venerdì 24 aprile 2015

I rimedi miracolosi dell'amica dell'amica della zia


Dal Giornale del Popolol del 24 aprile
Una cliente della zia, una di Roma, specifica mia madre con visibile soggezione per una sorta di argomento di autorità cittadina, dice che la vita svolta bevendo un bicchiere d’acqua col bicarbonato ogni sera. Non è che sia buonissimo, ma si può fare. L’ultimo rito che assicura l’eterna giovinezza, la salute, la fine dei dolori articolari e, chissà, magari anche la magrezza si aggiunge ovviamente a tutti gli altri rimedi infallibili. Il mezzo limone spremuto nel bicchiere d’acqua tiepida la mattina, il tè verde come se piovesse e poi i granuli omeopatici. Perché per quel terribile dolore alla schiena non si può mica continuare con le infiltrazioni di cortisone, quindi ci buttiamo sulla medicina alternativa. E ovviamente sulla crema miracolosa consigliata dalla fisiatra dell’altra zia. Un prodotto che ovviamente non si trova, bisogna ordinarlo e pare che addirittura venga dall’America (l’argomento d’autorità geografica risulta enormemente più efficace con un Oceano di mezzo). Se ai rimedi per lo star bene («Ma mamma, per cosa fa bene?» «Per tutto, prendi!») aggiungi le chiacchiere da ufficio con tasso di pseudonutrizionismo ad alta stagionalità, ti ritrovi a discutere di ossa pesanti, massa grassa e massa magra, grasso viscerale, fibre, carboidrati e la mitologica perdita non di peso ma di taglie. Non ci resta che sperare che l’acqua col bicarbonato sia efficace anche contro il mal di testa.

La funzione sociale della moda: tracciare il confine tra chi può e chi non può

Dal Giornale del Popolo del 17 aprile
Formalmente era un giro negli eventi milanesi collegati al Salone del Mobile, in realtà si trattava di una spedizione culturale notturna, per capire dove stiamo andando e prendere il polso a tutto quel mondo indie e creativo che affolla eventi di questo genere. Abbiamo scoperto che gli occhiali da nerd vanno ancora di moda e più sono grandi più sono giusti ma ormai il nero è un colore superato: ora tocca barcamenarsi tra colori marroni, beige e tutto quello che indossavano da giovani i nostri genitori e che, appena qualche anno fa, ci faceva sorridere nelle foto d'epoca. E poi abbiamo avuto la conferma che nel mondo dei veri fighetti alternativi i sandali si portano col calzino. E i jeans sono a vita altissima, le scarpe da tennis si portano con le gonne, gli zainetti in spalla e in testa turbanti o fasce per capelli. Stanno arrivando, implacabili come uno tsunami, anche gli zoccoli: di legno, soprattutto. Ancora una volta, insomma (e il giro del Salone del mobile lo conferma in quanto vetrina privilegiata di una certa avanguardia antropologica), torna di moda tutto ciò che è largamente antiestetico. Gli zoccoli, gli occhialioni, i jeans ascellari, la zeppa. È la moda, bellezza. Spietata e irraggiungibile e con l'unica funzione sociale di tracciare il solco tra chi può permettersi certe antiesteticità e chi non può farlo ma ci prova, risultando immancabilmente sciatto anziché alternativo. Il confine, come sempre, è labile. E questo rende le nostre spedizioni molto più divertenti.

venerdì 10 aprile 2015

La guerra dei Pan di Stelle

Dal Giornale del Popolo del 10 aprile

No more morning dramas. La mail pubblicitaria di uno dei siti di shopping che non frequento da troppo tempo stamattina ci ha visto giusto. Peccato che, con questo inizio di primavera e gli strascichi di jet leg da ora legale, i drammi mattutini in casa siano tristemente lontani da quelli del guardaroba. Sono quelli esistenziali di una bambina di tre anni che ha gli stessi problemi degli ultratrentenni che dormono nella camera a fianco alla sua e semplicemente, candidamente, non vuole alzarsi perché sta bene a letto e la luce che entra dalla finestra è insopportabile per chi è ancora stanco e vuole rimanere sotto le coperte. Se, per qualche combinazione astrale, riesce ad alzarsi la colazione è il primo campo minato. I Pan di Stelle di forme diverse, che probabilmente la Mulino Bianco s’è inventata per smaltire le rimanenze dei biscotti natalizi, sono un casus belli comunque vada. Se una pesca quello a forma di cuore, lo vuole anche l’altra, se una trova quella senza buco, lo vuole anche lei, salvo poi incominciare a strillare perché ha cambiato idea e il livello del latte nella tazza è troppo basso. Ci vuole molta concentrazione e una buona dose di sangue freddo per continuare a passarsi l’ombretto senza tentennamenti mentre imperversa la guerra dei Pan di Stelle. E per continuare a pensare a come candidare la propria casa come set cinematografico per quando il Mulino Bianco deciderà di buttarsi sul pulp. E raccontare finalmente cosa accade nelle case vere a colazione. 

giovedì 9 aprile 2015

Quando in vacanza si cercava tutto tranne il relax

Dal Giornale del Popolo del 3 aprile

Il vantaggio di essere in una zona della vita in cui i 40 si vedono senza bisogno del cannocchiale è che guardare indietro, e soprattutto farlo in compagnia, è infinitamente più bello e più divertente. Così una discussione iniziata sbuffando perché non si trova un posto dove andare in vacanza con i bambini senza sentirsi una famiglia media con station wagon e canotti gonfiabili nel baule, è finita in un amarcord sulle vacanze di tanti anni fa. Quando non si cercavano location rilassanti o tariffe convenienti, ma posti in cui divertirsi in infradito senza andare mai a dormire e in cui si chiudeva facilmente un occhio sulla pulizia della stanza e il rifornimento del minibar, se si tornava a casa con un pieno di occhi dolci da parte di qualche ragazzo, preferibilmente del posto. I vitelloni di allora ricordano le imprese di gioventù e parte dell’epica è quella di denigrare i giovani d’oggi, che non sanno offrire da bere a una ragazza senza chiederglielo prima su WhatsApp. Seguono discettazioni su come erano bravi loro e quanto erano professionali nel dedicarsi con passione e metodo a tutte le ragazze, belle o brutte. È un altro mondo e qualcuna di noi rimane perplessa, pensando a una gioventù con molti libri e molti sogni e troppo poche infradito. E resta che gli anni passano. Ma uno smeraldo è sicuramente un modo splendente per ricordarselo.

Alla fiera degli ammiccamenti

Dal Giornale del Popolo del 27 marzo

Alle fiere le hostess hanno sempre e ancora lo stesso ruolo: decorativo e piacevole. Il condannato chiuso in una struttura con moquette in terra e neon al soffitto per otto ore al giorno per almeno due o tre giorni ha diritto a un rancio fatto di occhioni, chiome fluttuanti e cosce in bella vista. Detto questo bisogna discutere del fatto che non esiste niente di tanto serialmente costruito per il piacere di noi donne: il che significa che di bei ragazzi, nelle manifestazioni fatte per vendere qualcosa, ce ne sono troppo pochi e di sicuro non esposti con il metodo e la visibilità che invece vengono riservati alle donne e tutto ciò che gira loro intorno. Poi bisognerebbe discutere del fatto che i leggings sono per gli anni Duemila quello che le minigonne furono per gli anni Settanta; sicché oggi nelle fiere le hostess si sentono legittimate a non mettersi la gonna ma i pantaloni. Ma soprattutto bisognerebbe discutere di quanto sia grottesco e imbarazzante questo continuo salutarsi e darsi pacche sulle spalle e fare sempre battute ammiccanti. Soprattutto quando accade tra uomini e donne di una certa età. E adesso, adesso che anche la Ficcanaso ha davvero una certa età, quella di invecchiare in maniera decorosa è una priorità. Una priorità che non vendono alle fiere.

Di principesse e bambole di pezza

Dal Giornale del Popolo del 20 marzo

Siamo moderni. I nostri figli sono piccoli e noi pensiamo a già a come raccontargli cosa succede nel mondo. Compriamo per loro libri importanti (quell'edizione di Alice nel paese delle meraviglie illustrata da Yayoi Kusama aspetta solo qualcuno che la sfogli avidamente), ci attrezziamo alla meglio per comprenderli con qualche rudimento di psicologia infantile. I più previdenti di noi hanno anche pronta la spiegazione di come nascono i bambini, ci hanno pensato hanno costruito una narrativa che ritengono credibile e aspettano con sostanziale serenità il momento delle domande. Domande che sono comunque meno scabrose di quelle sulle principesse. Di fronte a un mega poster di Cenerentola la bambina che sta per compiere tre anni ha notato subito le cose importanti: il vestito, azzurro e un po' scollato e la scarpetta. «Ma perché deve perdere la scarpa?». «Questione di destino, bambina mia. Se Cenerentola non perdesse la scarpetta non incontrerebbe il principe». La bambina di cinque anni, uscita dal cinema, si sente chiedere dal padre cosa pensi del principe azzurro. «Sei più bello tu, papà», risponde a un uomo ormai definitivamente schiavo della sua bambina. Peggio che coi grandi classici va quando le bambine chiedono della principessa Sofia. Su internet la Disney spiega che è una principessa che insegna che «sono gentilezza, generosità, lealtà, onestà e grazia che rendono speciale ogni persona, e non ciò che indossa». Con buona pace di noialtre, che ci illudevamo di poterle tirare su con le bambole di pezza, dribblando il consumismo con il radical chic.