venerdì 18 dicembre 2009

Pesci sotto l'albero

Dal Giornale del Popolo del 18 dicembre
«Pesci rossi, è tempo che impari a prenderti cura di un altro essere vivente». Il primo regalo di Natale sono quattro paia di occhi sempre aperti deformati da un recipiente di plastica in cui galleggiano liberi degli escrementi. «In effetti è ora di cambiargli l'acqua». «Ah». Il regalo educativo è una tendenza atavica, accentuata a dismisura dalla crisi, come quella del regalo utile. I nostri amici si vergognano a tal punto di aver speso dei soldi per persone che non hanno bisogno di alcunché che pensano di scaricarsi la coscienza con un regalo che abbia un senso sociale o educativo. Come se il bello di un regalo non fosse il non avere senso alcuno, il rispondere a un bisogno inespresso anziché crearne addirittura uno. Sicché potreste trovarvi a un passo dal Natale con la metà dei regali più importanti ancora da fare, neanche un giorno di ferie e pure dei pesciolini da accudire. Perché al momento Thelma e Louise sono in affido dall'autore del regalo, ma prima o poi torneranno e, esattamente come è successo dal primo istante in cui li ho visti, la pietà per quegli esseri galleggianti non mi porterà certo a vincere lo schifo per il loro viscidume. Mai mi sono sentita peggio, potevo pure comprargli una bella boccia di vetro firmata da qualche designer, arredare con sabbietta e finte piante di plastica la loro casa, dargli da mangiare quel puzzolente mangime un paio di volte al giorno. E invece niente. Cosa c'è di più perfido (e geniale, devo ammetterlo) di un regalo che ti mette di fronte alla tua inettitudine a coltivare qualunque rapporto che richieda più di una telefonata al giorno? Pensavo non potesse andare peggio di così. Ma manca ancora una settimana a Natale e il Corriere della Sera sostiene che uno dei regali più in voga quest'anno è un seno nuovo. Terrore sotto l'albero.

venerdì 11 dicembre 2009

Profumo di routine

Dal Giornale del Popolo dell'11 dicembre
Sembra ieri che chiedeva “hai cambiato profumo?”. E tu, manco avessi un cucciolo che faceva i bisognini nella sua cassettina dalla nascita, non vedevi l'ora di dirlo alle amiche di nascosto che lui riconosce persino i profumi e lasciamo perdere che sostiene di preferire un banale Chanel (neanche numero 5) a una ricercatissima essenza newyorkese, c'è tutto il tempo per fargli cambiare idea, ma il ragazzo ha del potenziale. Sembra ieri eppure oggi alla tua destra sul divano (a sinistra non puoi girarti causa torcicollo) c'è un reduce da devastante mercoledì lavorativo, annusa l'aria intorno a te con fare tutt'altro che malizioso e dice con l'ansia di una fuga di gas che c'è odore di medicina. Devono essere quelle vagonate di Voltaren che ti sei spalmata, oppure il cerotto medicato che ti sei lasciata vendere dal farmacista. Stasera la massima tenerezza è scambiarsi un antidolorifico, sospirare prima di perdere coscienza davanti a Porta a Porta. Basta un niente e siete lì, nemmeno cinquantenni e già perfetti per dimostrare ai sociologi quanto è devastante il tempo che passa, con i cibi da scongelare e niente da aggiungere al mellifluo eloquio di Bruno Vespa. Pensi che se anche voi siete come tutti gli altri allora meglio lasciar perdere. In fondo quali sono i vantaggi? Doveva essere la compagnia delle domeniche pomeriggio, ma la domenica pomeriggio solitamente non c'è. Doveva essere il maschio che porta l'auto rotta dal meccanico e invece ci vai tu a litigare col meccanico. Doveva appendere quadri e sistemare finestre rotte e invece non ha tempo per tutto questo, esattamente come non ne hai tu. Insomma, è evidente che il gioco non vale la candela, che stare insieme a qualcun altro che non siano le tue 37 paia di scarpe sia una follia. Ma poi contro chi scagliare quelle 74 armi contundenti con tacco otto?

venerdì 4 dicembre 2009

Mutanda capitale

Dal Giornale del Popolo del 4 dicembre
Non c'è cosa più incomprensibile della lingerie. In giro sentirete mogli frustrate per l'indifferenza dei mariti dall'ultimo completino intrigante acquistato. A queste si alternano quelle che sostengono di non voler indossare altro che biancheria di cotone bianco o nero, ché “essere a proprio agio è la cosa più importante e a lui piaccio così”. In genere le prime guardano le seconde con compassione, le seconde rispondono con sdegno. Una lingerie da nonna è la morte della femminilità, lo sfoggio di una semplicità al limite della retorica, corrispettivo nell'underwear di coloro che credono che la bellezza sia fatta di acqua, sapone e semplicità. Viceversa, un completino da diva tutto veli e trasparenze è la velleità estrema di colei che si ostina a immaginarsi protagonista di un film tutto seduzioni e trottolini amorosi, in cui lui torna a casa sempre con l'occhio languido e non con l'insopprimibile desiderio di impugnare il telecomando e comunque l'importante è “farsi belle per se stesse”. Ci sono due scuole di pensiero, insomma. Ieri erano tutte all'H&M di Milano ad aspettare la collezione di intimo disegnata da Sonia Rykiel (là ficcanaso era lì per voi, in avanscoperta). Domani saranno tutte negli H&M del resto del mondo (Svizzera compresa) a fare la stessa cosa. Sì perché non importa a quale scuola di pensiero una donna appartenga, il richiamo della biancheria intima suona per tutte indistintamente (sarà per questo che Sonia Rykiel ha presentato capi che ammiccano apparentemente a entrambe le scuole di pensiero?). In mezzo a quegli scaffali di capi disegnati da una grande stilista per una catena di abbigliamento low cost troverete ragazze con in mano le cose più disparate. E a chiedersi come hanno fatto a spendere un capitale in mutande.