venerdì 27 giugno 2008

Modelli culturali

Dal Giornale del Popolo del 27 giugno 2008

Seconda serie, primo episodio. Carrie e Mr. Big si sono lasciati per la prima volta (ne seguiranno un'altra bella manciata) e lei da brava ragazza metropolitana affronta la fase post relazione. Andare in giro, distrarsi, divertirsi e via con una serie di imperativi che non fanno che tracciare meglio i contorni della desolazione. Finisce che per distrarla (aridaje) le sue amiche (che nel telefilm sono delle vere amiche e non quelle ochette fashion victim che il film di Sex and the city ci vuole rifilare) la portano allo stadio a vedere una partita degli Yankee. I quali sono una squadra che pratica un qualche sport, che io grazie a dio non conosco. Le ragazze si presentano allo stadio con pelliccia e tacco dodici, meravigliosamente fuori posto e assolutamente incapaci di cogliere alcunchè della partita. «Miranda era una grande fan degli Yankee – dirà poi Carrie. Io ero una grande fan di qualunque posto in cui si potesse bere e fumare alle due del pomeriggio senza essere giudicati» («Miranda was a huge fan of the Yankees. I was a huge fan of being anywhere you could smoke and drink at two in the afternoon without judgment»). Credo sia questo importante riferimento culturale che mi ha spinto, l'altra sera, ad andare al concerto di Bruce Springsteen, anche se non avevo nessun lutto sentimentale da elaborare. Ho imparato che cantare a squarciagola senza sapere una parola delle canzoni, saltare come disperati addosso a illustri sconosciuti, trangugiare birre senza ritegno e cospargersi di Autan fa molto bene alla mente e rischia perfino di farti perdere un paio di etti. Lo consiglierei a tutti. E quei Mr. Big dietro l'angolo lo sappiano. Che adesso che sappiamo come elaborare il lutto possono anche tornare.

giovedì 26 giugno 2008

mamma e figlia

Direttamente dal sito del Daily Mail. Kate Moss porta a passeggio oltre al solito fisico invidiabile la figlia Lila Grace che indossa una maglietta inequivocabile. Educazione fashion. Stupendo!

mercoledì 25 giugno 2008

Non ho l'età?

La domanda del lunedì di oggi è: sono troppo vecchia per un concerto? A stasera l'ardua sentenza

venerdì 20 giugno 2008

Profumo d'estate

Dal Giornale del Popolo del 20 giugno
Mio padre ha regalato a mia madre lo stesso profumo per una bella manciata d'anni. Aromatic Elisir. Mi ricordo ancora come si chiamava, perché ogni anno il ventiquattro dicembre venivo trascinata innocente nella solita profumeria per l'acquisto di rito. C'è voluto che la poveretta cambiasse profumo o si dichiarasse allergica per farlo smettere. Ora, direte, perché proprio adesso che è tornato il caldo questa si mette a discettare di acquisti invernali? È che la memoria corre ai bei tempi quando il presente va a rotoli. Infatti il profumo è al giorno d'oggi un regalo che nessuno fa più. Considerato troppo personale, perché ognuno ha i suoi gusti e non si può regalare una fragranza a caso che poi ogni pelle reagisce in modo diverso; viceversa regalare un profumo che si è certi essere gradito passa inevitabilmente per un gesto poco fantasioso (forse che anche mio padre abbia smesso per quello?). Il risultato è che noialtre siamo costrette a comprarceli da sole, i profumi. Sì, perché ovviamente continuiamo a comprarli e quelle che dicono al maschio inebetito "ma no, è il profumo della mia pelle quello che senti" sono come quelle che "mi sono messsa la prima cosa che ho trovato nell'armadio". False come la moneta e ingiuste come il metabolismo di una modella. Nel frattempo sale vertiginosamente il prezzo di queste fragranze che restano indispensabili (non dovrò citare il verso già cult "Le mie teorie sull'amore fatte a pezzi da un profumo buono" di Jovanotti, no?). E così finisce che una povera ragazza che sta ricominciando ad arredare casa e ha trovato un profumo che costa come dieci metri quadri di parquet non ha neppure un'arma per contrastare i miasmi della quotidianità.

venerdì 13 giugno 2008

Il matrimonio dell'anno

Dal Giornale del Popolo del 13 giugno
Nessuno ci ha mai veramente creduto. Squinzia, reduce di Vallettopoli, sculettatrice di Buona Domenica. Bella, ci mancherebbe. Ma in fin di conti neppure eccezionale se paragonata ai pezzi da novanta che l'hanno preceduta, come Heidi Klum e Naomi Campbell. Certo siamo a livelli di stacco di coscia che noi umani non conosciamo neppure, epperò nessuno avrebbe scommesso che sarebbe stata lei a liberarsi dell'"attuale". Da sempre ogni pulzella che si accompagni a lui per più di tre settimane e una manciata di serate billionaire si merita il titolo di "attuale fidanzata" di Flavio Briatore. Ebbene da quell'odioso aggettivo perfidamente buttato lì a memento della scadenza di un mandato con troppe aspiranti candidate è riuscita a liberarsi niente meno che Elisabetta Gregoraci. Sarà lei domani a impalmare il geometra di Cuneo. Lei ad averci costretto a eleggerlo a filosofo di fiducia facendogli pronunciare la frase: «Niente addio al celibato è una vita che li faccio». È la saga degli amori su cui nessuno avrebbe scommesso, è il marito che lascia la moglie per l'amante di sempre, è Carlo e Camilla. E lei è il nuovo mito di queste colonne. Nostro malgrado. Perché quando le foto del matrimonio saranno vendute con esclusiva milionaria a qualche rotocalco noi sospireremo dicendo che è tutto troppo billionaire, oppure troppo chic per una coppia Billionaire. Noi storceremo il nasino mentre lei, alla facciazza della schiera di criticoni, è riuscita là dove tante prima di lei hanno fallito. E non importa che per noi Briatore non sia affatto un prelibato scapolo d'oro. Non importa che, come già insuinano i maligni, lei si trasformerà soltanto da fidanzata attuale a moglie attuale. È lo sforzo che si premia qui. La dedizione. L'ardire. Lei è il mito di questa colonna. Attuale, s'intende.

mercoledì 4 giugno 2008

Dagoflower

Il motivo principale per cui odio Flauer è che sono verde d'invidia perché lui è riuscito a farsi pubblicare un pezzo su Dagospia. E non è neppure uno dei pezzi in cui io ho messo la punteggiatura!

martedì 3 giugno 2008

Love and the country

Dal Giornale del Popolo del 30 maggio
Quattro o cinque inviti, tutti a serate per sole donne per vedere Sex and the city. Il fenomeno, bisogna ammetterlo, ha soddisfatto l’ego della Ficcanaso che così si è vista riconosciuto lo status di una delle massime esperte sul tema. Tutti declinati quegli inviti. Stasera, mentre le ragazze si vestiranno da fashion victim per andare al cinema, da queste parti si perderà la vista per infilare fiocchetti bianchi in delle minuscole piante grasse. La lunga notte delle bomboniere. Domenica il grande matrimonio. Il più importante, il primo matrimonio in cui dovrò piegarmi all’onta del mascara resistente all’acqua. La sposa è una tizia parsimoniosa e piuttosto magra, che indossa solo scarpe basse, adora la natura, fa sport per piacere e non per lavarsi la coscienza, non ha mai sentito parlare di Vivienne Westwood, riconoscerebbe a stento una borsa di Vuitton. Uno scherzo della natura, o forse un costante monito moralità nella vita dissoluta e consumista della ficcanaso. È mia sorella, anche se un giorno mi ha chiesto “cosa sono i tabloid?”. È mia sorella e che ho dei sentimenti l’ho capito quando mi sono sorpresa a valutare seriamente di non mettere un tacco dodici per il suo matrimonio bucolico. È mia sorella e mentre Natalia Aspesi continuerà a scrivere che il film di Sex and the city è “poco sex e molta city” (e sono indecisa se chiamare i pompieri per l’arrapamento dell’augusta giornalista o se per la scarsa fantasia dei titolisti di Repubblica) io piangerò come una fontana in una chiesa. Verserò lacrime amare sull’abito che pagherò per i prossimi due mesi. Sono riuscita a spendere più della sposa.