lunedì 17 dicembre 2007

A pugni in faccia

Tutti a dire che è finita male, mentre è finita nel migliore dei modi. A schiaffoni e insulti e grida e stoviglie tirate addosso. Vabbè niente stoviglie, ma giusto perché erano in vasca. Laure Manaudou e Luca Marin sono i due giovani belli come il sole e sodi e muscolosi come noi non siamo neppure nei più spinti sogni di fitness (nonostante quegli addominali mattina e sera ai piedi del letto). Lei francese, lui italiano. Si amavano tra una gara di nuoto e l'altra non risparmiando baci ed effusioni di fronte alle telecamere. Sono le loro effusioni ad aver affrancato per un attimo il nuoto dalla zona grigia degli “sport minori”. Adesso loro due si sono lasciati, lui trova alquanto percorribile (sempre secondo il gossip da vasca) una diciannovenne italiana (sempre nuotatrice, eh, perché uno abituato a quei bicipiti non torna mica indietro), tale Federica Pellegrini. Anche lei pare tornata alla patria e sembra si spupazzi un francese. Solo che si sono incontrati in vasca e lei gli ha tirato dietro l'anello. Il pegno d'amore che si trasforma in arma colpisce un altro nuotatore (il pesarese Filippo Magnini), mentre Marin esce dalla vasca e va a insultare la tatuata ex. È finita nel migliore dei modi. Niente esercizi di comprensione della stronzaggine dell'altro, niente silenzi carichi di dolore e sentimento, niente discorsi con tanta profondità e tanti congiuntivi degni del più triste cinema italiano, niente scambi di opinioni dannatamente ragionevoli e urbani. Solo un'ondata di rabbia. Cieca, assurda, stronza. E liberatrice.

Carla e Nicolas. Uno schiaffo alla miseria.

Ma c'è giustizia a questo mondo?!
Ci hanno sempre insegnato che non si può avere tutto dalla vita che, ok non sarai una top model ma hai un briciolo di intelligenza da spendere. Non sarai intelligente ma ti configuri come mediamente carina. E via dicendo, con teorie più o meno "compensative".
Allora perché 'sta cavolo di Carla Bruni ce le ha tutte? È bella, sa cantare, parlare e adesso si spupazza pure il nostro oggetto del desiderio francese. E vorrei precisare che NON SONO una coppia zsa zsa zsou. Ovviamente è l'invidia a dettare questo giudizio. Ma insomma, suvvia. Questo è uno schiaffo alla miseria.

venerdì 14 dicembre 2007

Darla o non darla. Alitalia


Io spero che questa immagine si veda perché è imperdibile. Si parla di Alitalia e Repubblica intervista Passera. Titolo:
Passera contro Air France: "Darla a loro sarebbe buttarla via".
Fantasticooo!

Non cambiate canale

Per capire l'antefatto della ficcanasata di oggi bisogna capire cosa è successo nella politica svizzera negli ultimi tre giorni. Cosa che si può fare visitando il blog di un esimio giornalista con targa svizzera. Tutto il resto, è soap.

Dal Giornale del Popolo del 14 dicembre
Il primo problema è logistico-giornalistico. Provate voi a farci stare Widmer-Schlumpf in un titolo di giornale. Il soggetto occupa il posto di qualunque predicato. Con Blocher soggetto c'era posto per fior di predicati e pure di aggettivi. E in effetti forse il problema era proprio questo. Troppi verbi, indisciplinati, forti, irritanti e tutto quello che volete. Se avessi opinioni politiche e capissi il significato della parola perequazione (oddio, l'orticaria lo sapevo mi succede tutte le volte) non scriverei qua in fondo ma davanti, certo. Sotto al titolo, di fianco alle vignette del Boneff. Però, ecco, se fossi a scuola e mi dessero il classico tema "Cosa è successo negli ultimi due giorni" procederei con la stessa sicurezza con cui raccontavo i weekend dalla nonna alle elementari. Perché alla fine, se uno è cresciuto con Beautiful, è tutto molto più semplice. La famiglia Forrester, come la nostra amata politica, viveva in tranquillità (più o meno) a Los Angeles fino a che non è arrivata una bionda ragazza della vallata di nome Brooke. Una outsider, non la voleva nessuno, men che meno la matriarca Stephanie che, pur essendo vipera, ci vede giusto da subito: infatti l'avvenente Brooke le seduce in un batter d'occhio il figlio primogenito (Ridge, volubile e desiderato come solo un corpo elettorale potrebbe essere) e pian piano anche il marito (Eric, il capofamiglia scontato e apparentemente inutile come solo la concordanza potrebbe essere). Ora, io in politica arrivo a stento alla divisione dei poteri di Montesquieu, però vi dico, telecomando alla mano che Beautiful va avanti da venti (e dico venti anni). E Brooke è più bionda e agguerrita del primo giorno.

giovedì 13 dicembre 2007

Santa Lucia

Santa Lucia, per tutti quelli che hanno gli occhi
e gli occhi e un cuore che non basta agli occhi
e per la tranquillità di chi va per mare
e per ogni lacrima sul tuo vestito,
per chi non ha capito.


Un pezzetto di questa bella canzone che m'accompagna ché oggi, coincidenza, è Santa Lucia. Il giorno più corto che ci sia e forse un bene.
Ma la verità è che vorrei segnalare la scoperta di Flower (si fa per dire, è noto per rubare battute e segnalazioni agli altri...), che ci dice cosa dice Bill Murray a Scarlett nel finale di Lost in translation. Me lo sono guardato e ho pensato che potevo anche non saperlo. Sarà la solita afasia sentimentale, ma in fondo importa il come? Dicevano i mr. Brace in quella canzone profetica che conobbi un secolo fa in un viaggio con Bart: "finisce bene finisce male restiamo per intanto che finisce". Appunto.

lunedì 10 dicembre 2007

Sozzani alle Invasioni barbariche

Una settimana dopo il massacro di Report, Carla Sozzani accetta l'intervista di Daria Bignardi alle Invasioni Barbariche. Si procede, come di consueto da queste parti, a colpi di domande moralizzatrici, sicché ci tocca vedere lo scambio di sguardi tra l'intervistatrice e l'intervistata, mentre basterebbe un'inquadratura delle scarpe della Sozzani (e magari il mocassino della Gabanelli sullo schermo in studio) per sapere quel che è necessario sapere e chiudere la trasmissione. Comunque. I meglio trenta secondi dell'intervista vanno in scena quando la Bignà domanda come faccia la signora della moda a restare così magra e perché sia lei che Anna Wintour pesino meno dei vestiti griffati che indossano. Sozzani sorride sempre altera e perfida e dice che “loro non hanno tempo di mangiare”, poi paga l'obolo alla cantilena contro l'anoressia (“Ma no, non è vero che sono tutte magre le modelle”), finché, quando la Bignà le chiede coome faccia a rinunciare a tagliatelle e tiramisù, lei non si dà nemmeno la pena di cercare di essere credibile e fa: «Ma no, mangio tutto». Un attimo di pausa. Sorride si vede che pensa a noialtre flaccide spalmate sul divano con un bidone di gelato davanti e fa, «Bè a dire il vero il tiramisù credo di non averlo mai mangiato in vita mia».

venerdì 7 dicembre 2007

Vivienne al museo

dal Giornale del Popolo del 7 dicembre

È un artista. Lo si dice per nobilitare qualunque tipo di attività o giustificare qualunque tipo di obrobrio. Dici "è un artista" e metti automaticamente una distanza tra te e l'oggetto, che poi quella distanza si riempia di sdegno o ammirazione importa fino a un certo punto. È un po' come quando ti dicono "sei la mia donna ideale, ti voglio troppo bene per mettermi con te". La madre dei potenzialmente innamorati è sempre incinta e i suoi figli restano sempre lì a discutere sui tempi di un verbo che andrebbe declinato sempre e solo al presente ("ti ho amato" è una bugia) e sulle gradazioni di un sentimento che in realtà o è assoluto o non è ("amo più lei che te o un po' te e un po' lei" son robe buone per le chiacchiere). Quindi quando sono andata a vedere la mostra dedicata a Vivienne Westwood a Milano (Palazzo Reale), ho provato un disagio strano. I musei di questa regina della moda inglese sono sempre stati i suoi negozi, giungle di vestiti assurdi e geniali e commessi improbabili. E invece con l'ascesa di "Queen Vivienne" nell'Olimpo dell'arte ci ritroviamo a guardare i suoi abiti dietro teche di vetro senza avvicinare le manacce perché un addetto alla sicurezza ci guarda a vista. E insomma, mi rendo conto che questo ragionamento, se così si può chiamare, mi porta a conclusioni insostenibili. Tipo che la moda, come l'amore, non può che vivere addosso e ci sono gli eterni ritorni dei capi che credevi ormai buoni per la soffitta e le novità di tendenza che durano il tempo di una stagione e quelli indispensabili e quelli che se cerchi la qualità devi mettere in conto sentimenti dispendiosi e quelli che non ti donano e quelli che non puoi permetterti. Ma la verità è che ho adocchiato, dietro una teca di vetro, un corsetto che sembra nato per me. E non c'è carta di credito che tenga.

giovedì 6 dicembre 2007

Ornella Vanoni, Averti addosso

Al decimo ascolto a ripetizione ho deciso di pubblicare questo capolavoro sul blog. Semplicemente disarmante.