venerdì 29 novembre 2019

L'osteopata e il libro di Elena Santarelli

Da Ticino7 del 29 novembre 2019
Nel periodo in cui mi sono sentita una buona madre portavo la prole in piscina. Per dirla tutta, mi sentivo una buona madre proprio perché portavo le bambine in piscina consentendo loro di dedicarsi allo sport notoriamente più completo. Più faticavo e sudavo in quel covo di persone urlanti, più sentivo di essere nel giusto. Quando ho saputo che la piscina restituiva i bambini già lavati, ho provato un momento (breve) di dolore: hai visto mai che eliminando la fatica diminuiscano anche gli effetti benefici? Quando sono riuscita ad accettare di essere una buona madre anche se mi occupavo solo dell’asciugatura è arrivato il ciclone dell’osteopata, che ci ha allontanato dallo sport più completo per odiose sovrapposizioni orarie.
Nel giro di un’ora ci hanno detto che la bimba ha una gamba più corta, una spalla storta, i piedi piatti. La testa appiattita da un alto per via di quell’abitudine a dormire sempre dalla stessa parte da neonata che nessuno di noi è stato capace di contrastare. Un attimo prima ero l’eroina che riusciva a portarle in piscina, un attimo dopo la madre disattenta che non si era mai accorta di avere tra le braccia il gobbo di Notre Dame.
In quel periodo mi è capitato tra le mani quasi per caso il libro di Elena Santarelli. Soubrette e presentatrice tv, ha raccontato la storia del tumore cerebrale di suo figlio Giacomo, 8 anni, oggi miracolosamente guarito. Sono pagine dense di dolore ma anche di buon senso, di fede, di speranza, di dolore e di sensi di colpa. Il giorno in cui siamo tornate dall’osteopata leggevo per caso quelle pagine e quasi mi vergognavo a riconoscermi nelle sue parole. Non c’è evidentemente nulla in comune tra una bimba con i piedi piatti e un bambino con un tumore al cervello. Eppure Elena Santarelli (Una mamma lo sa, Mondadori) ha la capacità di toccare corde che ogni genitore sente tendersi di fronte ai propri figli. L’impotenza, i sensi di colpa, la rabbia di fronte a chi non capisce e si scosta vedendo un bambino con la mascherina, la prontezza di mandare a quel paese chi critica la madre di un bambino malato perché si trucca e continua, quando possibile, a fare il proprio lavoro; il disprezzo per chi chiede: “come è possibile che non ve ne foste mai accorti?”.
Elena Santarelli ha la capacità non banale di raccontare la propria storia facendola diventare quella di tutti, anche quella di chi passa un paio di giorni storti per dei piedi piatti. Consentendo di ridimensionare, certo, ma soprattutto di capire e di commuoversi.
[L’intero ricavato del libro di Elena Santarelli servirà a sostenere l’associazione Heal per la ricerca e la cura dei tumori infantili]

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