giovedì 17 luglio 2014

La settimana più lunga

Dal Giornale del Popolo dell'11 luglio

Una settimana e tutto questo ci mancherà. L'agitazione da contagio, lo smarrimento di non sapere chi tifare dopo che un destino crudele ha fatto fuori nazionali e pure squadre preferite di primo e secondo ordine costringendoci ad abbassarci a quella pratica che disconoscevamo fino a pochi giorni fa: il tifo contro. Una settimana e i nostri uomini penseranno già al calcio mercato mentre noi discetteremo su quale gelateria produca il limone migliore nelle località di mare e quali libri portarci dietro per le vacanze. Una settimana e sapremo se questa coppa del mondo è restata in Europa o se ne è andata dall'altra parte del mondo. Una settimana e sicuramente ne parleremo ancora, ma come si parla dei vestiti degli invitati a un matrimonio importante e con quell'elemento che rende irresistibili le conversazioni dei saputelli sotto l'ombrellone: il senno di poi. Una settimana e rimpiangeremo le nottate a guardare le partite giusto per non andare a dormire in solitudine e ostenteremo anche una specie di interesse per il prossimo evento calcistico in grado di trascinare le donne nel terreno degli uomini. Ma soprattutto: una settimana e sapremo se davvero la proposta indecente della moglie del portiere argentino si è avverata. Lei, che ha promesso il marito alla cantante Rihanna per una settimana in caso di vittoria del mondiale, è forse l'unica per cui questa settimana rischia di essere più interminabile dell'attesa della finale. 

L'estate del bambino è sempre più verde

Dal Giornale del Popolo del 4 luglio

Abbiamo fatto le valigie e siamo partite alla volta di una trasferta lunghissima, la più lunga della nostra vita fino ad ora. Pare infatti che sia doveroso offrire ai bambini una scorta di aria buona e verde che gli basti per tutto l'inverno. È lo scotto da pagare per chi ha deciso di vivere in città. Sorvolando sul fatto che dopo due giorni di aria buona e tanto verde quanto i nostri sensi ne possano sopportare siamo in una giungla di bronchiti e nasi che colano, c'è da domandarsi se la terapia sia valida per tutti. Se davvero essere responsabili dell'estate dei più piccoli significhi portarli in posti dove non vivranno mai. Perché qui non stiamo parlando di una vacanza, dove adulti e bambini partono alla volta di non so dove. Qui stiamo parlando di uno schema di vita da grande città, dove i maschi restano al lavoro e le donne con prole, come gli sfollati di una guerra, si trasferiscono a portata di mare, presso parenti compiacenti o appartamenti affittati a lungo termine. Abbiamo cercato di ricreare tutte le comodità possibili, persino le zie a fare da babysitter gratuite alla bisogna. E qualcuno dirà che siamo sempre a lamentarci, ma c'è qualcosa di terribilmente fastidioso nel non essere a casa propria. E sarà la connessione wifi che non funziona a dovere e sarà che per prendere un giornale bisogna fare cinque minuti di macchina. E sarà che il mare è bello ma la prima volta che ci siamo andate abbiamo fatto due ore di preparazione per un'ora di spiaggia. Ma la prossima estate potremmo passarla ereticamente in città. Adulti e bambini a condividere lo stesso, caldissimo e asfaltosissimo, destino.   

Tesoro, c'è un sacchetto nel bagagliaio

Dal Giornale del Popolo del 27 giugno

Su una cosa sono sempre stati d'accordo: no alla cassa da morto, quella specie di appendice del bagagliaio collocata sopra il tetto della macchina che sembra un destino inevitabile per le famiglie con figli. E invece loro, quattro pargoli e una pericolosa maggioranza femminile, non hanno mai ceduto. Ed è per non cedere su quell'unico principio che la battaglia si è fatta da anni campale, centimetro per centimetro nell'abitacolo e nel bagagliaio. Hanno accantonato anche i soliti siparietti sulle scarpe: lui due, lei otto. Lui ha rinunciato all'annuale battuta: ma cosa te ne fai che tanto non usciamo mai? Lei ha accettato l'evidenza che non avrà mai abbastanza occasioni per indossare tutto quello che porta in valigia. È una forma di pace anche questa e tutto va liscio almeno fino alla mattina della partenza, quando a lui tocca caricare le valigie faticosamente preparate da lei. E lì, quando sotto il bagagliaio aperto si assiepano quattro valigie medie e cinque sacchetti, lui perde il controllo. Il sacchetto delle scarpe, quello dei giochi del mare, quello per libri e riviste, il sacchetto per le cose dell'ultimo minuto. Volano stracci, parole pesanti. Lei che spiega l'infinita duttilità del sacchetto («possiamo schiacciarlo sotto il sedile o anche darlo in mano a uno dei bambini»), lui che esamina mentalmente le opzioni che gli restano prima della violenza. E immagina di trasformare la macchina in un volo Ryan Air con un limite inflessibile sui bagagli a mano.