lunedì 17 settembre 2007

La pioggia

Trovato, se non vaccino, di sicuro un antidoto temporaneo per la metereopatia che mi affligge da sempre. La pioggia, di Gigliola Cinquetti. Avvertenze; potrebbero guardarvi come dei pazzi se su un tram grigio e irascibile di Milano, in un giorno di pioggia, ve la canticchiate e ridete guardando il traffico impazzito. "Butta via l'ombrello amor, che non serve piùùùùù"

Non ci sono più i cascamorti di una volta

dal GdP del 14 settembre 2007

Hanno iniziato parlando di tasse. E poi era chiaro che non si poteva che finire sul malgoverno, la vita troppo cara, le dodicenni che si vestono come trentacinquenni e noi a quell'età giocavamo ancora a indiani e cowboy e mangiavamo pane e prosciutto invece di quelle terribili merendine, che poi si sa che i bambini vengono su grassi come porcelli e poi hanno già il cellulare a otto anni e mio dio, che tempi. Dai un'occhiata e vedi che di fronte non hai i vegliardi che per anni hai guardato sprezzante, ma i tuoi coetanei. Cioè, mentre tu eri lì a gongolarti del fatto che il meccanico proprio quella mattina ti avesse chiesto "vai a scuola qua vicino?", loro non trovavano di meglio da fare che crescere. Una volta parlavano di ragazze e videogiochi, oggi di tasse. Tu, invece, parli sempre delle stesse cose, certo con maggiore esperienza, dato che in dieci anni ti sei fatta una cultura sulla piastra e i colpi di sole e hai elaborato una teoria sulla necessità quindicinale della manicure per risollevare il corpo e lo spirito. Sta di fatto che mentre ti aggrappavi salda alla roccia delle tue certezze il mondo evolveva. Ovvero peggiorava. Giacchè il bello e il giusto stanno sempre negli anni addietro, perché si stava meglio quando si stava peggio e tutte quelle cose lì. E voi direte che le mie affermazioni sono contraddittorie, che non posso dire si al progresso solo in relazione alle tecniche per fare la manicure. Che il pacchetto "evoluzione" va comprato per intero, che le cose, per ciò stesso che cambiano, possono migliorare e peggiorare. Sì, certo. Giusto.. Ma si vede che non siete state abbordate al semaforo da uno zarro di periferia con un "uè, cosciona". E non avete passato tutta la sera a pensare che eravate persino vestite di nero, e il nero smagrisce. E che una volta i maschi usavano offrire da bere a una ragazza, mica apostrofarla come fosse un prodotto di macelleria.

venerdì 7 settembre 2007

Mischia da Tiffany

dal GdP del 7 settembre 2007

Se sei il tipo che al ristorante, per stare leggera, ordina costata di maiale e patatine fritte, un attacco di gastrite ti rinchiude in casa. Giacché andare fuori a cena per «brucare erbacce» sarà pure figo ma esci con una fame da lupi e il portafoglio vuoto. Ti metti in casa, sostituisci la batteria di birre in frigorifero con vagonate di succo di frutta e cogli l'occasione per aggiornamenti culturali doverosi. E così nel giro di poche serate la ficcanaso si è guardata Colazione da Tiffany (e non vede l'ora di ricominciare a bere alcolici per dire al primo che capita: “Don't take me home until I'm drunk. Very drunk, indeed”) e la commedia romantica migliore degli ultimi anni, Notting Hill; ma anche le ultime puntate di Grey's Anatomy, qualche telegiornale (ma solo negli ultimi cinque minuti in cui ci sono gli argomenti che interessano la gente vera) e diversi siti internet. Ho così scoperto che iniziano questa sera i mondiali di rugby. Non serve intelligenza sportiva, ma piuttosto una buona capacità di individuare le tendenze, per affermare che sarà uno sport che ci conquisterà. La cosa immensamente bella per noi ragazze è che pure la maggior parte dei ragazzi, in questo sport, non capisce un acca delle regole. La figura che facciamo noi tutte le volte chiedendo delucidazioni sul fuorigioco durante le partite di calcio, la faranno loro nei pub gremiti di spettatori, rivolgendosi ai pochi avventori esperti di palla ovale. Così saremo tutti insieme a far finta di cercare di capire le regole, loro per vedere gene che si picchia; noi per vedere dei begli omaccioni maschi che si azzuffano, come non se ne vedono da troppo, troppo tempo.