venerdì 21 ottobre 2011

Dunque, Giulia

Dal Giornale del Popolo del 21 ottobre
Non Deva, non Apple, non Coco, non Moses, non Tallulah, non Suri, non Shiloh, non Zahara, non Dalia. Semplicemente Giulia. Neanche una “r” in cui esercitare la snobbissima pronuncia francese. Sì c'è la pronuncia della “g”, ma è roba discreta, che i parenti italiani di Carla Bruni sapranno comunque benissimo riprodurre, perché quella è gente che i francesismi ce li ha nel sangue e non per nulla ha una nipote che non ha bisogno di un nome esotico per darsi un tono sociale. Ebbene sì, dopo un'infinità di mesi di gestazione è nata la primogenita di Carla Bruni e Nicolas Sarkozy. I giornali frettolosi le avevano dato un nome (Dalia) che presto è stato smentito, rivelando una scelta che avrebbe potuto fare tranquillamente la Sora Lella di Frascati. O forse no. Ed è proprio questo il punto. L'immensa aristocraticità di scegliere un nome ordinario è parente dello snobbismo irresistibile del no logo, è l'eleganza del non farsi notare, è la capacità di essere strafighe con le ballerine e i capelli raccolti in uno chignon improvvisato. È quella semplicità, che i ricchi non di rado fanno sconfinare in sciatteria, che noi provinciali non potremo mai riprodurre né mai vorremmo, impegnati a vagliare nomi che distraggano dai cognomi per niente notevoli della nostra prole. Dalle mie parti si spettegolò a lungo quando la moglie del barista del paese, incinta di due gemelli, giurò a tutti di voler dare alle figlie i nomi di due eroine di soap opera. Non erano Brooke e Taylor, dunque non vale la pena riportarli, il punto è che noialtre andammo in fibrillazione. E da allora immaginiamo la scena: «Se sarà femmina, la chiameremo Jessica». Tanto ci sarà sempre una zia che la chiamerà Gessica.

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