giovedì 30 settembre 2010

Tutto Beautiful in sei minuti


Contate quante volte compare la frase: Ridge è confuso.

venerdì 24 settembre 2010

Che barba, che noia


Dal Giornale del Popolo del 24 settembre
Io penso che non ci sia coppia italofona che non abbia mai fatto la scena delle coperte di Sandra e Raimondo. Ce l'avete tutti in mente come la sigla di quei cartoni di immenso tempo fa. A letto, la sera, dopo una giornata di assurdità da sitcom che solo la vita reale può imitare degnamente. Lui legge la Gazzetta dello Sport, lei si mette a dormire aspettando che lui spenga la luce. Comincia ad agitare i piedi furiosamente, le coperte si scompongono, ma lui no. Legge. Per un impressionante numero di anni tutte le puntate di Casa Vianello si sono concluse così, con una scena direttamente tratta dalla trincea di ogni coppia che si erge in camera da letto. Sandra e Raimondo ci mancano terribilmente come ci manca una cosa che si è stati abituati a vedere per troppo tempo. Una cosa s'è addirittura snobbata, ma che in anni di noiosi pomeriggi a casa con la tv accesa ha fatto sedimentare una familiarità imprevista. Nella morte di Raimondo e nel seguirlo di Sandra dopo pochi mesi è riscoppiato quel romanticismo che tentiamo di soffocare tutti i giorni, pensando che sia la stessa cosa dell'amore che si corteggia nelle innumerevoli trasmissioni di Maria De Filippi. E allora voi direte, come dite, lo so, che la Ficcanaso vive una mutazione imprevista verso la bontà e i buoni sentimenti man mano che gli anni passano e i capelli bianchi aspettano dietro l'angolo. Ma la Ficcanaso oggi piange Sandra e Raimondo come si piange una coppia che nel sua irresistibile scontatezza fa venire balzane idee. Fa venire persino voglia ai più insospettabili di vincere quell'allergia agli anelli all'anulare sinistro. Solo per il gusto di agitare i piedi furiosamente sotto le coperte ogni maledettissima sera.

giovedì 23 settembre 2010

Non amate lo sport

Dal Giornale del Popolo del 17 settembre
Gli ultimi tempi sono stati segnati da rivelazioni devastanti e verità sconvolgenti. Prima Tiger Woods infestato di amanti e coinvolto in un divorzio milionario, poi il calciatore inglese Rooney che avrebbe tradito la moglie con svariate escort persino quando lei era incinta. L'ombra della vergogna ha per un attimo offuscato anche Casillas, il portiere della nazionale spagnola che per festeggiare la vittoria del mondiale baciò in diretta tv la fidanzata giornalista che lo stava intervistando, regalandoci un motivo per appassionarci allo sport. Una squinzia di cui non ricordiamo il nome ha millantato una love story con il bel capitano e l'allarme si è sparso in tutto il mondo che l'aveva eletto eroe romantico-sportivo dell'anno. Poi tutto è risultato una bufala: lei ha smentito, lui ha smentito, i giornali hanno ritrattato. Ma noi avevamo già iniziato a riflettere. Il fatto è che, tra notizie vere o bufale, qui le rivelazioni si fanno sconcertanti. Nell'ordine. Gli uomini rischiano di tradire le loro mogli. Il rischio aumenta in maniera direttamente proporzionale al tasso di fascino e successo posseduto dall'uomo in questione. L'uomo fedifrago non si ferma davanti a niente, neppure di fronte alla gravidanza della moglie. Fosse solo questo. Abbiamo passato una vita a sentir celebrare i sani valori dello sport, quelli che cominciano con lo spirito di squadra e finiscono con l'autodisciplina e il senso del sacrificio. Poi in un attimo e arrivato il doping e poi questo tornado di rivelazioni che ci ha dimostrato che non c'è luogo immune dalla perdizione. E allora tanto vale ricominciare a perdere la testa per cantanti e artisti notoriamente poco raccomandabili. Ai concerti ci si diverte certo più che alle partite.

mercoledì 22 settembre 2010

Repetita iuvant


p.s. della serie: chi non prende Rai Due guarda Devil wears Prada, all'ennesima replica.

giovedì 16 settembre 2010

Free Cattelan in Milan


Se lanciare appelli non fosse estremamente sconveniente, io lancerei questo.

martedì 14 settembre 2010

Dismiss Italia

«Che pena storica dovrà mai scontare il nostro Paese per sopportare ancora la presenza tv di Emanuele Filiberto?». Grazie Aldo.

lunedì 13 settembre 2010

Una vita al telefono/sequel

Peggio che rimanere senza cellulare per tre giorni e mezzo c'è solo il recuperarlo e trovare cinque (dicasi cinque) sms. Socialmente irrilevante.

venerdì 10 settembre 2010

Una vita al telefono

Dal Giornale del Popolo del 10 settembre 2010
La prenderò con filosofia per godermi la sensazione di inaudita libertà. Chissà potrebbe essere l'occasione per smettere, come ci si ripromette di fare ogni volta che si rimane senza sigarette. In fondo un giorno senza telefonino è divertente. Certo, all'inizio è destabilizzante quando temi di averlo buttato in lavatrice. Ma poi, quando scopri che è solo una defaillance momentanea, ancorché lunga a tempo indefinito, non puoi che rilassarti. E pensi che in fondo non ti sei mai sentita così leggera e priva di vincoli. Ti riscopri a consultare l'orologio (che nel frattempo hai comprato perché prima utilizzavi il display) e persino a rispettare gli orari per gli appuntamenti, anziché iniziare a prepararti quando chi deve passare a prenderti sotto casa ti fa il primo squillino e scendere di corsa al secondo. Senza lo squillo di conferma o rassicurazione rischi addirittura di dover parlare con gli amici in viva voce e non per cenni tecnologici e tribali come gli sms. Appunto, gli sms. Di colpo ti trovi derubata della più splendida fonte di ambiguità e cazzeggio che questo decennio ci abbia regalato e d'improvviso ti sembra che non abbia senso guardare l'ennesima replica di Pretty Woman senza poter messaggiare alle tue amiche a ogni scena topica. Ma forse è un bene. Forse significa che devi ricominciare a godere delle cose per te stessa. A prenderti i tuoi spazi. A fare cose, vedere gente (ammesso che tu riesca a rintracciare qualcuno). A utilizzare la tecnologia solo a piccole dosi. Potresti perfino decidere di riattaccare la spina del telefono fisso di peluche e smettere di credere che averne uno sia una scelta troppo definitiva. O addirittura goderti l'incredibile romanticismo retrò di questo essere costretti a darsi gli appuntamenti al parco come alle medie. Peccato che il parco siano pieno di nanerottoli delle medie che si fanno le foto col cellulare.

venerdì 3 settembre 2010

Cacciare il naso

Ottimamente, la Berni ci informa sui siti/blog che spiano le case della gente. È un po' il concetto Sartorialist sull'arredamento. Wow wow. Questo mi fa venire in mente che in Sex and the city due (Il film), c'è una frase che va salvata con tutte le forze possibili. Carrie in un negozio di vestiti viene calorosamente salutata dalla commessa che non la vedeva da tempo. «Hai ragione – ammette lei mortificata. Ho tradito la moda per l'arredamento». Non so voi, ma io mi sono sentita in colpa.

Family Brown

E siccome è facile incontrarsi

«Leva il tuo sorriso dalla strada e fai passare la mia malinconia». Ci sono dei giorni, un bravo analista li riterrebbe alternativamente molto pericolosi o molto profondi, in cui varrebbe la pena mollarsi in malo modo per poter cantare col giusto pathos certe canzoni di Lucio Dalla come Mambo e domandarsi gridando a squarciagola «se d'amore è proprio vero che non si muore cosa faccio nudo per strada mentre piove?». Siamo talmente abituati alla retorica della tragedia che a volte ci manca incredibilmente. Fa parte del copione che sappiamo, che abbiamo imparato a forza di quel bombardamento di cultura pop romantica con cui siamo cresciute. Se abbiamo già detto più volte con Venditti che «certi amori non finiscono» è logica conseguenza che abbia ragione Jovanotti a dire che «com'è strano incontrarti di sera in mezzo alla gente, salutarci come due vecchi amici “ehi ciao come stai”, quando un giorno di notte ti ho detto “non ti lascerò mai”». Siamo talmente affezionati al romanticismo che incontrandoci dopo mesi di silenzi e cuori spezzati ci rimaniamo malissimo a scoprire che non proviamo niente e la cosa sembra essere insopportabilmente reciproca. Sono diventata insensibile, diceva l'altro giorno fonte autorevole coperta da anonimato. Si aspettava il tuffo al cuore, l'emozione, lo sconvolgimento, si aspettava di chiedere tremante di eventuali matrimoni e figli e invece si è ritrovata spigliata a fare conversazione, a spiegare che maddai ti trovo bene, in forma e lei come sta? E lì, mentre gli struggimenti di ieri lasciavano il posto all'urbana conversazione di oggi ha capito che nemmeno i cuori si spezzano più come un volta.

giovedì 2 settembre 2010

Pochi euro e novanta


Scott Schumann è anima e cuore di The Sartorialist, il blog che da anni pubblica scatti di persone “stylish” incontrate per strada. Scott gira le città e il mondo con la sua macchina al collo e immortala la gente comune con una convinzione di fondo: nelle strade delle nostre città si trova quel quid di fantasia e di imprevedibilità che fa scuola di stile almeno quanto le sfilate di moda. Questa è la teoria, poi la pratica dell'osservazione a opera di sguardi maligni e invidiosetti non può che notare che, più passa il tempo, più il caro Scott incontra per strada solo signori eleganti e ragazze dalle gambe interminabili, spesso e volentieri fuori dalle sfilate di New York e Milano. Di certo non ha mai incontrato gente che corre dietro al tram strozzandosi con le cuffie dell'iPod. Ma questa è malignità e soprattutto un'obiezione irrilevante: l'argomento di chi snobbava Sex and the city dicendo che non era credibile che delle ragazze girassero per New York in tacco dodici e Carrie si pagasse quei preziosi tacchi con venti righe vergate settimanalmente su un giornale. Obiezione irrilevante perché come vita normale e fin troppo credibile ci basta la nostra, alle serie tv non chiediamo verosimiglianza ma sogno, divertimento, acume, follia, chiediamo di prendere i problemi di tutti (lui mi ama ma non lo sa, i suoi amici mi snobbano, lui lavora troppo) e farli diventare patinati e risolvibili. Voglio dire che se uno è interessato alla realtà esce di casa, mica accende la tv. Lo stesso vale per le foto di Schumann: street photography o no, ci regalano grandi ispirazioni, ci mostrano come si dovrebbe essere, la loro pretesa spontaneità è ancora più spietata e ci costringe a domandarci come fanno gli altri a vivere la loro vita con leggerezza, a indossare le loro imperfezioni con levità mentre noi ci rosicchiamo le unghie pensando che l'eleganza non si compra e se stamattina ci incontrasse The Sartorialist butterebbe la macchina fotografica. Ora succede che il nuovo corso del marchio Oviesse preveda una campagna pubblicitaria ispirata alle foto di The Sartorialist e firmata dallo stesso Schumann. I giornali sono tappezzati di pubblicità di gente dell'alta società con capi da pochi euro e novanta addosso. I nomi di queste signore sono più lunghi delle descrizioni dei vestiti che indossano, di certo più lunghi dei prezzi. Dettaglio irrilevante per chi all'Oviesse non ha mai comprato neppure i calzini per la propria colf. E per chi il compenso della campagna pubblicitaria lo devolve ovviamente in beneficenza.
(la foto è rubacchiata dal Corsera, ci sono altre decine di soggetti poi)

mercoledì 1 settembre 2010

Facebook e i paletti

Dal Giornale del Popolo del 26 agosto
La Germania potrebbe approvare una legge che impedirebbe ai datori di lavoro di controllare Facebook e altri social network per studiare i profili delle persone in cerca di un'assunzione presso le loro aziende. Gli addetti alle assunzioni che non si accontentassero delle ottime conoscenze del pacchetto Office certificate dai nostri curriculum, dovranno trovare altri mezzi per sapere con chi hanno a che fare. Francamente non dovrei occuparmi di questo tema, perché non possiedo un profilo Facebook per via di quel mix di pigrizia, diffidenza e snobismo che guida la mia vita. Eppure il tema mi inquieta, anche perché appartengo all'orrida razza di coloro che snobbano Facebook ma non disdegnano periodici giretti di ricognizione con gli account delle amiche. E dunque dall'alto dell'esperienza di una ficcanaso coi fiocchi che dico che il tentativo di introdurre privacy e regole in quella bailamme di foto, commenti, chat, status e amicizie è inutile e perfino sottilmente totalitario. Sbirciavo i profili di alcune conoscenti, l'altro giorno. E santo Iddio se possedessi un'azienda non assumerei mai nessuno che si fotografa di tre quarti in bikini come Lory del Santo ai tempi dell'Isola. Nessuno che renda pubblici autoscatti improbabili. E già che ci siamo sfatiamo il mito che le foto che mettiamo sui social network ci fanno apparire bellissime. La vanità di apparire offusca persino il senso estetico e, ragazze mie diciamocelo, certe volte pubblicate cose che vi procurano una pessima pubblicità e non solo con potenziali datori di lavoro. Insomma se hai voluto un account Facebook ti esponi per definizione al rischio dello spionaggio aziendale e sentimentale. Sanzionarlo è ingiusto. Anche perché sono a un passo da convincere un'amica a chiedere l'amicizia al tizio che mi spezzò il cuore alle elementari e non intendo farmi sfuggire le sue foto per niente al mondo.