venerdì 27 marzo 2009

Le paure di un divano

Dal Giornale del Popolo del 27 marzo
Comincia, come se non bastasse l'ora legale a scombussolarci in questo week-end alle porte, l'inizio di una solitudine che è già troppo profonda per essere colmata. Che Amici era agli sgoccioli lo sapevamo. Eravamo preparati. Però, come riguardare le foto delle vacanze di tre anni fa, in cui eravamo sempre più magre di adesso (ma allora perché ci lamentavamo già allora?), oggi riguardare i momenti salienti della finale del programma di Maria de Filippi getta addosso una malinconia indicibile. E se il divano Ikea parlasse ci chiederebbe, innocente e disarmante come un bambino, adesso che si fa il martedì o mercoledì sera? Certo, c'è X-Factor e ammireremo l'insuperabile Morgan. Ma ancora per poche puntate, poi, man mano che le giornate si allungheranno, se ne andrà anche lui a lasciarci sole con il nostro sushi comprato al take away. Il sushi ormai è così passato di moda che ci siamo arrivate pure noi. Come il Pilates, del resto. Trattasi di una disciplina che mentre tonifica i muscoli ti libera la mente ed è così discreta e utile che ci si può persino andarci truccate e con la messa in piega: non sudi, ma esci tonica e già pronta per ributtarti sul divano con la coscienza pulita e la cofana impeccabile. Tutto questo poteva anche essere sopportabile, fino a che domenica scorsa non è successo l'irreparabile. Il solito miope pubblico italiano ha buttato fuori dalla Fattoria (il televoto, l'ultimo strumento democratico e perciò inutile), niente meno che Fabrizio Corona. Aver spento la tv col gesto stizzito della fidanzata tradita che tira l'anello addosso al fedifrago di turno non è servito a niente. Ora ci tocca trovare un disperato che ci porti fuori la domenica sera.

venerdì 20 marzo 2009

Qualcosa che resta

Dal Giornale del Popolo del 20 marzo
Qualcosa che resta. È l'espressione più inflazionata quando si cercano idee regalo per compleanni importanti, anniversari, lauree e così via. Il mondo deve evidentemente pensare che se fino ai 29, per dire, era lecito un mazzo di fiori, per i trenta non ce la si può cavare con meno di un gioiello. Dev'essere questa la logica che ha riempito le casseforti di casa dei genitori di collanine e ciondoli all'epoca di cresime e comunioni, solo di recente ricicilati con il provvido ritorno di moda dell'oro giallo per le fedi nuziali, in cui spesso e volentieri quegli ammenicoli d'infanzia trovano fusione nuova vita. Insomma, a casa mia che “restava” c'era sempre e solo una cosa: i gioielli. Ma forse non solo a casa mia bensì nel mondo intero, se è vero come è vero che da centinaia di anni gli uomini alle fidanzate regalano solitari. La borsa di fidanzamento, per dire, sarà certo la trovata di qualche ardita, ma non possiamo sperare che diventi cultura nel giro di qualche anno. Non possiamo sperarlo, ma dobbiamo (eccolo, l'impegno sociale di una generazione) adoperarci perché lo diventi. La ficcanaso da parte sua ha fatto ben più della sua parte adoperandosi perché la madre per i sessant'anni ricevesse una bella borsa di marca. Provateci voi a convincere una decina di zie che no, non è peccato mortale comprare una borsa che costa come un gioiello perché quella borsa effettivamente è un gioiello, eccome se resterà, terrà in piedi il guardaroba. Bè che male c'è se la prenderò in prestito un giorno.

mercoledì 18 marzo 2009

L'amore tra virgolette

Riprendo radical Chi, una delle etichette cui sono più legata in questo blog, ma cui la mia incostanza mi impedisce di tenere fede. E comunque. Il numero di questa settimana ci regala Ricucci e Salvalaggio alle Maldive. E poi l'imperdibile servizio con Carlo Rossella vestito da operaio (cioè più che altro da capanna dello zio Tom, ma non si può avere tutto) e lo sgualcito Gad Lerner da dandy: indispensabile. Sorvolando sull'orrido figlio di Gigi d'Alessio che posa con squinzia supercoatta arriviamo al pezzo che contiene il virgolettato della settimana. Tale Sabina Began afferma: «Non sto con un uomo da tanto tempo, ma, se trovo quello giusto, lo sfinisco!». Ancora massimo rispetto ai titolisti di Chi. Incommensurabile come sempre la posta di Rossella. E poi (vero dulcis in fundo) l'editoriale di Signorini dedicato alle starlette stronze che hanno lasciato solo lo stilista Gai Mattiolo dopo i guai giudiziari e la geniale nota non moralista di Alfonso: «Sono i tempi moderni? No. Siamo noi uomini. Mi viene in mente il canto disperato di Violetta nella Traviata di Giuseppe Verdi. “Sola, abbandonata, in questo popoloso deserto che appellano Parigi....”. Era la fine dell'Ottocento: e anche lei, regina dei salotti, morirà in solitudine». Alla prossima!

lunedì 16 marzo 2009

Il reality sindacal-garantista

«Chi cacchio è Riccardo Sardone? Attualmente lo vedi in mutande appeso a un palo, ma a che titolo sta lì?». Comincia così con questo sms, in ritardo (per colpa di Trenitalia, mio sponsor ufficiale) ma in maniera superba, una delle più interessanti serate televisive degli ultimi anni. Velocemente si dirà che. Uno. La Fattoria porta a compimento ciò che il Grande Fratello lasciò a metà. Il reality sindacale (in tempi di crisi l'unica salvezza) scoppietta quando in studio arriva la ex hostess di Alitalia già cacciata dalla casa di Cinecittà. La poveretta fa in effetti pena e potrebbe suscitare quasi un rimorso nel pubblico che l'ha silurata in poche ore, fino a che non pratica anche lei lo sport più in voga, il tiro libero al Fabrizio (Corona, ovvio), reo di averle fatto presente che se non va nel mondo dello spettacolo è meglio che cambi lavoro, senza drammi (praticamente l'equivalente lavorativo del "He's just not that into you" di cui tanto si è detto e scritto). Come ogni ragazza intestardita lei parte in attacco, gli dà del famoso solo perché “marito di Nina Moric" (come se fosse un insulto) e lo dileggia tirando in ballo le note vicende giudiziare «su cui la giustizia si esprimerà, ma su cui intanto io posso esprimere il mio giudizio morale». Allora Paola Perego interviene ricordando a chi se lo fosse dimenticato che «noi siamo un paese garantista», il pubblico esplode fino a che il reality democratico passa la parola a Fabrizio. «L'ex marito di Nina Moric non ha niente da dire», chiude lui con gli occhi lucidi. Le cose succedono ancora e sarebbe impossibile annotarle tutte, impossibile ricostruire come si sia passati dai discorsi sulla meritocrazia all'epifania di una Lory del Santo che non si lava in capelli dall'Isola con parmigiana sulle ginocchia per fare la sopresa al fidanzato in gioco. Insomma, davvero impossibile riassumere tutto e allora un solo avvertimento. Ragazzi, attenti a insultare troppo Fabrizio, se no finisce che vince (sempre che non se ne vada prima) e poi è roba che il paese fa un passo avanti davvero. Altro che Luxuria.

venerdì 13 marzo 2009

La cura del palinsesto

Dal Giornale del Popolo del 13 marzo
Siamo grandi ed essere malati ha smesso da un pezzo di essere quel magico momento di stanziamento nel lettone dei genitori per giorni, intorno pile di libri e telecomandi, il tempo scandito dal termometro («La febbre si misura alle 4», diceva la mamma), le televendite mattutine, le puntate di McGiver, le dosi di Beautiful e le iniezioni di trasmissioni di cronaca e gossip pomeridiane. Ai quiz preserali (ora e sempre condotti da Gerry Scotti) s'arrivava estenuati e però anche rigenerati dall'infallibile terapia del palinsesto. Stare male da adulti, o presunti tali, è una seccatura perché mancano l'inconfondibile odore del Vicks Vaporub, le incursioni dei parenti nella camera del malato, le telefonate ai compagni di scuola per essere aggiornati sui compiti, le giustificazioni per i giorni di scuola persi. L'unica cosa che non tradisce è il palinsesto. Stare un giorno a casa malati oggi (ottimo titolo per un saggio) è un'esperienza fondamentale che tutti dovrebbero compiere, uno stage nel mondo del paese reale che ogni lavoratore dovrebbe fare almeno una volta al mese. Io, per dire, ho imparato che a Uomini e Donne c'è un corteggiatore belloccio che tiene sulla corda svariate signorine (sì, il copione è lo stesso di Costantino – capostipite della genia dei tronisti – svariati anni fa) e che, grazie ai bicipiti tatuati di Fabrizio Corona e ai caftani di Marina Ripa di Meana, La Fattoria si preannuncia come la trasmisione più degna di attenzione dei prossimi mesi. È stato lì, nella più lunga manciata di ore consecutive passate a casa negli ultimi sei mesi, che ho deciso che dovrei darmi malata una volta al mese. Che poi tanto finisce che quando torni in ufficio c'è sempre un collega che ha sognato che ti licenziavi.

venerdì 6 marzo 2009

Messaggi di penitenza

Dal Giornale del Popolo del 6 marzo
Dolci, parolacce, insofferenze, rosicchiamento di unghie, negli ultimi tempi persino gli acquisti. Ogni anno i vizi da cui astenersi in tempo di Quaresima aumentano. In maniera direttamente proporzionale alla quantità dei propositi disattesi con cui si arriva alla vigilia di Pasqua. Cattolicamente ho sempre pensato che andasse bene così, che è meglio disattendere dei grandi propositi che fabbricarsene di piccoletti per essere sicuri di non uscire dal recinto, perché un proposito non è tale se non è inarrivabile. Quindi anche quest'anno sono partita in grande: meno dolci, più palestra, fino al titanico meno shopping possibile. Quanto titanico l'ho capito domenica pomeriggio da Accessorize, lasciando un pezzo di cuore su una indispensabile pochette con bandiera inglese invero pure alquanto economica (perché il diavolo, si sa, è un signor tentatore). Certo, dieci minuti dopo ho comprato il computer, ma che c'entra. Tutto andava incoerentemente bene come al solito. Fino a quel maledetto articolo di Repubblica che proponeva una versione sociale della penitenza cristiana. E quindi non basta che ti flagelli per te medesimo, ma devi pure pensare alla società: bere acqua del rubinetto (ma quello io lo facevo già perché le sorelle ecofriendly il buon Dio mica le distribuisce a caso), scegliere mezzi di trasporto meno inquinanti e addirittura limitare televisione e sms. Ebbene sì, l'ultima trovata è il venerdì senza sms. Cioè capite? Il venerdì voi vi leggete la ficcanaso e non potete neppure dire a tutti i vostri amici quanto è fondamentale la rubrica del giorno.

mercoledì 4 marzo 2009

Lasciarsi oggi_corollario

Chantal Sciuto è tutte noi, noi che vorremmo un mezzo di comunicazione di massa per dire che lui è stronzo e se n'è andato senza un motivo. Chantal Sciuto è la vendicatrice dermatologa che la nostra generazione aspettava. Perché non siamo mica nell'Ottocento e le nostre madri i reggipetti li hanno bruciati perché noi i nostri dolori li potessimo piangere sui giornali, mica in una camera piena dei peluche dell'infanzia. Non so voi, ma io ho trovato la mia dermatologa di riferimento.