venerdì 29 luglio 2011

In morte di Amy Winehouse

Dal Giornale del Popolo del 28 luglio
Non conoscevo abbastanza Amy Winehouse per incensarla post mortem né per compatirla. Certo che avevo ascoltato Back to Black, certo che avevo sentito parlare di lei, delle sue tette fitte, dei suoi denti marci, di quella sua pettinatura meravigliosa e plastica. Amy Winehouse la conoscevamo tutti perché era un fenomeno pop come ogni tanto ne emergono ancora. Eviterò di esprimermi sul tema “era un genio oppure no” perché sarebbe come chiedere consigli per dimagrire a un obeso. Non lo so. Come me non lo sanno centinaia di persone che pure sono rimaste sconvolte da questa morte infarcita di alcool e di droga e hanno tentato di spiegarla dicendo che lei era un genio e i geni non sono come noi che paghiamo mutui e fumiamo sigarette, loro la vita la prendono a schiaffi e sono così eroici che di male di vivere ci muoiono mentre noi «compriamo tappeti etnici per sentirci giovani» come direbbe una sceneggiatura di Muccino. Di certo non basta morire da maledetti per diventare dei geni, di certo più imbecille di chi canta la poesia del morire a 27 anni in gloria al rock c'è chi farnetica di genio e sregolatezza pensando che questo squallore a cui la piccola Amy si è consegnata sia il punto più alto della sua carriera e non il suo tragico spezzarsi. Quand'ero piccola mia nonna mi portava alla settima dei morti del vicinato, che è la messa a una settimana dalla morte. Alla settima non ci si va tronfi di dolore come al funerale, ma miti e ammaccati come una settimana dopo che si è andati a sbattere contro un muro. Ci si va sperando che almeno chi se n'è andato sia in pace. Domani è la settima di Amy Winehouse. Che riposi e si diverta in pace.

venerdì 22 luglio 2011

Il graffio di Wendi


Dal Giornale del Popolo del 22 luglio
Il suo è già il balzo della tigre innamorata. Consegnato a quel bignami delle immagini della storia pop contemporanea che è YouTube. A Wendi Murdoch è bastato uno scatto felino, un urlo per fermare l'attivista che voleva coprire di ridicolo suo marito. Rupert Murdoch era lì davanti alla commissione del Parlamento britannico incaricata di indagare sullo scandalo intercettazioni. Pare che i giornalisti dei tabloid del Gruppo del magnate australiano intercettassero illegalmente vip e protagonisti di casi di cronaca nera per avere scoop sui loro giornali. Se non siete destabilizzati dalla scoperta che i tabloid farebbero di tutto per una notizia, sarete certo contenti di sapere che il caso è l'emblema del cortocircuito tra politica, stampa e gossip e dovreste nutrire un interesse civile nei confronti della vicenda, perché oggi violano la privacy di Jude Law ma domani potrebbe toccare a voi. E colpirne uno per educarne cento non è mai stato tanto socialmente importante. Mentre riflettevamo pensosi sui grandi temi ascoltando l'audizione di Murdoch e suo figlio James, Wendi Murdoch, 42 enne cinese di un metro e ottanta di altezza, è scattata contro un tizio che tentava di ricoprire di schiuma da barba l'80enne Rupert. Ha schiaffeggiato l'intruso e gli ha impedito di peggiorare il «giorno più umiliante» della vita di suo marito. Ha fatto quello che nessuno si aspettava dalla bonazza che anni fa soffiava il ricco anzianotto a una moglie con cui stava da 30 anni. (17 giorni dopo il divorzio dalla seconda storica moglie, Rupert sposava Wendy). La “tigre cinese”, la donna dall'istinto infallibile e animale ha iniziato così platealmente la trasformazione che ogni soap che si rispetti chiede alla “arrampicatrice sociale” delle prime puntate. Perché non si resta pantere tutta la vita, come insegna Brooke di Beautiful. È come si sa Beautiful è come il latino e il greco: ti insegna il metodo.

venerdì 15 luglio 2011

Venezia

Dal Giornale del Popolo del 15 luglio
Incomprensibile come il colore delle calze delle hostess. Fuori moda quanto le biciclette attaccate alle macchine dei nordici che partono per le vacanze verso il sud (come se al Sud non si affittassero biciclette). Scomodo quanto uno di quei supplementi di bagagliaio che le famiglie con prole issano sul tetto della loro macchina. Da tempo so che il mio odio per Venezia è cosa da non pubblicizzare. Lo so e cercavo di vincere quell'idiosincrasia. Ho desistito dopo l'attacco a tradimento di uno stormo di piccioni in una calle deserta all'alba. Chi trova suggestive o romantiche cotali dimostrazioni di impudenza animale potrebbe fidanzarsi con un orango. Da queste parti i piccioni si scansano. Ai figli degli altri s'insegna a non dare da mangiare a quelle bestie immonde in nessuna piazza d'Italia. Il luogo comune dice che “bella Venezia, ma non ci abiterei mai”, sottintendendo invece il piacere della visita occasionale. Affermazione da cui dissento da quando sono stata caricata su un vaporetto che solo un residuo di pudore mi ha impedito di paragonare a un barcone di Lampedusa. Quel residuo di pudore è scomparso quando una signora grassa americana è entrata nel vaporetto a piedi nudi e un'ondata di acqua ha bagnato i suoi grassi piedi nudi e le mie grasse cosce che avevano l'attenuante di essere coperte. Se Venezia non fosse così bella non ci sarebbero tanti turisti (affermazione pericolosa poiché presuppone l'esistenza di un cervello pensante nelle masse dei suddetti). Invece Venezia è bella e per questo va odiata e ammirata solo in cartolina, cosicché gli autoctoni possano vivere senza dover fare lo slalom tra imbecilli di ogni dove col naso all'aria e la guida turistica in mano. Venezia va evitata. E sia messo a verbale che lo dicevamo molto prima che quello zotico di George Clooney minacciasse di portare in Laguna un'altra dopo Elisabetta Canalis.

martedì 12 luglio 2011

Penelope Cruz

È o non è una delle più grandi truffe estetiche degli ultimi dieci anni?

venerdì 1 luglio 2011

Bagagli

Dal Giornale del Popolo del 1 luglio 2011

Mia madre prepara la valigia a mio padre da circa trent'anni. Da circa trent'anni lui si lamenta a rotazione della mancanza di pigiama, spazzolino da denti, ciabatte da camera. A chi gli obietta che forse farebbe prima a farsela da solo, lui risponde senza esitazioni che è incredibile quanto sua moglie sia volenterosa eppure smemorata. Se ne deduce che lui lo fa per lei, magnanimamente le offre ripetute occasioni di allenarsi e, quando va bene, pure redimersi. Forse le vere coppie, come i miei genitori, si fanno le valigie a vicenda. Forse, pensavo, il segno supremo di affiatamento è essere in grado di sapere di che cosa quell'altro avrà bisogno una volta dall'altra parte del mondo. Forse l'amore è non dimenticarsi il caricatore del cellulare, il dentifricio, l'iPod, la playlist giusta. Forse, pensavo, Belen Rodriguez e Fabrizio Corona fanno così, preparano reciprocamente valigie vuote perché tanto sanno che saranno sempre ignudi in qualche balcone a farsi “rubare” qualche scatto. Forse Elisabetta Canalis metteva le cialde Nespresso nel bagaglio a mano del suo George. Forse lui le toglieva quegli shorts inguinali con cui avrebbe attirato troppe attenzioni. Forse Alberto di Monaco toglieva biancheria e generi di prima necessità dal bagaglio della sua quasi sposa Charlene Wittstock, nella speranza che almeno per necessità fosse costretta a tornare dal suo principe di mezz'età. Forse insomma bisogna prendersele certe libertà e correrli certi rischi. Forse voi dovreste andare di là. Prendere la valigia di quel tizio che sta per partire con voi e dargli un'occhiata per capire chi vi state portando dietro e organizzarvi di conseguenza per la prossima volta. Piano piano, un passo dopo l'altro potreste addirittura spingervi a mettere becco nel bagaglio a mano. E fargli capire che lo zaino Invicta non si utilizza più in luogo pubblico dal 1993.