sabato 25 luglio 2009

Sapore di wireless

Dal Giornale del Popolo del 24 luglio
Sei una ragazza moderna. Niente più borsa di paglia comprata a Taormina anni addietro, adesso che non ti metti in costume se non ad almeno un'ora di fuso orario da casa, hai dato il via a una borsa mare in tela pieghevole, pratica e impermeabile all'interno. Da vera globetrotter, poi, non ti abbassi al telo di spugna che ha avvolto l'infanzia, ma pretendi un telo altamente tecnologico e quando realizzi che non asciuga affatto ti consoli pensando allo spazio guadagnato in valigia per i souvenir (unico residuato di quando eri una turista e non una viaggiatrice). E se l'eleganza non è ingombrante l'indipendenza non va mai in vacanza. Per questo il primo comandamento della ragazza moderna al mare è che le vacanze separate sono un obbligo. Tu con i tuoi amici, lui con i suoi. Non si vede perché coppie che non si vedono tutto l'anno, impegnate nei rispettivi lavori si presume appaganti, debbano iniziare a gennaio a cercare di incrociare le agende per l'ultimo scampolo di luglio. Poi tanto se lui fosse qui tu non faresti che rincorrerlo con la protezione trenta, perché in quanto donna (moderna o no) è scritto nei tuoi geni che tu sia destinata a rincorrere con la crema solare qualcuno, sia esso un bambino indemoniato, un fidanzato riottoso o un amico che non ha ancora scoperto il peccato mortale della crema mancata. Sei talmente indipendente che nemmeno del mondo ti interessa più niente, tu hai i tuoi libri, la tua manicure intonata a tutte le possibili combinazioni costume-pareo-infradito (un piano alla Rommel, studiato per tutto l'inverno), il sole che ti schiarisce i capelli, la brezza in faccia e l'Oceano davanti a te. Non hai bisogno di niente e che Berlusconi non era santo lo sapevi anche prima di questa settimana. Non hai bisogno di niente e di nessuno. Neppure di far sapere che hai passato una mattina intera a cercare la wireless a bordo piscina.

venerdì 17 luglio 2009

Tecnologia e sentimento

Dal Giornale del Popolo del 17 luglio
Mio padre e mia madre si sono conosciuti in una balera. O forse in una festa di paese. Non sappiamo quando sia scoccato il colpo di fulmine. Lei sostiene che l'aveva già addocchiato («e come facevi a non vederlo, con quei capelli rosso fuoco?») un anno prima. Lui dice che no, non è vero «e lo sai benissimo che tua madre non si ricorda niente, la memoria storica qui sono io». La verità non la sapremo mai perché ancora litigano. Mia nonna dice che mio nonno non era affatto bello e a chiederle allora perché l'abbia sposato s'ottiene un'alzata di spalle, come a giustificare un gesto incosciente ma tutto sommato azzeccato. Noi ai nostri figli diremo commosse che vedi, tesoro, quando il babbo ha scritto il primo sms alla mamma lei non ha risposto per due lunghi giorni, perché aveva letto che rispondere dopo pochi minuti è pedanteria, non farlo è maleducazione, due giorni il tempo giusto per farsi desiderare. Certo che poi lui l'ha capito quando la mamma era cotta a puntino. Sì quella volta che s'è fatta sfuggire uno smile in una mail e pure quei puntini di sospensione, che buttati lì a profusione erano più ammiccanti di un battito di ciglia. Che la storia poteva avere un futuro lei l'ha capito quando lui ha cambiato lo status su Facebook, perché lui era sempre stato single su facebook. O meglio: non aveva mai ritenuto opportuno fornire alcuna indicazione sullo stato dei suoi sentimenti finché lei non gli ha portato in dote un sorriso e soprattutto un'improvvisa loquacità virtuale. La canzone d'amore era un'intera playlist, perché sai se io metto Guccini non si vede perché lui non debba mettere quel cantautore pallosissimo che ancora ci fa ascoltare nei viaggi in macchina per le vacanze. Sì mamma ma quand'è che avete deciso di sposarvi? Quando lui mi ha regalato il cellulare di fidanzamento, bambina.

venerdì 10 luglio 2009

First groupie

Turiste incantate dalla città, americane conquistate dai bucatini, ragazzine impazzite per il gelato. Sarah Brown, Michelle Obama e allegra compagnia differiscono dai due turisti giapponesi menati per il naso pochi giorni fa a Roma solo per l'entità dell'inganno. Ai malcapitati un conto da 695 euro per un pasto frugale, alle firts ladies un concentrato dei più frusti luoghi comuni della capitale e dell'italianità. C'è qualcosa di stucchevole in questa parata di star di cui guardiamo ossessivamente le foto manco fossero veline qualsiasi. Se l'ambiente è democraticamente adatto la riflessione viene spontanea, soprattutto dopo l'altra sera al concerto degli U2, perché mentre Bono ci catechizzava sulla rivolta birmana e sulle responsabilità di Berlusconi rispetto ai poveri del mondo («niente commenti sulla sua vita personale, vi dirò che canta pure bene», ha detto mentre San Siro traboccava di fischi) ho capito che non c'è più
niente di irresponsabilmente divertente. Altro che concerti in cui si ballava come indemoniati e si sgomita maliziosamente contro il fascinoso vicino di ascella. Anche lì bisogna riflettere e pensare, fischiare Berlusconi (invero forse l'atto più istintivo della serata) perché il cervello non va in vacanza. È con questa logica, capite, che non possiamo che ribellarci a questa parata di first ladies che trotterellano per Roma a farsi le foto davanti al Colosseo mentre di là gli uomini prendono le decisioni importanti, sorridenti di una libera uscita simile a quella del bambino che può alzarsi da tavola quando i grandi cominciano i discorsi da grandi. Insomma è intollerabile, quantomeno occorre registrare un fastidio. E io, Bono te lo giuro, ci ho provato a essere coerente oggi con quello che tu mi avevi insegnato ieri. Sono caduta all'ultimo ostacolo. Quando ho capito che per essere una groupie responsabile avrei dovuto esaltarmi per il tailleur di Angela Merkel e non per il tubino giallo limone di Michelle.

venerdì 3 luglio 2009

Summer spleen

Dal Giornale del Popolo del 3 luglio
Un giorno intero senza internet né telefoni, con l'ufficio completamente isolato e una batteria di affetti troppo lontani dal luogo di residenza può costringerti persino a dire, a bassissima voce,
di avere del tempo libero. Roba che brutta gente moderna e nevrotica come noi non sa come utilizzare se lo stipendio non è ancora arrivato, i saldi sono dietro l'angolo e il conto è stato prosciugato da bollette già scadute e prestiti improvvidi. Detto in altre parole: mi sono trovata con due ore libere e faceva troppo caldo per andare in palestra, troppo dispendiosi sia lo shopping che la manicure, troppo faticoso anche solo pensare di andare a fare visita a qualche amica provvista di famiglia. Leggere? I neuroni erano troppo impegnati a risolvere problemi inesistenti e crearne di nuovi anche solo per sfogliare una rivista. L'ultimo libro sciacquacervello l'avevo già finito (divorato, certo) e così con il commissario Montalbano ho messo nello scaffale anche la forza di sfogliare delle pagine. Credo si chiami spleen di inizio estate, inizia con un piccolo fastidio che diventa voragine quando al supermercato le signore bene si lamentano
di aver un sacco di cose da fare «perché, sa, poi partiamo». Eh già partono, loro. Noi restiamo qui con i loro mariti che le raggiungeranno nel weekend, trovandole in caftano bianco su qualche
spiaggia mentre i bambini disturbano i vicini di ombrellone. Le signore in partenza hanno un sacco di cose da fare e riusciranno a farle tutte, noi ne abbiamo tre in croce (lavatrici, qualche vestito da stirare, lavastoviglie da svuotare, maglioni da riporre) e non ne faremo nemmeno una. Senza il pressing delle scadenze non riusciamo a fare un bel niente ed è così dai tempi delle elementari. Con questa logica ad agosto avremo ancora maglioni di lana da lavare. Ma siamo tranquille. Il giorno che saremo costrette a farlo dalle foglie che cadono dagli alberi, il mondo starà ancora discutendo di com'è morto Michael Jackson.