martedì 31 dicembre 2013

Natale e la maledizione del fotoregalo

Dal Giornale del Popolo del 27 dicembre

Confessatelo. Guardatevi allo specchio e almeno adesso che Natale è passato dite la verità a voi stessi e a chi vi sta intorno. La maledizione del fotoregalo ha colpito anche voi e ora vi ritrovate oggetti domestici da cui spuntano, plastiche e sorridenti, le facce dei vostri cari. Nove volte su dieci si tratta di bambini, perché è l'arrivo dei pargoli in famiglia che rende dilagante la tentazione di un regalo francamente inimmaginabile prima dell'improvvisa ventata pro life nelle nostre case. Il calendario con le foto delle zie? La tazza con il primo piano di quel simpaticone del cugino più attraente? Niente di tutto questo sembrava rientrare nei criteri della decenza, neanche in preda della più acuta disperazione da regalo natalizio. Poi, come spesso accade, sono arrivati i bambini e i nostri criteri estetici ed etici sono stati sovvertiti prima che faccessimo in tempo a dire: «Ah». L'abbondanza di siti che permettono di caricare le foto direttamente dal telefono e di riceverle a casa stampate su qualunque oggetto (dai libri, alle tazze, passando per i più classici calendari) fa il resto. Così adesso avrete dodici mesi per osservare la nascita dei dodici denti di vostri nipote, immortalate da una donna un tempo normale che uno smartphone e la maternità hanno trasformato in una scattratrice seriale di fotografie. Vi consolerete ingollando bevande calde accompagnate dagli avanzi del panettone. Fino a che l'immagine del cuginetto alla prima cacca nel vasino non farà capolino sulla tazza tra i fumi del té. 

Rotto un presepe se ne fa un altro?

Dal Giornale del Popolo del 20 dicembre

Il presepe comperato in un impeto equo e solidale ai tempi della taglia 42 reale è andato in pezzi. Pezzi relativamente ordinati che hanno lasciato inalterate le fattezze di Maria e Giuseppe, ancora peruviani e sorridenti intorno all'unico superstite della famiglia: Gesù. Lui è scampato al risvolto inevitabilmente distruttivo della curiosità della bambina di meno di due anni che aveva deciso di farne la conoscenza. Lo ha salvato il suo essere tozzo e piccolo: certo, che è caduto anche lui un paio di volte, ma ha dimostrato di avere il fisico per resistere. Ora abbiamo un presepe improbabile fatto di un paio di statuine napoletane, quel che resta di Maria e Giuseppe e un Gesù bambino piazzato nella composizione prima di Natale giusto per non lasciare totalmente sguarnita la capanna. Sarà che negli stessi giorni andavano in pezzi altre pseudocertezze e immagini, ma il segno da queste parti è stato interpretato con la scaramanzia che solo abbondanti dosi di ormoni e malinconie prenatalizie possono produrre. Perché quel presepe faceva ridere tutti tutti gli anni, ma di fronte alle critiche razziste degli amici per niente progressisti dava sempre qualcosa di cui discutere. Ora è tutto in pezzi. E noi dobbiamo attrezzarci con una sacra famiglia come si deve (e Dio solo sa quanto sia difficile trovare al giorno d'oggi un bambin Gesù che non somigli al piccolo crucco della confezione dei Kinder) e soprattutto pecorelle in plastica, pronte a migrare in ogni parte della casa agli ordini della bambina che non ha mai distrutto niente. Se non il presepe contro cui il padre tifava da anni.

venerdì 13 dicembre 2013

Il marketing di noi stesse

Dal Giornale del Popolo del 13 dicembre

I parti perfetti sono come i figli perfetti. Sono quelli degli altri. Non importa che lo siano veramente, importa che lo siano nelle parole di chi li sponsorizza perché capace di un marketing sincero ed efficace della propria vita. Io e l'amica improbabile ci guardiamo negli occhi ogni tanto e ci capiamo subito: se solo sapessimo tenere in alta considerazione noi stesse come l'amica di riferimento domestico tiene in alta considerazione il suo detersivo per il bucato. Neanche il tempo di ordinarne una confezione dalla sua tintoria di fiducia, confuse e contente come davanti a una bancarella alle fiere di fine estate, e ci domandiamo cosa manchi a noi per avere un briciolo di una sicurezza simile sul resto della nostra vita. Perché noi ancora non siamo del tutto convinte che sia una buona idea avere dei figli, quali favole leggergli, quando iniziare lo svezzamento e se la frutta non sia un inizio troppo audace. E poi asilo nido o baby sitter, scuola statale o privata. E poi ci sono quelle di noi che si avventurano nel secondo figlio e dal primo non hanno imparato niente ed è tutto ricominciare con le indecisioni: dal dove partorire, al credere in un travaglio che sembra impossibile o prenotare un cesareo espresso. Tutto a creare una buona dose di confusione pre parto che non sai ancora se ti sconterà un po' di quella (tradizionale) post partum. Però sappiamo che sarà un'altra femmina. Ha anche una ipotesi vagamente probabile di nome e di sicuro finché la sua cute sarà di nostra competenza non indosserà mollette di Hello Kitty e altri animali zoologicamente indefiniti. Non è poco.

domenica 8 dicembre 2013

L'amore è un grande progetto di design

Dal Giornale del Popolo del 6 dicembre

C'è la sedia per il mal di schiena di Irma. C'è la poltrona-letto per far dormire Giovanna nella casa al mare, quella ricercatissima e signorile per Carlo. E poi le lampade per l'altra figlia. E tutte le cose inventate per se stesso e dunque perfette per tutti, a cominciare da un posacenere per cui varrebbe la pena riprendere a fumare. Decine e decine di oggetti che abitano le nostre case in maniera discreta e solida, come sentinelle schierate per ubbidire a quel comandamento che Achille Castiglioni dava ai suoi progetti: «Gli oggetti – diceva – devono fare compagnia». Visitare lo Studio Museo di Achille Castiglioni a Milano è come entrare in una casa in cui siamo sempre stati. I ragazzi delle scolaresche in visita riconoscono cose che hanno visto nelle soffitte delle nonne o in qualche angolo  di casa. Ci sono persino interruttori che sono in tutte le lampade del mondo e quasi nessuno sa che a progettarli è stato proprio Achille Castiglioni. E queste, racconta la figlia Giovanna che apre le porte dello Studio Museo a chi prenota una visita, sono le cose che gli davano più soddisfazione. Sulla funzione delle cose non si dilungava troppo: è evidente che un cucchiaio da maionese deve servire a pulire bene tutto il barattolo, o no? Per la sua Irma ha inventato una lampada con luce direzionabile, perché lei potesse leggere la notte a letto mentre lui dormiva. L'ha chiamata Gibigiana, il termine lombardo con cui si indicava il gioco dispettoso dei bambini che si divertivano a riflettere i raggi solari con uno specchietto. Come a dire che l'amore è un dispettoso corteggiarsi per fare pace la sera. E anche un grande progetto di design.

giovedì 5 dicembre 2013

I vantaggi del passare del tempo e i nuovi campionati

Dal Giornale del Popolo del 22 novembre

«Tu sottovaluti i vantaggi del passare del tempo». È per amici come questi che dovremmo ringraziare ogn'ora il Signore che così ci permette di non cadere in depressione nei momenti di pausa forzata dal lavoro, quelli in cui patiamo terribilmente la mancanza di qualcosa per cui lamentarci. E il lavoro, si sa, è sempre la cosa migliore. Perché se ti lamenti del peso forma vieni giudicata frivola, mentre gli strali contro i ritmi impossibili, l'impossibilità di conciliare eventuali famiglie, l'assoluta mancanza di soddisfazione personale, l'ottusità dei capi di oggi sono il jolly di ogni conversazione contemporanea. Diverso è il caso del prendersela con l'andare del tempo, pericoloso perché insinua subito nell'interlocutore il sospetto che il lamento sia interessato (come se non lo fosse sempre) e che fondamentalmente la donna che si esibisce in analisi sociologiche approfondite abbia semplicemente guardato nell'armadio e trovato vestiti da buttare non perché passati di misura ma perché passati d'età. Le più ardite di noi ci hanno anche provato, a eliminare i giovanilismi, a selezionare capi di un unico stile di riferimento adatto al campionato in cui si sentono di giocare adesso. Il punto è capire quale sia, questo benedetto nuovo campionato. I giocatori a fine carriera vanno in paesi esotici in cui le loro stelle passate brillano come in passato. Ma il dubbio che il nostro campionato esotico sia quello della bellezza interiore ci costringe in panchina. O nella disperata rincorsa dei campionati che furono.

E siccome è facile incontrarsi anche in un grande social network...

Dal Giornale del Popolo del 29 novembre

L'abbiamo provata tutti quella sensazione di qualcosa che sfugge e scorre via proprio nel momento in cui pensavamo di avere le cose sotto controllo. Di certo influisce il freddo polare di questi giorni e il fatto che con le tazze di tè con cui siamo costrette a scaldarci vadano a nozze biscotti al burro e pensieri non meno ingrassanti dei biscotti. Di certo ha influito anche il fatto di aver ricevuto un messaggio di Whatsapp dalla cuginetta cui insegnavamo le filastrocche di Natale e che oggi ha una foto profilo in bianco e nero da far invidia alle modelle delle agenzie. Di certo ha influito questa sensazione di essere sull'orlo di una guerra e di affrontare, ancora, cambiamenti troppo grandi per le nostre povere ossa. Comunque, per un motivo o per l'altro, alcune di noi si sono messe a ripensarli tutti, gli uomini. E alcuni hanno foto dei figli su Facebook, altri annunciano matrimoni sobri, altri professano religioni nuove e non meno fondamentaliste di quelle di prima. Altri, semplicemente, li abbiamo sepolti talmente bene che ora fatichiamo a soddisfare curiosità resuscitate. Perché siamo donne e fiorellamannoiamente abbiamo troppa fantasia e se diciamo una bugia è una mancata verità. E così oggi, anni e figli e matrimoni dopo, pagheremmo una bella cifra per sapere se quella cena indefinibile, di cui tra poco ricorre l'ennesimo anniversario, per lui significasse qualcosa oppure no. Sono tante le domande oziose, con questo freddo. E ci scalderemmo molto rinfacciandogli che lui nemmeno se lo ricorda, l'anniversario dell'inizio del diluvio.