venerdì 26 giugno 2009

La pelle squamata l'avrebbe abbandonato, il bianco della carnagione avrebbe riflesso raggi solari così potenti da accecarlo e condurlo lentamente alla morte, sarebbero arrivati i marziani ad arrestarlo per aver abusato dei loro piccoli e ucciderlo in prigione. Ci aspettavamo di tutto e invece è morto d'infarto. E una volta sola. Torna presto, Jacko!

Uno shampoo per ricordare

Dal Giornale del Popolo del 26 giugno
Non sai mai che shampoo troverai a casa di un uomo. Niente pensieri maliziosi, è solo che se ciò che di più vicino possiedi a un metrosexual è un amico coi capelli rapati a zero, sai che scroccando un posto letto a casa sua ti verrano prestati (forse) boxer e maglietta di marca ma la mattina dopo la ricerca di un pettine in bagno sarà un'impresa e i capelli potrebbero profumare di frutti rossi per il resto della giornata. Presentarsi in ufficio il giorno dopo coi medesimi vestiti (contravvenendo a una delle più importanti regole del manuale per ereditiere di Paris Hilton: “MAI indossare due volte lo stesso vestito”) alimenta le malelingue. Chissà dove ha dormito, pensano tutte le colleghe con cui di solito sparli delle altre. Una spiegazione semplice, tanto più se innocente, non è mai interessante. Un testardo silenzio butta benzina sul fuoco. Una decisa richiesta di privacy («fatevi gli affaracci vostri») non fa che scatenare i maliziosi. Come se ne esce? Sappiamo che dalla risposta a simili domande dipende, nientemeno, il destino di una nazione che ben conosciamo. Qualcuno dice che non dobbiamo scandalizzarci, che di tutto questo «ciarpame» (citazione dotta) si sapeva da tempo. Rispondiamo che è la differenza che c'è tra leggere la recensione di un orrendo film ed essere costretti a vederlo proiettato su ogni schermo. Qualcuno dice che è roba indegna di un presidente del consiglio e noi rispondiamo che è vero, ma se dopo 15 anni la miglior carta da giocare contro il cavaliere è la sua impresentabilità stiamo davvero freschi. Non se ne esce. Intanto ci restano una certezza e una domanda. La certezza: Berlusconi è uno che ti chiama la mattina dopo (Patrizia D'Addario dixit). A farlo sono rimasti lui e un paio di amanti all'antica (se uno è il vostro: sposatelo). La domanda: che shampoo avranno trovato le famose ragazze nel bagno di Palazzo Grazioli? Uno con l'etichetta "photoshop"?

Chi non lavora non va in vacanza

Dal Giornale del Popolo del 19 giugno
Il modo migliore per rientrare da una vacanza senza traumi è impegnarsi subito a organizzarne un'altra. Quindi io intanto mi sono comprata un volo low cost per la fine di agosto, fino ad allora
controllerò la prenotazione, consulterò la guida (solo adesso che ho comprato il volo posso comprarla, prima no, porta sfortuna), risparmierò persino. Stare in vacanza è una cosa che ci iene così bene che ogni volta ci domandiamo perché diavolo lavoriamo se non per guadagnare quel che serve per la vacanza successiva. Eppure l'avevamo pensata diversamente. Da piccola quando ci sognavamo adulte magre e famose immaginavamo le interviste che avremmo concesso e tutte iniziavano con adoro il mio lavoro. Allora mi figuravo neuroni scattanti, riflessi pronti, memoria di ferro, abilità sopraffina. Insomma tutto quel che serve per fare una dignitosa carriera. In fondo anche il modello femminile per eccellenza, ovvero Brooke Logan (che, per la cronaca, sta progettendo per l'ennesima volta il matrimonio con Ridge), approdando dalla vallata a Beverly Hills s'era accaparrata il belloccio Ridge, ma anche un ottimo lavoro nell'azienda di famiglia, al quale si dedicava con passione nei ritagli di tempo tra una
seduzione e l'altra (dei membri della stessa famiglia, certo). Al due cuori e una capanna non ci crede nessuno e in fondo se Cenerentola fosse rimasta con una scarpa sola, una zucca sotto braccio sarebbe famosa quanto me e voi, anche con un dignitoso lavoro in posta. Al vostro principe azzurro fate sapere che per la prossima vacanza progettate il riscatto sociale in costa azzurra. E con la zucca non ci si arriva.

venerdì 12 giugno 2009

Cercasi esegesi disperatamente

Dal GdP del 12 giugno
Ribattere alle cattiverie che le hanno tirato addosso o schiudere la porta che gli aveva sbattuto violentemente in faccia a mezzo stampa. Non lo sappiamo. E invece ci piacerebbe infinitamente sapere perché Veronica Lario ha scritto al Corriere della Sera quelle poche righe. Ci piacerebbe essere in grado di interpretarle e invece non basta un'adolescenza a rincorrersi e un'età adulta a studiarsi per sapere cosa significano le parole. Quelle di ritorno, quelle che non le ascolti neanche perché la notizia è che vengano pronunciate. Quelle che il suono riapre una cascata di stupidaggini che s'erano seppellite con giorni di contegno, mesi di silenzio, anni di allenamento e d'improvviso rovesciano il tavolo su cui le intenzioni stavano allineate in buon ordine. Ora, noi non sappiamo cosa abbia pensato Silvio Berlusconi leggendo le poche righe di Veronica al Corriere della Sera. Però sappiamo come si può stare di qua, ché siamo donne e dunque destinate all'incomunicabilità anche quando scriviamo ai giornali, a far morire le parole tra i denti, a non dire quale cavolo è il problema, il risentimento che ci ha rabbuiato in trenta secondi, perché il punto non è quello, “è una questione di principio, possibile che tu non capisca?”. Il vero problema è che in questa storia manca la fondamentale figura incaricata dell'esegesi, ossia l'amica del cuore, dopo che quella della prima ora (Repubblica) è stata scaricata per una
nuova di zecca che a lui potesse stare meno antipatica (Corriere). Trovateci per favore un giornale terzo e fidato, che possa fare come il compagno postino che portava il bigliettino di scuse al bambino dell'ultima fila. Quello che tornava e ti diceva: avete fatto pace, adesso potete litigare.

venerdì 5 giugno 2009

La rivincita delle stronze

Dal GdP del 5 giugno
Un amore finisce esattamente come inizia. Stupidamente e inconsapevolmente. Poi c'è il momento in cui ne prendi coscienza (minuti, giorni, mesi o anni: comunque sempre dopo rispetto a quando è accaduto davvero) e a quel momento, che dicono sia il più difficile da superare in questo mondo in cui la percezione e la realtà sono destinate a vivere sfasate, sono dedicati fior fiori di canzonette e telefilm. E dunque se non sapete come reagire cominciate facendovi una cultura pop adeguata. Sì, il mastellone di gelato di fianco al divano alla Bridget Jones è un buon inizio. Ma neppure questo basta. Quando ho incontrato lo stronzo numero uno (tranquillo, l'ordine è d'importanza, non cronologico) ho iniziato a leggere i libri di un autore completamente asintattico che lui una volta aveva citato. Non mi sono mai piaciuti. Ma siccome, come ogni vera ignorante, in fondo all'anima sono una secchiona ho continuato a leggerli con la dedizione incomparabile che si dedica agli stronzi. Non mi sono mai piaciuti. Prendila così non possiamo farne un dramma, al massimo è un arricchimento culturale. Con le canzoni preferite dello stronzo numero due è stato lo stesso. E poi con i film del numero tre. Il che va pure bene, ma non, capite, se diventa un alibi per continuare a tenere vicina gente con cui non c'è più niente a che spartire. Contagiati dalla malattia del lieto fine, ci dibattiamo in questa logica urbana e bifronte in cui odiare non è permesso, in cui ci si lascia con tante scuse e zero piatti in testa e in cui si invitano gli ex ai propri matrimoni o in cui, opposti estremismi, ci si sposa per il gusto di invitare lo stronzo numero uno e metterlo al tavolo col numero due. Ci vogliono anni di allenamento e soprattutto una variabile indipendente chiamata tempo per arrivare a quello stato che è il contrario della dedizione. L'indifferenza. L'arma più letale di noi stronze fuori classifica.

mercoledì 3 giugno 2009

You have a dream, Susan. Hold on

Io confesso che ho pianto, l'altro giorno, quando ho letto le impietose cronache del crollo nervoso di Susan Boyle, la casalinga scozzese di mezz'età lanciata verso il successo da un talent show britannico, che non ha retto lo smacco di essersi classificata al secondo posto nel programma, dopo settimane di acclamazione da parte dei media. Era cliccatissima su Youtube, Susan. Nei titoli dei giornali era la “bruttina con la voce d'angelo”. Perché questa signora (con ritardi nell'apprendimento, apprendo dai giornali) molto poco patinata e persino sciatta era in grado di ammutolire una platea quando iniziava a cantare. La casalinga scozzese che cantava I Dreamed A Dream era la signora nessuna dalla vita anonima, improvvisamente investita da un'esplosione di celebrità. Adesso bisognerebbe (ed è giusto, vivaddio) prendersela con i giornali e con il successo e con la tv e con i reality. Ma prima di tutto bisogna dire a Susan di non mollare. Di ricordarsi che non è quel mondo di cartapesta che le ha dato quella voce angelica e non è lui che gliela può togliere. Oh, questa storia mi ha scioccato. Molto di più del fu crollo di Britney. Coraggio Susan: riprendersi è molto pop.