giovedì 25 febbraio 2016

Non sarai né la prima né l'ultima


Dal Giornale del Popolo del 19 febbraio
Non sarai né la prima né l'ultima. Le nostre nonne ce lo dicevano quando ci vedevano soffrire; è un metodo di caro e vecchio buon senso quello del ridimensionamento della sofferenza e qualche volta funziona anche. Dunque, cominciamo. Non sarai certo la prima che viene mollata da uno che non la merita. Non sarai certo la prima che viene ignorata da uno che la merita. Non sarai certo la prima che partorisce. Non sarai certo la prima che sbaglia tintoria o parrucchiere (ditelo all’amica che ha chiesto il grigio e si è ritrovata canarino). Non sarai né la prima né l’ultima che lavora pur avendo dei figli piccoli. Non sarai certo la prima che rimane disoccupata. Non sarai certo la prima che quando trova un lavoro rientra a casa alle sette di sera; l’ora in cui fino a ieri sparecchiava la tavola. Non sarai certo la prima né l'ultima ragazza eternamente insoddisfatta, che rimpiange le lunghe ore al parco sempre disprezzate quando erano obbligatorie. Il punto è che non sarai né la prima né l'ultima donna incontentabile che nessun maschio capisce. E non sarai né la prima né l’ultima over trenta circondata da poco più che ventenni con jeans strettissimi, amiche del metabolismo e dalla gravità. Cresceranno anche loro e ci penserà il tempo a distinguere tra le reali bellezze e quelle avvantaggiate solo dalla data di nascita. Tu non sei né la prima né l’ultima carampana.

giovedì 18 febbraio 2016

Garko e l'indecisione tra valletta mora e valletta mora

Dal Giornale del Popolo del 12 febbraio
La metà dei miei contatti gode della disfatta di Gabriel Garko come “co conduttore” di Sanremo. L'altra metà gli concede ancora un paio di serate di dubbio e intanto si indigna per la cattiveria con cui tutti commentano le sue performance. L'unica vera fan del divo delle fiction accampa da giorni la scusa del virus intestinale, che le impedisce di prendere alcuna posizione sul suo eroe in prima serata sulla Rai. Vorrei dirvi da che parte sto. Vorrei averlo deciso dopo ore di supplizio davanti alla televisione e di analisi attenta della timeline di Twitter. E invece è una settimana durissima, l'unica in cui si sono concentrati impegni su impegni dopo mesi di vita sociale decadente. Una settimana in cui non faccio che vedere rane dappertutto, per dirla con i Baustelle. E la verità è che non ho ancora visto un solo minuto di Sanremo. Tutti parlano di Sanremo e io non posso neppure recitare la parte di quella che lo snobba. Ma la verità, la vera verità, è che tutto quello che mi raccontate su Sanremo e in particolar modo su Gabriel Garko conferma ciò che sapevamo dall'inizio del festival. Questa smania di auto definirsi “co conduttore” lo ha fregato e ce ne accorgiamo adesso che lo vediamo meno decorativo di una valletta. Gabriel ha fatto l'errore che fanno tutte le more, l'errore che consente alle bionde di vincere da sempre: millantare una qualche profondità e infilarsi in un campionato straniero. Mentre, dall'altra parte, la parte bionda della storia fa la cosa più importante: gestisce le aspettative. A prescindere dai contenuti.  

venerdì 5 febbraio 2016

Io porto il 39. Ma dipende...

Dal Giornale del Popolo del 5 febbraio

Io porto il 39. L'affermazione mi è costata alcuni anni di esperienza e di tentativi e ad ogni modo la scarpiera continua a riempirsi di 38, qualche 37 e pure dei 41. Ognuna di noi, di fronte a queste constatazioni, crede di essere la sola a ritenere il numero di piede un optional, rivedibile a seconda del paio in saldo, delle offerte speciali o dell'ultimo numero disponibile dell'ultima scarpa che ci ha rubato il cuore. Io e la commessa del negozio da cui sono appena uscita ci siamo subito trovate d'accordo, arrivando entrambe contemporaneamente a un'osservazione che farebbe rabbrividire qualunque maschio: “In fondo sono aperte dietro, non ti stringeranno mai!”. Le conseguenze sono peggiori quando ci fermiamo per qualche minuto a toccare il pellame delle scarpe con le dita; facciamo la faccia pensosa, poi la commessa butta là la storia di quella bella signora che, l'altro ieri, ha preso mezzo numero in meno di quello che porta di solito. Concludiamo insieme che il pellame è così morbido che “cederanno”, il carico lo mettiamo osservando che probabilmente il numero giusto finirebbe per diventarci grande dopo qualche settimana di utilizzo. Un'osservazione geniale tira l'altra e così in questi giorni di saldi agli sgoccioli ci portiamo a casa capi leggeri, convinte di aver fatto un affarone perché tra poco farà caldo. «Fa freschino oggi eh?». È quello che mi ha detto poco fa la commessa che mi ha appena venduto degli zoccoli numero 38 (non in saldo).

martedì 2 febbraio 2016

Vestiti da casa ne abbiamo?

Dal Giornale del Popolo del 28 gennaio
Andrea Camilleri in un'intervista a Repubblica di qualche giorno fa ha spiegato che lui, scrittore e e lavoratore “casalingo” per eccellenza, non si siede alla scrivania prima di essersi preparato di tutto punto. Sciabattare per casa in pigiama è bello e rilassante, ma dopo un'ora, avverte il padre del commissario Montalbano, bisogna smettere. Il tema degli abiti da casa, o vestiti da relax, diventa in effetti molto importante quando, per amore o per forza, dentro quelle quattro mura ci si trova per molto tempo. Magari costretti da bambini malati, o appena nati, oppure da questa invenzione moderna bellissima e pericolosa che è il lavoro da casa; quel luogo dell'anima in cui puoi stare al computer facendoti asciugare lo smalto senza che nessun collega intorno si lamenti, ma in cui non c'è neanche un cane per chiacchierare alla macchinetta del caffè (che poi, in questo caso, è semplicemente la cara e vecchia moka). Le mie amiche sostengono che a casa si debba stare in libertà. Conosco una trend setter che in casa indossa solo calze a righe ben sistemate sopra i fuseaux: pare che la facciano concentrare. Se i fuseaux sono in lavatrice, ripiega su pantaloni enormi con fantasie etniche. Sempre abbinati alle calze a righe purtroppo. È lì, quando mi ha mandato la foto della sua tenuta da studio e concentrazione in casa, che ho fatto un voto: svegliarmi all'alba, truccarmi e pettinarmi come se mi aspettasse una giornata a Wall Street. Perché ricordiamo la lezione di una signora per bene: “Vestitevi sempre bene, ragazze, anche quando andate a buttare la spazzatura”. Lei il notaio del suo cuore lo ha incontrato proprio lì.