giovedì 28 febbraio 2013

A proposito di decrescita felice

Probabile che in questo programma generalizzato di decrescita felice ci metteranno a dieta. 

mercoledì 27 febbraio 2013

Toglietevi quegli occhiali

Per noi che portavamo occhiali da nerd prima che li scoprissero gli hipster questi sono anni difficili

lunedì 25 febbraio 2013

Cosa ci ha lasciato il Diavolo veste Prada


La peggior eredità del Diavolo veste Prada non è neanche la diffusione di finte collane Chanel ma Anne Hathaway

venerdì 22 febbraio 2013

Ma tesoro siamo sicuri che ti chiami proprio così?


Dal Giornale del Popolo del 22 febbraio
Telefonate da controllare, luoghi di nascita da inserire su Google, conti della spesa da spulciare minuziosamente perché il risparmio record che ha sbandierato tornando a casa con la nuova tessera fedeltà non è assolutamente credibile. Il caso di Oscar Giannino ci ha precipitato nelle sabbie mobili dell'incertezza e del perenne sospetto, per cui non c'è più niente che possiamo concederci il lusso di accettare a scatola chiusa. Pochi giorni fa il giornalista è stato costretto a svelare di non avere mai conseguito le millantate due lauree né il famoso master a Chicago. Poche ore più tardi l'affondo è arrivato dal mago Zurlì, anima dello Zecchino D'Oro, che ha negato che il festival abbia mai avuto un Oscar Giannino bambino tra i suoi partecipanti. Ora non c'è frase che il povero Oscar pronunci senza scatenare gli eserciti del fact-checking, pronti a trovare conferme o smentite per quel che lui va raccontando. Ma la conseguenza più grave è quel che è successo alla gente comune, improvvisamente in crisi perché si rende conto di non aver mai visto il diploma di laurea del marito. E che dire dei nostri uomini che vanno sempre in un'altra stanza per rispondere al telefono? Chi si dice che non sia un impostore invece che una persona semplicemente riservata ed educata? Come accade dopo Truman Show, quando sapere della presenza di una porta nel fondale finto fa rimbalzare il dubbio della artificiosità su tutto, il fatto di scoprire delle bugie ci fa sospettare che tutto quel che incontriamo sia solo una bugia non ancora smascherata. Ecco cosa succede, a dissacrare il mago Zurlì.

giovedì 21 febbraio 2013

Fashion Armageddon

Poi, un giorno, sono arrivati anche i calzini con le infradito. E i soprabiti con fiori applicati, un ibrido tra Guru e Desigual che ancor m'offende. Poi dicono che i Maya sbagliavano.

mercoledì 20 febbraio 2013

Dire bugie è un'arte. Ma anche crederci lo è

I bugiardi seriali non sono serial killer. Spesso sono brave persone, amabili, simpatiche, ti prendono il cuore, la testa, ti amano e ti convincono ad amarli e magari a sposarli con frasi ammalianti che combaciano con quel che desideri. Un giorno mia madre mi telefonò all'università. «Senti, ma è vero che stai dando gli esami?». Segue storia del figlio di amici di famiglia. Il giorno della laurea i suoi lo incontrano già sulle scale della facoltà col sorriso stampato in faccia per la lode: «Si è ritirato uno, mi hanno chiamato prima». Solo mesi dopo, per caso, un parente scoprirà che quella laurea non c'è mai stata. Poi c'è quell'altro che ti fa leggere il suo romanzo. Bellissimo, solo un po' già sentito. Lo ritrovi paro paro su internet. Il bugiardo seriale è così: non si dà pena di nascondere il plagio, la sfrontatezza è un ingrediente fondamentale della sua narrazione. Parte dell'abilità del bugiardo seriale sta proprio nel non mostrare sforzo alcuno. Tu balbetti mentre dici la verità, lui non ha neppure un cedimento mentre inventa all'istante una storia completamente falsa. Oscar Giannino ha mentito su qualche titolo di studio e ora, come ogni bugiardo seriale che incontriamo noi, è sottoposto all'onta del fact checking. Ma il bugiardo seriale non inganna mai completamente il proprio interlocutore se non con la sua, sottile e sicuramente inconscia, complicità. Perché una donna può trovare decine di orecchini nelle tasche della giacca dell'uomo con cui si sveglia e macchie di rossetto e ricevute di fiori che non hanno mai profumato la sua sala da pranzo. E ugualmente continuare a fare calcoli complicatissimi per darsi una spiegazione invece di un banalissimo due più due. Fino a che un giorno il velo si squarcia e tutto improvvisamente viene giù, comincia a combaciare con quel primo sospetto timido sepolto sotto stratificazioni di trasporto amoroso o pigrizia intellettuale. Perché quegli orecchini non possono certo essere di tua suocera, quel segno colorato sulla camicia non somiglia neppure lontanamente a un succo di fragola e al cimitero, da che mondo e mondo, non si portano le rose. Forse Oscar Giannino è un bugiardo seriale, forse ha solo migliorato un po' la realtà e, in fondo, di cosa può scandalizzarsi una repubblica fondata su Photoshop? Però una fiducia tradita una volta è tradita. E tornare a parlarsi senza il fact checking è un lavoro duro, come la costruzione di un amore. Auguri, Oscar. Auguri sinceri.

venerdì 15 febbraio 2013

Crozza, Pistorius e l'immedesimazione


Dal Giornale del Popolo del 15 febbraio
Nessuna di noi aveva mai pensato che le lacrime, quelle improvvise e irrefrenabili che funestano la vita delle donne, avessero un corrispettivo maschile nell'assoluta mancanza di salivazione. Ce l'ha fatto capire l'altra sera, sul palco di Sanremo, Maurizio Crozza, contestato in diretta da uno spettatore in platea offeso dalla sua imitazione di Berlusconi. Il giorno dopo più che in destrorsi e sinistroidi ci dividevamo in costernati e contenti. I secondi devono essere quelli che non sono mai caduti durante il saggio di pattinaggio, quelli che non hanno mai fatto la pipì addosso dormendo a casa degli amichetti, quelli che non hanno mai dimenticato aperta la botte del vino in cantina, riempiendo il garage di tanto alcol da far ubriacare i canarini e prosciugare le scorte familiari per l'inverno. Tutti costoro vedono Crozza con la bocca impastata e la mandibola bloccata e pontificano sulla reazione giusta da avere in questi casi. Spiegano che è lì che si vede il vero professionista, che lo spettacolo deve andare avanti ma se non va avanti sono ancora più contenti perché hanno materiale a bizzeffe, il giorno dopo, per spiegare come sarebbero dovute andare le cose. Perché sono tutti coraggiosi, con la reputazione degli altri. Sono gli stessi che ieri, a tragedia appena avvenuta, si interrogavano sospettosi sul perché Oscar Pistorius dovesse avere una pistola in casa, su come sia possibile non riconoscere la propria fidanzata, su come si possano sparare ben quattro colpi prima di rendersi conto del tragico errore. Tutto, pur di scacciare il demone dell'immedesimazione che ci farebbe riconoscere fragili e anche talmente cretini da poter fare del male a chi amiamo. Persino nel giorno di San Valentino.

sabato 9 febbraio 2013

Ti piace la borsa gialla? Comprane una blu


Per chi ha votato Renzi alle primarie sentirsi chiedere di votare Bersani alle politiche è come arrivare alle casse dell'Ikea di fronte al famoso cartello: «Ti piace la borsa gialla? Comprane una blu». L'illogicità è talmente cristallina che lo fai. C'è tutto il tragitto fino a casa per pentirsi.

venerdì 8 febbraio 2013

La frangia di Michelle e quel giudizio a posteriori

Quando si è presentata, qualche giorno fa, col viso incorniciato da un caschetto inedito, Michelle Obama ha confermato quella grande verità che noi femmine non impariamo fino a che non ci rimettiamo i nostri, di capelli. La grande verità è che ci sono poche donne adatte alla frangetta e generalmente sono quelle che la portavano quando le madri gli infilavano la merenda impacchettata dentro la cartella dopo averle pettinate. Questa grande verità è nota a tutte le donne, però per tutte arriva il momento dell'incontro col parrucchiere audace che non si capacita che in trent'anni di vita nessuno possa aver avuto l'illuminazione: «Ma perché non dovrebbe starti bene, anche se hai il visto un po' tondo?». Per alcune, pochissime, è l'inizio di una rivoluzione estetica; per tutte le altre è l'inaugurazione di un paio di mesi pettinate come un gettone delle giostre e commenti maschili che nei casi più benevoli si fermano ai riferimenti a Rita Pavone. Probabilmente Obama non è perfido come gli uomini che frequentiamo noi e avrà evitato qualunque tipo di commento. Chi invece non si è risparmiato sull'aspetto della first lady è l'allenatore di una squadra liceale americana. Pur evitando commenti sulla frangetta, di fronte ai suoi studenti ha disprezzato i programmi alimentari salutisti imposti dalla first lady alle scuole dicendo che una con quel “culone” non ha proprio niente da insegnare in fatto di alimentazione. All'incauto allenatore la diffusione di un video con le frasi incriminate è costata il posto. Noi ci siamo addormentate sognando un mondo in cui ogni uomo che prende in giro la frangetta o la superficie del sedere di una donna venga licenziato. E ci siamo svegliate nell'incubo di una disoccupazione alle stelle.


martedì 5 febbraio 2013

Dialogo tra due insospettabili renziani


LEI: La verità, la vera verità è che io mi sento sedotta e abbandonata e adesso tutti dicono di guardare avanti e lui stesso ci dice di guardare avanti e poi ci sono gli stronzi che dicono che non è stato vero niente e i finti buoni che la prendono con filosofia (della serie: «È stato meglio lasciarsi che non incontrarsi») ma io non riesco a rassegnarmi. E tutto questo vecchiume politicante non fa che ricordarmi che c'è stato un tempo, un attimo in cui tutto sembrava poter cambiare. Ma non c'è più Adesso.

LUI: Che dire? "Sedotto e abbandonato" sono gli unici due aggettivi che descrivano la parabola quotidiana del nostro tormento (politico). Fra cinque anni quando si tornerà a votare ci saremo ancora? E non avremo i coglioni così frantumati dalla politica tanto da non volerne più sapere di votare? Cinque anni sono un'enormità di tempo oggigiorno: solo per fare qualche esempio, 5 anni fa twitter non c'era, io avevo i capelli, tu non eri sposata... fra 5 anni tua figlia andrà praticamente a scuola, io avrò (se è il caso) 43 (dico quarantatré) anni... devo andare avanti?!
E che ne è stato del "Vivere il presente?!"
No Matteo no, questo è troppo anche per noi abbandonati di lungo corso

venerdì 1 febbraio 2013

Beckham, Balotelli e l'utilità sociale dello sport

Dal Giornale del Popolo dell'1 febbraio

Magari qualche fantasioso programma di scali poteva farli incrociare in aeroporto per la gioia dei metal detector ormonali delle loro fan. In realtà non si incroceranno se non per il destino che li vuole entrambi sportivamente in viaggio. David Beckham dall'America alla Francia e Mario Balotelli dall'Inghilterra all'Italia. Il collega esperto dice che in Francia, il nostro bel David, porterà sponsor e tanta attenzione mediatica, perché, lo vediamo anche noi che pure siamo ancora accecate dalle sue innumerevoli pubblicità in mutande, anche se non li dimostra il ragazzo un po' di anni sul groppone li ha eccome e non si può sperare che in campo faccia chissà che. Perché si sa che ai giocatori di calcio accade quello che succede a noi ragazze, che quando smettiamo di essere  ragazzine cominciamo ad essere apprezzate per la simpatia. Ma Beckham è un po' la Lollobrigida del calcio e sembra supplire con il suo infinito fascino all'andare del tempo. I maschi cinici sorridono dicendo che è un'operazione di marketing che serve per le cretine come noi che probabilmente potrebbero iniziare ad accendere la tv nei momenti giusti se qualcuno li rassicurasse che il gesto di togliersi la maglia dopo i goal è tornato di moda. Chi di certo da questo punto di vista non ci farà mancare niente è Mario Balotelli, che un risorto Silvio Berlusconi ha ingaggiato nella speranza di trasformare i tifosi in elettori. Noi siamo pronte a nutrirci dell'indotto gossipparo che ne deriverà e per una volta cambiamo idea per un buon motivo. Il calcio, ogni tanto, è davvero uno sport socialmente utile.