Dal Giornale del Popolo del 30 novembre
C'è
gente che guarda le suole delle tue scarpe più belle. Le esamina.
Cerca di immaginare quanto possano costare e le divide per le volte
in cui le hai indossate, desumendo il dato dal grado di usura delle
suole. Ne ricavano una sorta di coefficiente di ragionevolezza della
spesa che viene usato contro di te: che senso ha spendere così tanto per
scarpe che indossi così poco? In questi giorni gente di quella risma
si sta esercitando sull'ultima fatica di Lorenzo Jovanotti Cherubini.
«Perché alla fine – dicono - si tratta di 93 euro e le canzoni nuove sono otto». Non ha senso mettersi
sul loro stesso piano ed elencare i beni contenuti nel cofanetto
deluxe: dalle copertine firmate Cattelan ai contenuti speciali audio
e video. Non ha senso raccontargli che è un'antologia con tutto
quello che di esaltante e pericoloso una parola del genere significa.
Non ha senso perché loro praticano l'addizione e la divisione
laddove non esiste il calcolo. Tra i fan di Jovanotti ci siamo noi e
ci sono gli altri. Negli anni il fronte degli altri si è diviso nei
maschi che ne apprezzano i musicisti validi pur criticandone il
pensiero positivo e quelli talmente alternativi da dire che lo hanno
amato solo fino a La mia moto. Insomma: ci sono gli altri,
bendisposti solo a patto di poter circoscrivere il loro
apprezzamento, e poi ci siamo noi. Noi che sognavamo uno che ci
promettesse «mettiti con me non sarò un figlio di puttana», come
lui cantava a metà anni Novanta con quella Serenata rap che
ascoltata oggi ha l'effetto di un’indigestione di madeleine di
Proust. Noi che siamo diventate grandi autodedicandoci le sue canzoni
per donne lunatiche. Donne lunatiche che solo su qualche scarpa e
qualche cantante non hanno mai cambiato idea.