lesse tutto di un fiato il cartello sulla porta:
“spingere”. Spinse ed entrò, senza aspettare noi. “Vedi, leggere serve a
questo. E a tante altre cose”, ho detto con soddisfazione e scomodando parole
come “emancipazione”.
Non sapevo, allora, che ci aspettavano mesi di cartelli
stradali letti ad alta voce, cartelloni pubblicitari esaminati dalla prima
all’ultima riga, canzoni “Ho una zia che sta a Forlì” intonate alla vista del
cartello “FORLI’” sulla A14. Un cartello dopo l’altro siamo arrivati alla prima
elementare e al tema degli intervalli a scuola passati a leggere.
Davanti a lei cerchiamo di fare finta di niente, ma come
sempre discutiamo: lui è fiero di avere una figlia che non si conforma alle
chiacchiere e cerca di proporle alta letteratura, lei si domanda se mai
riuscirà ad integrarsi nella classe e se in fondo non abbia esagerato
regalandole Le tigri di Mompracem, benché in edizione ridotta.
Al parco spesso si siede sulla panchina a leggere anziché
giocare. Ci preoccupiamo fino a che non abbiamo l’onestà intellettuale di
ammettere che è esattamente quello che vorremmo fare noi in pausa pranzo. Ci è
giunto in soccorso – a proposito di letteratura – un brano di Paolo Nori,
tratto da La grande Russia portatile:
“Allora, avevo sei anni, leggevo libri da bambini, non me ne ricordo uno,
mentre mi ricordo, cinque anni dopo, il primo libro da grandi che ho letto;
sono passati più di quarant’anni e io, di quel momento lì che ho scoperto i
libri da grandi, quante cose ci possono essere dentro un libro senza figure, mi
ricordo tutto: mi ricordo dov’ero, sotto il portico di casa nostra in campagna,
mi ricordo il cantar di mia nonna dalla cucina, mi ricordo che passava mio babbo
con dei secchi di cemento, mi ricordo la sedia arancione dove ero seduto, mi
ricordo la polvere che c’era nell’aria, mi ricordo la sensazione stranissima
dovuta al fatto che io, incantato dal libro, non ero per questo incanto
estraniato dal mondo, ero dentro, nel mondo: leggere produceva un effetto
stranissimo, faceva diventare il mondo più mondo”.
Tra uno spingere e tirare c’è un mondo intero. E forse
l’unica strada è non averne paura.
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