venerdì 28 novembre 2014

Quelli che Linkedin è indispensabile

Dal Giornale del Popolo del 28 novembre

Dicono che bisogna iniziare sistemando il curriculum, chiedendo in giro e inventandosi qualcosa. Che non sei iscritta a Linkedin perché sistematicamente lo rifiuti come un pretendete petulante non interessa a nessuno. Tu vorresti illustrare a gran voce la tua teoria sull'ossimoro concettuale di parlare di social network utile e loro ti liquidano con un: "Se non sei lì, non esisti". Continuano a ripetere che il lavoro non viene a cercarti e che se non ci credi tu non si vede perché debba crederci qualcun altro. Continuano a dire che le nuove tecnologie non servono solo per cazzeggiare e gli amici non solo per chattare. Al culmine della beffa ripetono che hai grandi potenzialità e tu per un momento lunghissimo ti senti di nuovo in terza elementare, inchiodata a quel "è intelligente ma non si applica" che ti scalda come una coperta di Linus. Il lato positivo, dicono, è che riesci spontaneamente a risultare meno stupida di quel che sei. Però quando qualcuno ti chiede di sottoscrivere l'inganno ti metti una mano sulla coscienza (che equivale a un sussulto di pigrizia): non chiedetemi di sponsorizzarmi. È l'ultimo snobismo rimasto a cui aggrapparsi in questi momenti bui. E non potrà certo essere un'inezia come la sopravvivenza a farci buttare all'aria decenni di lavoro sulla narrativa di noi stesse.

venerdì 21 novembre 2014

I nostri figli, con nonni in forma e genitori angosciati

Dal Giornale del Popolo del 21 novembre

Stanno con i nostri figli, riescono a lavarli senza scatenare scene di panico né esondazioni della vasca da bagno. Riportano traguardi importanti a cui noi neppure ci applichiamo: così dopo un pomeriggio con loro un bambino di meno di un anno viene restituito in grado di battere le mani e tossire a comando. Vivono l'età dell'insonnia naturale, quindi non provano sentimenti irriferibili quando le creature li tengono svegli dalle tre di notte in poi. Ne approfittano per fare una lavatrice, condire l'arrosto, asciugare il lavandino. Rappresentano per noi, obtorto collo trascinati nella vita adulta, una specie di ideale irraggiungibile. Da adolescenti pensavamo che non saremmo mai diventato adulti (immaginandoci chissà quale morte violenta nobilitata dalle ragioni dell'arte o del rock), oggi pensiamo che non arriveremo mai all'età dei nonni dei nostri figli. Soprattutto siamo convinti che non ci arriveremo mai nella loro splendida forma. Quelli che cianciano di welfare dicono che è perché loro hanno la pensione, hanno iniziato a lavorare e diventare adulti quando con uno stipendio mediamente si poteva accendere un mutuo per comprare casa. La verità è che sono più forti. E anche quando non stanno bene sono comunque un'ideale di positività e vigore che appare impraticabile per noi incatenati a un'estetica pensosa e preoccupata della vita. I nonni dei nostri figli non hanno fatto la guerra, ma sono ugualmente attrezzati. E così per vedere le foto dei nipoti hanno persino addomesticato WhatsApp.

venerdì 14 novembre 2014

Passerà anche questo new normal e intanto nessuna amnistia

Dal Giornale del Popolo del 14 novembre

Molti di noi non sanno come rapportarsi a questa nuova moda della normalità. Pare infatti che il tempo degli hipster sia finito e che ormai la tendenza sia questa, dalla moda al marketing. Siccome ci si è inventati di tutto non resta che confidare nell'unicità di ogni essere umano, dicono quelli che se ne intendono. Sicché non c'è nessuna “divisa” metropolitana che serva a rassicurarci e farci appartenere a un gruppo. Quello che scegliamo (di indossare, comprare, ascoltare) lo scegliamo per essere noi stessi, non per assomigliare a qualcuno. Ieri sull'autobus avrei dovuto toccare la spalla al tizio davanti a me e rivelargli che, mentre lui vive con le mega cuffie attaccate all'iPhone, qualcuno ha decretato fuori moda i suoi pantaloni strettissimi. Pochi minuti dopo avrei dovuto fare lo stesso con le venticinque ragazze con occhiali sproporzionati che ho incontrato nella strada fino all'ufficio. Non l'ho fatto. E non solo perché da qualche parte avevo letto che ieri la giornata della gentilezza. In fondo gentilezza è anche dire a qualcuno che il suo tempo è passato. Non l'ho fatto perché mi hanno fatto tenerezza. Non loro, come tutti noi emulatori di qualche moda, ma gli altri, quelli che celebrano la moda della normalità come liberatoria. Quelli che si illudono che questa tendenza sia una sorta di amnistia dello stile, in cui verranno rimessi in libertà i piumini non ecologici, le Pinko Bag e le Camper in una sorta di resurrezione degli scheletri contenuti in ogni armadio. Perché, come diceva Humpty Dumpty all'ingenua e meravigliata Alice, «il punto è chi è che comanda, tutto qui».

giovedì 13 novembre 2014

Muffa e cinismo


Dal Giornale del Popolo del 7 novembre
All'asilo hanno festeggiato Halloween, dando così occasione alla maestra di tessere le lodi della mamma di tizia che ogni anno, nonostante abbia degli altri piccoli a casa, confeziona biscotti a forma di zucche e streghette per tutti. «Figurati se li fa davvero lei...», è stato il commento di chi più che la perizia culinaria le invidia la magrezza e le gambe chilometriche. Abbiamo riflettuto sulla inutile (e ingiusta) concentrazione di troppe doti in una sola persona, abbiamo parlato di ingiustizie quando sappiamo che l'unica cosa che invidiamo a questa gente, persino più della taglia 40, è la leggerezza. Le loro belle bambine non mangiano zuccheri né biscotti zeppi di olio di palma perché la mamma ne ha già preparati di sanissimi, perché la loro perizia arriva dove nessuna velleità di spesa biologica può arrivare. Abbiamo riso a lungo dei loro corsi di yoga, della determinazione nel fare i dolci con l'aiuto dei bambini, mentre a casa nostra ci vorrebbe l'analista per ogni spolverata di farina che finisce per terra quando a fare dolci sono gli adulti e non i bambini. Abbiamo sempre riso di loro, delle abitudini sane, con la solida convinzione che il cinismo curasse l'invidia e anche la tristezza. Tristezza per non essere capaci di fare tutte le cose che fanno queste persone efficienti e serenissime e per questa faccia addolorata da giovane Werther che ci portiamo addosso. Non perché non sappiamo fare i biscotti, ma perché la muffa è tornata per la seconda terribile volta nel nostro armadio. E si accanita su quel poco Chanel che potevamo vantare.