venerdì 30 agosto 2013

L'investimento estetico di Monica da cui tutte dovremmo imparare

Dal Giornale del Popolo del 30 agosto
Dunque Monica Bellucci e Vincent Cassel si sono lasciati e pare che l'attrice abbia (o almeno abbia avuto) una storia con un magnate russo di non proprio gentile aspetto. Eufemismo: lui infatti è tarchiato, bruttino, sovrappeso. Sul web girano sue foto con una pelliccia improbabile e video in cui si diverte in feste cafone terribilmente adatte all'esibizione della sua ricchezza. Di lui si sa che avrebbe pagato cifre impossibili per aver Mariah Carrey alla sua festa di compleanno a intonare un Happy Birthday e ovviamente la scelta della cantante è più grave della cifra pagata. Ecco io non capisco di cosa vi scandalizziate, voialtri. Ogni giorno una Monica Bellucci lascia un Vincent Cassel per un uomo infinitamente più brutto, ogni giorno una bella ragazza lascia l'uomo che tutti consideravano esteticamente abbinato a lei per legarsi a un bruttino capace di farla sganasciare dalle risate. Solo che se il bruttino è un simpatico umorista va tutto bene, ma se è ricco da far spavento cominciano le malignità. E invece Monica ha fatto un ottimo investimento per la mezza età e non pensate al portafoglio. Il fascino malandrino e maledetto del bel Vincent andava bene per una post ventenne in forma smagliante, ma a un certo punto bisogna pensare alla vecchiaia, o almeno alla mezz'età. E non c'è investimento migliore di quello che ti consenta di giocare in un campionato in cui tu reciterai sempre la parte della bellezza trapiantata in un mondo non suo. Persino con dei film importanti alle spalle. Sempre e indiscutibilmente più bella e affascinante della compagnia che ti circonda, con la possibilità di sbaragliare la concorrenza giovane e soda a colpi di charme senza età.

venerdì 23 agosto 2013

Aver così sonno da fidarsi

Dal Giornale del Popolo del 23 agosto
È un po' come guardare negli occhi la persona a cui ti sei legata piuttosto seriamente e realizzare che non conosci il suo segno zodiacale. Un giorno ti guardi allo specchio e realizzi che no, non lo hai fatto mai: mai una indagine seria e approfondita sul suo telefonino. Mai niente che eccedesse le sbirciatine occasionali. Mai il confronto tra i numeri e i nomi, ma il goglaggio seriale delle femmine della rubrica. Eppure poteva esserci materiale abbondante. A cominciare dai gorgoglii dopo mezzanotte e anche la più spicciola letteratura sul tema insegna che ogni messaggio o comunicazione telefonica dopo quell'ora viene automaticamente catalogata come sospetta. E invece al massimo a casa nostra quei suoni hanno provocato disprezzo manifesto per il fatto che fossero colleghi maschi e neppure conoscenti femmine, il tutto aggravato dalla confusione per il fatto che c'è un suono per le notizie, uno per i tweet, uno per i messaggi, uno per i whatsupp. E a volte sono la pigrizia e un sonno pesante a renderci donne che si fidano. Ma nessuna fiducia è per sempre. Perché anche le più assonnate sanno che se l'occasione fa l'uomo ladro è altrettanto vero che siamo tutti talmente ladri dentro che sappiamo cercarcele quelle occasioni di furto con scasso o innocenti rapine. Ci attrezzeremo. Perché il terrore che questa fiducia venga dal troppo amore o dal disinteresse ci sta togliendo il sonno.

mercoledì 21 agosto 2013

Oprah e la provincia nel dna

Dal Giornale del Popolo del 16 agosto
Era una storia perfetta, in grado perfino di scomodare il riferimento alla scena di Pretty Woman in cui una Julia Roberts ancora vestita da donna della strada viene cacciata dalle commesse arpie di un negozio di Beverly Hills. Nel film Julia tornerà giorni più tardi a fare sbavare di rabbia le arpie dopo una sessione di shopping violenta con Richard Gere, colui che si prende la briga di insegnarle ciò che noi ragazze impariamo presto e a nostre spese: «Non sono mai gentili con la gente, sono gentili con le carte di credito». Ecco, a Zurigo qualche settimana fa, Oprah Winfrey sarebbe stata vittima di un episodio di razzismo. Se fossi stata bianca, è il ragionamento della regina dei talk show americani, la commessa di quel negozio chic non avrebbe avuto alcuna esitazione a mostrarmi una borsa da 35mila franchi. In alcune interviste successiva ha addirittura detto di essersi agghindata di tutto punto per lo shopping: una gonna di Donna Karan e i capelli in ordine per non essere presa per una pezzente qualunque. Ecco, Oprah. Sbagliato. Una vera provinciale sa che la battaglia più difficile è quella con le commesse, portatrici sane di discriminazione con chiunque non sembri abbastanza inserito nel loro mondo e addirittura paia sforzarsi di farne parte. Un commesso gay non le avrebbe impedito di vedere la borsa, sarebbe riuscito a convincerla che non si abbinava con il suo peso e Oprah l'avrebbe accettato, incurante dell'aggravante razzista contro i grassi (la più frequente nei negozi fighetti). Raccontando (e invero ridimensionando) l'episodio Oprah ha persino voluto notare che trentacinquemila franchi per una borsa sono una cosa «immorale». Oprah, è lì che ti sei tradita. Lì che ci hai fatto capire, a noi che di provincia ci intendiamo, che dalla provincia, sia quella geografica o quella del sovrappeso, non si esce mai. Neanche coi capelli in ordine e una gonna firmata.

venerdì 9 agosto 2013

Che noia i manifesti


Dal Giornale del Popolo del 9 agosto
Non ho mai capito perché la gente adori fare delle proprie scelte un manifesto, un proclama, il paradigma di ciò che tutti dovrebbero compiere o che non compiono non sapendo, “cosa si perdono”. Lo fanno le pasdaran del matrimonio, lo fanno le pasdaran della singletudine. E poi i giornali fanno il loro mestiere, così il Time ha da poco dedicato una copertina a raccontare che esistono coppie soddisfatte e felici senza figli. Apriti cielo. In un batter d'occhio ci siamo divise nei soliti due fronti stucchevoli: di qua le madri che si autodipingono come eroine per aver avuto e aver ancora il coraggio di procreare in questo mondo cattivo; di là quelle che non ci pensano neanche e considerano una minaccia alla propria libertà chiunque proclami le gioie della maternità. In entrambi i fronti è viva la convinzione granitica di essere una minoranza incompresa e dunque di  dover sbandierare la ragione nella palude dell'ottusità altrui. E a chi dimora nell'eterno crinale tra qualunquismo e buon senso non resta che pensare che una dose di fatti propri farebbe bene a tutti e che la libertà è un grande benefit da usare con cautela. Soprattutto nel tempo dei social network, mezzi che ognuno usa come promozione di sé e recensione inflessibile degli altri. Perché con l'ansia di avere un post da scrivere o uno status da scegliere ci siamo trasformati tutti in volenterosi compilatori di manifesti. Noiosi a prescindere dai contenuti.

mercoledì 7 agosto 2013

D'estate non si conquista un bel niente

Il mio psicologo di riferimento sostiene sia una visione del mondo che va bene per quel paio d’anni (direi uno, più realisticamente) in cui gli ormoni superano a tal punto il livello di guardia da orientare l’intera vita di una persona. Sostiene, insomma, che dopo i 17 anni sia impossibile ritenere l’estate il periodo della conquista e dell’amore. Men che meno della passione. Perché diavolo dovrebbe essere naturale fare gli occhi dolci a qualcuno quando al bar della spiaggia cerchiamo di studiare le nostre forme riflesse nel cartellone dei gelati? O esplorare il campo mentre saltiamo per inquadrare almeno il decolltè nello specchio minuscolo che qualche bagnino saggio ha piazzato vicino alla doccia? Non vanno meglio quelle che la propria conquista ce l’hanno, e magari da parecchie stagioni, distesa a fianco, spesso su un telo mare di spugna che si usava negli anni Ottanta. Dio solo sa quanto avete aspettato questo momento in cui vedervi più di cinque minuti al giorno, mangiare pesce in riva al mare, chiacchierare di fronte a un prosecco e non per decidere chi andrà a pagare le bollette. L’aspettavate con ansia tutto questo solo che poi lui ha dimenticato la zanzariera della bambina, voi avete lasciato a casa il golfino nell’unica serata fredda dell’estate, senza contare che gli avete rovinato il piano abbronzatura mettendo in valigia solo creme con filtro solare sopra il 30. Così, mentre lui comunicava solennemente quanto sia dannoso aprire i finestrini con l’aria condizionata accesa, anche in una macchina infuocata da sei ore di parcheggio sotto il sole, avete capito che nessuno si può amare e men che meno sopportare. Almeno finche non torna un po’ di fresco.

giovedì 1 agosto 2013

Kate, il Royal Baby e le favole giuste

Dal Giornale del Popolo del 26 luglio
Kate Middleton è uscita dall’ospedale dove ha partorito il principe più atteso dell’anno in forma meravigliosamente imperfetta. Le penne, compresa questa, che mesi fa si erano esercitate sulla impossibile prestanza fisica delle dive dopo il parto (Belen Rodriguez in testa) hanno trovato pane per i loro denti e la prima grande notizia di questa estate è che per una volta l’oggetto di interesse dei giornalisti e quello di noialtri impegnati nelle prime grigliate vacanziere coincide. La visione dell’inconfondibile pancia post partum della duchessa fa tirare un sospiro di sollievo a molte, persino provare un senso di superiorità ad alcune che raccontano senza mentire di essere uscite dall’ospedale coi jeans pre gravidanza. Ora la moglie del principe William ha compiuto il passo più importante, e forse definitivo, per la messa a punto del cocktail fondamentale per la popolarità che s’ottiene mescolando intelligentemente possibilità di immedesimazione e irraggiungibilità. Perché ci serve sapere che anche Kate è uscita dall’ospedale con una pancia impresentabile, ci piace pensare che in giro con un bimbo di pochi giorni incontrerà qualche cretino che le chiederà se ne aspetta un altro, forse anche lei sarà tormentata dai consigli sull’allattamento di tutto il parentado. Ci serve tutto questo per raccontare le favole giuste alle nostre figlie. “C’era una volta un principe e la sua mamma, appena nato, lo avvolse in una copertina. Proprio identica a quella in cui eri avvolta tu. Sai, bambina, il destino a volte è burlone, ma non dimentica mai i dettagli estetici”.