giovedì 1 luglio 2010

Non c'è niente di assurdo perché può morire chiunque e moriremo tutti. Non c'è niente da dire perché peggio che il genere letterario-giornalistico del coccodrillo c'è solo il nuovo genere (appena inaugurato) del coccodrillo del personaggio di reality. Pietro Taricone è stato il primo anche in questo suo tragico finire. Hanno detto che è stato uno dei pochi usciti dal Grande Fratello a costruirsi una carriera degna di questo nome e probabilmente è vero. Sappiamo che era un bravo ragazzo, che era sincero, che era guascone e scorretto, maschio e muscoloso, sappiamo anche che era forse un po' fascistello, poco televisivo e dunque proprio per questo estremamente efficace nel piccolo schermo. Sappiamo che aveva molti pregi che qualcuno considerava difetti e molti difetti che qualcuno considerava pregi, come tutti noi. Sappiamo molte cose e non sappiamo niente come accade per tutti i personaggi che spiamo in tv e sui giornali. Più di tutto non sappiamo capacitarci del fatto che stiamo usando il passato per uno che è sempre stato coniugato al presente e al futuro. Taricone ci conquistava perché era incorreggibile e gentile, ci piaceva per quel suo modo di difendere la famiglia, gli affetti, i cavalli, la privacy, il mestiere di attore faticosamente conquistato. Oggi pensiamo che nessuno meriterebbe di essere pianto su Facebook o ricordato a colpi di click. Tanto meno da noi. Sappiamo che nessuno lo merita ma lui avrebbe spazzato via la nostra indignazione da quattro soldi con una tariconata ben assestata. Arrivederci, Pietro.

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