venerdì 21 dicembre 2012

Addobbati da matrimonio

Dal Giornale del Popolo del 21 dicembre

Potreste non leggere queste righe perché il mondo sarà già finito. Potreste leggerle con un sospiro di sollievo perché non è finito. Potreste essere ancora diffidenti perché con questa storia della profezia Maya non si è capito secondo quale fuso orario dovremmo aspettarci la definitiva e rovinosa chiusura dei giochi. Un evento che ci libererebbe dai dilemmi che ci fanno sentire persone brutte e ottuse. “Dici che si accorge se il regalo glielo diamo tre giorni dopo, così non facciamo code nei negozi? Ma soprattutto: siamo proprio sicuri che una bambina di otto mesi abbia bisogno del regalo?”. Giusto il tempo di pensare che sono tutti sobri, coi regali degli altri, che il dilemma muta e si sposta. Esiste un dress code per le feste natalizie? E se il clima natalizio si somma a quello matrimoniale chi vince? Nei suoi lunghi anni da professionista di matrimoni la ficcanaso aveva conosciuto una battuta d'arresto considerevole e provvidenziale perché collocata nel periodo di massimo sovrappeso mai conosciuto. Niente matrimoni per un anno e poi ne arriva uno a tradimento: tre giorni prima di Natale, la partenza per nuovi lidi rimandata, il dilemma della baby sitter, il vestito in cui entrare, la pioggia, la tentazione di addobbarsi con lucine intermittenti rubate all'albero di Natale e lasciare che la sorte faccia quel che deve. Quello di domani è l'ultimo matrimonio dell'anno e anche il primo. È quello su cui ironizzavamo da mesi: proprio il giorno dopo la profezia Maya, cos'è un tentativo di sfidare la sorte? Esattamente. Come ogni matrimonio che si rispetti. E quello di domani ci commuove forse più degli altri. E non solo perché siamo tutti scampati alla fine del mondo.

venerdì 14 dicembre 2012

Noi che l'iPhone lo usiamo con moderazione

Dal Giornale del Popolo del 14 dicembre
Certo, l'abbiamo fatto per poter telefonare senza dover per forza gridare dentro un auricolare in via di decomposizione. L'abbiamo fatto per poter scattare foto che non rendessero verde l'incarnato di chiunque. L'abbiamo fatto per poter avere sempre nella borsetta uno strumento tecnologico di tutto rispetto e, bisogna dirlo, pure un accessorio decisamente trendy. I motivi per cui noi ragazze possiamo aver comprato un iPhone sono tanti e vari, ma tutti secondari rispetto a quello di prendersi l'enorme soddisfazione di mostrare che noi siamo antropologicamente diverse da loro. Che noi siamo in grado di pranzare di fronte a una persona senza diventare strabiche per controllare il telefono appoggiato sul tavolo. Anzi che noi il telefono sul tavolo non lo appoggiamo proprio, perché non siamo mica cafone come i maschi con cui usciamo a cena. Noi riusciamo a guardare un telefilm della durata di una intera ora senza violare il buio della sala con l'illuminazione del nostro fedele amico. Noi lo usiamo per avere sempre con noi la lista della spesa, controllare gli aggiornamenti di gossip, conversare via chat con coloro che non abbiamo voglia di sentire al telefono. Noi abbiamo codificato una serie di utilizzi che non violano le norme del vivere comune e sappiamo stare ore intere senza controllare la schermata di Twitter. Noi siamo padrone della tecnologia che abbiamo acquistato, come quelli che comprano la tv ultimo modello e poi si vantano di non guardarla mai. Noi siamo perfettamente in grado di gestirci. Ora dobbiamo solo trovare un'applicazione per parlare con il nostro compagno di divano.

martedì 11 dicembre 2012

William, Kate e i ragazzi sulla giostra

Dal Giornale del Popolo del 7 dicembre 
Così arriverà anche per te il tempo del primo di tanti bivii. Accomunarsi alle altre signore panciute e rotolare su un tappeto in cerca di una elasticità che dovrebbe tornare comoda un giorno. Oppure snobbare radicalmente le guru della gravidanza consapevole fino a decidere che tu un corso pre parto mai, ché non si capisce perché si debbano passare nove mesi a immaginare l'inimmaginabile. Così capirai se sei una che la prende vomitando al mattino presto o non digerendo mai o addormentandoti in ogni dove. Saprai se potrai scegliere il sintomo più adatto per te o se avrai l'onore di conoscerli tutti. Sapremo se tu e lui siete di quelli che vogliono sapere subito di tutto di più o se siete decisi a mantenere la sorpresa destinando la creatura a una miriade di tutine giallo unisex nel corredino e voi stessi a una roulette russa di nomi lunga nove mesi. Sapremo se riuscirete ad arginare ragionevolmente la follia di signori di mezz'età che si svegliano nonni una mattina e cercano di farsene una ragione buttandosi sul bricolage. Sapremo se sarete in grado di riciclare magistralmente le tutine più orrende ricevute in dono o se vi farete degli scrupoli inutili che vi riempiranno l'armadio di spazzatura. Sapremo se riuscirete a insonorizzare le vostre orecchie di fronte ai consigli non richiesti dei passanti che ritengano che il vostro bambino potrebbe avere freddo. Insomma, sapremo se siete pronti a salire nella giostra o no. Ma intanto ci siete saliti lo stesso. Quindi auguri. E non solo a William e Kate.
(Il geniale capo di abbigliamento della foto è opera del milanese Milk Bar

venerdì 30 novembre 2012

Jovanotti deluxe

Dal Giornale del Popolo del 30 novembre
C'è gente che guarda le suole delle tue scarpe più belle. Le esamina. Cerca di immaginare quanto possano costare e le divide per le volte in cui le hai indossate, desumendo il dato dal grado di usura delle suole. Ne ricavano una sorta di coefficiente di ragionevolezza della spesa che viene usato contro di te: che senso ha spendere così tanto per scarpe che indossi così poco? In questi giorni gente di quella risma si sta esercitando sull'ultima fatica di Lorenzo Jovanotti Cherubini. «Perché alla fine – dicono ­- si tratta di 93 euro e le canzoni nuove sono otto». Non ha senso mettersi sul loro stesso piano ed elencare i beni contenuti nel cofanetto deluxe: dalle copertine firmate Cattelan ai contenuti speciali audio e video. Non ha senso raccontargli che è un'antologia con tutto quello che di esaltante e pericoloso una parola del genere significa. Non ha senso perché loro praticano l'addizione e la divisione laddove non esiste il calcolo. Tra i fan di Jovanotti ci siamo noi e ci sono gli altri. Negli anni il fronte degli altri si è diviso nei maschi che ne apprezzano i musicisti validi pur criticandone il pensiero positivo e quelli talmente alternativi da dire che lo hanno amato solo fino a La mia moto. Insomma: ci sono gli altri, bendisposti solo a patto di poter circoscrivere il loro apprezzamento, e poi ci siamo noi. Noi che sognavamo uno che ci promettesse «mettiti con me non sarò un figlio di puttana», come lui cantava a metà anni Novanta con quella Serenata rap che ascoltata oggi ha l'effetto di un’indigestione di madeleine di Proust. Noi che siamo diventate grandi autodedicandoci le sue canzoni per donne lunatiche. Donne lunatiche che solo su qualche scarpa e qualche cantante non hanno mai cambiato idea. 

venerdì 16 novembre 2012

Un'occasione per ogni abito

Dal Giornale del Popolo del 16 novembre

Ognuna ha le amiche che si merita, così ieri io e le mie ragazze di riferimento ci trovavamo in tre parti diverse del mondo. Milano, Lugano, Losanna. Tre città interessate dallo sbarco dell'ultima ed ennesima collezione firmata da un grande stilista per H&M. Quest'anno era il turno di Maison Martin Margiela. Da quando la ricorrenza è stata scoperta dalle masse noi passiamo le settimane precedenti al lancio a snobbarla apertamente e criticarla ferocemente. L'idea di mettersi in fila e sgomitare tra ventenni e quarantenni per poter strisciare le nostre carte di credito, ci pare troppo. In più da un paio di anni a questa parte esiste anche un tempo massimo di permanenza nel negozio, con il risultato che decine di ragazze si trovano a comprare in cinque minuti abiti che richiederebbero una settimana di addestramento solo per capire qual è il davanti e quale il dietro. Se nei prossimi giorni vedrete in giro per le vostre città esemplari di improbabili gonne asimmetriche, piumini che sembrano ghiaccioli al limone rovesciati, fuseaux che rifulgono come palle stroboscopiche e via dicendo, non allarmatevi. È solo l'effetto di questa follia collettiva a cui noi, che quando serve dei princìpi ce li abbiamo e li applichiamo, abbiamo deciso di opporci. Fino a che. «Passavo di qua per caso e ho visto che è proprio una buona qualità». «Sai com'è, qua non c'è tanta fila, ancora la gente non le capisce fino in fondo queste cose». «Ma sì prima o poi un'occasione per mettere questi pantaloni ce l'avrò». «A Capodanno, certo. Li metterò a Capodanno». E così, mentre i nostri armadi continuano a riempirsi di abiti per cui prima o poi avremo l'occasione giusta, evitiamo di ricordarci a vicenda che l'ultimo Capodanno ci hanno dovuto svegliare a cannonate per stappare una bottiglia di spumante. Vorrà dire che tutti quei capi li useremo come pigiama. Perché non c'è principio che non valga la pena infrangere.

venerdì 9 novembre 2012

Noi, loro, i forconi e i pop corn

Dal Giornale del Popolo del 9 novembre
Su Twitter gli hanno fatto gli auguri anche Elisabetta Canalis e Luigi De Magistris. Lo so perché qualcuno me l'ha segnalato, io non li seguo perché non riesco a liberarmi del complesso per cui seguire qualcuno su Twitter significhi esserne un po' fan. Era solo per dire che probabilmente gli auguri, a Barack Obama, li hanno fatti anche i direttori dei giornali ticinesi o i politici svizzeri. Non lo so. La sera dell'election day qualunque maratona televisiva otteneva l'effetto di farmi venire voglia di aprire un libro. Poi la notte qualcuno ha tentato di svegliarmi dicendo che aveva vinto Obama. La mattina ho fatto quel che facevo da piccola quando andavo a letto prima di conoscere il vincitore di Sanremo. Con la differenza che allora aprivo il Teletext per scoprire verità come “trionfa Massimo Ranieri” e oggi mi toccano le analisi di Beppe Severgnini. Oggi, come quattro anni fa, continuo a domandarmi perché la nostra politica non interessi a nessuno (men che meno a noi) e la loro scaldi il mondo intero. E non parlo solo dei nerd che padroneggiano concetti come grandi elettori, Ohio, swing state. E neppure dei geopoliticamente consapevoli che ti guardano dall'alto in basso perché “non può non interessarti, sono loro i padroni dell'Impero”. Parlo della gente normale che non sa cosa sia la perequazione finanziaria ma di fronte alla parola “election night” sfodera i pop corn. E oggi siamo tutti qui a tirare un sospiro di sollievo perché ha vinto il figo presentabile e telegenico, dimenticando che, democratici o conservatori, da quelle parti non si esce dallo schema di mogli in gonnella, figli sorridenti e partecipativi e fede cieca, ingenua, solida e ottusa nella propria nazione (con una sincerità francamente inesportabile al di qua dell'Atlantico, perché per noi il cinismo è per noi quello che per loro è il burro di arachidi). Forse il segreto è tutto nell'estrema televisività di tutto il côté, sempre a prescindere dai contenuti. Perché l'America produce Tarantino. Ma resta sempre quella di Peyton Place.

venerdì 2 novembre 2012

Termini ricorrenti

Dal Giornale del Popolo del 2 novembre

Di tempo ne è passato e questa rubrica, facendo una botta di conti, staziona sull'ultima pagina che avete in mano da qualcosa come cinque anni. Ovviamente si tratta di un conto approssimativo, perché l'età di una rubrica non può che essere come quella di una donna. Comunque, anno più o anno meno, la realtà è che di “ficcanasate” ne abbiamo prodotte un bel mucchio. Abbiamo parlato di vip, abbiamo parlato di Beautiful e di uomini, abbiamo parlato di canzoni e in particolare di Jovanotti, abbiamo parlato di Berlusconi, di Blocher, di Obama e di tutto quello che passa per politica. Abbiamo parlato di stagioni e di shopping. Abbiamo parlato di Halloween, di carnevale, di Pasqua, di Natale e di regali di compleanno. Abbiamo condiviso la nostra vita e le sue versioni romanzate, così prima o poi racconteremo anche della candelina di compleanno piazzata sopra un pezzo di Parmigiano Reggiano da due chili in mancanza di torta. Abbiamo parlato di noi e di chi ci sta intorno e oggi che ci sentiamo stupidamente espansive possiamo pure rivelare che finalmente siamo delle persone per bene perché abbiamo un falegname di riferimento. L'abbiamo trovato sull'elenco del telefono e tra tutti abbiamo scelto lui perché si fa chiamare Mastro Geppetto. Abbiamo trattato talmente tanti argomenti che per essere sicure di non ripeterci abbiamo fatto una ricerca sul blog, prima di mettere mano alla rubrica di oggi. Abbiamo cercato, sul blog in cui la Ficcanaso raccoglie il “meglio” di queste uscite settimanali, la parola su cui verte il pensiero odierno. L'abbiamo cercata e l'abbiamo trovata molto più di una volta. Quindi sia chiaro che questa è la ventesima e ultima. Non intendiamo tornare più sull'argomento e chi ha da intendere a questo punto avrà già inteso. Perché non c'è niente da fare. Contro la gelosia.

venerdì 26 ottobre 2012

Il successo degli altri e le urgenze domestiche

Dal Giornale del Popolo del 26 ottobre
Succede che ci si perde di vista perché il tempo passa e le città sono grandi e le vite diverse e i lavori distanti. Succede che una credeva di aver solo comprato una televisione e fatto una figlia e poi un giorno scopre che tutto questo l'ha precipitata nell'altra metà del mondo, quella di chi fa la spesa al mattino e in un nuovo locale nota le barriere architettoniche. Poi un giorno basta un click in più su Google, una lettura meno distratta e ti ritrovi un nome con cui hai condiviso, nientemeno, la prima esperienza di lavoro. Quel lavoro che era divertente solo perché ti faceva cambiare città, ma tutto il resto erano noia e scartoffie e non ci voleva un genio per capirlo: non faceva per te. In quel lavoro c'era uno che condivideva con te lo sfruttamento che giustamente si impone a uno stagista. Insieme abbiamo organizzato cose, sistemato rassegne stampa e inventariato vecchi regali di Natale nel seminterrato in cerca di oggetti che i nostri capi potessero riciclare per le feste imminenti. Poi «siccome è facile incontrarsi anche in una grande città» e, alla fine, barriere architettoniche o no, i locali sono sempre quelli, capita di scoprire che il lavoro che a te è servito a sentirti inutile, per l'altro è stato un trampolino. Considerati i compagni delle medie ormai sparsi in giro per il mondo dietro a lavori dai nomi inglesi e accattivanti, qui a sorvegliare il fortino della provincia (geografica e culturale) siamo rimasti in pochi. Ce ne sarebbe abbastanza per abbandonarsi a una salutare dose di pessimismo del venerdì. Ma grazie a Dio l'urgenza di liberare i vestiti imprigionati nella lavatrice piena d'acqua e quella di rimuovere la cappa franata sui fornelli della cucina ci ha restituito il senso delle proporzioni. 

venerdì 19 ottobre 2012

Ottobre e la tentazione del beige

Dal Giornale del Popolo del 19 ottobre

Avere quarant'anni è forse meglio che non averne più trenta. Ce lo siamo dette guardandoci in fatta di fronte all'ennesima vetrina in cui cerchiamo ristoro in queste giornate uggiose. Perché ottobre è tempo di necessità da guardaroba («Ho urgentemente bisogno di un paio di stivaletti bassi», scrive l'amica che invano immaginiamo a piedi nudi in mezzo a una strada) e di verità anagrafiche. Viviamo una sorta di adolescenza dello stile, un momento in cui basta una gonna troppo corta a sembrare una donna che tenta disperatamente di sembrare più giovane e basta un mocassino troppo classico a finire ingiustamente inserite nel circolo delle signore che lavorano part time e fanno volontariato. Siamo in difficoltà e l'abbiamo capito quando ci siamo ritrovate a lodare la “sobrietà” della collezione firmata da Maison Martin Margiela per H&M (nei negozi dal 15 novembre). In certi momenti di smarrimento il beige appare sempre come una via d'uscita. Un capo spalla, una una cosa dalle forme retrò, oppure uno di quei trench che costano un occhio della testa, ma poi «durano per sempre» (come se gli altri, quelli che costano una cifra ragionevole, si decomponessero nell'armadio). Le carte di credito fremono mentre noi cerchiamo il capo che ci farà assomigliare a quelle giovani donne educate che attraversano Milano in bicicletta con le scarpe basse, le gambe magre dentro i jeans, i capelli lisci e sciolti, il cestino di vimini pieno di verdure biologiche, i figli comodamente assestati sul sellino, neanche l'ombra di una goccia di sudore sulla fronte, nessun ghigno di fastidio all'ennesima buca sull'asfalto. Il loro spolverino beige sembra la concessione di una giovane donna alla tendenza più classica della moda. Il nostro sancirebbe la lapide sulla giovinezza perduta. Dev'essere per questo che il beige rimane sempre e solo una tentazione.

venerdì 12 ottobre 2012

Una tata è per sempre

Dal Giornale del Popolo del 12 ottobre

L'invito per il ricevimento privato, quello serale a Buckhingham Palace, l'ha declinato per paura di fare troppo tardi. Il giorno delle nozze di William e Kate trasmesse in mondovisione lei è andata alla cerimonia e poi è tornata a casa, probabilmente in tempo per qualche telefilm, senza utilizzare il cartoncino che chiunque avrebbe fatto a botte per avere. A quella anziana signora dall'aspetto dolce e severo lady Diana affidava i propri bambini mentre combatteva col cerimoniale di corte o badava a tenere alla larga Camilla. William e Harry l'adoravano e qualche giorno fa, quando lei è morta, solo una missione militare ha impedito ad Harry di partecipare al funerale. William ha lasciato sola la moglie nell'ennesima visita di rappresentanza ed è volato a dire addio alla sua tata. La mamma di quando la mamma non c'era, la mamma di rinforzo anche quando la mamma c'era. Perché alla fine ogni casa è uguale e se una persona normale non sa come gestire le lavatrici e tenere vivi i fiori e procacciarsi del cibo e magari pronunciare due parole che vadano oltre le necessità di sopravvivenza, figurarsi cosa può accadere nella casa di una che si sarà pure liberata dall'incombenza del ferro da stiro ma vive con l'aggravante della principessitudine. Nevrosi raddoppiate, perenne senso di inadeguatezza e poi due paia di occhioni che ogni sera ti guardano come a dire che a loro basta solo il tuo affetto, ma tu sei troppo occupata a macerarti perché non glielo dimostri abbastanza. In tutto questo Diana aveva al fianco una persona fidata. L'unica che non ha mai venduto i propri ricordi intrisi di intimità altrui a nessun giornale o trasmissione televisiva. L'unica che ha fatto da tata anche a lei. Perché c'è sempre bisogno di una tata. Soprattutto da grandi.

venerdì 28 settembre 2012

Minetti e le tagliatelle di nonna Pina

Dal Giornale del Popolo del 28 settembre
Il salumiere del supermercato ha 23 anni e un figlio di tre che gli ha cambiato la vita. «In meglio», specifica mentre flirta gastronomicamente con una signora di mezz'età che sta prenotando la trippa per sabato. «Ma solo se me la prepari tu, eh» butta là dall'alto del suo mocassino comodo. «E tu quanti anni hai?», domanda a bruciapelo voltandosi verso chi sta innocentemente scannerizzando il banco dei formaggi non grassi. «Ah, pensavo meno». Con il sospetto molto forte che non sia propriamente un complimento vi avviate alla cassa e arrivate a casa con un primosale e una ricotta di capra, giusto i viveri sufficienti per scoprire che Antonella Clerici non comprerà mai più costumi Parah. Il marchio ha infatti fatto sfilare la consigliera regionale lombarda Nicole Minetti durante la settimana della moda milanese e questo Antonella non l'ha proprio digerito. Apprendiamo da numerosi siti internet che centinaia di donne si sentono “tradite” dal marchio esattamente come la conduttrice televisiva. E noi stolte che, distratte dalla più grave crisi estetica della nostra vita, avevamo sottovalutato l'energia civile e rivoluzionaria delle tagliatelle di nonna Pina. Antonella Clerici non indosserà più costumi Parah e al boicottaggio si dicono pronte schiere di donne indignate. È emozionante scoprire il valore simbolico del bikini e questo gesto così coraggioso di tante donne, magari in sovrappeso come noi, che in una efficacissima nemesi useranno il loro corpo per dire basta. Lo faranno coprendosi. E allora forse la sfilata di Nicole Minetti acquisterà davvero un senso.

venerdì 7 settembre 2012

L'intelligenza è femmina

Dal Giornale del Popolo del 9 settembre

Per ragazze come noi, ferme a una visione retrograda e reazionaria del mondo, l'intelligenza è sempre stata un premio di consolazione per le racchie. Uomini altrettanto retrogradi e impresentabili quali quelli che frequentiamo aggiungono: “In fondo a me basta la mia intelligenza, non ho bisogno di trovarla in una donna”. Di più: l'intelligenza della partner costringe l'uomo a una condizione di sudditanza pressoché perenne, destinata a capovolgersi solo in caso di demenza senile. Comunque, sempre troppo tardi. I maschilisti più convinti e irredimibili dicono addirittura che l'intelligenza femminile è sempre un miraggio, dunque tanto vale non illudersi. Per darsi un tono citano pure la teoria di Oscar Wilde sul sesso decorativo. Altri ancora preferiscono avere amiche intelligenti e mogli sciocche, fornendo così una declinazione intellettuale del famoso adagio popolare per cui gli uomini escono con le sciacquette ma poi sposano le sante: escono con le intelligenti e sposano le stupide. Può capitare (dato che c'è ancora qualcuno che crede all'amicizia tra uomini e donne) che le mogli stupide si trovino confrontate con le amiche intelligenti dei mariti. A quel punto occorre recitare la parte della sposa devota ai neuroni del proprio uomo e caricare con puntiglio la lavastoviglie mentre la conversazione scivola su argomenti distanti anni luce dalla french manicure. Non parlate mai di quello che vi sta a cuore (tipo: Kristen Stewart e Robert Pattinson si rimetteranno mai insieme? E dunque: un uomo può perdonare una donna che tradisce?) e annuite serene. Nessuno rompe mai le scatole a chi ha l'intelligenza di vendere bene la propria stupidità.

L'arte di litigare

Dal Giornale del Popolo del 31 agosto

Forse è tutta colpa di queste cucine moderne, talmente educate che i cassetti non sbattono neanche se li tiri con tutta la forza che hai in corpo. C’è un meccanismo perfetto che li rallenta a un secondo dall’impatto, così viene neutralizzato uno degli ingredienti base di ogni buon litigio: sbattere le cose prima di sbattere in faccia all’altro una miriade di dettagli per girare intorno al vero motivo. Perché insomma lo vogliamo dire una buona volta o no che le camicie non si tolgono come magliette e insomma non ci vorrà mica una scienza a capire che i bottoni vanno slacciati prima di togliere la camicia, no? Ma forse non c’è tempo perché bisogna essere bene attenti a individuare con precisione il centro della sala da pranzo e abbandonare lì le scarpe appena entrati in casa. Per non parlare dell’occuparsi di quei piccoli lavoretti di casa, motivo per cui una ragazza contemporanea si mette in casa un uomo. E invece la finestra della stanza da letto sta per marcire in attesa di essere riparata per non parlare del motorino a un passo dalla rottamazione. E poi non è possibile che non cucini mai. Oggi tutti gli uomini trovano così chic mettersi ai fornelli che non si capisce perché proprio quelli che ci siamo portate in casa noi non distinguano uno scolapasta da una pentola antiaderente. E poi il cellulare. Che sta di fianco a te sul tavolo come un figlio sul seggiolone. Odio che lo controlli ogni trenta secondi mentre. Sì, ecco, mi trascuri. Sono stufa e torno da mia madre. E voglio stare un po’ da sola perché tu mi lasci troppo da sola. E mentre siamo qui a emulare uno dei più grandi insegnamenti di vita di Elio e le storie tese (Cara ti amo) mi è sfuggito il cassetto di mano. E non faremo pace finché non mi porterai ai Caraibi.

Il vero lusso è child free

Dal Giornale del Popolo del 17 agosto
Dice «l'ho trovato». Ha trovato l'albergo che merita i loro risparmi di un bel po' di mesi, il luogo oltre le cinque stelle in cui spendere (è il caso di dirlo) gli ultimi giorni di questo afoso agosto. Il posto dove il vero lusso è non vedere mai gli altri ospiti e al giorno d'oggi pagare per la solitudine pare estremamente chic. Dice che servono la colazione nella verandina privata che si affaccia sul mare. E poi, dice, è comodissimo perché pur costando come un viaggio ai Caraibi andata e ritorno, non è troppo lontano da casa. Hai visto mai che succeda qualcosa. Ovviamente c'è la wireless ovunque, forse pure sugli scogli. Dice che ti prestano anche un computer se tu non vuoi portarti il tuo e certo che con quei soldi potrebbero pure regalartelo un computer, ma suvvia. Cerchiamo di essere persone di mondo. Vivere al di sopra delle proprie possibilità ha un costo anche culturale. Dunque, dice, dovremmo fare colazione senza strafogarci e infilarci i panini in tasca da portare in spiaggia. Dice che però c'è un problema. Ha consultato le tariffe divise per stagioni e facendo una botta di conti l'unico periodo in cui potremmo andare in quel posto senza accendere un mutuo è novembre-dicembre. Obietto che la verandina sul mare potrebbe essere inagibile in quel periodo e troviamo un compromesso sul prossimo aprile. Tra poco più di sei mesi andremo in vacanza in un posto meraviglioso. Un posto fantastico in cui i bambini sono vietati fino a dieci anni. Ci guardiamo interdetti rendendoci conto che quello che abbiamo sempre considerato un benefit oggi ci crea qualche problemino. Potremmo assoldare qualche militante pro life per gridare alla discriminazione, ma non c'è tempo. Dobbiamo trovare uno straccio di mare dignitoso per la settimana prossima. E il primo lusso è non finire a Cesenatico.

venerdì 10 agosto 2012

Amordoping

Dal Giornale del Popolo del 10 agosto
Che poi, alla fine, in frigo ti sfugge sempre qualcosa. A noi sfuggono cipolle e patate che riemergono un giorno provviste di muffa e radici. A Carolina Kostner sono sfuggite un po' di scatole di qualche diavoleria che il suo compagno, il marcista Alex Schwazer, aveva usato per doparsi prima delle Olimpiadi. Della vicenda s'è detto tanto e in fondo equamente ci si è divisi tra colpevolisti (ha rovinato tutto e infangato la spedizione azzurra) e commossi dal gesto disperato di un ragazzo di nemmeno trent'anni che ha buttato via onore e rispettabilità  «per andare più forte». Chi non ha mai conosciuto la competitività non può capire. Soprattutto, non può capire chi non ha mai sentito su di sé il peso del talento. Quello per cui sai fare talmente bene una cosa che non puoi non farla, perché, evangelicamente, sprecheresti un dono che ti è stato dato. E allora corri, e marci, e cammini. Fino a quando le gambe sembrano andare da sole. Peccato che da sole non vadano proprio, le gambe. A Pechino questo ragazzo ha vinto la medaglia d'oro marciando per 50 km ma oggi, dopo quattro anni, le gambe non reggevano più. Non reggevano perché ci voleva la testa, la forza, la voglia. E lui, ha detto, cominciava a non farcela: l'idea di allenarsi quattro ore al giorno lo distruggeva. Perché non gli piaceva. Non siamo abituati a pensare che vi possa essere uno sfasamento tra la bravura e la passione, tra il talento e la volontà. Noi siamo abituati a pensare che le cose vengono spontaneamente. E invece è un allenamento continuo in cui alternativamente il sentimento accende la volontà e la volontà si tira dietro il sentimento. Come in amore. Altrimenti in frigo marcisce di tutto. 

venerdì 3 agosto 2012

Imprese olimpiche


Dal Giornale del Popolo del 3 agosto
Da giorni o forse da settimane (ormai la concezione del tempo non esiste più) molte di noi si sforzano di capire a cosa servano. Afferrarne il senso servirebbe a giustificare l'attrazione che esercitano sui tizi con cui condividiamo occasionalmente i nostri divani. Insomma, esattamente come quattro anni fa siamo qui a chiederci cos'abbiano di tanto divertente le acrobazie delle ginnaste cinesi, il tiro con l'arco, la canoa, il lancio del peso. Non basta il caldo, né l'asfissia dei palinsesti estivi a spiegare i pomeriggi interi passati davanti alla televisione e la consultazione continua del medagliere Per noi che ancora piangiamo sul mare perduto, il confino in casa non viene alleviato da quegli annunci gongolanti: «C'è la gara di carabina da dieci metri». Neanche il tempo di cercare “carabina” su Google immagini e siamo già al tiro con l'arco, che evidentemente qualcuno ha continuato a praticare dopo Robin Hood. Se esistessero specialità come il tiro all'ex fidanzato, i cento metri su tacco dieci centimetri, lo sputo su passante da cinque metri, loro conoscerebbero le regole e ce le spiegherebbero come si insegna a leggere a un bambino. Con buone dosi di pazienza e ammirevole coscienza della crucialità dell'impresa. Ovviamente il punto non è creare in noi un interesse, ma fare sfoggio della propria scienza. La nostra indifferenza serve a farli sentire i re della foresta, quelli che la competizione ce l'hanno nel sangue come si addice ai predatori della specie. Le Olimpiadi servono a ricordarci che i maschi sono maschi e le femmine sono femmine. Hai visto mai che in quattro anni qualcuno se lo fosse dimenticato.

mercoledì 1 agosto 2012

Spiaggiati sull'Adriatico

Dal Giornale del Popolo del 27 luglio 
"Di straccetti come questi non se ne hanno mai abbastanza". Certe verità partorite di fronte all'offerta stagionale dei vu cumprà sono così definitive da guidarci durante tutta l'estate. Seguendo questo motto vi siete aggiudicate il vestito-pareo che vi risolverà la stagione dunque potrete passare l'ultima parte della vacanza a illustrare agli amici i sei modi diversi in cui si può indossare. Se a metà della dimostrazione vi rendete conto che ne ricordate a stento uno, non vacillate: sono i dieci euro meglio spesi della vacanza quanto meno perché sono i primi. Ne seguiranno diversi altri e probabilmente di ritorno in città vi ritroverete a contare degli straccetti informi e a ricordare le parole profetiche dell'amica: "Come può esistere un vestito taglia unica?". Ma queste sono riflessioni buone per quando i piedi tornano chiusi nelle scarpe. Adesso, con la sabbia ancora tra le dita e abbondantemente sparsa in macchina, l'unico problema dev'essere definire il galateo della spiaggia attrezzata e diffondere il verbo tra chi si trova spiaggiato sull'Adriatico insieme a voi. Si perché ogni mare ha le sue regole e le sue prioritá. Qui l'unica battaglia da non perdere è quella per l'ombrellone in prima fila, trincea indispensabile per osservare il passeggio del bagnasciuga. Solo da qui potrete insegnare ai vostri figli che quando si va al bar a pranzo ci si porta dietro una parvenza di abito perché da che mondo e mondo non si mangia in mutande. Che il costume a calzoncino aderente va proibito ai maschi che abbiano superato gli otto anni di età. Che il costume intero copre le maniglie dell'amore ma evidenzia tutto il resto. E che continuando con tali e tanti pettegolezzi da anziana signora reazionaria vi ritroverete con una borsa frigo piena di parmigiana sotto l'ombrellone.

venerdì 20 luglio 2012

Isn't it ironic?

Dal Giornale del Popolo del 20 luglio

Forse il video di Ironic non l'avevamo mai visto. Quando la canzone di Alanis Morissette risuonava nei nostri walkman era il 1995 e non era ancora il tempo in cui ogni cosa si cercava su Youtube. In quella che fu una delle prime estati col motorino sempre sotto il sedere (ci sedevamo proprio sul bordo del sellino come cantava Jovanotti in una sua canzone) ascoltavamo questa ragazza canadese cantare quanto la vita possa essere divertente, ingiusta, generosa, inflessibile e poi, appunto, ironica. Perché la sua canzone più famosa raccontava di un mr. Sicurezza che aspetta tutta la vita per prendere un aereo e poi il giorno che si decide a superare la paura precipita nel vuoto. “È come un cartello di vietato fumare nell'unico momento della pausa sigaretta, è come diecimila cucchiai quando tutto quel che ti serve è un coltello. È come incontrare l'uomo dei tuoi sogni e poi incontrare la sua bellissima moglie”. “E non è ironico?” si chiedeva questa cantante allora sconosciuta e che anni dopo sarebbe stata mollata dal fidanzato famoso (Ryan Reynolds) per Scarlett Johansson. Così all'ammirazione per il suo talento si univa la solidarietà istintiva che si prova per una ragazza normale mollata per una bomba sexy. Però siccome la vita è ironica e un giorno ti butta a terra e il giorno dopo architetta felicità prima impensabili, Alanis Morissette oggi è un'altra persona. Il cuore a brandelli è roba del passato e nel presente ci sono un compagno innamorato e pure un figlio. L'altra sera ha cantato a Milano e molti di noi, adolescenti durante il suo album d'esordio, erano lì ad ascoltarla. Altri erano trattenuti a casa da poppanti egoisti. Avere Alanis a due passi e non poter andare al suo concerto. Non è ironico?

venerdì 13 luglio 2012

Clicchiamo ancora le stesse cose

Dal Giornale del Popolo del 13 luglio

Come in ogni guerra che si rispetti ci sono gli sfollati e i coraggiosi della prima linea. Donne e bambini parcheggiati nelle taverne di case lontane. Uomini in città a fare la spola tra casa e ufficio. Dal fronte telefonano ogni sera. Dalla cornetta il lamento della solitudine metropolitana e poi quei rumori di bicchieri e pure una musica leggera in sottofondo. «Cosa vuoi, non posso mica stare sempre in casa?». E certo, meglio una birretta coi colleghi che intere sessioni di videogiochi a tarda notte per riempire il silenzio di una casa pulita e deserta. Da quaggiù ci sentiamo colpevoli per le ore di mare, i saldi, l'ozio goduto senza ritegno. Perciò nessuna domanda può essere inquisitoria. Che in fondo, se le piante non vengono annaffiate è lo stesso: stavolta moriranno per un motivo serio. E no che non è grave se il letto non viene rifatto da una settimana. E nemmeno è un problema questo fatto che sentirsi al telefono è diventato impossibile adesso che gli orari sono così diversi e incompatibili. Per parlare di cosa poi? Cosa possono avere da dirsi persone che vivono in pianeti diversi? Qua non ci sono gli autobus e non si leggono i giornali. Le tre tacche del collegamento wirless sono un lusso da festeggiare a champagne. Intanto lassù la vita continua con tutte quelle cose che si considerano importanti per la maggior parte dell'anno, a cominciare dai giornali e dai dibattiti politici televisivi. Così ci ritroviamo a discutere delle foto “rubate” in cui Belen e l'attuale fidanzato danzano in acqua in stile Dirty Dancing con costumi ridottissimi e pose a favore di telecamera. E fieramente ci si stringe il cuore a pensare come tutto al mondo passa e quasi orma non lascia: un po' di anni fa era Borriello, lo scorso anno Corona. Estate che vai, scatti bollenti che trovi. E noi non abbiamo niente da dirci. Ma clicchiamo ancora le stesse cose.

lunedì 9 luglio 2012

Il tempo di parlarne

Dal Giornale del Popolo del 6 luglio

Di Katie Holmes dopo Tom Cruise. Del fatto che anche coi tacchi resterà l'attrice sciatta che si faceva fotografare coi capelli bagnati per le strade di New York. Del fatto che l'unica domanda che ci facciamo su quel divorzio è come si divideranno le scarpe della figlia Suri. Del fatto che Paola Ferrari si sente danneggiata nella sua immagine e per farsi giustizia non cita in tribunale i medici e i truccatori della Rai bensì il popolo di Twitter che l'ha presa in giro durante Euro 2012. Del fatto che Carla Bruni ha smentito seccamente di essere incinta di nuovo e si è detta pure offesa dalle illazioni dei media che scambiano per secondogenito quello che è ancora il grasso della prima figlia. Del fatto che mai avremmo pensato di sentirci solidali con la moglie di Nicolas Sarkozy, una che la galassia delle grasse non pensava nemmeno esistesse e ora ci si ritrova imprigionata senza una macchina del grasso per tornare indietro. Del fatto che Mario Balotelli e Raffaella Fico trasformano l'Italia in una succursale di Beautiful con 'sta storia del test di paternità. Di tutto questo potremmo parlare perché l'attualità è ricca e feconda. Ma noi parleremo del tempo. E dunque del caldo, degli acquazzoni, dei panni che si asciugano in trenta secondi e del fatto che siamo state costrette ad accendere l'aria condizionata. Del fatto che quello lì ci ha guardato come se avessimo rubato la pensione a una povera vecchietta quando abbiamo confessato di non aver mai pulito il filtro del condizionatore in vita nostra. Noi parliamo del tempo con consapevolezza e perizia come ci ha insegnato Studio Aperto perché voialtri possiate scandalizzarvi di chi parla del tempo mentre boccheggiate per le strade.

mercoledì 4 luglio 2012

Partenze intelligenti

Dal Giornale del Popolo del 29 giugno

La settimana è iniziata con una focaccia congelata davanti alla porta di casa. «Così ci ricordiamo di prendere la bottiglia d’acqua che ho messo in freezer», sentenzia il guidatore prima di iniziare a caricare i bagagli. Nemmeno la partenza meno intelligente della storia poteva fermarci e così alle tre del pomeriggio siamo effettivamente partiti. Ora che a fermarci non c’è il limite di peso della valigia imposto dalla compagnia aerea, l’unico limite è l’abitacolo dell’auto. E ci piace tirare la corda anche in questo caso: così abbiamo preso più paia di scarpe di quante potremmo indossarne in un mese e oggi, a metà della prima settimana di ferie, ci sentiamo in colpa per aver indossato fino ad ora solo le infradito di gomma.  “Domani sera usciamo a cena” proponiamo pensando che così potrà arrivare l’occasione di un discreto tacco. Non abbiamo nessuna guida Lonely Planet in valigia, in compenso ci sono vestiti di taglie minuscole, viveri, computer, film da vedere la sera e pure una discreta quantità di libri. Troppe cose, come al solito. E il fatto che in questa macchina siamo in più d’uno non è affatto un alibi. Mia madre ricorda con fierezza il tempo in cui caricava i bagagli di cinque persone in partenza per un mese in Croazia su un’unica Uno Bianca. Ma le macchine per andare in vacanza sono come le borse di noi donne: più sono grandi più le riempi, l’utilità è un dettaglio trascurabile. Abbiamo anche degli aggeggi per ascoltare della musica in ogni situazione e abbiamo persino comprato un abbatti mosche per giustiziare le fastidiose compagne delle nostre serate. Questa è forse l’unica cosa che ci differenza dalle persone che hanno scelto la nostra stessa meta. Loro indossano i proverbiali calzini bianchi sotto i sandali, mangiano gli spaghetti col cucchiaio e vivono le travolgenti gioie della mezz’età.

venerdì 22 giugno 2012

Capelli bianchi, signorina

Dal Giornale del Popolo del 22 giugno

«Come si affronta il dramma del primo capello bianco?». «Scusa, ma stavo leggendo la dieta anticaldo. Ma non preoccuparti, le ragazze coi capelli scuri hanno molte probabilità di avere capelli bianchi anche prima dei trenta. Non c'è niente di allarmante». Facile dirlo, quando la testa non è la tua. Dialoghi del genere, quando nelle nostre strade si aggira Scipione il caldo africano, sono molto pericolosi. La leggenda dice che per ogni capello bianco strappato ne ricrescano tre, dunque è lì, alla comparsa di quel primo spaventoso segnale che il tempo non corre ma fugge, che una ragazza deve esercitare tutto il suo autocontrollo. Non con l'uomo della vita, neppure con quello di un'estate, neppure con le amiche sull'orlo di una crisi di nervi. Il vero banco di prova della nostra forza morale è in quella mattina di fronte allo specchio in cui con la coda nell'occhio si sorprende l'inquilino indesiderato. Perché nemmeno le rughe fanno lo stesso effetto. Quelle possiamo attribuirle alle espressioni, mentre di capelli bianchi d'espressione non se ne sono mai visti. Se mai dopo averne visto uno lo spavento crea altre ciocche candide, ma quello è un altro discorso. È solo il tempo a sbiancare i capelli, noi ragazze lo sappiamo. E non c'è tempo per raccontarsi balle perché è già ora di passare alla strategia difensiva. Perché la domanda successiva è sempre la stessa: cominciare a tingere diventando definitivamente schiave del parrucchiere (come se prima non lo fossimo, ma vabbè), oppure far finta di niente e portare fieramente quelle autostrade bianche come fanno le signore veramente chic? Sarà un'estate di grandi decisioni. E le dovremo prendere nonostante il caldo. Perché abbiamo già un infradito nella fossa.

lunedì 18 giugno 2012

Ficcanasare ad Euro2012

Dal Giornale del Popolo del 15 giugno

«Ah, e di che cosa si occupa adesso Van Basten? E Pirlo quanti anni ha e per quanto credi potrà ancora giocare?». Sono serate così, costellate di domande che nascono da antiche reminiscenze relative al mondo del calcio, quelle che abbiamo appreso negli anni in cui, andando a scuola, non potevamo fare a meno di ascoltare i discorsi dei maschi. Così adesso davanti alla tv per gli Europei ci ritroviamo a chiedere notizie di campioni di un'era calcistica fa, come si fa coi lontani parenti di cui non si ricorda più il nome ma che in certi momenti diventano estremamente interessanti. Statisticamente una donna si interessa al calcio ogni due anni, in presenza di eventi come i mondiali o gli Europei. La ripetitività di un campionato non fa per noi, mentre per gli eventi straordinari ci mettiamo in tiro e concentrate davanti alla televisione. Continuiamo a credere che sia giusto così e in fondo ai maschi che capitano sui nostri divani fa infinitamente piacere darci dei rudimenti, regalare le loro preziose conoscenze a delle innocenti fanciulle. Altro atteggiamento tipicamente femminile, di fronte a una partita di calcio, è dosare la propria simpatia in base a criteri del tutto estranei al gioco. Dunque contano infinitamente la bellezza dei giocatori, l'abbinamento cromatico delle divise e, da quest'anno, anche le nazionalità. Perché, ignoranza femminile a parte, è stolto chi pensa che quest'anno si tratti solo di dare calci ad un pallone. I rigori e i calci d'angolo devono vendicare lo spread, il valore dei Bund, i conti truccati per entrare nell'euro. E ditemi che nel vostro cuore non sognate una finale Germania-Grecia in cui i secondi vincano contro i perfettini che fanno i conti in tasca agli altri.

Quando è troppo tardi per far vacanza


Dal Giornale del Popolo dell'8 giugno
Quando hai amiche seriamente intenzionate a investire nel mattone o a investire tout court. Quando pronunci la parola finger food per più di due volte di fila senza vergognarti come una ladra. Quando hai più inviti a battesimi e comunioni che matrimoni. Quando ti commuovi di fronte alle foto di David Beckham che trasporta sui suoi adorabili muscoli l'adorabile figliola grassoccia. Quando ti scopri a bere litri di acqua, nessuna bevanda gassata e ad evitare di uscire nelle ore più calde come prescrive Studio Aperto. Quando non riesci a farti una ragione che cambi l'orario di messa in onda della Signora in Giallo. Quando consulti il sito bicarbonato.it per conoscere i mille usi di quella preziosa polvere bianca. Quando hai trenta secondi di cedimento e pensi che ogni tanto Beautiful è  ripetitivo e diseducativo. Quando amici con l'insana passione per la politica tentano di invitarti ai loro eventi. Quando vedendo Antonio Banderas ridotto a mugnaio del Mulino Bianco pensi prima al frollino che al divo che parla con la gallina. Quando inventi un piatto non troppo schifoso con le quattro cose che trovi in frigorifero non ammuffite. Quando anticipi una scadenza. Quando compri dei gerani e li fai sopravvivere per più di una settimana. Quando stai seriamente pensando di assumere un personal trainer. Quando snobbi le mete esotiche e una vocina ti sussurra maligna che non serve andare in giro per il mondo: l'America ce l'abbiamo qui. Quando segui Concita De Gregorio su Twitter. Quando queste cose accadono, tutte insieme o nella misura di due contemporaneamente, è già troppo tardi per prendersi una vacanza.

venerdì 25 maggio 2012

La dieta equilibrata non la vuole nessuno

Dal Giornale del Popolo del 25 maggio

Dietro ogni barretta energetica sostitutiva del pasto, nel tubetto di ogni crema anticellulite, perfino nella scatola dei cereali senza grassi c'è scritto che il tal prodotto non può funzionare senza una dieta equilibrata e una consistente attività fisica. Ma lo sanno anche i bambini che se vi trovate in mano uno di quei ritrovati una dieta sana e il movimento fisico non sono roba per voi. Altrimenti non avreste bisogno di quella roba. È questo quello che gli esperti che affollano le trasmissioni televisive in tempi di prova costume fingono di non capire. La dieta equilibrata non la vuole nessuno. Se fossimo in grado di seguire una dieta equilibrata non saremmo qui a maggio a meditare di scendere in spiaggia in caftano modello Marta Marzotto. Se sapessimo controllarci e avessimo addomesticato il nostro metabolismo non saremmo quelle che siamo oggi. Ancora. Se la moderazione non l'abbiamo imparata in anni di vita e di pasti perché dovremmo abbracciarla adesso sotto la minaccia del bikini sulla coscia rotonda? Ci devono essere delle privazioni irragionevoli o quantomeno dei nemici da combattere, altrimenti la nostra testa non si metterà mai a dieta. La meta di noi ragazze deve molto al signor Pierre Dukan, perché mai ci siamo sentite felici come quando abbiamo vinto la battaglia contro i carboidrati a cui lui ci ha iniziato. Più subdoli delle doppie punte, più dannosi del restare amici con gli ex. L'anno scorso avevamo imparato ad odiarli e evitarli come un nemico chiaro e spietato. L'anno scorso abbiamo vinto la battaglia e ne è valsa la pena. Certo, poi ogni anno bisogna tornare in guerra, ma la speranza di vincere è l'ultima a morire.

venerdì 18 maggio 2012

Non fatevi ingannare dalla coscia di Carlà

Dal Giornale del Popolo del 18 maggio

E adesso nessuna pietà. Se hai collezionato amanti e fidanzati come fossero francobolli, senza farti mancare esemplari rari e irraggiungibili. Se sei passata come uno schiacciasassi in tacco dieci sopra i più intricati scandali sentimentali. Se i tuoi nudi artistici sono finiti all'asta per cifre che comprendono diverse rate di un mutuo di un mortale. Se persino la foto della carta di identità te l'ha scattata uno della Magnum. Se sei sempre stata talmente snob da non porti mai, neanche per un momento, il problema del consenso. Se per tutta la vita sei talmente bastata a te stessa da non aver mai neanche pensato che potesse finire. Allora è più che normale che il giorno in cui il tuo attuale marito perde le elezioni e tu ti porti ancora dietro i faticosissimi chili del post parto, la gente si scatena con l'invidia caricata in anni di tua perfezione tanto irraggiungibile perché maledettamente spontanea. A chi in primavera comincia a sognare carboidrati la notte, la coscia "ingombrante" di Carla Bruni mentre lascia l'Eliseo sembra la prova che gli dei ogni tanto si occupano degli uomini.  E così le guardiamo con trasporto le foto di questi anni. I cappellini di fronte alla regina. Le ballerine ultrapiatte che noi non possiamo permetterci senza rischiare di sembrare uno scaldabagno che cammina. E poi le foto col pancione e il progressivo ingrassamento a ricordaci che una gravidanza molto dopo i trenta non è facile per nessuno. Per un attimo si comincia a pensare che anche Carla potrebbe essere umana e magari ieri sera in un impeto di disperazione è andata su google a cercare le parole "in forma dopo il parto". Tutto può essere, ma niente dura. Quindi vedrete che presto la signora Sarkozy ricomincerà a farsi la messa in piega e volteggiare più di prima. Mentre voi state ancora cercando di eseguire gli esercizi del programma scaricato dal sito mypersonaltrainer.it.

venerdì 4 maggio 2012

Emma, Belen e la repubblica delle veline



Dal Giornale del Popolo del 4 maggio
Canto, ballo, superamento delle ingiustizie connaturate al vivere. La terza e fondamentale materia di studio si è aggiunta quest'anno alle tradizionali discipline artistiche su cui devono misurarsi gli allievi della scuola più famosa d'Italia, quella di Maria De Filippi. I ragazzi che per metà dell'anno sgambettano e miagolano in improbabili versioni da sera di tute da ginnastica, ora si trovano confrontati con qualcosa che non si combatte con il talento né con l'impegno. Accade infatti che nell'ultima parte del talent show di Maria De Filippi la produzione contatti Belen Rodriguez perché si esibisca insieme ai ballerini professionisti. Belen deve mostrare le sue lunghe gambe e lo fa con grazia e la giusta dose di provocazione concessa da una prima serata su canale 5. Accade poi che la suddetta Belen si faccia beccare (e il tempo giudicherà se era amore o il classico bacio a uso paparazzo) a tubare con il ballerino Stefano De Martino, ex alunno della scuola di Maria De Filippi nel frattempo diventato professionista e soprattutto fidanzato con la cantante Emma Marrone, anch'essa prodotto degli Amici di Maria. In sostanza un Patrick Swayze dei poveri molla quella che ha vinto Sanremo cantando della difficoltà di arrivare a fine mese per buttarsi tra le braccia di colei che sul palco dell'Ariston assicurava alla nazione di indossare eccome le mutande. Il pubblico del morality show di Maria De Filippi ha scelto e ha fischiato la pantera schierandosi dalla parte della cantante del mutuo. A dimostrazione del fatto che il complesso della repubblica delle veline, quello per cui un paese cerca di redimersi schierandosi dalla parte “giusta” della storia, non è ancora stato superato. Su certe materie si resta ripetenti a vita.

venerdì 20 aprile 2012

Cuore di Brad

Dal Giornale del Popolo del 20 aprile
Evidentemente il campionato dei compagni sex symbol non gli bastava. Brad Pitt è deciso a piazzarsi bene anche in quello degli uomini attenti, premurosi e dotati di buon gusto. Così non solo ha deciso di fare di Angelina una donna onesta (mai espressione fu più cara allo spirito di questa rubrica), ma addirittura di farlo con tutti i crismi, consegnandole un bellissimo anello del valore di 250 mila dollari che lui stesso ha progettato con un anno di duro lavoro. È di fronte a questa notizia di qualche giorno fa che abbiamo iniziato a fantasticare di un uomo perfetto che consola la propria donna reduce da uno dei parti dicendole “sei bellissima” e mentendo spudoratamente con quei “ti vedo in forma”. Uno che, mentre lei è ostaggio di ormoni barbari e scatenati, si occupa degli altri figli, quelli adottati. Gestisce la truppa dei più grandi, consola i piccoli specializzandosi nel gesto di ninnare uno con una mano e di spingere l'altro nella carrozzina. Probabilmente l'ha liberata dal complesso del ciuccio, assicurandole che il neonato non dovrà andare dall'analista solo perché quella notte, nel delirio di un pianto inconsolabile, i suoi genitori hanno abdicato a tutti i princìpi professati nei mesi precedenti e gli hanno ficcato in bocca il ciuccio che custodivano nel cassetto dei “non si sa mai”. Insomma se tanto mi da tanto, Brad Pitt è un padre e un compagno normalmente straordinario. Come David Beckham. Forse sono molto più simili alle famiglie normali di quanto noi pensiamo. Con la differenza che le loro mogli sono lì a pregarli di girare per casa in canotta e boxer per prendere di petto la depressione post partum.

venerdì 13 aprile 2012

Lo sciacquacervello che funziona da 25 anni

Dal Giornale del Popolo del 13 aprile la terza ultima puntata della fenomenologia di Beautiful
Beautiful è a suo modo persino religioso nel credere nella risurrezione dei corpi. Certo, un po' prima dell'ultimo giorno. Bene o male sono “risorti” un po' tutti. Ridge dopo essere caduto in una fornace ardente, Taylor (madre di alcuni suoi figli e sua moglie a diverse riprese) dopo diversi incidenti, di cui uno in aereo che la fece risvegliare in un harem di uno sceicco impersonato da Kabir Bedi. Quello di ascendenze “sandokaniane” è uno dei pochi scenari esotici. Per il resto le ambientazioni sono ridotte al minimo, forse per questione di costi, forse per rassicurare le spettatrici che lo seguono con fedeltà intermittente ma passione immutata, da anni. Quindi l'ufficio di Ridge è teatro di litigi, riunioni aziendali e amplessi. Quello di Thorne (il fratello bamboccione) significativamente dislocato nello scantinato dell'azienda di moda di famiglia. Anche lo scenario della seduzione è sempre lo stesso. Candele accese, caminetto che scoppietta, lingerie sexy e l'inquadratura che sfuma quando i corpi si uniscono e lo fanno (beninteso) senza mostrare mai un centimetro di pelle più del necessario. È talmente facile e “troglodita”, come scriveva non senza un'ombra di malcelato disgusto la buona Natalia Aspesi su Repubblica qualche tempo fa, che sembra funzionare. E in effetti funziona come sciacquacervello dopo i pasti da ben 25 anni. Perché l'ultimo, grande, insegnamento di Beautiful è che non c'è cosa più geniale della frivolezza. (3. Fine)

giovedì 12 aprile 2012

Beautiful, le suocere e la "bionditudine"

Dal Giornale del Popolo del 5 aprile la seconda puntata della fenomenologia di Beautiful
Essenzialmente basato su princìpi conservatori (mai aborti procurati né relazioni omosessuali hanno trovato cittadinanza da quelle parti), il copione di Beautiful ha la missione di sfidare i luoghi comuni per conservarli. Da quelli sulle suocere a quelli sulle bionde. E non è un caso che la prima sia Stephanie Forrester, mamma di Ridge e cornificata più volte dal marito, e la seconda sia Brooke Logan, la “ragazza della vallata” che più volte ha impalmato Ridge e altri membri della sua famiglia (tra cui il marito di Stephanie). Il divertimento dei maschi costretti davanti a Beautiful è ricostruire gli amplessi e i matrimoni; quello delle femmine è nel capire che tutto accade perché niente mai accada. Rassicurante come una relazione ben rodata, Beautiful è irresistibile perché non sorprende mai. Ogni volta che Stephanie si mostra gentile e accondiscendente con Brooke una donna sa che c'è qualcosa sotto, perché non è dato conoscere pace tra nuora e suocera (le due restano tali anche quando momentaneamente Brooke non è sposata con Ridge). Analogamente non si conosce uno stato di onnipotenza, sex appeal e capacità manipolatoria come quello associato alla bionditudine. Per questo Brooke vincerà sempre sull'eterna rivale Taylor, di professione psicologa e donna per bene. Così, mentre Taylor psicanalizza Brooke e le sue tare mentali, quell'altra le seduce figli e mariti a ripetizione. A dimostrazione che non c'è strategia di una mora che possa battere l'istinto di una bionda. (2. Continua)

Beautiful ha dei princìpi

Sul Giornale del Popolo del 29 marzo è iniziata la fenomenologia di Beautiful firmata dalla Ficcanaso. Stiamo riflettendo sull'opportunità di avviare un dottorato di ricerca sul tema.
Diffidate di chi dice di non aver mai perso una puntata. Uno dei segreti di Beautiful è proprio il non richiedere allo spettatore quella fedeltà che nessuno dei suoi protagonisti conosce né pratica. Si possono passare mesi o anni senza guardarlo, poi basta capitare un giorno per caso su Canale 5 dopo pranzo ed è come tornare in un locale un tempo amato e frequentato assiduamente. Possono esserci personaggi nuovi e intrighi freschi, ma lo schema comportamentale è sempre lo stesso e generalmente è basato su alcuni princìpi rassicuranti che si ripetono negli anni e che ci hanno più volte fatto ripetere che Beautiful è come il greco e il latino: insegna il metodo. Primo: la famiglia viene prima di tutto. Non c'è tradimento, sotterfugio, bassezza che non sia motivato dalla pretesa salvaguardia della famiglia come bene supremo. L'unità della famiglia è ben più importante della sua composizione, dunque piuttosto che rischiare di romperla (la famiglia) è sempre meglio allargarla. Tanto i dividendi aziendali ci sono per tutti. A Beautiful l'amore trionfa per contratto e non sono ammesse turpitudini come l'incesto. Nel caso in cui ve ne sia l'orribile sospetto si ricorre al test di paternità. E qui siamo a un altro caposaldo della soap che ha da poco compiuto venticinque anni: nessun padre può essere ragionevolmente chiamato tale fino a che non ci sia un test di paternità ad attestarlo. E così si apre il gustoso capitolo dei test del dna manomessi, perché Forrester e compagnia sono degli amatori tali che non si contano le donne che sostengono di portare in grembo un frutto del loro seme. Perché Beautiful, a suo modo, è rigorosamente pro life. (1. Continua)

mercoledì 28 marzo 2012

Tecnicamente diversi

La signora dal tacco basso, sobria, quella che tiene gli scontrini del cenone di Capodanno, talmente occupata a fare del bene come volontaria della Croce Rossa da lasciare spesso il frigo vuoto al marito intellettuale e professore che rincasava a tarda notte. Piccolezze che si possono perdonare quando a commetterle è Elsa Monti, moglie del presidente del Consiglio in loden. Fino a che a narrarle non è il buon Alfonso Signorini. Le cose stanno così. Mesi fa, dopo l'elezione di Monti, tutti coloro che sospiravano di sollievo per la sostituzione del bunga bunga col loden non nascondevano l'entusiasmo per la rispettabile noiosa borghesia della sciura Monti. Poi passano i mesi e la stessa operazione la fa il buon Alfonso Signorini sul numero di Chi in edicola oggi. Apriti cielo. Repubblica si duole constatando che pure le mogli dei tecnici abbiano voglia e bisogno di mettersi in mostra. Perché, insomma, il gossip politico è rispettabile doveroso e persino segno di libertà di informazione quando avviene sulle pagine dei quotidiani e invece è feccia quando avviene nei rotocalchi, peggio se di appartenenza berlusconiana. E si potrebbe discutere se non fosse che l'intervista del direttore di Chi alla first lady è piena zeppa di notizie gustose. E non solo la rivelazione che Cecilia Sarkozy influenzava (e molto) le scelte del marito. L'intervista è un capolavoro di snobismo travestito da intervista popolare a cuore aperto. Perché sarà pur vero che la signora rivela di guardare ogni tanto l'Eredità come la più media delle famiglie italiane mentre cuoce la pasta prima di cena. Ma poi enuncia uno dei princìpi chiave dello snobismo: mio marito non si è mai candidato a niente, neppure al Rotary. Gente così non si candida. Viene candidata. È molto diverso. Anzi è tecnicamente diverso. Capito, ignorantoni?

lunedì 26 marzo 2012

L'arte di rinnegare il passato

Dal Giornale del Popolo del 23 marzo
Quella di rinnegare il proprio passato è una moda antica come il mondo. Generalmente lo si fa ritenendo di aver compiuto un passo avanti nel presente. Solo da quel gradino più alto, infatti, si trova il coraggio di giudicare con inflessibile criticità ciò che si fece un tempo. E così ci ritroviamo in tempi di primavera incipiente a leggere l'importante presa di coscienza di Richard Gere che in un'intervista liquida come robaccia quel Pretty Woman con cui sbancò al botteghino al fianco di Julia Roberts. Evidentemente convinto di essere ormai cresciuto a forza di foto col Dalai Lama, il buon Richard si è sentito in dovere di far sapere al mondo che quel “filmetto” non era niente di che. Non solo. Veicolava pure diverse immagini sbagliate che hanno fatto male alla nostra società. Una dice: l'esistenza del principe azzurro? L'illusione che uomini emotivamente immaturi possano rinsavire nello spazio di una mattinata a piedi nudi nel parco? Forse, più ancora, l'idea che esista una giustizia contro la cattiveria gratuita delle commesse dei negozi di lusso con la puzza sotto il naso («Non sono mai gentili con le persone – diceva Richard alla prostituta Julia brutalizzata dalle commesse di una boutique. Lo sono con le carte di credito». E poi cominciava la musica che accompagna mentalmente ogni nostra sessione di shoppping anche se siamo all'H&M o alla Migros). O che cosa ancora? Forse l'idea che si possa imparare a usare l'argenteria a tavola o che sia possibile passare dagli stivali cuissard in lattice ai bermuda aranciati con camicetta di seta in una settimana. Niente di tutto questo. Il buon Richard Gere dice che il film dava un'immagine falsamente positiva dei ricchi finanzieri di Wall Street. Eggià. Prima di allora i prìncipi azzurri arrivavano su sobri ronzini e pallide utilitarie colo crema.

venerdì 16 marzo 2012

Il cambio di stagione, signora mia

Dal Giornale del Popolo del 16 marzo
È una sorta di sindrome da guerra imminente, per cui abbiamo il congelatore pieno di cibo e una madre in visita che ritiene vitale lavare le tende e la tappezzeria del divano. Sembra che da un momento all'altro potrebbe non esserci più tempo di fare nulla. Dormire, approntare uno straccio di sugo, mandare avanti una lavatrice. Sull'orlo del baratro bisogna fare tutto in fretta e non sarà un caso che il mobiletto portaverdure ordinato per Natale sia arrivato adesso. Certo che abbiamo vissuto anni con le tende zozze e senza un verduriere Foppapedretti. Ma giunge un momento in cui certe decisioni diventano improvvisamente urgenti. Così, per un amico che sta per recarsi a compilare la lista nozze con futura moglie e suocera c'è qualcuno che fa la famigerata pulizia del guardaroba. Eventi egualmente destabilizzanti, ma se il primo ha l'attenuante di accadere una volta nella vita; il secondo è potenzialmente ripetibile a ogni cambio di stagione. C'è l'amica che si giustifica dicendo che lei tiene tutte le stagioni insieme e dunque si ritiene dispensata dall'obbligo primaverile. Ma c'è anche chi quest'anno annuncia trionfante di aver buttato i vestiti immettibili, donato quelli riciclabili, fatto ordine nell'infinito regno delle possibilità che è il guardaroba di una ragazza. Fino alla frase impronunciabile: «Ormai alla mia età ho capito e accettato che non entrerò mai in una quarantadue». Devono essere questi, pensi nella sindrome da guerra imminente che ti ha portato a contare i jeans di tre taglie diverse che hai nell'armadio, gli effetti collaterali dell'iniziare a fare jogging: uno si accetta e corre via dai complessi di una volta. Sensazioni che nemmeno un verduriere e una tenda immacolata possono comprare.

venerdì 2 marzo 2012

Twitter saluta Lucio Dalla

È stata una veglia laica, tè e biscotti allo zenzero dell'Ikea con la comunione dei beni musicali in sottofondo. Tutto quello che avevamo sull'iPod di Lucio Dalla lo abbiamo ascoltato a ripetizione, un po' in sua memoria, un po' per rinfrescarci le idee in vista del giorno in cui si sarebbe detto di tutto. E in effetti è bastato consultare un paio di siti per rimanere sommersi dalle foto e dai ricordi. Tra i vari capitoli non poteva mancare quello dell'“addio del popolo di Twitter”. Ora, forse voi avete una vita sociale e persino un lavoro e ignorate l'esistenza di Twitter, ma vi basti sapere che è un social network meno impresentabile di Facebook, se non altro perché pone alle follie di chi lo utilizza il sacrosanto limite di 140 caratteri. Ieri i messaggi dedicati a Lucio Dalla, com'è comprensibile, non si contavano. Eppure le cose più importanti sono rimaste quelle non ripassate né “twittate”, ma scolpite nella mente da tempo immemorabile. Perché – lo abbiamo detto più e più volte – ogni volta che un cuore si spezza e si dice che bisogna andare avanti, altrettanto testardamente torna in mente quel “se d'amore è proprio vero che non si muore, cosa faccio nudo per strada mentre piove?” (Mambo). E perché per una canzone che ci interroga, sempre ce ne un'altra che ci fa piangere. E la primavera è di certo un'aggravante se ci vengono gli occhi lucidi persino su versi come «nascerà e non avrà paura nostro figlio e chissà come sarà lui domani, su quali strade camminerà cosa avrà nelle sue mani» (Futura). E forse non è un caso che l'unico verso di Lucio Dalla che ci sia venuto in mente a prova di Twitter sia questo: «Aspettiamo senza avere paura, domani». Ciao, Lucio.

venerdì 24 febbraio 2012

Alle due e mezza del pomeriggio

Dal Giornale del Popolo del 24 febbraio
Ci sono ore del giorno che non vedevamo dai tempi delle elementari. Certo che ogni pomeriggio sappiamo che il sole si inclina in un certo modo, ma da tempo immemorabile lo vediamo farlo alla sinistra del mouse, lì tra la testa del collega e la finestra del tizio che guarda la tv nel palazzo di fronte. Un giorno libero in mezzo alla settimana è destabilizzante. Vedi le cose da una prospettiva talmente nuova da sembrare inedita. Dunque alle due e mezza del pomeriggio, mentre tu di solito ciondoli tra la macchinetta del caffè e il terrazzo, il supermercato è pieno di signore che fanno la spesa senza fretta. Non ci sono, a quell'ora, gli assatanati del pre cena che devono accattarsi un etto di prosciutto prima che mariti, amici o parenti si piazzino a tavola famelici. Non ci sono, alle due e mezza del pomeriggio, le post trentenni nevrotiche che razziano il banco dei surgelati con precisione chirurgica e velocità invidiabile. Alle due e mezza si discute di quale tipo di prosciutto cotto sia più adatto agli involtini. Alle due e mezza del pomeriggio l'estetista di fronte al supermercato ha tempo di farti una ceretta e chiacchierare dicendo di trovarti un po' ingrassata, perché lei – dice – si ricorda di tutte e dunque anche di te e del tuo peso forma. Dice, l'estetista, che probabilmente le nostre figlie un domani non dovranno fare la ceretta. Magari per le nostre figlie possiamo immaginare un futuro migliore, sospira pensando alle magnifiche sorti e progressive della depilazione definitiva per davvero. Forse le nostre figlie potranno anche andare al supermercato alle due e mezza del pomeriggio senza vergognarsi di non avere nessun involtino da preparare ma solo un banco surgelati da razziare. E di trovarsi a disagio a farlo con tutta la calma del mondo.

venerdì 17 febbraio 2012

Mutande scomode

Dal Giornale del Popolo del 17 febbraio 2012
Allora forse bisogna intendersi sul concetto di mutande. E così anche la discussione su Sanremo prende la piega di una di quelle belle polemiche in cui si finisce ricominciando dall'inizio, ossia rinegoziando il significato dei termini. Che le nostre nonne portassero della biancheria più simile a un'armatura è un fatto. Altrettanto lo è il dato che ai nostri tempi a un paio di mutande si chiede di essere perfettamente mimetizzabili sotto abiti succinti e pantaloni a prova di raggi X. Dio solo sa che cosa ci riserverà il futuro e che cosa indosseranno le nostre figlie, nel frattempo abbiamo visto l'altra sera che c'è ancora una cosa che si può chiedere a un paio di mutande: fare presenza, timbrare il cartellino, coniugare la garanzia dell'esserci con il brivido di trasgressione di far finta di no. Sì perché la seconda puntata di Sanremo, signora mia, s'è infiammata su questo interrogativo di fronte allo spacco vertiginoso dell'abito da sera di Belen Rodriguez: indossava o no gli slip? La risposta è che indossava un manufatto appositamente creato per mettere al riparo le pudenda dalla censura e allo stesso tempo esporre sapientemente il caso alla polemica. Certo che non erano mutande. Come non era cervicale quella che avrebbe costretto la valletta annunciata a disertare la prima serata lasciando campo libero a Belen e Canalis. Ma, dico, la prima sera Pupo parlava di referendum costituzionale sottolineando che l'importante è essere alti dentro. Se l'apparenza non ingannasse che gusto ci sarebbe? Meglio, molto meglio parlare delle mutande. E lasciare al proprio destino chi si indigna perché la musica è in secondo piano. Un festival in mutande è sempre meglio di un festival trasformato in messa cantata da un Celentano soporifero. (p.s. di Belen, Sanremo, nudità e mutande parlavamo anche un anno fa. Così)

venerdì 10 febbraio 2012

La gestione delle lacrime (La Fornero non c'entra)

Dal Giornale del Popolo del 10 febbraio 2012
«Adesso faccio un bel pianto». Per mio padre è un proposito di liberazione come una doccia dopo una corsa di dieci chilometri. Da sempre sostiene che piangere sia bellissimo e salutare. C'è un ramo della famiglia dalla lacrima facile. Sono i “sensibili”, quelli simili al nonno che, buon'anima, se n'è andato per un colpo prima che noi nascessimo e prima che quella generalessa di mia nonna portasse a termine il compito di rendergli la vita una corsa a ostacoli tra divieti e scene di gelosia che lui seraficamente ignorava. Il ramo degli insensibili, in tutto simili alla generalessa, vanta una predisposizione molto meno spiccata alle lacrime. Beninteso, tutti piangono. Ma i secondi lo fanno quando è davvero necessario e pertinente; gli altri, invece, diventano delle fontane quando nessuna convenzione sociale lo prescrive. La gestione delle lacrime resta una questione complessa, soprattutto se si è uomini, perché una donna che piange non fa testo. Generalmente quando ti vedono piangere danno sempre la colpa agli ormoni, che è un po' come fare commenti razzisti di fronte ai crimini commessi dagli stranieri. Sta di fatto che lui dice che tu ultimamente piangi per tutto, perché il film su Margaret Thatcher è tutto tranne che strappalacrime. Così mentre lui si interroga sulla lettura politica dello sciopero dei minatori e del conservatorismo inglese tu non sai se sia più straziante la demenza senile della lady di ferro o il suo amore per il marito morto e nel dubbio piangi doppiamente. «Ma tu non piangi mai?». «Certo che piango». «E quando?». «Per lo sport, per lo sport piango». Chissà se pensa anche lui allo spot con David Beckham in mutande per H&M.

martedì 31 gennaio 2012

lunedì 30 gennaio 2012

Love is

The frog and a limo

venerdì 27 gennaio 2012

Phoebe Philo e i temi impegnati

Dal Giornale del Popolo del 27 gennaio
Phoebe Philo è una stilista inglese prestata a marchi francesi che noi ragazze sogniamo ad occhi aperti. Prima Chloé, poi Celine. Mai neppure l'ombra di una collezione speciale per qualche catena low cost. Di lei ieri i giornali parlavano non per i suoi vestiti ma perché ha scelto di posticipare la sfilata prevista per marzo, dato che in aprile partorirà la sua terza figlia. Il caso fornisce uno di quegli argomenti di cui la pubblicistica femminile sedicente impegnata va ghiotta. Una donna in carriera che parla della sua vita privata e la lascia interferire col lavoro: roba da sguazzarci. Oggi probabilmente si eserciteranno sul tema le penne più rosa di cui ogni testata dispone. Ognuno ha da dire la sua: se torni a lavorare troppo presto sei una madre snaturata; se ti godi quei mesi di riposo insperato sei una profittatrice dello stato sociale. La stilista inglese ha scelto di fare quello che riteneva più comodo e intelligente. Insomma, ha scelto. Cosa che ogni donna vorrebbe poter fare. La ficcanaso stava arrivando alla fine della rubrica quando si è guardata indietro e si è riletta. Inorridendo, come si può fare solo davanti al primo capello bianco. Impelagarsi in una battaglia che interesserebbe solo a chi legge Vanity Fair e il resto della pubblicistica sedicente impegnata. E invece bisognerebbe indignarsi e prendere i forconi per ben altro. Perché la brava Phoebe Philo ha scelto di pontificare sul pallosissimo tema della conciliazione lavoro-famiglia. Quando poteva dedicarsi al ben più socialmente utile lavoro di disegnare abiti per donne incinte che non le facessero sembrare tendoni da circo.

mercoledì 25 gennaio 2012

È l'età, signora mia

Dal Giornale del Popolo del 13 gennaio 2012
Demi Moore avvistata con un modello ventenne, Jessica Simpson che sfrutta una delle gravidanze più pesanti della storia (in tasca ha già un contratto con Weight Watchers per mostrare il suo dimagrimento post partum). E infine: Charlotte Casiraghi paparazzata con un attore comico. Le prime notizie di gossip del 2012 confermano alcune granitiche certezze: non c'è lutto amoroso che non conosca il lenitivo passaggio del chiodo schiaccia chiodo; se sei famosa anche il grasso diventa un business e infine dentro ogni donna bella e giovane c'è l'implacabile ricercatrice di un uomo che la faccia ridere. Una ricerca, quella del simpatico umorista, che evidentemente perde di appeal man mano che passano gli anni. Così, mentre la figlia di Carolina di Monaco si fa grasse risate con la sua nuova fiamma, Demi Moore fa capire di non aver nessuna voglia di ridere, piuttosto il fermo proposito di non retrocedere in tema di addominali. Dev'essere una legge analoga a quella per cui più si è giovani più si cerca di sembrare “mature” e più si è mature più si cerca di agghindarsi da adolescenti. È il fenomeno per cui nelle nostre città in saldo vediamo figlie con borse di Gucci passeggiare al fianco di madri con borse H&M. Le prime hanno faticosamente ottenuto il marchio come regalo di Natale; le seconde hanno capito che certi loghi, accompagnata alla loro cofana fresca di parrucchiere, giocano decisamente contro l'anagrafica. Poi c'è quel periodo di mezzo, quello in cui un giorno in un negozio ti chiamano “signora” e il giorno dopo ti danno del “tu” guardando le tue giovanissime scarpe da ginnastica borchiate. È l'età più difficile. Quella in cui bisogna essere temerarie e tirare fuori la carta di credito per mostrare di avere il gusto fresco di una ee la capacità di spesa di una signora che sa ottenere quel che vuole.

Liberateci dai maschi modaioli

Dal Giornale del Popolo del 20 gennaio 2012
«Cos'è una giacca tecnica?». Certe domande da certi amici maschi non fanno impressione. Rassicurano, come soltanto può rassicurare un gesto che rimette le cose al loro iconico posto, quello in cui le femmine si occupano di vestiti e capelli e i maschi spaccano la legna e si fanno il bidet col Cillit Bang. «Insomma cos'è una giacca tecnica? Ho letto che non vanno più di moda». Basta indicargli quella che ha addosso per spiegargli e contestualmente farlo rendere conto che è fuori moda. Ma per un maschio mediamente tradizionale che se ne fa una ragione, ce ne sono dieci altri che non si rassegnano ad affrontare il prossimo inverno in piumino mentre le passerelle impongono cappotti tanto gelidi quanto eleganti. Vorremmo dar loro il benvenuto nel club di quelli costretti a sentire freddo e invece tocca occuparsi degli effetti collaterali dei maschi eterosessuali che si mettono in testa di seguire la moda. Perché non possiamo ignorare che le nostre città sono piene di maschi con pantaloni col risvolto, stivaletti sopra la caviglia, cappottini e, soprattutto, cuffietta in testa. Devono averla vista da David Beckham, la cuffietta. Quella con cui il calciatore inglese si fa fotografare mentre insegna ai figli maschi a giocare a pallone, spupazza la figlia femmina, posa accanto alla magrissima moglie. Una sorta di calzino che ha il potere di rendere irresistibilmente sexy il buon David e al contempo segnare la distanza siderale che lo separa dai maschi che si aggirano dalle nostre parti. Non ci credete? Guardatevi intorno sull'autobus un sabato pomeriggio qualunque. E rimpiangerete i vostri amici che teneramente si interrogano sulle giacche tecniche.

Le vacanze e i beni rifugio

Dal Giornale del Popolo del 30 dicembre 2011
Dice che va bene il mito del relax e dello svuotarsi la testa dalle preoccupazioni lavorative, ma non si può stare per quasi una settimana in quel modo: buttati sul divano di fianco al camino con la tv accesa e un libro perennemente in stand by. Puntate intere di Beautiful a ripetizione e neanche uno smartphone o uno straccio di collegamento a internet per controllare Twitter o i siti di riferimento. Dice che non si può vivere così, ché se una guerra fosse scoppiata il 24 tu lo scopriresti sì e no a Capodanno, quando quello straccio di socialità coatta più che residua ti impone di riemergere e prestare attenzione al cellulare, ormai disabituato persino al servizio sveglia. Dice, dicono, insomma che almeno un quotidiano per salvare le apparenze si poteva trovare. Eppure non siamo così fuori dal mondo come sembra. Tanto per cominciare siamo certe che euro e franco esistano ancora, se no le carte di credito non si sarebbero comportate così bene nei tradizionali acquisti di fine anno. Ancora. Se fossimo totalmente fuori dal mondo non saremmo qui a tifare che Brooke non si arrenda. Deve riuscire a convincere Ridge che se ha baciato il di lui figlio ventenne, l'ha fatto nel sonno e mica è colpa sua se a cinquant'anni suonati è ancora la meglio bonazza di Los Angeles e comunque ora è il caso di guardare avanti e scordarsi il passato. Per il bene della famiglia, si intende. Ridge si convincerà come mille altre volte ha fatto in passato, anche se bisogna dire che dopo l'ultimo dialogo con la sua bionda moglie aveva la stessa faccia di quella volta che è morto per la prima volta cadendo in una fornace ardente. Se fossimo totalmente fuori dal mondo non sapremmo tutte queste cose e non ne sapremmo cogliere la morale fondamentale: gli anni passano, i figli crescono, le feste ci appesantiscono e le borse si imbizzarriscono, ma i beni rifugio che non si svalutano sono sempre gli stessi.