venerdì 17 luglio 2015

Un curriculum di grandi emozioni

Dal Giornale del Popolo del 17 luglio

E quindi ho cominciato dall’inizio. Luogo e data di nascita, indirizzo email e residenza. Nemmeno l’anno di nascita mi ha messo in imbarazzo come quello che è venuto dopo. Esperienze di lavoro, studi, competenze tecnologiche. L’area interessi personali non l’ho nemmeno presa in considerazione, perché ho talmente tanti interessi (specie da quando ho scoperto – non è mai troppo tardi – i romanzi di Elena Ferrante) che non ho tempo di compilare la sezione “interessi” sul curriculum e poi perché la ritenevo degradante come il momento in cui si chiede alle aspiranti Miss di dire qualcosa di sé. Dicci qualcosa di te, dimostraci che non sei completamente idiota e che possiamo votare le tue belle gambe e il tuo bel viso senza sentirci troppo in colpa. Dicci i tuoi interessi perché possiamo passare rassegna la tua vita spiattellata in un foglio word e scartarti perché hai citato il viaggio e la lettura tra i tuoi interessi personali. Se qualcuno in questo momento ha in mano il mio curriculum, insomma, saprà che ho studiato meno di quanto avrei dovuto, che ho perso tanto tempo e tanto ne ho guadagnato. Che ho passato molti anni della mia vita a raccontare storie e scrivere cose che non ci stanno in un curriculum. E ora vorrei attaccare una tiritera sul fatto che è ingiusto ridurre una persona a quello che fa e ai lavori che ha messo in fila. In realtà però il mio unico rammarico è che la capacità di comprare abiti e accessori non sia ritenuta una qualifica importante quanto la padronanza delle lingue. Perché io, amici, la lingua del consumismo non la parlo bene. La parlo benissimo. 

mercoledì 15 luglio 2015

Caldo, meno caldo ed esercizi di positività

Dal Giornale del Popolo del 10 luglio

C'è un'arietta benedetta che da respiro alle nostre ascelle e provoca risultati difficili da gestire. A cominciare dalla ridotta possibilità di lamento. Niente più utilizzi spropositati e diffusi del termine “canicola” (così di moda in questi tempi) se non per ricordare con ansia i giorni passati in cui c’era la canicola. “E siamo solo a luglio, signora mia!”. Senza caldo asfissiante non sappiamo più cosa dirci. Non è più come tre giorni fa, quando ogni chat e ogni uscita sui social era una gara a chi stava peggio: «36 gradi a Roma, come a Milano». «Sì ma vuoi mettere l’umidità?!». Si lamentano anche quelli che sono al lago o al mare, magari già coi piedi a mollo: «È caldo persino qui». E gli interlocutori cittadini rispondono con invidia e un pelino di astio: «Ti farei provare la vista cemento». Nessuno, e dico nessuno, che si senta più fortunato (o meno sfortunato) di altri. Nessuno e dico nessuno che pensi che a 36 gradi si sta meglio che a 38 e che stare in un ufficio a inventare sciocchezze è sempre meglio, con questo caldo, che stare a raccogliere pomodori in un campo schiantato dal sole. Tutto questo per dirmi che io mi sto esercitando alla positività, anche solo parziale: perdere 1kg è sempre meglio che perdere 800 grammi. O no?