Dal Giornale del Popolo del 10 novembre
“Ragguagliare non è leggere. Anzi, è l’esatto contrario. Il
ragguaglio è succinto, concreto e pertinente. La lettura è disordinata,
dispersiva e sempre invitante. Il ragguaglio esaurisce la questione, la lettura
la apre”. Il bello di avere la memoria di un pesce rosso è che rileggere dei
libri per la pura casualità di averli a portata di mano durante un viaggio
significa scoprirli di nuovo. Insomma, non è mai troppo tardi per capire che il
miglior rimedio alla scomodità cronica di un volo RyaAir è La sovrana
lettrice di Alan Bennet, rifugio aristocratico benedetto quando sei
circondata da inviti ad acquistare per pochi euro profumi, Kinder Bueno,
bevande calde e fredde e gratta e vinci. C’è un mondo in cui i libri si leggono
per dovere, qualcuno cerca mestieri che gli consentano di leggere
continuamente, qualcuno legge per passare il tempo, qualcuno dice di non averne
abbastanza, qualcuno si addormenta con il libro in mano alla seconda pagina.
Qualcuno, infine, attraversa queste fasi a periodi alterni. Il preambolo serve
a confortare tutti coloro che si svegliano un giorno e scoprono di essere
diventati una di quelle persone che chiedono “quante pagine ha” a chi gli
consiglia un libro. Giustamente si cerca una giustificazione culturale alla propria
cialtroneria, spiegando che decine di pagine inutili se le può permettere solo
Dostoevskij, che rivendichiamo il diritto di scegliere cosa leggere e
soprattutto il diritto a non finire i libri. Rivendichiamo il diritto di
cambiare. Con la segreta speranza di farlo davvero, un giorno.
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