venerdì 20 febbraio 2015

Il tuo mondo in un ufficio


Dal Giornale del Popolo del 20 febbraio
Nell’ultimo cassetto ci sono i cucchiaini per lo yogurt, lo spazzolino da denti, un’aspirina, un paio di bustine di tè. Persino un deodorante spray da diffondere discretamente nell’ambiente quando l’ascella del vicino di scrivania si fa troppo invadente. Sarà perché tutto sommato ci trascorriamo più tempo che a casa, ma nei nostri uffici ricreiamo un po’ del nostro ambiente, facendo provviste di oggetti di prima necessità, segnando il territorio con oggetti che dicano chi siamo. Dalle foto ai disegni dei bambini, passando per i fiori e i ricordi. Per questo cambiare scrivania è un po’ morire e fa paura come un trasloco dalla casa di una vita. Ritrovi cose sepolte sotto anni di polvere e ricordi. Ho visto ragazze piangere al momento di firmare una lettera di dimissioni, altre farsi venire gli occhi lucidi perché il capo le ha spostate al piano di sotto, lontano dai colleghi con cui condivideva i cucchiaini per lo yogurt. Cambiano vita, si ritrovano in ufficio con poche finestre e aria pesante. E il primo giorno non mangiano per non sbagliare, poi la fame vince e si aggregano a chi sta uscendo per un panino. Fino a che una mattina non arrivano abbastanza presto da origliare i discorsi alla macchinetta del caffè. E così, tra Cinquanta sfumature di grigio e dissertazioni sulle ultime tendenze della depilazione, capiscono che forse tutto il mondo è paese. Un paese dove i grafici hanno sempre qualcosa da ridire sulle foto che gli sottoponi e i tecnici dei computer insultano chi usa i Mac.

venerdì 13 febbraio 2015

Sanremo è uno specchio. E allo specchio non ci si piace mai

Dal Giornale del Popolo del 13 febbraio

Che sia per insultare gli zotici che non lo capiscono o per biasimare gli zotici che lo guardano. Che sia per reale passione per Anna Tatangelo o per vezzo ultra snob di intrattenersi con manifestazioni care alla massa. Che sia per colpa del brutto tempo o per colpa del franco messo com'è (ché ormai se parli di qualunque cosa senza mettere in mezzo valutazioni di politica monetaria da quattro soldi non sei nessuno). Insomma: qualunque sia il motivo, di Sanremo bisogna parlare. È pur sempre un festival e della canzone italiana e qui si scrive in italiano. Perciò: Arisa è più infastidente di un secchio di sabbia nel costume; Emma impalata, Charlize Theron di una bellezza imbarazzante, con l'unica colpa di non aver trascinato sul palco dell'Ariston anche quel pezzo d'uomo di Sean Penn (suo attuale fidanzato). La famiglia con 16 figli e il cantante dal genere sessuale indefinito scelti con la logica della par condicio dei fenomeni da baraccone. Carlo Conti funziona, ma vuoi mettere quanto ci divertivamo l'anno scorso a prendercela con Fazio? O anni fa quando il direttore artistico era Tony Renis e Giuliano Ferrara lo definì il Gramsci di Berlusconi? Alternativamente ogni anno rimpiangiamo il festival quando era di sinistra, quando era di destra, quando aveva ospiti costosi, quando ne aveva di low cost, quando le vallette si presentavano scosciate o coperte come per andare alla Messa. Come ogni anno dà un senso al nostro essere su Twitter, a cercare la battuta fulminante da digitare velocemente, almeno prima di addormentarci. Sempre a dire come sarebbe stato meglio se. Perché è uno specchio. E allo specchio, si sa, non ci si piace mai.

Uscirà il sole, come dice Barbara D'Urso

Dal Giornale del Popolo del 6 febbraio

Passerà. È sempre stata la mia terapia segreta per più o meno qualunque cosa. Resto convinta che sia una filosofia di vita niente male, applicabile (con la leggerezza e il buon senso che andrebbero venduti in ogni supermercato) ai campi più diversi del nostro esistere. Passerà questa moda dei risvolti ai pantaloni, passerà la mania dei tatuaggi e ci ritroveremo over 80 col deambulatore eun teschio sull'avambraccio o un fiocchetto nella nuca. Passerà quest'età in cui sembra impossibile fare dei figli e lavorare e voler fare tutte e due le cose senza essere accusati di maternità irresponsabile o di manie carrieriste. Passerà questa lunga Isola dei Famosi in cui ogni cocco e ogni onda del mare ci ricordano Simona Ventura, con lo stesso turbamento con cui ogni maglietta di gioventù ci ricorda un concerto vissuto con qualcuno di importante. Passerà la mania antiossidante e ci ritroveremo a regalare agli amici il succo di melograno e le bacche di Goji. Passerà il risentimento per quei regali di Natale e compleanno che non sono ancora arrivati e forse anche quello per aver ricevuto in dono un libro in edizione economica e persino usato. Passerà l'inverno e come dice Barbara D'Urso “Tanto prima o poi esce il sole”. Tornerà primavera. E non ci sembrerà così grave avere la stessa filosofia di vita di Barbara D'Urso.