venerdì 26 maggio 2017

Coi bambini si passa di sgomento in sgomento

Dal Giornale del Popolo del 26 maggio
“Mamma quando cambierà la mia vita? Mi sveglio, gioco un po’, vado all’asilo, torno, gioco ancora un po’, vado a letto. Ma quando - e dico quando - cambierà qualcosa?”. Spesso il male di vivere ho incontrato e a lungo ho sospirato alla luna e sul diario segreto, ma a cinque anni neppure il mio alter ego più strutturato, che di nome faceva Barbie, aveva tali preoccupazioni. Di fronte a frasi di questo genere, della cui veridicità non sto a fornivi garanzie, noi adulti presenti ci siamo guardati con il solito sgomento che si riserva ai bambini quando se ne escono con frasi assurde. Abbiamo cercato insieme riferimenti bibliografici: libri, film, discorsi dei grandi che abbiano origliato per imparare parole del genere. Il padre ha garantito di non aver condiviso con la creatura i saggi impresentabili che legge, la madre ha giurato di aver sempre cercato di lamentarsi a bassa voce della monotonia della propria vita e di aver comunque presentato lo shopping come un rimedio efficace contro la noia. Punti sul vivo, ad ogni modo, abbiamo cercato di ribattere facendo notare che nel weekend si fanno cose diverse. “Andiamo alla Messa, giochiamo alla wii, pranziamo fuori, ma quando cambierà la mia vita?”. Alle strette abbiamo cercato di proporre qualcosa per non infilarci in spiegazione assurde. Quando, con la velocità tipica dei bambini, ha trovato la sua macchina fotografica di legno per iniziare a fare foto finte. “Mamma è incredibile: Dio ti ha fatto così bella, ma nelle foto vieni sempre male, anzi malissimo!”. E forse coi bambini se ne esce solo così: non uscendone mai davvero, ma passando di sgomento in sgomento.
Dal Giornale del Popolo del 19 maggio

Il maschio che ha sbagliato il numero di scarpe, per la prima volta nella sua vita, si commuove di fronte alla politica di reso di Zalando: semplice, senza costi, a prova di bambino (e dunque di maschio). La collega in ufficio, intanto, disapprova ad alta voce lo shopping on line, rivendicando il gusto di girare per negozi e provarsi le cose in un camerino sudato con specchi truffaldini, anziché nell’impietoso comfort della propria casa, per poi restituire tutti gli eventuali articoli sbagliati senza nessuna difficoltà. Ognuno, sullo shopping on line, ha i suoi riti e le proprie credenze e contrariamente a quanto ci immaginiamo la pratica è più amata dai maschi che dalle femmine. Eppure temo che solo alcune (pochissime) di noi riescano a cascare in tutte le pubblicità ingannevoli di questo mondo, che abbondano sui social che frequentiamo pericolosamente. Qualcuna, addirittura, lo fa puntualmente ogni anno comprando un costume on line. Il modello sembra poco pericoloso, il pacco arriva ma non è accolto con il misto di emozione e giubilo che accoglie i fattorini nei nostri uffici. No: questo è a tutti gli effetti un pacco sospetto e la malcapitata lo guarda con paura e terrore di provarlo e scoprire l’amara verità. Perché la prova costume, non ha politica di reso customer friendly. Per nessuno. 

Io Chiara, tu Fedez

Dal Giornale del Popolo del 12 maggio

In una delle ultime dirette Instagram all'aba dall'ennesimo aeroporto, con le felpe di Gucci, gli occhiali da sole e il telefono sempre in mano, lui lamenta che alle cinque di mattina lei trovi li tempo e la voglia di filmare la loro attesa, lei ribatte che i suoi follower sono internazionali e per questo l'orario non è un problema per nessuno. I maliziosi dicono, infatti, che a spingere Fedez ha legarsi a Chiara Ferragni sia il bisogno di diventare famoso anche fuori dall'Italia, che per un rapper di Buccinasco-Rozzano è comunque una motivazione tutt'altro che banale. La proposta di matrimonio in diretta all'arena di Verona ha messo all'opera i nostri migliori commentatori, con l'obiettivo, ininfluente quanto ricercatissimo, di capire se tutto quello spettacolo fosse costruito. Tutti rispondono assolutamente sì, riservando un'espressione di compatimento a quelli che hanno qualche dubbio. Da quando seguo la coppia da milioni di follower, come tutti la chiamano, ho capito quanto faticosa sia la loro vita pensando seriamente a un titolo di dottorato per qualche valente studioso in comunicazione: Dell'impossibilità di non amare Fedez e Ferragni che si dedicano al proprio egocentrismo con uno zelo e una costanza che noi non riusciamo a mettere in campo neppure per le creature che abbiamo partorito. Loro hanno invece partorito e costruito con anni di sacrifici quello che sono. Certo, qualcuno obietterà che non si capisce che sacrificio sia vestirsi ogni giorno in un modo nuovo e diverso e fotografarsi con la bocca a cuore, lo sguardo complice, il sorriso spontaneo. Invece io li capisco. Il loro amore è certo più fotogenico dei nostri, ma ne condivide le gioie da Sandra e Raimondo. E forse, per questo, è più autentico di quanto pensiamo.

Come Filippo ed Elisabetta

Dal Giornale del Popolo del 5 maggio

All'annuncio di una conferenza stampa speciale di Buckingham Palace la mia rubrica contatti è letteralmente impazzita: non si dimetterà forse la regina? Il tempo e un po' di pazienza ci hanno fatto scoprire che ad essere prossimo a un ritiro dalla scena pubblica altri non è che il principe consorte di Queen Elizabeth. Di lui sappiamo che è un proverbiale gaffeur e che ha sempre recitato il ruolo del simpatico consorte, attirando costantemente su di se l'unica attenzione che gli poteva essere concessa: quella del "marito di" sempre perfetto in secondo piano. Così anche l'annuncio ufficiale della sua pensione (ma che lavoro farà mai? Continuiamo a chiederci noi plebei) non poteva che essere l'ennesima occasione per una bella fotogallery sulla regina. Ce le siamo gustate tutte continuando a domandarci quale possa essere l'occupazione principale di un regale consorte. E poi, all'improvviso, un'idea: che non abbia forse lo stesso ruolo dei nostri (certo meno regali) consorti? Consolare, ridimensionare, aggiustare, rimettere le cose nella giusta prospettiva cioè quella, tendenzialmente superficiale ma spesso provvidenziale, dei maschi di casa. Proseguendo nel parallelismo noi tutte dovremmo essere regine impassibili e dignitose, allergiche a scenate e uscite fuori luogo in pubblico. E con queste poche righe, ancora una volta, abbiamo dimostrato che certi maschi sono insostituibili; ancora più dei sudditi e del Regno. Insostituibili nel farci sentire piccole ma indispensabili regine.

Giudicare i matrimoni degli altri dall'alto (o dal basso) dei nostri

Dal Giornale del Popolo del 28 aprile

Nell’ampia documentazione sul candidato alla presidenza francese Macron e sua moglie (di svariati anni più grande di lui) la cosa più interessante l’ho sentita in tv. Pare che in occasione del loro matrimonio abbiano detto una frase del tipo “Non siamo come gli altri, non abbiamo avuto una storia normale. Però esistiamo”. Per un momento ho rischiato di appassionarmi a questa storia nel senso sbagliato: nel senso della libertà dell'amore, dell'impossibilità a contenerlo e indirizzarlo, nell'impossibilità di porvi dei limiti, a cominciare da quello dell'età. Ho rischiato insomma, un po' come tutti di questi tempi, di pensare che al cuore non si comanda e che c'è del romanticismo irresistibile nelle storie che lo dimostrano. Ed è davvero questo - mi sono domandata - che ci attrae nella storia di Macron e di sua moglie? Non è piuttosto l'idea di poter dire la nostra, di poter curiosare nella vita di due persone così in vista? E allora: che cosa c'entrano la giustizia dell'amore e la purezza dei sentimenti? O, peggio ancora, il presunto sessismo di chi fa notare che se ad essere enormemente più grande fosse stato l'uomo e non la donna nessuno si sarebbe scandalizzato? Certo che ci saremmo scandalizzati, o quanto meno avremmo avuto di che discutere. Perché, in fondo, l'amore non c'entra nulla coi principi né con la giustizia, ma solo con l'incontenibile curiosità di farsi gli affari degli altri e giudicarne i matrimoni dall'alto (o dal basso) dei nostri.