venerdì 4 dicembre 2009

Mutanda capitale

Dal Giornale del Popolo del 4 dicembre
Non c'è cosa più incomprensibile della lingerie. In giro sentirete mogli frustrate per l'indifferenza dei mariti dall'ultimo completino intrigante acquistato. A queste si alternano quelle che sostengono di non voler indossare altro che biancheria di cotone bianco o nero, ché “essere a proprio agio è la cosa più importante e a lui piaccio così”. In genere le prime guardano le seconde con compassione, le seconde rispondono con sdegno. Una lingerie da nonna è la morte della femminilità, lo sfoggio di una semplicità al limite della retorica, corrispettivo nell'underwear di coloro che credono che la bellezza sia fatta di acqua, sapone e semplicità. Viceversa, un completino da diva tutto veli e trasparenze è la velleità estrema di colei che si ostina a immaginarsi protagonista di un film tutto seduzioni e trottolini amorosi, in cui lui torna a casa sempre con l'occhio languido e non con l'insopprimibile desiderio di impugnare il telecomando e comunque l'importante è “farsi belle per se stesse”. Ci sono due scuole di pensiero, insomma. Ieri erano tutte all'H&M di Milano ad aspettare la collezione di intimo disegnata da Sonia Rykiel (là ficcanaso era lì per voi, in avanscoperta). Domani saranno tutte negli H&M del resto del mondo (Svizzera compresa) a fare la stessa cosa. Sì perché non importa a quale scuola di pensiero una donna appartenga, il richiamo della biancheria intima suona per tutte indistintamente (sarà per questo che Sonia Rykiel ha presentato capi che ammiccano apparentemente a entrambe le scuole di pensiero?). In mezzo a quegli scaffali di capi disegnati da una grande stilista per una catena di abbigliamento low cost troverete ragazze con in mano le cose più disparate. E a chiedersi come hanno fatto a spendere un capitale in mutande.

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