lunedì 30 maggio 2011
Contro la morigeratezza
Così iniziava la ficcanasata di venerdì scorso, poi abbandonata per dedicarsi al pancione di Carla Bruni. E oggi mi ritrovo a citare, nuovamente, la signora di Vogue.
venerdì 27 maggio 2011
In pancia al mondo
Dal Giornale del Popolo del 27 maggio
Non che le altre signore del G8 si aspettassero di essere notate, ma Carla Bruni è riuscita a surclassarle tutte con un giro vita. Ancora più di quanto ci si aspetta da una ex modella sotto i cinquanta che si appalesa in un consesso di oscure “mogli di”. Mai avreste pensato di leggere da queste parti parole di apprezzamento per Carla Bruni, eppure la Ficcanaso non può resistere a cotanto snobismo. Premesso che, come dice l'amica saggia, «non saremo più buone con lei solo perché è incinta», questa volta non possiamo che apprezzare la nonchalanche con cui la first lady di Francia si è presentata al G8 giusto ieri. Settimane fa la prima voce incontrollata di una sua gravidanza. Nessuna smentita e poi la conferma da parte del suocero. Ma né da lei né da suo marito Nicolas Sarkozy è arrivata una sola parola. Così ieri l'ex top model ha lasciato che quei centimetri di stoffa in più parlassero per lei. Si è presentata con un elegante vestito corto a trapezio e se una di quella magrezza si mette un abito del genere si sa che c'è qualcosa sotto. E così è, anche se è mancato l'annuncio ufficiale. Ed è questo che ci conquista. Così, con quella sicurezza gioiosa e un po' egoista che solo una donna incinta può avere, la signora Sarkozy ha piantato il suo pancione in faccia al mondo senza sentirsi in dovere di fornire spiegazione alcuna. Soprattutto senza sorrisi di circostanza e baci d'ordinanza e dichiarazioni multiple di felicità e di emozione sul miracolo della vita. La fama e il botox ti inducono a dosare bene i pochi sorrisi espressivi che ti sono rimasti. E a volte l'effetto è meno artificiale del solito.
giovedì 26 maggio 2011
Sguardi
mercoledì 25 maggio 2011
Cose milanesi
venerdì 20 maggio 2011
I motivi per lasciarsi
Forse, al pari di un esecutore testamentario, tutte le coppie dovrebbero nominare una cerchia di amici addetti al gossip semiufficiale. Qualcuno che costituisca le classiche “fonti vicine alla coppia” citate in ogni pettegolezzo pruriginoso che si rispetti. Serve sempre far dire agli altri ciò che non sappiamo come diavolo esprimere. La dinamica è in fondo la stessa delle elementari per cui noi bambine grasse eravamo mandate dal bambino più bello a raccogliere le sue opinioni circa l'ineffabile “amica” che restava sempre un passo indietro. Per certe pene ci vogliono ambasciatori collaudati e insospettabili. Come dovrebbero essere gli imprecisati “amici di George Clooney” che si sono fatti scappare che l'attore è stanco della nostra amata Elisabetta Canalis. Lui si annoierebbe a morte, avrebbero detto, ma non saprebbe come fare a scaricarle. E fieramente ci si stringe il cuore a pensare come tutti alla fine abbiamo gli stessi problemi: mettersi insieme, lasciarsi, dirsi le cose, darsi un tono di fronte al mondo, far parlare di sé. Quando noi saremo in crisi ci sarà qualche amico che dirà che è iniziato tutto quella sera, in cui malauguratamente si misero a parlare di politica e in trenta secondi lei capì che era l'inizio della fine. O la mattina dopo, quando ci si mise pure l'idraulico in carne e ossa sentenziando davanti al lavandino intasato manco fosse un malato terminale che “signora mia l'idraulico liquido fa malissimo agli scarichi”. Diranno che era iniziato tutto lì, con l'abbandono dell'idraulico liquido per quello in carne ed ossa. Come nelle migliori storie che finiscono. Il motivo è sempre più banale. Per questo e solo per questo la storia di George Clooney ed Elisabetta Canalis deve andare avanti almeno un altro po': la stanchezza è un motivo troppo sofisticato per lasciarsi. Ci vuole almeno un idraulico. O una domestica troppo intraprendente.
sabato 14 maggio 2011
Il gioco dei concerti
L'esperta di concerti dice che la cosa più divertente (insieme alle birre a profusione e alla salamella nel parcheggio tra i tubi di scappamento delle auto) è giocare al “se non ce l'hai sei fuori”. Perché, sì, a un concerto si va per la musica; ma anche per esplorare e catalogare i tipi umani che per quella musica farebbero follie. Dunque se non hai una felpa anni Novanta col cappuccio sei fuori dai concerti di Max Pezzali. Se non hai una coscia importante fasciata in pantalone stretch e un forte accento sudamericano con cui canti dall'alto del tuo tacco dieci sei fuori dai concerti di Shakira. Se non hai un giubbotto di pelle sei fuori dal concerto di Jamiroquai. Se non hai un accettabile tasso di omosessualità sei fuori dai concerti di Kylie Minogue. Se non hai una camicia a scacchi sei fuori dai concerti degli Oasis. Abbiamo iniziato il gioco l'altra sera, al concerto di Jovanotti al Forum di Assago e non siamo ancora riuscite a finirlo. Adulti con figli al seguito. Bambini con gli occhiali di plastica da miopi anzitempo scatenati al loro primo concerto. Pre-trentenni in ballerine («tanto non si poga»). Post trentenni in jeans, maglietta e All Star («ma non ci si vestiva da ragazzine ai concerti?»). Zarri di periferia con tatutato addosso un ritratto di Jim Morrison che pare Alvaro Vitali. Adolescenti incredibilmente più belle e sexy di come erano le post trentenni di cui sopra quando si addormentavamo sognando le canzoni di Lorenzo-Jovanotti. Ragazzi fortunati e benestanti con bionde prosperose al seguito e iPhone per immortalare i propri baci plastici. Ragazze a pezzi che non riescono a trattenere le lacrime quando Lorenzo, senza un'ombra di dubbio e di decisione, con l'audacia contagiosa che lo caratterizza, canta che «ogni cicatrice è un autografo di Dio». Se non ce l'hai, un motivo più forte della moda per esserci, sei fuori dai concerti di Jovanotti.
giovedì 12 maggio 2011
Lorenzo è stato a Milano
lunedì 9 maggio 2011
La Regina delle tecnologie
venerdì 6 maggio 2011
Ora che non abbiamo più il cattivo numero uno da inseguire ci restano poche certezze. La prima è che non c'è buona causa per cui valga la pena rimanere vestite. Lo ha dimostrato, se ancora ce ne fosse bisogno, Elisabetta Canalis che ha posato senza veli per gli animalisti della Peta. I nostri colleghi hanno esaminato tutti i backstage del servizio fotografico disponibili in rete. La loro delusione nel vedere che anche lì le pudenda erano ben nascoste ci ha fatto capire perché non diventeranno mai animalisti. L'altra certezza è che ormai la dipendenza è cronica: non ci liberemo mai del Royal Wedding e dopo aver visto almeno cinque volte le foto di quello straordinario 29 aprile siamo in astinenza da Kate & William. Almeno una passeggiatina mano nella mano, una foto sfuocata rubata dalla finestra della loro casetta in Scozia. Non è possibile che i giornali non ci diano quello che vogliamo. Siamo sicuri che al duca e alla duchessa di Cambridge non dispiacerà raccontarci come se la cavano. Ogni coppia convolata a nozze da meno di un anno viene ammorbata da domande cinguettanti sulla “nuova vita matrimoniale”. Non si vede perché ai nostri eroi debba essere risparmiata tale incombenza. L'altra certezza è che quel matrimonio creerà più mostri di quanti ne riusciremo a domare. Le nostre chiese di provincia si riempiranno di strascichi lunghi e inadatti; le ragazze penseranno che il pizzo sia una cosa per tutte e non un'arma da usare con cautela; le testimoni rischieranno di pensare seriamente a un abito bianco; le invitate potrebbero mettersi in testa qualcosa di più di una messa in piega. Infine Obama ha deciso di prendere Bin Laden il giorno in cui i jeans dell'autostima hanno ricominciato a starci tragicamente stretti. Ora abbiamo la certezza che non ci dimenticheremo mai più il giorno in cui abbiamo salutato per l'ennesima volta il peso forma.