lunedì 17 dicembre 2007

A pugni in faccia

Tutti a dire che è finita male, mentre è finita nel migliore dei modi. A schiaffoni e insulti e grida e stoviglie tirate addosso. Vabbè niente stoviglie, ma giusto perché erano in vasca. Laure Manaudou e Luca Marin sono i due giovani belli come il sole e sodi e muscolosi come noi non siamo neppure nei più spinti sogni di fitness (nonostante quegli addominali mattina e sera ai piedi del letto). Lei francese, lui italiano. Si amavano tra una gara di nuoto e l'altra non risparmiando baci ed effusioni di fronte alle telecamere. Sono le loro effusioni ad aver affrancato per un attimo il nuoto dalla zona grigia degli “sport minori”. Adesso loro due si sono lasciati, lui trova alquanto percorribile (sempre secondo il gossip da vasca) una diciannovenne italiana (sempre nuotatrice, eh, perché uno abituato a quei bicipiti non torna mica indietro), tale Federica Pellegrini. Anche lei pare tornata alla patria e sembra si spupazzi un francese. Solo che si sono incontrati in vasca e lei gli ha tirato dietro l'anello. Il pegno d'amore che si trasforma in arma colpisce un altro nuotatore (il pesarese Filippo Magnini), mentre Marin esce dalla vasca e va a insultare la tatuata ex. È finita nel migliore dei modi. Niente esercizi di comprensione della stronzaggine dell'altro, niente silenzi carichi di dolore e sentimento, niente discorsi con tanta profondità e tanti congiuntivi degni del più triste cinema italiano, niente scambi di opinioni dannatamente ragionevoli e urbani. Solo un'ondata di rabbia. Cieca, assurda, stronza. E liberatrice.

Carla e Nicolas. Uno schiaffo alla miseria.

Ma c'è giustizia a questo mondo?!
Ci hanno sempre insegnato che non si può avere tutto dalla vita che, ok non sarai una top model ma hai un briciolo di intelligenza da spendere. Non sarai intelligente ma ti configuri come mediamente carina. E via dicendo, con teorie più o meno "compensative".
Allora perché 'sta cavolo di Carla Bruni ce le ha tutte? È bella, sa cantare, parlare e adesso si spupazza pure il nostro oggetto del desiderio francese. E vorrei precisare che NON SONO una coppia zsa zsa zsou. Ovviamente è l'invidia a dettare questo giudizio. Ma insomma, suvvia. Questo è uno schiaffo alla miseria.

venerdì 14 dicembre 2007

Darla o non darla. Alitalia


Io spero che questa immagine si veda perché è imperdibile. Si parla di Alitalia e Repubblica intervista Passera. Titolo:
Passera contro Air France: "Darla a loro sarebbe buttarla via".
Fantasticooo!

Non cambiate canale

Per capire l'antefatto della ficcanasata di oggi bisogna capire cosa è successo nella politica svizzera negli ultimi tre giorni. Cosa che si può fare visitando il blog di un esimio giornalista con targa svizzera. Tutto il resto, è soap.

Dal Giornale del Popolo del 14 dicembre
Il primo problema è logistico-giornalistico. Provate voi a farci stare Widmer-Schlumpf in un titolo di giornale. Il soggetto occupa il posto di qualunque predicato. Con Blocher soggetto c'era posto per fior di predicati e pure di aggettivi. E in effetti forse il problema era proprio questo. Troppi verbi, indisciplinati, forti, irritanti e tutto quello che volete. Se avessi opinioni politiche e capissi il significato della parola perequazione (oddio, l'orticaria lo sapevo mi succede tutte le volte) non scriverei qua in fondo ma davanti, certo. Sotto al titolo, di fianco alle vignette del Boneff. Però, ecco, se fossi a scuola e mi dessero il classico tema "Cosa è successo negli ultimi due giorni" procederei con la stessa sicurezza con cui raccontavo i weekend dalla nonna alle elementari. Perché alla fine, se uno è cresciuto con Beautiful, è tutto molto più semplice. La famiglia Forrester, come la nostra amata politica, viveva in tranquillità (più o meno) a Los Angeles fino a che non è arrivata una bionda ragazza della vallata di nome Brooke. Una outsider, non la voleva nessuno, men che meno la matriarca Stephanie che, pur essendo vipera, ci vede giusto da subito: infatti l'avvenente Brooke le seduce in un batter d'occhio il figlio primogenito (Ridge, volubile e desiderato come solo un corpo elettorale potrebbe essere) e pian piano anche il marito (Eric, il capofamiglia scontato e apparentemente inutile come solo la concordanza potrebbe essere). Ora, io in politica arrivo a stento alla divisione dei poteri di Montesquieu, però vi dico, telecomando alla mano che Beautiful va avanti da venti (e dico venti anni). E Brooke è più bionda e agguerrita del primo giorno.

giovedì 13 dicembre 2007

Santa Lucia

Santa Lucia, per tutti quelli che hanno gli occhi
e gli occhi e un cuore che non basta agli occhi
e per la tranquillità di chi va per mare
e per ogni lacrima sul tuo vestito,
per chi non ha capito.


Un pezzetto di questa bella canzone che m'accompagna ché oggi, coincidenza, è Santa Lucia. Il giorno più corto che ci sia e forse un bene.
Ma la verità è che vorrei segnalare la scoperta di Flower (si fa per dire, è noto per rubare battute e segnalazioni agli altri...), che ci dice cosa dice Bill Murray a Scarlett nel finale di Lost in translation. Me lo sono guardato e ho pensato che potevo anche non saperlo. Sarà la solita afasia sentimentale, ma in fondo importa il come? Dicevano i mr. Brace in quella canzone profetica che conobbi un secolo fa in un viaggio con Bart: "finisce bene finisce male restiamo per intanto che finisce". Appunto.

lunedì 10 dicembre 2007

Sozzani alle Invasioni barbariche

Una settimana dopo il massacro di Report, Carla Sozzani accetta l'intervista di Daria Bignardi alle Invasioni Barbariche. Si procede, come di consueto da queste parti, a colpi di domande moralizzatrici, sicché ci tocca vedere lo scambio di sguardi tra l'intervistatrice e l'intervistata, mentre basterebbe un'inquadratura delle scarpe della Sozzani (e magari il mocassino della Gabanelli sullo schermo in studio) per sapere quel che è necessario sapere e chiudere la trasmissione. Comunque. I meglio trenta secondi dell'intervista vanno in scena quando la Bignà domanda come faccia la signora della moda a restare così magra e perché sia lei che Anna Wintour pesino meno dei vestiti griffati che indossano. Sozzani sorride sempre altera e perfida e dice che “loro non hanno tempo di mangiare”, poi paga l'obolo alla cantilena contro l'anoressia (“Ma no, non è vero che sono tutte magre le modelle”), finché, quando la Bignà le chiede coome faccia a rinunciare a tagliatelle e tiramisù, lei non si dà nemmeno la pena di cercare di essere credibile e fa: «Ma no, mangio tutto». Un attimo di pausa. Sorride si vede che pensa a noialtre flaccide spalmate sul divano con un bidone di gelato davanti e fa, «Bè a dire il vero il tiramisù credo di non averlo mai mangiato in vita mia».

venerdì 7 dicembre 2007

Vivienne al museo

dal Giornale del Popolo del 7 dicembre

È un artista. Lo si dice per nobilitare qualunque tipo di attività o giustificare qualunque tipo di obrobrio. Dici "è un artista" e metti automaticamente una distanza tra te e l'oggetto, che poi quella distanza si riempia di sdegno o ammirazione importa fino a un certo punto. È un po' come quando ti dicono "sei la mia donna ideale, ti voglio troppo bene per mettermi con te". La madre dei potenzialmente innamorati è sempre incinta e i suoi figli restano sempre lì a discutere sui tempi di un verbo che andrebbe declinato sempre e solo al presente ("ti ho amato" è una bugia) e sulle gradazioni di un sentimento che in realtà o è assoluto o non è ("amo più lei che te o un po' te e un po' lei" son robe buone per le chiacchiere). Quindi quando sono andata a vedere la mostra dedicata a Vivienne Westwood a Milano (Palazzo Reale), ho provato un disagio strano. I musei di questa regina della moda inglese sono sempre stati i suoi negozi, giungle di vestiti assurdi e geniali e commessi improbabili. E invece con l'ascesa di "Queen Vivienne" nell'Olimpo dell'arte ci ritroviamo a guardare i suoi abiti dietro teche di vetro senza avvicinare le manacce perché un addetto alla sicurezza ci guarda a vista. E insomma, mi rendo conto che questo ragionamento, se così si può chiamare, mi porta a conclusioni insostenibili. Tipo che la moda, come l'amore, non può che vivere addosso e ci sono gli eterni ritorni dei capi che credevi ormai buoni per la soffitta e le novità di tendenza che durano il tempo di una stagione e quelli indispensabili e quelli che se cerchi la qualità devi mettere in conto sentimenti dispendiosi e quelli che non ti donano e quelli che non puoi permetterti. Ma la verità è che ho adocchiato, dietro una teca di vetro, un corsetto che sembra nato per me. E non c'è carta di credito che tenga.

giovedì 6 dicembre 2007

Ornella Vanoni, Averti addosso

Al decimo ascolto a ripetizione ho deciso di pubblicare questo capolavoro sul blog. Semplicemente disarmante.

venerdì 30 novembre 2007

Scene da un matrimonio

Dal Giornale del Popolo del 30 novembre

Scegliere il regalo dalla lista nozze, presentarsi in orario alla cerimonia, azzeccare la strada giusta per il ristorante, scherzare con gli altri invitati avvolte in un vestito elegante, restare fino alla torta, salutare gli sposi, andarsene a casa scalze e con i capelli sfatti. Una pensa che sia tutto qui (e fosse poco) il rituale sacro-profano dei matrimoni degli amici migliori. Fino a che i piccioncini non tornano dal viaggio di nozze e abbronzati in pieno inverno ti piazzano sul loro divano a sedici posti davanti a uno schermo piatto grande come il tuo bilocale e lo spettacolo comincia. Venghino signori, venghino c'è il filmino del matrimonio. E sì quelli che si schermiscono ("Ma che faccia da scemi") sono gli stessi che mesi prima "no, noi le foto in posa e i filmini mai". E ma poi cosa vuoi, i parenti che insistono, la voglia di lasciare ai posteri qualcosa di sé. E così si ingaggia il fotografo, con la raccomandazione: "Che sia una cosa sobria". Eppure non c'è raccomandazione di sobrietà che ti salvi dalle musiche strappalacrime, le immagini in dissolvenza, i baci finti su improbabili scenari da favola. E così ti intenerisci pure. Fino a che nel filmino non compari anche tu, e la pellicola rivela che quel giorno in cui ti sembrava di essere così impeccabile altro non eri che un ballonzolante budino su tacchi vertiginosi. "Essì, la tv ingrassa". Vero. Ci sarà un motivo se le letterine pesano trenta chili. Mentre scatta, puntuale e deciso come un riflesso, il proposito della dieta pensi che in pochi possono eguagliare il colpo di genio di quello sposo di trent'anni fa. "Tranquilla, tesoro, il filmino lo fa il mio amico Gianni che ha la cinepresa e così risparmiamo". Gianni quel giorno si distraè parecchio e il filmino risultò tutto nero. Niente ricordi ai posteri, niente inviti per la dieta per le invitate sovrappeso. Solo mio padre è un genio

venerdì 23 novembre 2007

«Play it, Sam. Play 'As Time Goes By»

Dal Giornale del popolo del 23 novembre 2007

A un mucchio di piedi da terra, isolata dagli auricolari, schiacciata contro un finestrino che dà sull'ala dell'aereo, seduta a fianco a due sconosciuti così da essere scoraggiata ad alzarsi. È così che bisognerebbe vederlo Casablanca. Il divano di casa e persino le poltroncine di un cinema concedono troppa libertà. E invece bisogna stare lì, costretti con lo sguardo sullo schermo a cristalli liquidi incastonato nel sedile del passeggero di fronte. Perché se uno è libero di alzarsi, di svagarsi e prendere aria pensa che sia un film giusto. Non per nulla la maggior parte della gente lo adora come il film dell'amore vero. Quello nobile, forte e spaccacuore. Quello dell'amore che rinuncia a se stesso per il bene dell'amato. L'amore che ci hanno insegnato ad ammirare con le lacrime agli occhi. Niente a che vedere con la mantide Calipso che voleva trattenere Odisseo sull'Isola di Ogigia. Cattiva ed egoista rispetto alla nobile, tenace e paziente Penelope che il suo Odisseo lasciò andare per mare. Mantide anche Didone, che cerò inutilmente di frapporsi tra Enea e il suo destino, cercando di convincerlo a non partire per Roma. Ci hanno insegnato che è molto più poetico e nobile e dignitoso per quanto straziante fare come le mogli degli eroi. Fare come Humphrey Bogart e accompagnare Ingrid Bergman al suo destino. Il fatto è che una volta a terra il fascino del bianco e nero svanisce e si torna al colore di un mondo pieno di Calipso di professione pronte a sgomitare col coltello fra i denti per ottenere quel che vogliono. E poi lì ricordarsi del contegno delle mogli degli eroi è ben difficile.

giovedì 22 novembre 2007

The queen of wax

M. vive nel nord Europa da un paio di mesi. Come ogni ragazza all'estero a un certo punto sente l'esigenza della ceretta. In tempi di voli low cost non è così scontato, ma la nostra - temeraria - decide di fidarsi degli indigeni. Da brava provinciale all'estero non si scandalizza quando un uomo le risponde al telefono. Di questi tempi di segretari sono pieni pure i centri estetici. Scoprirà solo una volta spalmata sul lettino della vergogna che il segretario non era il segretario bensì estetista professionale. Mezze nude in un centro estetico all'estero, con l'inglese nelle parole e la disperazione sul volto, nessuna di noi avrebbe spazio per la forza di volontà. E infatti lei rimane lì, inchiodata a un'incomprensibile evoluzione dei tempi trova persino il tempo, in un impeto diplomatico, per la filosofia più sessista dell'universo mondo. «Ti dirò che alla fine credo che gli uomini siano più affidabili in certi tipi di lavori (tipo chirurghi, parrucchieri ecc)». «E poi io sono anche gay», cinguetta lui rassicurante. Una precisazione che libera il campo da sguardi lascivi e marpioni, ma non certo dalla perfidia. Passa un quarto d'ora («e io pagavo due ero al minuto», racconterà poi la sopravvissuta) di pettegolezzi e cattiverie sulle donne e disquisizioni sulla superiorità del depilatore gay rispetto all'estetista tradizionale. Lui garantisce risultati sorprendenti e promette di fare di lei un'adepta di "The queen of wax". Lo chiamano così. "I couldn't help but wonder" (direbbe Carrie Bradshaw se Sex and the city si fosse gloriosamente fermato alla terza serie): è questa la nuova frontiera? Dopo commessi, estetisti e parrucchieri i gay diventeranno i nostri diabolici e sapienti Virgilio anche nei tortuosi meandri della cura del corpo?

martedì 20 novembre 2007

Il buon gusto del tempo

Dal Giornale del Popolo del 16 novembre 2007

Arriviamo in ritardo. Ne hanno già parlato tutti quello che contano. D'altronde noi siamo arrivate in ritardo anche una settimana fa, quando H&M ha lanciato la collezione esclusiva di Roberto Cavalli. Sms arrivato poco dopo mezzogiorno del giorno del misfatto da una delle amiche del circolo dei discorsi seri: “Stamattina non ho avuto voglia di essere in prima linea da H&M e ora è ovunque sold out. E no, proprio non abbiamo più vent'anni”. Il giorno dopo il lancio i giornali erano pieni di foto dalla trincea: sciure bene e adolescenti in gran spolvero con la paghetta fresca di saccoccia. Tutte pronte a capelsatare orde di commessi per mettere le mani su quegl straccetti leopardati. Sì perché, Cavalli non ci poteva deludere, anche nella collezione low cost ha deciso di proporci capi discreti e da gran signore. Mi ci è voluta una settimana per elaborare il fatto che non sono riuscita a prendermi neppure un vestito. Non perché mi piacessero, ma certe cose bisogna turarsi il naso e farle lo stesso. Non si può restare indietro. Certo, mentre penso a quel che mi sono persa la mente va alla prima collezione di un grande stilista per la catena di abbigliamento svedese. Era Karl Lagerfeld e io ancora mi mangiavo le unghie e non avevo la frangetta. Ero giovane e inesperta, ma allora, per la fortuna dei principianti, ovviamente, mi assicurai capi di pregio firmati da Kaiser Karl che ancor oggi non m'abbandonano. Poi è stata la volta, non ricordo più in quest'ordine, di Stella McCartney, Viktor & Rolf e altri ancora. Ora la mia collezione si sfalda, per colpa dell'età e della pigrizia. O forse è solo un destino buono e previdente, quello che man mano che invecchiamo ci impedisce di spalmarci addosso capi maculati manco fossimo l'ultima meteorina.

lunedì 19 novembre 2007

anche se i bilanci non si fanno

Visto casablanca.
Usurato la carta di credito.
Camminato fino a non sentire più le gambe.
Imparato a usare i blocs come unità di misura delle distanze.
Bevuto caffè in metropolitana.
Amato il plain toasted bagel with cream cheese.
Fatto nails.

venerdì 9 novembre 2007

Ironic

dal Giornale del Popolo del 9 novembre 2007

Shop-aholic, viziate, capricciose, rompiscatole, ignoranti, lavative, pigre. Questo e molto altro avevamo messo in conto. Ma non la superstizione. Per dire: l'anno che Dolce e Gabbana proponeva cornetti rossi da appendersi al collo noi abbiamo girato i tacchi sdegnate. Perché la superstizione è così cheap. Quella ostentata, beninteso. Perché invece l'oroscopo bisogna leggerlo sempre. O meglio: leggerlo alle amiche, per riderci sopra. Ci vuole lo stesso animo con cui si guardano reality show e i talk show di Maria de Filippi: l'animo di una che si scandalizza della stupidità – nell'ordine - degli autori televisivi, degli appassionati di tv spazzatura (perché noi, si sa, siamo solo osservatrici scandalizzate). Analogamente l'oroscopo va letto solo per riderci sopra. Sì, si rideva a crepapelle nelle riunioni di noi eterne adolescenti della quantità di "ottimi periodi per le single" che ci vedevamo sempre e desolantemente sole. Si rideva della settimana critica per le finanze in cui per la prima volta non arrivava l'estratto conto in rosso della carta di credito. Poi capita che la post adolescente di turno si ritrovi al polso un braccialetto della fortuna brasiliano, di quelli che i venditori ambulanti in giro per le città regalano per poi estorcere una moneta. Devi esprimere un desiderio, dicono. E quando il braccialetto si romperà il desiderio si avvererà. È notorio che non si conosca persona umana a cui quel braccialetto più resistente del ferro si sia rotto spontaneamente. Prima o poi tutti finiscono per tagliarlo, anche perché dopo un po' diventa orrendo e davvero poco carino con i vestiti eleganti. La mia amica ha resistito sei mesi. Testarda e metodica. Si romperà, diceva sempre. Un giorno quel braccialetto le si è sfilato spontaneamente. Il giorno in cui il tizio di cui leggeva sempre diligentemente l'oroscopo le ha spezzato il cuore.

mercoledì 7 novembre 2007

Vivienne c'è


Milano dedica una retrospettiva a Vivienne Westwood, si sa. Il che fa male, perché retrospettiva sa di istituzionalità, coccodrillo e celebrazione postuma (ne sa qualcosa il fu Enzo Biagi, poveretto). Quindi non dovrei andare a vederla, ma lo farò. L'unica stilista in grado di farmi indossare un tailleur se lo merita eccome. Chapeau.

martedì 6 novembre 2007

lunedì 5 novembre 2007

Della serie a volte ritornano: la vestaglia

Dal Giornale del popolo del 2 novembre

È sempre un'ottima occasione per sfoggiare i pigiami e, soprattutto, quel capo così in disuso al giorno d'oggi nei nostri appartamenti iper riscaldati e pieni di tech e wengé e parquet che è la vestaglia. Io per esempio ho amaramente rimpianto di non aver investito una piccola fortuna nella vestaglia di seta di Dior trovata per caso alla Rinascente qualche mese fa. L'ho presa in mano, ho sentito la stoffa, ho guardato il cartellino, sono sbiancata con la solita nonchalanche e ho fatto l'imperdonabile errore di pensare e di concludere che giusto un Gorge Clooney tra le mura domestiche poteva valere quei duecento euro di seta strusciante, sexissima e, ovviamente, freddissima. Ben mi sta, pensavo qualche giorno fa in ospedale, maledicendo l'improvvisa sindrome risparmiatrice di qualche mese prima avvolta in una terribile vestaglia di pile color puffo recuperata da un'epoca in cui c'erano ancora le felpe della Best Company. Perché stare in ospedale, oltre a farti apprezzare le cose davvero importanti della vita, dalla parrucchiera alla manicure, ti precipita in uno spazio di forzato deshabillé francamente difficilissimo da gestire. Perché con la mia borsa di Prada sotto il braccio non ho paura di niente, ma vi assicuro che avvolte in una vestaglia azzurra (anche se sotto c'è un pigiama di seta di ottima fattura), ci vuol del coraggio a camminare a testa alta. Si rischia di doversi mostrare interessanti per le cose che si dicono, per le letture che si fanno. È veramente, veramente poco confortevole. Quando la gente ti guarda solo pensando ai tuoi globuli rossi e alla tua febbre, quando non c'è un cavolo di artefatto consumistico acquistato di cui parlare c'è davvero solo da sperare. Da sperare che la disinvoltura con cui ti porti dietro la flebo ti guadagni l'ambito titolo di miss reparto.

venerdì 12 ottobre 2007

...

that I would be good even if I did nothing
that I would be good even if I got the thumbs down
that I would be good if I got and stayed sick
that I would be good even if I gained ten pounds

that I would be fine even if I went bankrupt
that I would be good if I lost my hair and my youth
that I would be great if I was no longer queen
that I would be grand if I was not all knowing

that I would be loved even when I numb myself
that I would be good even when I am overwhelmed
that I would be loved even when I was fuming
that I would be good even if I was clingy

that I would be good even if I lost sanity
that I would be good
whether with or without you

L'estetica politica


Dal Giornale del popolo del 12 ottobre

Ora, loro devono averlo fatto per noi. Evidentemente chi pubblicizza i prodotti anticellulite ha fatto sapere che in giro c'è ancora un nutrito gruppo di persone (per lo più donne) che crede alla pubblicità. E allora quel manipolo di politici coraggiosi ha deciso di smutandarsi sui manifesti pubblicitari della Migros. E noi crediamo sempre alla pubblicità. Ma, c'è un ma. Cadeva infatti questi giorni il quarantesimo anniversario della morte di Che Guevara. Un gran bel rivoluzionario che ci ha portato a divorare con gli occhi magliette e bandiere nel periodo d'oro del liceo. Perché la presenza di una foto del Che (quella col sigaro in bocca ha fatto strage di cuori) era un dovere inderogabile anche quando incoscientemente assolto in una camera d'adolescente. Era quel periodo d'oro in cui le ragioni della politica sottostavano leggiadramente a quelle dell'estetica. Ebbene, qualcuno ancora crede che la bellezza di un candidato sia direttamente proporzionale alla sua validità come politico; declinazione mondana della bellezza splendore del vero di patristica memoria. O comunque: per non capirci niente meglio votare uno che in televisione fa la sua porca figura. Dunque si capisce cosa c'entri Che Guevara con i manifesti dei candidati alle elezioni federali in mutande sulla pubblicità della Migros. Perché uno può pure evitare di occuparsi di politica (suvvia, l'attivismo è così blasè. Io per i monaci birmani mi sono fatta le unghie rosse, ma oltre non si può andare). Ma non può evitare di occuparsi di pubblicità. E forse un programma politico infondato non saremmo in grado di riconoscerlo. Ma una brutta pubblicità non può sfuggirci.

giovedì 11 ottobre 2007

venerdì 5 ottobre 2007

Il bestiario dell'abbordaggio

Dal Giornale del Popolo del 5 ottobre 2007

Lo sappiamo e se n'è già parlato diffusamente da queste parti, che i cari vecchi “hai da accendere”, “bevi qualcosa?”, “ma io e te ci siamo già visti” non funzionano più. Così come tra i ragazzini non si dice più “sei uno sfigato”, ma “sei un looser”, analogamente nell'improvvida arte dell'abbordaggio cambiano le regole e cambiano le frasi topiche. Sì lo so che questo inizio da onanista sintattico vi sta facendo pensare che mi sto trasformando in Beppe Severgnini. In realtà l'intento, qua, è solo quello di realizzare un piccolo bestiario. Perché ognuna di noi pensa che la peggiore sia capitata a lei, ma poi a sentire i racconti delle amiche i posti in classifica diventano davvero difficili da assegnare. Ottimo piazzamento nella hit parade del trash lo può conquistare il piacione ultra quarantenne che si avvicina alla giovane (siamo in una discoteca e questa è indubbiamente un'aggravante), sfodera o sguardo languido e attacca: «Sai, io ho fatto la comparsa nella soap Vivere». Lui convinto, lei attonita. Un po' come il tizio del carro attrezzi. La giovane automobilista ha visto uscire fumo dal motore. È persa, smarrita come qualunque femmina di fronte a un aggeggio meccanico. L'unica soluzione è il carro attrezzi. Arriva “Salvo, il guidatore di carro attrezzi” (lei lo chiama ancora così) e mentre traina la sua macchina in panne la fa accomodare accanto a lui alla guida del camioncino, «ché si sta più comodi». E lì, in una nemesi sublime e terribile, mentre rimorchia la sua macchina, tenta di rimorchiare anche lei fino al «se hai ancora bisogno, chiamami»; con parallelo sfoderamento del biglietto da visita. Tutto bello sporco di grasso.

lunedì 17 settembre 2007

La pioggia

Trovato, se non vaccino, di sicuro un antidoto temporaneo per la metereopatia che mi affligge da sempre. La pioggia, di Gigliola Cinquetti. Avvertenze; potrebbero guardarvi come dei pazzi se su un tram grigio e irascibile di Milano, in un giorno di pioggia, ve la canticchiate e ridete guardando il traffico impazzito. "Butta via l'ombrello amor, che non serve piùùùùù"

Non ci sono più i cascamorti di una volta

dal GdP del 14 settembre 2007

Hanno iniziato parlando di tasse. E poi era chiaro che non si poteva che finire sul malgoverno, la vita troppo cara, le dodicenni che si vestono come trentacinquenni e noi a quell'età giocavamo ancora a indiani e cowboy e mangiavamo pane e prosciutto invece di quelle terribili merendine, che poi si sa che i bambini vengono su grassi come porcelli e poi hanno già il cellulare a otto anni e mio dio, che tempi. Dai un'occhiata e vedi che di fronte non hai i vegliardi che per anni hai guardato sprezzante, ma i tuoi coetanei. Cioè, mentre tu eri lì a gongolarti del fatto che il meccanico proprio quella mattina ti avesse chiesto "vai a scuola qua vicino?", loro non trovavano di meglio da fare che crescere. Una volta parlavano di ragazze e videogiochi, oggi di tasse. Tu, invece, parli sempre delle stesse cose, certo con maggiore esperienza, dato che in dieci anni ti sei fatta una cultura sulla piastra e i colpi di sole e hai elaborato una teoria sulla necessità quindicinale della manicure per risollevare il corpo e lo spirito. Sta di fatto che mentre ti aggrappavi salda alla roccia delle tue certezze il mondo evolveva. Ovvero peggiorava. Giacchè il bello e il giusto stanno sempre negli anni addietro, perché si stava meglio quando si stava peggio e tutte quelle cose lì. E voi direte che le mie affermazioni sono contraddittorie, che non posso dire si al progresso solo in relazione alle tecniche per fare la manicure. Che il pacchetto "evoluzione" va comprato per intero, che le cose, per ciò stesso che cambiano, possono migliorare e peggiorare. Sì, certo. Giusto.. Ma si vede che non siete state abbordate al semaforo da uno zarro di periferia con un "uè, cosciona". E non avete passato tutta la sera a pensare che eravate persino vestite di nero, e il nero smagrisce. E che una volta i maschi usavano offrire da bere a una ragazza, mica apostrofarla come fosse un prodotto di macelleria.

venerdì 7 settembre 2007

Mischia da Tiffany

dal GdP del 7 settembre 2007

Se sei il tipo che al ristorante, per stare leggera, ordina costata di maiale e patatine fritte, un attacco di gastrite ti rinchiude in casa. Giacché andare fuori a cena per «brucare erbacce» sarà pure figo ma esci con una fame da lupi e il portafoglio vuoto. Ti metti in casa, sostituisci la batteria di birre in frigorifero con vagonate di succo di frutta e cogli l'occasione per aggiornamenti culturali doverosi. E così nel giro di poche serate la ficcanaso si è guardata Colazione da Tiffany (e non vede l'ora di ricominciare a bere alcolici per dire al primo che capita: “Don't take me home until I'm drunk. Very drunk, indeed”) e la commedia romantica migliore degli ultimi anni, Notting Hill; ma anche le ultime puntate di Grey's Anatomy, qualche telegiornale (ma solo negli ultimi cinque minuti in cui ci sono gli argomenti che interessano la gente vera) e diversi siti internet. Ho così scoperto che iniziano questa sera i mondiali di rugby. Non serve intelligenza sportiva, ma piuttosto una buona capacità di individuare le tendenze, per affermare che sarà uno sport che ci conquisterà. La cosa immensamente bella per noi ragazze è che pure la maggior parte dei ragazzi, in questo sport, non capisce un acca delle regole. La figura che facciamo noi tutte le volte chiedendo delucidazioni sul fuorigioco durante le partite di calcio, la faranno loro nei pub gremiti di spettatori, rivolgendosi ai pochi avventori esperti di palla ovale. Così saremo tutti insieme a far finta di cercare di capire le regole, loro per vedere gene che si picchia; noi per vedere dei begli omaccioni maschi che si azzuffano, come non se ne vedono da troppo, troppo tempo.

venerdì 31 agosto 2007

Camilla, così trionfa l'impresentabilità

Dal Giornale del Popolo del 31 agosto

È che in una storia come questa anzi in questa storia (giacchè altre storie come queste non esistono) ogni frase ti colloca da un lato o dall'altro della barricata. Ogni segno di punteggiatura rischia di prestare il fianco a un endorsement, sempre e comunque avventato. Dieci anni fa moriva la principessa Diana e se dici che era una ragazza bella ed elegante finisci automaticamente nella schiera di quelli che “poverina, la principessa triste stritolata dalla rigidità del palazzo”. E finisce che ti danno dell'antimonarchica. Analogamente se scuoti la testa con disapprovazione pensando alla principessa, alla leggerezza delle storie con stallieri e guardie del corpo a quanto una testa così calda e fragile sarebbe stata inadatta a portare la corona, ti danno della fanatica della ragion di Stato sorda alle istanze del cuore. E quindi è logico che non vi sia via d'uscita. Che comunque l'affronti, questa storia ti costringe a sporcarti le mani, la coscienza, il cuore. E quella che se l'è sporcate di più le mani, checché se ne dica, è Camilla. Forse davvero l'eterna terza incomoda nel matrimonio di Carlo e Diana, come ebbe a dire la stessa principessa in un'intervista. E terza incomoda senza avere dalla sua neppure la bellezza, la popolarità, la poesia di una principessa. L'attempata signora così invisa ai sudditi di sua maestà ha fatto sapere che, nonostante l'invito di William ed Harry, non parteciperà alla funzione in memoria di Diana, «per non essere motivo di distrazione». Il tempo, affrontato con tenacia e pazienza, le ha regalato il marito che voleva; e pure la signorilità di quelle dame che sanno stare un passo indietro quando è necessario. Un baluardo, Camilla, come Brooke di Beautiful, per tutte le innamorate impossibili. Alla fine ognuna avrà – ci crediamo e aspettiamo facendoci la manicure – il suo Carlo, il suo Ridge . E la suocera che si merita.

venerdì 24 agosto 2007

dal GdP del 24 agosto 2007

Poco importa che sia bagnata a fine stagione. La sabbia resta sempre il miglior posto sotto cui nascondere teste poco avvezze alle delusioni. L'importante è negare. Negare sempre. È la regola di tutti coloro che dedicano energie e dedizione all'amore per oggetti sbagliati. Siano essi compulsivi dello shopping, amanti della moda ad oltranza, mafiosi, coniugi fedifraghi o tifosi disorientati. Perché, ad esempio, a chi segue da anni le follie di quel ricciolone biondo sulla moto, a chi ha persino imparato cosa significa "derapata" per stare al passo con lui, non bastano milioni di euro sottratti (forse) al fisco per smettere di amare. È tipico degli amori testardi, quelli "in cui soffri solamente tu" direbbe Toto Cutugno con la sua voce roca, non permettere che quella bazzecola chiamata realtà o l'invidia sorda degli altri scalfiscano un essere che l'ammirazione rende intoccabile, o una convinzione di cui proprio non si può fare a meno. Perché, ad esempio, il fatto che improvvisamente faccia un freddo terribile non significa che la nuova maglietta comprata in saldo debba essere indossata con la canottiera. Figurarsi, le città sono piene di ragazzotte con le pance nude e le gambe scoperte, noialtre più attempate non possiamo certo essere da meno. Certo, a sera ci arriveremo in preda alla costipazione, ma in volto ci sarà il sorriso fiero di chi non pensa neanche lontanamente che l'estate sta finendo.

venerdì 10 agosto 2007

Agosto (per intanto)

dal Giornale del Popolo del 10 agosto 2007

Rimettere a posto gli scaffali e farlo in agosto, nel tempo dilatato di un temporale estivo può avere effetti dirompenti. Una cascata di ricordi travolge le dighe di una memoria debitamente ripulita o semplicemente resa innocua dal tempo. Riemergono libri, fumetti, quaderni, addirittura audiocassette con dedica dei compagni di scuola. Si può guardare i ritrovati di quel paleolitico in cui l'iPod non esisteva e riflettere sul tempo che passa, oppure analizzare le influenze di amici e amori nella composizione di quegli scaffali. Perché soprattutto gli innamorati, capite, si possono restituire tutti i regali del mondo ma certe cose restano. Canzoni e libri in prima fila. "Devi assolutamente ascoltare questa canzone!"; "Se vuoi capire chi hai di fronte devi leggere questo libro", pare di risentirle le frasi buttate lì in quell'incredibile annusarsi culturale che è il conoscersi. Ora, un'amica mi ha appena chiamato allibita dopo aver trovato nella sua libreria volumi smaccatamente fascisti, manifesti di Marx e compagni, 33 giri di Tracy Chapman, cassette di heavy rock. E per ogni ritrovato c'era una faccia, una serata, un'immagine vivida e presente. E mi domando se questa è una cosa che accade solo alle femmine. E voi penserete che la ficcanaso si stia dando alla filosofia pesante (e mannaggia speriamo torni il bel tempo se no questa ci sforna la fenomenologia della graduale scomparsa della mezza stagione), ma il problema è solo ed esclusivamente morale. Perché penso agli ammiratori di Tiziano Ferro, ai fan di Jovanotti, ai cultori di Sex and the city, ai lettori di giornali di gossip, ai talebani di Beautiful e a tutti i campionari umani che potrei aver involontariamente creato lungo il mio imprudente cammino. E francamente non so se devo aspettarmi un Nobel o un mandato di cattura.

martedì 7 agosto 2007


Il resto è qui

venerdì 3 agosto 2007

Turisti e viaggiatori

dal Giornale del Popolo del 3 agosto 2007

Certo dire "ho il jet lag" fa sempre figo, mica c'è bisogno di dire che l'espressione l'hai imparata non più di un anno fa su Wikipedia e che prima ti accontentavi di un provincialissimo "c'ho ancora il fuso orario". Socialmente è una frase ottima, introduce il discorso più innocuo e divertente dell'orbe terraqueo, quello delle vacanze. Così tu che d'inverno stai muta trangugiando il tuo cocktail e invidiando con occhioni sbarrati la spigliatezza altrui, ti ritrovi regina della conversazione. Occorre mettere subito i puntini sulle "i", perché c'è il turista e c'è il viaggiatore. E tu sai benissimo di non rientrare nella prima, ma nella ben più nobile seconda categoria. Ma un conto è saperlo, un conto è dimostrarlo. «Sì abbiamo seguito quasi sempre la Lonely planet» è un ottimo inizio, ad esempio. Guida davvero ottima, la Lonely Planet ti colloca subitaneamente nel sentiero dei viaggiatori avventurosi e non allineati (è imperativo sorvolare sul fatto che la metà dei turisti che hai incontrato aveva quella guida "alternativa"). «Abbiamo affittato una macchina e visto una quantità di posti che di solito si vedono nel doppio del tempo». Perfetto, soprattutto se sei donna perché dai subito l'idea di una che se la sa cavare in qualunque situazione. «No, connazionali ne ho incontrati pochissimi». Qui si raggiungono le vette, ché il viaggiatore ama tutte le culture e le nazionalità, ma esibisce uno snobismo spiccato verso la propria, che trova sempre fatta di cafoni, malvestiti, rumorosi gruppazzi di gente. Proseguire ostentando disprezzo per i villaggi turistici, con un semplice «No, no solo alberghetti o bed and breakfast». «Bagaglio?». Sai che l'interlocutore vuole sentirti dire che avevi lo zaino, con tanti libri e zero vestiti. Rimuovere subitanemante l'immagine del trolley cingolato che ti sei portata dall'altra parte del mondo e chiudere con nonchalanche: «Scusa, sai, ho proprio bisogno di fumare».

venerdì 20 luglio 2007

Finché c'è la salute

Dal Giornale del Popolo del 20 luglio

Diavolo, ma non se ne può proprio più. A chi lo dice! L'altro giorno andavo in motorino e mi pareva di star ferma, manco a muoversi si poteva provare il sollievo di una corrente d'aria. E per non parlare delle zanzare, addestrate a pungere persino sotto i vestiti e guardi che se l'affidassimo a loro la cattura di Bin Laden saremmo a posto. L'altra sera sono andata a letto cosparsa di un intruglio comprato alla Manor che solo a starmi vicino mi sentivo intossicata e neppure quello è bastato. La mattina mi sono svegliata che si poteva giocare a "unisci i puntini" con le protuberanze rosse disseminate sul mio pallore. Pallore si, ha ragione, perché neppure il sole si può prendere, oramai. Il sole è malato, sì sì! Per la verità, sa com'è, io così bianca il sole non l'ho preso mai e un po' me ne vanto, ma il vero cruccio...lo sa qual è? L'aria condizionata. Mamma mia, a chi lo dice, questa cervicale mi fa vedere le stelle e fosse per me soffrirei il caldo, ma i colleghi in ufficio, sa com'è. Ogni giorno ti trovi davanti al dilemma: affrontare gli insulti dei vicini di scrivania e soprattutto gli effluvi di ascelle robuste controvento o coprirsi come fossimo a gennaio per poi morire d'escursione termica sull'uscio? E ma noi ci lamentiamo ci lamentiamo. Pensi quelli che non hanno casa nè al mare nè in città. E quelli che stan male. Ah già la salute. Che uno finché non la perde non si accorge mai di quanto è importante. E comunque sa cosa le dico? Si stava meglio quando si stava peggio, eggià! E poi non ci sono più le mezze stagioni e soprattutto. Soprattutto da queste parti non si trovano due neuroni in croce in grado di partorire un dialogo più complesso di questo.

mercoledì 18 luglio 2007

Ottimo numero anche questa settimana, a partire dal sublime editoriale "la bohème di Briatore".
-L'intervista di Antonella Clerici stupenda, meritava la copertina. E però io vengo attratta dalla foto di miss tagliatelle di nonna pina in costume, che per anni (da Sanremo soprattutto) ci hanno dipinto come grassottella e invece pare proprio in forma. E ancora una volta siamo qui a chiederci se sia photoshop, o la dieta, il caldo, o.
-poi il filone mamme: dalla Panicucci con l'ultimo figliolo, a Eva Herzigova. Quest'ultima soprattutto ci fa pensare che non c'è limite all'ingiustizia. Pensavamo di aver visto tutto con Ilary Blasi con appena un accenno di pancetta dopo la nascita di Chanel, e ora ci spiattellano Eva che è secca come un chiodo.
-Chicca trash di questa settimana invece il servizio fotografico di Sara Tommasi con neofidanzato (che, tra l'altro, mi pare abbia una -inquietante?- somiglianza con Rocco Siffredi). Lui con tatuaggio "panta rei" (in lettere greche), lei con costume terrificante, scarpe da cubista ed espressione cementificata. Virgolettati come sempre da capolavoro, tipo: «Adoro i suoi valori» e «lei ha un decolltè da urlo».
Alla prossima

«Lotti contro la tua superficialità, la tua faciloneria, per cercare di accostarti alla gente senza aspettative illusorie, senza carico eccessivo di pregiudizi, di speranze o di arroganza, nel modo meno simile a quello di un carro armato, senza cannoni, mitragliatrici e corazze d'acciaio spesse quindici centimetri; offri alla gente il tuo volto più bonario, camminando in punta di piedi invece di sconvolgere il terreno con i cingoli, e l'affronti con larghezza di vedute, da pari a pari, da uomo a uomo, come si diceva una volta, e tuttavia non manchi mai di capirla male. Tanto varrebbe avere il cervello di un carro armato. La capisci male prima d'incontrarla, mentre pregusti il momento in cui l'incontrerai; la capisci male mentre sei con lei; e poi vai a casa, parli con qualcun altro dell'incontro , e scopri ancora una volta di aver travisato. Poiché la stessa cosa capita, in genere, anche ai tuoi interlocutori, tutta la faccenda è, veramente, una colossale illusione priva di fondamento, una sbalorditiva commedia degli equivoci. Eppure, come dobbiamo regolarci con questa storia, questa storia così importante, la storia degli altri, che si rivela priva del significato che secondo noi dovrebbe avere e che assume invece un significato grottesco, tanto siamo male attrezzati per discernere l'intimo lavorio e gli scopi invisibili degli altri? Devono, tutti, andarsene e chiudere la porta e vivere isolati come fanno gli scrittori solitari, in una cella insonorizzata, creando i loro personaggi con le parole e poi suggerendo che questi personaggi di parole siano più vicini alla realtà delle persone vere che ogni giorno noi mutiliamo con la nostra ignoranza? Rimane il fatto che, in ogni modo, capire bene la gente non è vivere. Vivere è capirla male, capirla male e male e poi male e, dopo un attento riesame, ancora male. Ecco come sappiamo di essere vivi: sbagliando. Forse la cosa migliore sarebbe dimenticare di aver ragione o torto sulla gente e godersi semplicemente la gita. Ma se ci riuscite... Beh, siete fortunati»

(P. Roth, da Pastorale americana)
Foto: Elisa a Dunedil, Nuova Zelanda

martedì 17 luglio 2007

Il mio regno per un fondoschiena

"Se il mio fondoschiena vale più di due lauree", scrive una lettrice di Repubblica in una lettera al vetriolo sul maschilismo italico.
Leggi il pezzo. Come reagisci. (è un test)

A- Metteresti la firma su un fondoschiena che valesse anche solo tre crediti per un esame

B- Scendi dal motorino, ti guardi intorno smarrita e gridi disperata «Una laurea. Il mio fondoschiena per una laurea»

C- Pensi che eccolo, è l'argomento dell'estate da domani sarà tutto un fiorire di Concita(te) e Rodotà. E allora corri a fare le fotocopie e a fare il caffè al tuo capo. Donna.

venerdì 13 luglio 2007

Harry Potter in valigia

dal GdP del 13 luglio 2007

Alla fine è meglio così. È meglio che il film di Harry Potter lo facciano uscire d'estate, la maggior parte dei marmocchi infatti è già al mare con mamme ed eserciti di baby sitter. In città – e nella fattispecie al cinema – restano i giovincelli che hanno già iniziato a preparare le valigie. Dev'essere per questo che l'altra sera al cinema c'erano solo un paio di bambini e una miriade di semiadulti. Alcuni scorazzavano pargoli, con ogni probabilità cugini presi a prestito per avere la scusa di andare a vedere un film da ragazzini. Poi si sono spente le luci e ci siamo tutti rilassati. Tutti noi sopra i venti, dico, che eravamo finalmente liberi di esaltarci come bambini, mentre i bambini veri sgranocchianti pop corn scodellavano commenti tipo "ah, ma è diverso dal libro" mentre noi affondavamo nelle poltrone per non vedere i terribili incantesimi dei maghi cattivi. E qui si capisce che una generazione cresciuta a Goonies, Pollyanna e I Puffi e forte di un'educazione sentimentale da Barbie e Ken, ha poco spazio nel mondo moderno, dominato da mostriciattoli super intelligenti venuti su a pane e playstation. Ecco, per chi invece si è fermato al livello tre del Tetris del Game Boy, le magie di Harry Potter sono mirabolanti e fantastiche e fanno venir voglia di avere una stanza dei giochi. Vecchi luoghi per giochi nuovi. In fila ci sono dieci paia di scarpe, cinque parei, sette costumi, tre infradito, un cappello di paglia, una borsa di paglia, tre creme solari, due vestiti da sera, dieci magliette, due bermudini, cinque gonne, quattro vestiti da mare per sette giorni di mare. Dai bambini giochiamo a fare entrare tutte quelle cose lì nella valigia?!

giovedì 12 luglio 2007

mercoledì 11 luglio 2007

Le parole sono importanti


Per le parole così importanti che commuovono e innamorano. Contro l'inflazione insensata dei deittici, degli intercalare, dei puntini di sospensione a sproposito.

venerdì 6 luglio 2007

Salutatevi dal mare

dal GdP del 6 luglio 2007

“E mandami una cartolina!”. Senti una frase così e ti viene in mente una scena sbiadita di Sapore di Mare. Gianni, Selvaggia (vanto un'amica rischiava di essere chiamata così in onore di quell'Isabella Ferrari adolescente), la Versilia della Capannina, i giochi in spiaggia, le gite in pedalò, gli scherzi sotto il sole fino alla malinconia da ombrelloni vuoti e lettini ripiegati su se stessi come la stagione che volge al termine. Un annetto fa stavo partendo per non so dove quando mia sorella mi gridò dietro “mandami una cartolina”. La guardai dall'alto del mio iPod e del mio cellulare con fotocamera dicendo “mioddio, che arretrata!”. E però ancora una volta galeotto fu l'ostentato disprezzo. Il tarlo delle cartoline è incominciato, anzi ricominciato, esattamente lì. Sarà l'estate incipiente e le vacanze lontane, ma mi è presa una nostalgia canaglia peggio di quella per i cartoni animati e i panini col burro e lo zucchero. La nostalgia di quelle vacanze e gite scolastiche per cui si partiva con walkman e foglio con gli indirizzi degli amici e si tornava con le cartoline scritte e affrancate ma non spedite per pigrizia. Così ho ricominciato. A mandarle, dico. E socialmente, giuro, non è stato facile. La gente, quando vede che hai impiegato almeno dieci minuti per scegliere la cartolina, affrancarla, scarabocchiare un saluto e spedire, anziché i canonici trenta secondi per i 160 caratteri di un sms, magari con la foto, ti guarda malissimo. Sempre pensando che 'sto gusto per le cose vecchie tradisce sbavature reazionarie e poco democratiche e soprattutto, ed è questo il vero peccato, tempo da perdere a palate. Dunque, ora, voi avete tutto il tempo che volete per decidere se è una cosa retrò, e quindi figa, oppure polverosa, dunque vecchia. Quanto a me devo raccogliere gli indirizzi prima di partire. Non è mai troppo presto, signora mia!

mercoledì 4 luglio 2007

Parole sante, cose da fare presto

Copio e incollo, senza gentile concessione.

«La soluzione è comprarsi un filone di pane, un salame stagionato e del latte, inoltrarsi in un parco semideserto e all'ombra pasteggiare piacevolmetne lasciando riviste, cellulari ed internet a casa...almeno per mezza giornata...o almeno pensare di farlo». (d.)

lunedì 2 luglio 2007


Grilli e odore di fieno

giovedì 28 giugno 2007

Alex l'ariete


Oggi TgCom ci regala una delle interviste più belle degli ultimi anni. Mentre il mondo si affannava a leggere del discorso di Veltroni, noi estimatori di Alex l'ariete scoprivamo questa perla.
Inchino all'intervistatrice spietata che chiede all'Albertone se il fatto di non saper recitare non gli aveva per caso fatto venire in mente che un film poteva non essere l'occupazione giusta per lui. Sublime. Grazie TgCom!

(le gesta del grande Alberto e della strepitosa Michelle si trovano, grazie a Dio, su youtube)

Tomba attore, "mi hanno boicottato"

Lo sciatore a 9 anni da "Alex l'ariete"

A 9 anni dalle riprese di "Alex l'Ariete", con Alberto Tomba e Michelle Hunziker, il film continua ad essere un cult. Opera di inimitata bruttezza o simpatico tentativo di un campione dello sci di buttarsi su una pista nuova? Tgcom lo ha chiesto all'interessato che ha fatto un j'accuse contro regista, montatore e anche se stesso. "Di esperienza non ne avevo, ma qualcuno mi ha boicottato". Riprovare? "Ho già dato".

Alberto Tomba parla dalla Sardegna, dove si trova "non per una vacanza", ma per una pausa dal lavoro che in questo periodo lo ha impegnato molto. L'ex sciatore è testimonial della Fila, lo è stato delle Olimpiadi invernali ed è patron di svariate inziative, tutte sportive, in giro per il mondo. In inverno, se siete sulle "montagne giuste", potete anche vederlo mentre vi "mostra due curve", o le insegna ai vostri figli. Ma con set, paparazzi e telecamere giura di aver chiuso.


Che ricordo ha delle riprese di "Alex l'Ariete"?
Erano nove anni fa. Sono ricordi belli, ma lontani. Mi è piaciuto trasferirmi a Roma per tre mesi e recitare con Michelle Hunziker, ma troppi ostacoli si sono messi tra il film e il successo.

Per esempio il fatto che non sapevate recitare?
La mia inesperienza ha contato. Il problema vero è però che io mi sono fidato di chi mi ha offerto l'ingaggio, ma il montaggio non è stato fatto come doveva, tre ore di film dovevano essere lavorate e trasformate in una fiction di un'ora e non lasciate così com'erano. La sceneggiatura non funzionava, e il regista, Damiano Damiani, bravo ma di una certa età poverino... Peccato, perché il film è costato parecchio: sei miliardi se non ricordo male. La verità di fondo è che non volevano che un olimpionico facesse l'attore: non mi hanno diretto, nè lanciato nel modo giusto. Senza contare che il film è entrato in sala a fine luglio, in piena estate: era ovvio che dopo dieci giorni ne uscisse!

A casa nessuno l'ha dissuasa dal provare questa esperienza?
Mio padre mi ripeteva: 'Sta attento Alberto, avrai delle grossse critiche'. Ma io ho voluto tentare ugualmente.

Le hanno fatto altre proposte in seguito?
Dall'America mi invitarono a girare una specie di baywatch di montagna, una serie sul soccorso alpino, ma io rifiutati perché ero stanco e avevo voglia di riposarmi.

Le piace recitare?
Fingere non fa per me, sono un tipo genuino. Davanti alla troupe mi imbarazzava anche dare un bacio a una ragazza! Preferisco 'fare cinema' per i miei amici, farli divertire, farli ridere perché sono un tipo estroverso. Chi non lo è non vince le gare! Ho già dato abbastanza, allo sport e alla recitazione.

Il più bel film che ha visto?
Non vado al cinema da un'eternità! Ricordo film come Rocky o Rambo, che vedevo a dieci anni. Se mi nomina dieci film sono sicuro che ne conosco solo due!

Il suo regista del cuore?
Non ne conosco, ma ripeto: non sono diventato famoso perché non mi hanno montato come personaggio!

La tv?

E' terribile. Lei oggi la guarda?

La tv però la corteggia. Dicono che con la Lecciso sarà sulla prossima "Isola dei famosi"...
Gori e la Ventura mi hanno chiesto diverse volte di partecipare al gioco, ma io non ci andrò mai! Odio i reality finti e artificiali e non ho bisogno di soldi. Ho proposto di inventare un nuovo programmma, con degli atleti sani e genuini in competizione tra loro. In quel caso accetterei, ma sembra che non vada ancora di moda al momento.

Però è stato più volte in giuria a Miss Italia. Adesso che la Ventura traballa alla conduzione, le piacerebbe prendere il suo posto?
Quando ero in giuria a Miss Italia, conobbi Martina (Colombari, ndr), nel 95 fui presidente e in seguito andai a Miss Universo. Ma anche con quel mondo ho chiuso. Sono tante le ragazze che ti puntano con secondi fini, come qui in Sardegna puntano allo yacht! Non hanno nulla a che vedere con me.

Quali donne le piacciono?
Quelle che credono in principi e valori che poche oggi hanno. Quelle che cercano Alberto e non Tomba e che frequentano posti come quello dove sono nato io.

L'Alberto della dolce vita dov'è finito?
Non è mai esistito! Sono uno che mangia la pappa della mamma e questo non andava giù a nessuno. Sono allergico all'alba, perché se non dormi non vinci le gare! Mi hanno fatto passare per un mondano, ma se vado in un locale io non esco mai dopo l'una e trenta; mi piace stare a casa, con gli amici. Anche ora in Sardegna evito di andare sulla spiaggia per non incontrare i paparazzi.

E' fidanzato?
Frequento. Diciamo che sto riflettendo: a 42 anni sono sentimentalmente retrocesso di 20!

Sua madre non la spinge mai a sposarsi?
In famiglia la più vicina alle nozze è mia sorella Alessia. Su di me e mio fratello non fa più affidamento.

Fa ancora l'immobiliarista?
Non sono un palazzinaro, se insinua questo. Compro case, ma non le rivendo. Le tengo per me come un investimento di capitale. Adesso ne ho una in Sardegna, una sul Lago di Garda, una a Bologna e una in Egitto.

Egitto?
Perché è vicino e si sta al caldo. Quando mi stufo le vendo e ne compro altrove.

Da quando non scia più da professionista, quali sono i suoi passatempi?
Un tempo mi divertivo a collezionare vini e fare il sommelier. Smettendo di fare gare, ho smesso anche di girare per cantine. Però all'epoca la filosofia del vino mi piaceva e mi documentavo leggendo dei libri sull'argomento. Praticamente gli unici! Oggi corro e nuoto. Tra poco sarò in forma olimpionica!

Controlla sempre il suo fisico?
Ho perso sei chili, me ne mancano solo due per la forma perfetta! D'inverno è difficile perchè mi invitano a cene, incontri e serate di gala, ma d'estate ci tengo!

Antonella Zugna

venerdì 22 giugno 2007

Di borse, di figli e di altre sciocchezze

Ho letto l'intervista ad Anna Falchi sull'ultimo Chi e mi è venuta una rabbia che neanche quando ho perso l'inizio dei saldi del mio negozio preferito o un reading di Jovanotti. Andiamo con ordine. Erano i primi di giugno del 2005 e, sempre su Chi, la bella Anna posava per il fotografo nella sua nuova casa di Roma, un attico con vista su San Pietro («una casa da giovane coppia», diceva lei. "E mecojoni", esclamai allora pensando al mio loculo in affitto vista chiesa di Massagno). Prossima alle nozze con Stefano Ricucci, Anna parlava del suo nuovo amore e di quanto è importante condividere i valori e chiudeva con la frase che la vera donna emancipata non può non dire: cucinerò manicaretti per lui. (L'emancipazione, infatti, non consiste nell'abbandonare i fornelli, come ben sappiamo noi ragazze di oggi, ma nell'avvicinarcisi - ai fornelli e a tutto l'indotto di mariti e figli - "per libera scelta"). Oggi, due anni dopo, la bella Anna torna su Chi mentre il marito è al centro di infinite polemiche per la tentata scalata al Corsera, e dice che ormai loro non condividono più nulla e che non lo lascia perché economicamente non può permetterselo. E, vedete, non mi arrabbio pensando "di lui amava solo i soldi". Figurarsi se una che perde la testa per una borsa si mette a sindacare sull'oggetto dell'amore altrui. Però sulla dose di amore sì. Perché senza quel sentimento che si nutre di tenacia e pazienza non si compra una borsa dando fondo agli ultimi risparmi, né si giura amore eterno a un marito imperfetto come tutti, né si usa l'ultimo brandello di cuore per affrontare una rottura con la signorile dignità di una che avanza a cuore sotto vuoto e spalle dritte, come dicevano le nonne. Si finisce per abbandonarsi a piagnonerie di bassa lega. «Voglio un figlio», dice Anna alla fine dell'intervista. E io una borsa e delle scarpe nuove. È una scelta, no?

venerdì 15 giugno 2007

ALLARME ROSSO!

Flavia Vento ha chiuso il suo blog! "Per le continue offese ricevute"

Conflitto di interessi

In Lousiana pensano seriamente al carere per la gente che va in giro con i jeans a vita bassa e il sedere di fuori.
Non so esprimermi, il che non è un problema grave, per carità. Epperò voglio dire che vivo un conflitto interiore non indifferente: da un lato il mio animo sinceramente democratico (siamo liberi liberi liberi pure di vestirci come ci pare e se si cominciano a mettere in discussione queste cose si finisce nel terreno di quelli che "l'hanno violentata perché si è vestita provocante". E poi a me mi formicolano le mani!); dall'altro il buon gusto, la mia reazionarietà su regole del comune vivere e del decoroso vestire, il Saper vivere di donna Letizia e tutte quelle cose lì che da sempre idolatro.
È un momento di grande difficoltà. Aspettiamo la parola di Lina Sotis domani, ma sicuramente il Corriere affiderà il commento alla Rodotà. Ma a quell'ora io sarò già dal parrucchiere.

mercoledì 13 giugno 2007

Un mercoledì sottotono...

Oggi magra. A parte l'editoriale (in cui Alfonso propone a Soru di tassare il botox invece che i cani), la posta di Carlo Rossella (in cui l'imperdibile loda la paternità e dispensa consigli di conquista ad attempate signore) e il racconto erotico di Rita Rusic non c'è nulla di gustoso. L'avevo detto io stamattina fermandomi in edicola che Michelle Hunziker in copertina non poteva promettere niente di buono...

lunedì 11 giugno 2007

Riceci


A Riceci la zia Marisella veniva inviata dal nonno Mario e dalla nonna Olga a fare la guardia alla vigna. Riceci è una collina sopra il Gallo, per arrivarci bisogna farsi un po' di cammino a piedi, insomma. Quindi la zia Marisella partiva al mattino presto e non tornava in paese per pranzo. Portarle su il pranzo toccava al fratello più piccolo, Sandro. Il quale, essendo per fortuna uscito dal seminario, è diventato il mio babbo. Sandro la trovava sempre seduta sopra il fico che c'era in cima alla vigna, la zia. Che chiacchierava con la sua amica, ovviamente guardando da tutt'altra parte rispetto al pendio dove si stendevano i filari.
Denunciare l'imperizia della zia Marisella nel fare la guardia, ovviamente non serviva a nulla. Lei era già la cocca della nonna Olga e Sandro sempre quello dell'incompreso tema sul riso. Ma questa del tema sul riso è un'altra storia.

Ecco, questa è la colonna sonora di ogni Natale e Pasqua e di ogni alcolica cena di famiglia. Benedette siano le zie che si fanno ammaliare dai fumi dell'alcol!

Tuka Kulos

Ebbene sì, il grande momento è arrivato. È finalmente disponibile l'audio di Tuka Kulos di Loredana Lecciso. Corro a cercare gli auricolari nella borsa, ovviamente nell'attesa spasmodica del video (il solo immaginare di associare a quella melodia delle immagini mi ha emozionata più della lettura di Alberoni di stamattina).

venerdì 8 giugno 2007

Fabbri vs Paris

dal GdP dell'8 giugno

Hanno gli hamburger più buoni del mondo. Hanno il burro di arachidi, che in realtà è una schifezza, però si vede in tanti film e quindi noi siamo costretti a invidiarglielo. Hanno quella sorta di luna park gigante che è Las Vegas, mentre noialtri non avremmo mai il coraggio di sostenere con impudenza e convinzione che Eurodisney è una città a tutti gli effetti. Hanno gli Oscar con un godibilissimo indotto di red carpet, che noi non raggiungiamo neanche mettendo insieme il fascino da vecchia Europa dei vari Cannes, Berlino, Locarno e affini. Hanno New York, la città che non dorme mai e lavora sempre; noi abbiamo Parigi che è la città dell'amore; ma chi non lavora non fa l'amore e quindi alla fine se non ci fosse una New York una Parigi non avrebbe senso. Hanno una campagna presidenziale che fa rumore anche da noi, quindi succede che i nostri politicanti tifino per il candidato democratico o quello repubblicano; mentre a un candidato democratico o repubblicano non gliene può fregare di meno di chi regni a Parigi, a Berlino o a Roma (male che vada mezzo governo ce l'hanno sempre dalla parte loro). Loro hanno Angelina Jolie e Brad Pitt, noi ormai neppure più Al Bano e Romina. Gli americani sono in tutto superiori a noi pusillanimi della zona euro. E però la loro cavolo di ereditiera Paris Hilton ha resistito in cella appena tre giorni. Il nostro fotografo Fabrizio Corona ci è stato ottanta giorni. Non sappiamo se Paris sia stata incarcerata da un magistrato di nome Mario Rossi, ma Fabbri ha resistito alle angherie di un Henry-John Woodcock, è uscito dal carcere più abbronzato che dopo un soggiorno a Miami, s'è fatto fotografare in mutande in pose da sexy detenuto in carcere, s'è fatto tatuare il numero della cella, ennesima opera d'arte sul suo fisico statuario. Si facciano da parte 'sti americani. Al torneo dell'eroe tamarro vinciamo noi in scioltezza. "Yankee go home".

mercoledì 6 giugno 2007

Sharon, la somatoline e la mitica Rosy

Ancora un mercoledì da leoni, grazie ad Alfonso Signorini.
Partiamo dal servizio di copertina, che inevitabilmente suscita un nugolo di domande: quella stragnocca cinquantenne che di nome fa Sharon e di cognome Stone perché oggi mostra un fisico mozzafiato e neppure una settimana fa nelle foto sullo yacht di Cavalli pubblicate dal Corriere aveva delle cosce che gridavano Somatoline?! C'è di mezzo un ritocco al computer? O forse Sharon è mortale proprio come noialtre che nel camerino dell'H&M abbiamo la cellulite (colpa delle luci assassine) e fuori no?
Si va avanti con piacere passando agevolmente da un Totti col pupino (bellissimo), una Brambilla in versione strabica ma sexy, un perfido servizio su Simona Ventura e Giorgio Gori e per finire un Corona in splendida forma che si affaccia alla finestra della casa di Milano dove è costretto agli arresti domiciliari e getta slip griffati Corona ai curiosi radunati sotto la sua finestra. E io che sono qui a scervellarmi per trovare la maglietta originale della Corona's...
Ma la vera bomba è a pagina 160: "Rosy Dilettuoso. Moris, sono la tua pupa". Foto di lei sotto un albero con labbra a culo di piccione modello signorina Silvani con un bikini che neanche Di Più lo regalerebbe da quanto è brutto. Nell'altra foto lei con lo stesso bikini (ma di colore diverso) si struscia a una cosa che lì per lì ho pensato a un errore di stampa e solo nella foto successiva ho scoperto essere il suo nuovo fidanzato. Un manzo teribbile (tutto depilato) con faccia da Troll che di nome fa Moris Carrozzieri e pare essere un calciatore. La foto è stupenda, c'è lei che esce dalla piscina con faccia sempre ammiccante e in secondo piano lui in posa da figo. Un servizio strepitoso con foto magnifiche e un virgolettato della vincitrice della Pupa e il secchione famosa per aver scambiato Dante con un capo indiano che dice: «Mi ha colpito prima alla testa e poi al cuore». Come se fosse un valore aggiunto. E ancora una volta mi sono trovata a lodare la perfidia dei titolisti di Chi.

venerdì 1 giugno 2007

Oltre la bilancia

Apparso sul GdP del 1 giugno

Conoscitrici dei mali del girovita più che di quelli della vita stessa, esperte di diete vere e fasulle, talebane del decalogo di preparazione alla prova costume (puntualmente disatteso, perché la coerenza è la virtù degli altri), sappiamo benissimo cosa non dobbiamo fare. O meglio: cosa non ci serve fare. Incontrare la bilancia, per esempio. La prova migliore, suvvia, è il tubino dell'anno scorso. Se ci sta ancora bene quello non c'è da preoccuparsi, impuntarsi su quell'etto in più o in meno è null'altro che ozioso. E poi la bilancia di casa è rotta da tempo, quella che urla “controlla il tuo peso ideale” a ogni ingresso in farmacia è decisamente troppo poco discreta. E via discorrendo. I motivi sensati per scampare alle forche caudine dell'impietosa misurazione di chili, etti e grammi non ci mancano. Solo che mentre noi ci arrabattavamo a inventare scuse, inventavano un altro aggeggio ben più infernale: la macchinetta che misura massa grassa e massa magra. Sì, c'è qualcosa di peggio di quell'istante fuori dal tempo in cui l'ago della bilancia sale, sale, sale sotto gli occhi attoniti di una disperata in mutande. È il momento della percentuale. Che di per sé essendo capre in matematica quasi quanto in scienze, se ci dicono abbiamo il 70 per cento di massa grassa non ci fa né caldo né freddo. I sudori freddi iniziano quando confrontano il valore con la media. Lì tu, proprio tu, che hai sempre voluto essere una fuori dal coro, invidi la mediocre tranquillità di un peso forma. E intanto come un disco rotto ripeti il mantra a cui non crede nessuno: «Sì, certo, ma l'importante è sentirsi bene con se stesse».

mercoledì 30 maggio 2007

C L A M O R O S O

Era il 28 marzo scorso, uno degli anonymous di Chi recitava; “Lui è sulle pagine di tutti i giornali come salvatore della patria. Lei conduce su Raitre un fortunato programma in prima serata. I due si vedono di nascosto, per evitare i paparazzi. Che detestano."
Siccome la mia occupazione preferita è risolvere gli anonymous di Chi (quel giorno oltretutto ce n'era un altro clamoroso ma già risolto da tempo) mi sono scatenata. Woodcock era facile, quanto alla conduttrice su Rai tre di un fortunato programma in prima serata si poteva scegliere: Gabanelli o Sciarelli? In ogni caso la notizia sarebbe stata clamorsa. Vabbè.
Ma Chi non ti lascia mai sola coi tuoi dubbi e così, due mesi dopo, la copertina clamorosa: Woodcock e Sciarelli che fanno jogging a Villa Borghese. Invero passeggiata innocente e poi cena, nulla di che. Ma la notizia è ghiotta, anche perché cos'è successo ieri pomeriggio in quel di Milano?
E Chi si conferma l'unico settimanale italiano che merita di essere letto. E il sublime Signorini? Quel genio assoluto e incomparabile con una copertina che infuoca le redazioni di tutto lo stivale che fa? Dedica l'editoriale al cinema italiano. Crudele, astuto, popolarsnob, in una parola: strepitoso.

venerdì 25 maggio 2007

Contro le favole metropolitane. Aridatece Biancaneve!

Apparso sul GdP del 25 maggio

Mi tocca tornare sul medesimo argomento della scorsa settimana, perché qualche giorno fa ho trovato nella posta una favola moderna e metropolitana che diceva pressappoco così: C'era una volta una ragazza che domandò ad un ragazzo se voleva sposarsi con lei. Il ragazzo rifiutò e da quel giorno, la ragazza visse felice per sempre, senza lavare, né cucinare ma uscendo con le amiche. Per non affaticare troppo i nostri neuroni la morale viene prontamente esplicitata: il problema è che fin da quando eravamo piccoline, nessuno ci ha mai raccontato questa fiaba. Invece ci hanno fregato con questa storia del principe azzurro!. Sarà che erano anche i giorni in cui scoprivo che Sharon Stone aveva la cellulite, sarà che l'edicolante si era appena offerta di «nascondere» (ha usato proprio queste parole, la serpe) il mio Chi dentro il Financial Times comprato da un amico, ma mi si è gelato il sangue. Ho pensato che per essere moderna dovevo buttare alle ortiche non solo quella reazionaria sottomessa di Biancaneve, ma pure, perché alla fine l'argomento è sempre quello, tutti i «confondo i miei alibi e le tue ragioni», tutti gli «io ti cercherò negli occhi delle donne che nel mondo incontrerò», tutti i «sei nell'anima e lì ti lascio per sempre», tutti i dialoghi taglienti di Sex and the city tra Carrie (Biancaneve in tacco dieci) e Big (Principe azzurro in limousine). Tutto in soffitta, senza fingere neppure di dover reggere il colpo, perché vuoi mettere quanto si è allegre senza pensare a quel fedifrago maschilista su cavallo bianco? È come dire che siccome William d'Inghilterra ha lasciato Kate Middleton allora l'istituzione del principe va rimossa. E cosa deve mettere in scena una bambina giocando a Barbie? La ressa per i saldi all'H&M? La cena con le amiche per l'8 marzo? All'età di sette anni avevo un solo Ken ed era zoppo. Però non ho mai pensato di sostituirlo né di pensare che fosse inutile. Devo fare la morale?

venerdì 18 maggio 2007

Di Tutto. Un giornale da scoprire anche con un occhio solo

Di Tutto è un settimanale gossipparo assolutamente M E R A V I G L I O S O.
Non dirò niente per non rovinare la sorpresa ad alcuno, ma a farlo entrare nel Pantheon di questa rubrica basta questo titolo, messo a corredo di un pezzo su Carmen Di Pietro che ha un cerotto sull'occhio e posa con il figlioletto: "Figlio mio, anche guercia la mamma stravede per te".
Strepitoso!

aggiorniamo il cliché del principe azzurro

Apparso sul GdP del 18 maggio 2007

«Scommettete che altre si chiameranno come lei?». Ilary Blasi Totti è nel pantheon di questa rubrica già da molto tempo. Ella e la sua famiglia, il suo bambino Christian (con l'acca), suo marito Francesco con quell'accento così romano de Roma e adesso la dolcissima Chanel (con l'acca) sono già degli idoli perché in loro si realizza quel mix di celebrità da piccolo schermo e semplicità italica che da sempre piace alla ficcanaso. Così a chi le chiedeva sornione se non pensasse di aver condannato la propria neonata figliola ai dileggi dei futuri compagni di classe chiamandola Chanel, Ilary ha risposto come solo una che porta con una tale disinvoltura la french manicure poteva fare. Quel nome sarà imitato, vedrete. E noi giuriamo di tenere sotto controllo le anagrafi della penisola, perché se dopo Chanel Totti spuntassero delle Chanel Rossi ci sarebbe solo da festeggiare. E a proposito di famigliole, perfette o sghangherate ma comunque, anzi proprio per questo irresistibili ce ne sono altre. Un'altra voce importante nell'elenco degli idoli del piccolo schermo è infatti costituita dalla coppia Katia Pedrotti e Ascanio Pacelli. Ovvero la coppia più altalenante nella casa del Grande Fratello di qualche anno fa, rivelatasi solidissima fuori dalle mura di Cinecittà. I due sono convolati a nozze in un castello, lei con vestito bianco e lui in tight e oggi aspettano un erede. A noi le favole piacciono, soprattutto quelle con i principi azzurri. Per esempio, avete visto le foto del neo presidente francese Nicolas Sarkozy che si insedia all'Eliseo con tutta la truppa: moglie (che fuggì di casa un annetto fa) e figli vari, tra cui spuntavano due biondazzi niente male? Non sono carinissimi? Pensate che da queste parti si sta perfino tentando di rimettere mano alla storia del principe azzurro. Vogliamo sfatare questo mito che lo vuole biondo, con gli occhi azzurri e soprattutto altissimo? Vogliamo mettere con nanerottolli, burini de Roma ed ex concorrenti di un reality?

lunedì 7 maggio 2007

Dov'è Cécilia?

Le elezioni francesi sono state vinte da Nicolas Sarkozy, un elemento che dal suo metro e sessanta sprigiona un fascino difficilmente sopportabile. Quando qualche giorno fa il Corriere della Sera pubblicò una foto di lui a cavallo con occhiale a goccia, camicia da gaucho e jeans ho avuto un serio scompenso. Mi andava benissimo così, quando poi ho sentito un pezzo del dibattito con la tizia (Segolene) gli ho concesso, con un moto decisionale tutto ormonale, l'optional della voce. Quanto di più sexy avessi ascoltato da tempo. E fin qui tutto ok, normali distrazioni di una ragazza che affronta la primavera come può.
Poi ieri Sarko ha vinto. Ora dovrò smettere di amarlo e attendere, come tutti noi innamorate, l'inevitabile delusione. Ma il punto non è neppure questo. Il punto è - e se la Rodotà e le sue simili si guadagnassero davvero lo stipendio che prendono su questo scriverebbero paginate e non sui possi tailleur di Ségolène - dov'è Cecilia, la moglie di Nicolas? Poco importa che a tarda notte sia ricomparsa, non era con lui al momento della proclamazione della vittoria né del discorso. Tutti sanno che la storia tra i due è turbolenta. Si sono lasciati e ripresi nel corso degli ultimi anni, con cornificazioni intermittenti e reciproche. Qualche tempo fa (la faccio breve) lui è persino andato in tv dicendo che, come tutti, aveva avuto dei problemi con la moglie. E lì la folla lo ha amato, perché quando il duro, il figo, l'uomo di destra mostra in televisione (e dunque al mondo) quell'angolo di cuore che lo rende uguale al popolo, e cioè servo della gleba, l'effetto è assicurato.
Ecco, ieri lei non c'era, mentre durante la campagna elettorale era tornata da lui. La domanda che i giornalisti, come al solito gente sommaria e maliziosa, si fanno oggi è: quello di lei era un ritorno solo di facciata?
Io non credo. Credo che il loro volersi e non volersi, non poter stare insieme ma anche lontani e per questo l'essere fatti l'uno per l'altra, sia tutto vero. Perché loro sono quella che io definisco una coppia zsa-zsa-zsou. E se volete sapere cos'è una coppia zsa-zsa-zsou beccatevi la coppia zsa-zsa-zsou per eccellenza: Carrie e Big.

lunedì 23 aprile 2007

Una domenica di tv

Domenica grandi, grandissimi momenti di televisione.
Si comincia col Moto Gp, con Vale giustamente incazzato nero perché quegli idioti della Michelin gli hanno dato delle gomme che neanche la motorella di mio zio e soprattutto perché quel minus habens di Elias ha pensato di fare il figo e l'ha toccato con la sua motoretta e ha pure rischiato di farlo cadere. Segnalo con estremo piacere quel genio insuperato e insuperabile di Guido Meda che durante la telecronaca ha affermato, col solito tono pacato: "Wow, Elias è gasato come la Fanta". Roba da correre a comprare una smemoranda per il solo gusto di scriverci questa frase. Secondo me Guido è per il Moto Gp quello che Caressa è stato per i mondiali di Germania, con il vantaggio che il "miracolo Meda" si ripete quasi ogni domenica. Ma devo dire che anche la squadra che lo affianca non è da meno: il tizio ai box, che se non erro si chiama Marco Beltramo, è un capolavoro assoluto. Simpaticissimo, fluent in inglese e oltremodo trendy con quel suo zainetto e le cuffie enormi.
L'altro momento di televisione sublime è stato Flavio Briatore a Buona Domenica. Intervistato dall'odiosa Paola Perego si è prodotto in accuse alla politica: vecchia e lontana dai problemi della gente. Perché la gente, ha detto Flavio, ha il problema di guadagnare mille euro al mese e voler accendere un mutuo. Ovazione negli studi del salotto meno buono e più verace della penisola.
Ma il degno finale di questa domenica di grazia è stato Carabinieri. Con Walter Nudo al capezzale della mamma malata e Martina Colombari nei panni dell'infermiera amorevole e un po' gattamorta.
Bello, bello, bellissimo.

venerdì 20 aprile 2007

Della necessità di un corso di formazione tenuto da Camilla

Apparso sul Giornale del Popolo del 20 aprile 2007

Dovevo aspettarmelo. D'altronde sono io la prima a dire che dopo la rottura di Al Bano e Romina non c'è più da credere alle favole. Epperò il giorno in cui ho scoperto che il principe William e Kate Middleton si erano lasciati mi sono sentita disorientata, come quando Dylan ha tradito la storica fidanzata bruna Brenda con la migliore amica bionda di lei (Kelly) in Beverly Hills 90210. William e Kate si sono lasciati, dice il comunicato d'ordinanza, “di comune accordo”. Si dice sempre così alla fine di una storia, come se le giustificazioni postume potessero ristabilire un equilibrio in quello che invece è sempre un lutto antidemocratico. Il lutto di un cuore spezzato. Poco ci mancava che dicessero “il principe William e la signorina Kate Middleton hanno deciso di restare amici”. Infinite le spiegazioni che offrono i tabloid. Si va da una presunta ostilità della regina, alle non nobili origini dei genitori di lei, all'invadenza dei paparazzi. Uno si arrovella sulle spiegazioni, quando basterebbe guardare le foto. Quelle del secondo in linea di successione al trono balla abbracciato a ragazze abbigliate come neanche a un casting delle veline. E poi lei, che ha già fatto sapere di non essere disposta a raccontare a nessuno i dettagli della sua storia col principe (ha già ricevuto offerte da capogiro), che sorride ai paparazzi con quella disinvoltura che solo una donna col cuore in frantumi può sfoggiare . Ecco, vedendo tutto questo ho capito che lei era davvero degna di stare accanto a uno che rischia di indossare la corona che fu di Riccardo Cuor di Leone. E che questo Riccardo Cuor di Leone del duemila non se la meritava affatto. E che per questo erano fatti l'uno per l'altra, perché era scattata quella proverbiale e terribile “intesa perfetta con la persona imperfetta”. E che Tony Blair dovrebbe a tutte le donne del Regno un anno di formazione con Camilla Parker Bowles.

lunedì 16 aprile 2007

Kate e William. Scegli da che parte stai

Kate e William si sono lasciati. Prime reazioni a caldo:

-lui sarà pure belloccio, ma se è di facili costumi quanto la madre (la quale peraltro aveva tutte le attenuanti di essere anoressica, bulimica e sposata a uno che non l'amava, questo va detto), Kate ha firmato la sua salvezza.

-Qualcuno dice che lei per aspirare alla corona doveva accettare lo scotto delle corna. Il sublime gioco di parole viene da quei signori del quotidiano Libero (l'unico quotidiano che ho potuto sfogliare in una difficile domenica, perdono perdono perdono!). Ma occorre commentare?! E non faccio una questione di schizzinoseria, ma se cominci cornuta da fidanzata nella sala del trono non ci passi dalla porta.

Ma il fenomeno richiede, ovviamente, una disamina più approfondita e una riflessione più ampia.

Salvate Ambra dai suoi estimatori tardivi

Apparso sul Giornale del Popolo del 13 aprile

Ho ricevuto in regalo una crema antirughe e soffiato su una candelina simbolica. Ce n'è abbastanza per ritirarsi a guardare La sposa perfetta e O.C. Per il resto della vita. Perché se è vero che mia cugina regala da anni la medesima crema a tutti i componenti della famiglia, è anche vero che quando la zia decide di optare per una sola candelina, per il timore che la densità di fiammelle incendi la torta farcita di nutella, il baratro è a un passo. Che volete, prima o poi bisogna crescere. Decidersi a leggere libri seri, smettere di guardare la tv. Anche accompagnarsi a un fidanzato/marito di un certo spessore culturale o comunque artistico può aiutare. Guardate Ambra. Dieci anni fa dicevi Ambra e dicevi un idolo per noialtri cresciuti col telecomando in mano; un demonio per la gente seria che non riusciva a comprendere come potesse avere successo un programma fatto di ragazzine urlanti e ballanti davanti a una telecamera. La star di quel circo di fanciulle in gonnella era Ambra. Che avesse un cognome non importava ai più. Oggi invece finisce che il magazine del Corriere della sera le dedica pure una copertina e poi il solito articolo su quanto è cambiata Ambra Angiolini (adesso ha un cognome), che fa figli (due, col cantante Francesco Renga), lavora in radio e gira film con Ozpetek. E tutti a scoprire che, wow, la signorina è intelligente. E noi che intelligente l'avevamo sempre considerata ci arrabbiamo pure, ché adesso ci rubano il mito della nostra adolescenza. Chissà cosa succederà in futuro. Perché se dieci anni fa avevamo Ambra a Non è la Rai, e oggi abbiamo Ambra che gira con Ozpetek; tra dieci anni, considerato l'inesorabile decadimento dei costumi che ammorba la nostra società, avremo Elisabetta Gregoraci che firma editoriali sulla Repubblica. Riparliamone tra dieci anni, quando la torta e le candeline le avremo già abolite del tutto.

giovedì 12 aprile 2007

Kate Moss e la linea di Top Shop

Apparso sul Giornale del Popolo del 6 aprile

Kate Moss dice di essere da sempre una fan di Top Shop, catena di abbigliamento low cost britannica per cui la modella ha appena disegnato una linea. Dunque tra poche settimane ci sarà sufficiente sborsare poche sterline per indossare t-shirt, pantaloni e vestitini con ben impresso nell'etichetta il nome di un'icona di stile e bellezza innarrivabile per noialtre che non la raggiungiamo in altezza e la doppiamo in peso. I capi (li potete vedere sul sito www.katemosstopshop.com) sono proprio carini, mi dicevo tra me e me mentre navigano con occhio attento. Ed ero giusto pronta a telefonare ad amici in viaggio verso Londra e a verificare la possibilità dello shopping online, quando ho riguardato bene quei modelli. Belli, sì. Indosso a Kate. E a quell'altra modella che peserà la metà di lei, dunque a occhio e croce il doppio di me. Ma qui, attenzione, non se ne può fare semplicemente un problema di peso e di rimorsi per le palestre mancate e tutte quelle cose che sono solita scrivere quando arriva la primavera. No, qui il punto è un altro. A permettere a Kate una mossa così ardita come proporre forme assolutamente antidemocratiche (le sue) a una catena per definizione democratica (Top Shop, appunto), è la popolarità. Meglio, l'assoluta attrattività del suo decadente, bohemien e inaffidabile personaggio. E quando saremo nei camerini a provare a tuffarci dentro quei pantaloni affusolati disegnati da lei, ci ricorderemo di tutta la bufera dell'anno scorso, quando i tabloid hanno sventolato al mondo intero i suoi vizi pensando di averla distrutta. Lì, cercando disperatamente di chiudere la cerniera di quegli straccetti, capiremo chi ha vinto. E ci mancherà il fiato.

giovedì 5 aprile 2007

La svolta di Simona

Simona Ventura ha cambiato stilista. Non vestirà più Dolce e Gabbana ma Alessandro dell'Acqua. La morale di questa storia è una sola, secondo me: neppure il silicone legittima l'utilizzo di vestiti da post adolescenza in donne sopra i quaranta.
Non ne faccio una questione di giudizio sul singolo stilista, ma di opportunità, di adeguatezza. Concetto che mi rendo conto essere difficile da comprendere in una società in cui non esiste più il vestito della domenica, l'obbligatorietà della calza al matrimonio, la scelta di abiti curati (e possibilmente non troppo provocanti) per l'ufficio, il divieto di andare a scuola con indumenti rotti e che non comprano parti quali il sedere.

mercoledì 4 aprile 2007

Alfonso loda la provincia

Qui occorre una premessa. Da tempo vado dicendo che Chi, soprattutto da quando è diretto da Alfonso Signorini, è IL giornale di riferimento di una qualunque persona normale e dotata di buon senso, quale io ritengo di essere almeno un paio di giorni a settimana.
Chi è il giornale vero, sanguigno, quello che il giorno in cui lo sdogani dal parrucchiere e te lo metti in borsetta hai cambiato la tua vita. Quello che vorrebbero leggere, in realtà, tutte quelle che si fanno vedere in giro con Vanity Fair sotto braccio.

Nel numero odierno, il direttore tesse le lodi della provincia, intervista Nina Moric, ci offre l'ennesima avventura erotico-sentimentale di Rita Rusic, e infila con sapienza magistrale un servizio sulla famiglia cuore Bignardi-Sofri. E c'è ancora tutto Carlo Rossella. Grazie!!!

Lina, ma che ti hanno fatto fare?!

Allibita e senza neppure commentare, copio incollo questo articolo di Lina Sotis dal Corriere di oggi. Non so se mi sconvolga di più
-pensare la Sotis in mocassini e twin set color crema che digita sulla tastiera tutti quegli Ahhhhh e Ohhhhhhh
-pensare che qualche redattore del corriere avrà alzato la cornetta, composto il numero della signora del bon ton – quella per colpa della quale ho dovuto smettere di applaudire all'atterraggio degli aerei, ché lei dice che è una cosa proprio da cafoni...io mi divertivo tanto... vabbè –, ecco insomma, un povero redattore del corriere l'avrà chiamata e le avrà detto: Signora Sotis, oggi dovrebbe scriverci un quindici righe a occhio e croce sulla simulazione dell'orgasmo. E lei, impassibile, sì, certo, aspetti... ma sì, dai, forse qualcosa me lo ricordo. Ma dai! Ma mi scomodate LINA SOTIS, dico Lina Sotis, che a uno può anche non piacere epperò è sempre una signora da salotto, una che te la immagini a curare i nipotini, per ricamare intorno a una non notizia del genere? Possibile che non passasse lì intorno una qualunque Rodotà o un Severgnini che almeno ti scriveva OOOhhhhh in inglese?!


TRA LE LENZUOLA
Ma quei sibili di godimento sono (quasi sempre) per lui

Ragazze dai 16 ai 90. Ragazze conservatrici, ragazze libertarie, ragazze mascalzone, ragazze figlie di famiglia. Diciamocela tutta. Giù la maschera. È l'ora della verità. Una ricerca del Regno Unito dice che almeno il 30% delle donne finge l'orgasmo. Visto che qualcuno ha, per noi, toccato il tema ristabiliamo i punti: percentuale taroccata, le ansimatrici del godimento sono molte ma molte di più. Ma in questo momento di sincerità, ricusiamo la colpa e ristabiliamo i fatti. Ahhhhhhhhh. Ohhhhhhhh. Sìììììììììì. Quali sono i suoi perché? Quei sibili di godimento sono quasi sempre per lui, per dargli l'impressione che è un vero marpione, ci sa fare, ci sa possedere, ci sa far godere.

Qualche volta, dobbiamo ammetterlo, abbiamo un po' di fretta: il lavoro che ci aspetta, il pupo che se non corriamo si dimentica di noi, un impegno improvviso o la noia, la noia di una cosa strascicata che con qualche urletto più può essere esaltata, celebrata, santificata, come un incontro d'amore ben riuscito. Ma è per noi malriuscito un incontro d'amore con orgasmo simulato? Non sempre, perché l'amore ha mille sottigliezze che cominciano con occhiate e carezze e su quelle solo le professioniste o le avventuriere fingono, le altre si lasciano andare. Perché essere desiderata, coccolata, vezzeggiata è la parte più attraente e rassicurante del rapporto. Com'è noto, ognuno fa l'amore con la propria testa e non sempre le teste coincidono. In fondo, a pensarci bene, fingere è un gesto d'amore. È come dire: sono qui con te.
Ahhhhhhhh. Ohhhhhhhh. Sìììììììììì. Se succede però è più bello. Ogni donna lo sa. Ma ci sono tante cose da fare, oppure si capisce che questa volta non ci si può arrivare, allora siamo donne fino in fondo, generose, compagne, comprensive: Ahhhhhhhhh. Ohhhhhhhhhhh. Sìììììììììììììììì.
Lina Sotis
04 aprile 2007