Da Ticino7 del 5 aprile 2019
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Mentre le più temerarie si prenotavano per accarezzare le
tigri, le meno coraggiose giuravano di non scendere dalla macchina alla
presenza di un qualunque animale feroce. È bastato parcheggiare nelle vicinanze
del tendone per far capire alle bambine che in vista non c’erano brividi né
pericoli. Al circo, almeno in quello in uno sperduto paesino della provincia
italiana in cui siamo finiti noi per caso, la specie più a rischio è quella
umana. Non immaginate un grande circo di quelli a cui siamo abituati noi.
Immaginate un tendone sfinito, che ad ogni angolo racconta la gloria dei tempi
che furono, quelli in cui intorno alla pista si assiepavano migliaia di posti e
dietro le quinte vivevano decine di animali esotici. Poi il tempo è passato, la
gente ha iniziato a cambiare abitudini e il successo si è perso per strada.
Il direttore del circo indossa un simil frac bordato di
lustrini, la voce impostata e l’occhio di vetro corredano un portamento fiero
che nessuno può apprezzare a dovere. “Se il nostro spettacolo vi è piaciuto
ditelo a tutti i vostri amici e fateci tantissima pubblicità!”, ripete ad ogni
pausa, mentre la trapezista si cambia d’abito per tornare in pista ad
ammaestrare i pappagalli.
Mangiando le patatine nel nostro posto in prima fila (il bello
di un circo in decadenza è che esistono solo posti in prima fila) abbiamo
osservato uno spettacolo intriso di fierezza e malinconia. Le cosce tornite
della ballerina, lo sguardo spento della domatrice e quello fiero dei cavalli, l’ironia
del pappagallo deciso a boicottare il numero rifiutandosi di pedalare sulla
bicicletta. Artisti e animali si esibiscono come se avessero di fronte
centinaia di spettatori, galvanizzati dai riflettori e indifferenti all’odore
persistente del letame.
C’è qualcosa di tremendamente malinconico e fiero in questo
spettacolo portato avanti non solo dal mestiere o dall’abitudine ma dalle fede
incrollabile nell’arte di cavarsela, domare, riuscire. Con grazia e sprezzo del
pericolo. Pensi che, anche se in un paesino di poche anime e con un incasso di
pochi soldi, l’equilibrista mette la sua vita in mano a quel giovane muscoloso
che fissa le corde prima che inizi il numero. Pensi a quanto coraggio ci voglia
per farlo. Come nella vita, sotto i riflettori nonostante l’odore di letame.
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