giovedì 30 aprile 2009

La signora e la canzone

Domandarsi perché abbia sentito il bisogno di scrivere all'Ansa è come chiedersi perché si tirano i piatti anziché intavolare una discussione piena di congiuntivi. Quindi ammirazione e invidia per Veronica. Perché al diavolo la discrezione se hai superato la mezz'età e hai un marito che fa lo splendido in giro per il mondo non si vede perché dovresti piangere sulla spalla di fidate amiche invece che sputtanarlo urbi et orbi. E chissenefrega se fai più male a te stessa che a lui, non è mica come la vendetta, la rabbia. Quella si gusta, questa si spara a cannonate senza prendere la mira. Ora voi direte che Veronica è l'unica opposizione a Berlusconi che questo paese sia in grado di produrre, oppure che non può azzardarsi a parlare perché anche lei ha un passato da attricetta, potreste addirittura scandalizzarvi, come me, per il pregiudizio latente dietro a tutti i papiri livorosi di Aspesi e Ravere e cioè che i diritti (delle donne) sono una conseguenza del cervello, la cui esistenza non può che essere certificata da tette piccole mai mostrate in tv, occhiali spessi e, se sei proprio un premio nobel, pure scarsa propensione alla ceretta (e di tutto ciò Veronica sarebbe la negazione, quindi la redenzione dell'attrice: un caso da studiare). Tutto verissimo e sacrosanto. Solo che «La signora ha creduto ai giornali di sinistra». Il solito cavaliere con la fissa dei comunisti? No, il solito maschio che nemmeno ti dà la soddisfazione di litigare. Che mentre gridi contro quello che ha detto cinque minuti fa cerca la canzone giusta alla radio e al massimo ti concede un “non vedo il problema” dieci minuti dopo. Tu hai la Aspesi dalla tua parte, lui la canzone giusta. O le liste giuste alle Europee, che, in fondo, non è mica tanto diverso.

venerdì 24 aprile 2009

Canzonate

Dal GdP del 24 aprile
Io nelle canzonette ci ho sempre creduto. Perché scandiscono la vita di noialtre inchiodate alla cultura popolare. Il “se non uccide fortifica” di Tiziano Ferro è così importante eppure così assurdo che andrebbe insegnato nelle scuole. Lo stesso si potrebbe dire di “ogni cicatrice è un autografo di Dio” (Jovanotti). Mentre dio solo sa quanto mi arrabbio ascoltando Riderà di Little Tony, ché non c'è storia più assurda dell'omaccione che se ne va per il tuo bene, lasciandoti nelle mani del bravo ragazzo assicurato contro le cattiverie (siamo nell'ipocrita filone del "ti ho fatto male per non farne alla tua vita"). È come se ti togliessero da una Ferrari mentre tu hai una gran fretta e chiudendo lo sportello della Cinquecento dicessero: «Tranquilla, che prima o poi arrivi». Mi arrabbio molto (sono una che si scalda per le cose importanti, che volete) anche con Farewell di Guccini perché “il peccato fu creder speciale una storia normale” è la cosa più falsa e cattiva che puoi dire alla fine di una storia. Qualche giorno fa i giornali di gossip hanno scritto ciò che si vociferava da tempo, e cioè che è giunta al capolinea la storia d'amore tra Simona Cavallari e Daniele Silvestri. Lei attrice di tante fiction di mafia (dalla Piovra in poi), lui cantautore carino e politicamente impegnato. Lo seguivamo distrattamente fino a quei versi incredibili, scritti proprio agli inizi della storia con lei: «Le cose che abbiamo in comune sono quattromilaottocentocinquanta, le conto da sempre da quando mi hai detto: “ma dai, pure tu sei degli anni Sessanta”. Abbiamo due braccia, due mani, due gambe, due piedi due orecchie ed un solo cervello soltanto lo sguardo non è proprio uguale perché il mio è normale, ma il tuo (PAUSA) è troppo bello». E lo so che è sciocco come interrogarsi sulla veridicità dei reality, ma io non riesco più ad ascoltare quella canzone senza commuovermi. Come direbbe Tiziano Ferrro “sarà la primavera”?

lunedì 20 aprile 2009

E tutto va come deve andare

X-Factor incorona il ricciolone Matteo Beccucci. Secondi i Bastardi, che oggettivamente ci avevano rapito il cuore. Non indignatevi, il secondo è il posto dei migliori, quelli che si prendono il successo e scampano d'un soffio all'onta del trionfo in un talent show troppo popolare per certi ambienti (Quello di Elio e le storie tese a Sanremo è un'ottimo caso di studio). Insomma il secondo è sempre il migliore (E vabbè, dai, fatelo sapere anche a Toto Cutugno...).
Stamattina mi hanno chiesto: «E Baldini vincitore della Fattoria?». Rispondo qui una volta per tutte: «La Fattoria? No conosco».

venerdì 17 aprile 2009

Buttato in politica

Libero seppellisce in mezzo al giornale la notizia del giorno: Fabrizio Corona si candida alle Europee. Con la Fiamma. Incredulità e disorientamento.

venerdì 10 aprile 2009

L'amore incartato

Dal Giornale del Popolo del 10 aprile
Usciva a mani vuote da un negozio di lusso ricercato quando disse all'amica, felicemente fidanzata, «ma a che servono i fidanzati se non a regalarti cose che tu non potresti mai comprarti?». L'amica fidanzata pensò molto a lungo alla domanda della compare single senza arrivare a nessuna conclusione, se non quella che un fidanzato danaroso sia il miglior investimento per una ragazza. Un Esopo in tacco otto narra che l'indegna leggenda che vuole le femmine irresistibilmente attratte dall'esemplare ricco del maschio sia nata così. Ma il tema dei “regali tra fidanzati” c'entra ben poco con i soldi. C'è il regalo boomerang. State per sposarvi? Regalatevi a vicenda un televisore e la lista nozze sarà più leggera. C'è il regalo pilotato: lei lo porta in giro per negozi facendo gli occhi dolci a ogni vetrina e poi chi ha orecchi per intendere, spenda. C'è il regalo teleamicaguidato: lui interpella l'amica del cuore la quale si sobbarca l'incombenza di indirizzare l'investimento. Non manca il regalo di buona volontà: lui si tura il naso, va in un negozio da donne e come un agnello sacrificale si lascia guidare dall'esercito di commesse. Quando lei scarterà sarà commossa da tutta quella generosità (attribuibile in parti eguali all'amore di lui e alla circonvenzione di incapace operata dalle arpie in tailleur nero) e nel suo cuore penserà a cosa si sarebbe comprata da sola con tutti quei soldi. Poi c'è il regalo minimal, il più amato da alcune. Quelle che da lui non vogliono niente che si indossi, perché lui non dovrà mai sapere quanto costano quegli straccetti no logo che lei sfoggia. Lui non dovrà mai sapere e il fatto che non possa nemmeno immaginarlo è la migliore garanzia della sua eterosessualità.

venerdì 3 aprile 2009

Questione di allenamento

Dal Giornale del Popolo del 3 aprile
Una donna che si interessa al calcio è come un uomo che ti trotterella dietro per i negozi: inutile eccesso di zelo buono (forse) per l'inizio di una storia. Però se in una sola serata hai conosciuto già dieci condomini, equamente suddivisi tra pensionati e avvocati non fascinosi e ammogliati, hai saltato la cena e aspetti una telefonata che non arriva, può persino capitarti di vedere Mourinho da Chiambretti. Il fascinoso allenatore dell'Inter ha tutte le carte in regola per piacere a una ragazza di oggi: è bellamente stronzo, stronzamente bello e di poche parole. Queste tre cose mediamente bastano per aggiungere l'ultimo mortale aggettivo: è molto intelligente. Si diceva così del più burbero della classe: sai, è molto intelligente, bisbigliando tra sé la diagnosi di una malattia rara e non contagiosa. Di più: non sorride mai. E questo è fondamentale. Perché se il più figo del circondario non sorride mai la pratica va evasa al più presto. Non penserai mica che lo faccia per indole, per carattere? Certo che no. È che nessuno gli ha mai dato un motivo valido per sganasciarsi dalle risate. Esattamente come il don Giovanni che non s'è accasato perché non ha mai trovato una donna che valesse il folle volo. In entrambi i casi una ragazza di oggi si candida volentieri ad essere, alternativamente ma con eguale effetto, la più simpatica umorista o la prima e ultima sedotta non abbandonata, la prova provata che lui non è stronzo ma lo disegnano così, la depositaria unica, indistruttibile e discreta della verità del suo cuore, la spettatrice privilegiata dei suoi rari sorrisi. Siamo allenate agli stronzi, è la sfida che ci piace di più. Ci fanno sentire così special One.