mercoledì 1 settembre 2010

Facebook e i paletti

Dal Giornale del Popolo del 26 agosto
La Germania potrebbe approvare una legge che impedirebbe ai datori di lavoro di controllare Facebook e altri social network per studiare i profili delle persone in cerca di un'assunzione presso le loro aziende. Gli addetti alle assunzioni che non si accontentassero delle ottime conoscenze del pacchetto Office certificate dai nostri curriculum, dovranno trovare altri mezzi per sapere con chi hanno a che fare. Francamente non dovrei occuparmi di questo tema, perché non possiedo un profilo Facebook per via di quel mix di pigrizia, diffidenza e snobismo che guida la mia vita. Eppure il tema mi inquieta, anche perché appartengo all'orrida razza di coloro che snobbano Facebook ma non disdegnano periodici giretti di ricognizione con gli account delle amiche. E dunque dall'alto dell'esperienza di una ficcanaso coi fiocchi che dico che il tentativo di introdurre privacy e regole in quella bailamme di foto, commenti, chat, status e amicizie è inutile e perfino sottilmente totalitario. Sbirciavo i profili di alcune conoscenti, l'altro giorno. E santo Iddio se possedessi un'azienda non assumerei mai nessuno che si fotografa di tre quarti in bikini come Lory del Santo ai tempi dell'Isola. Nessuno che renda pubblici autoscatti improbabili. E già che ci siamo sfatiamo il mito che le foto che mettiamo sui social network ci fanno apparire bellissime. La vanità di apparire offusca persino il senso estetico e, ragazze mie diciamocelo, certe volte pubblicate cose che vi procurano una pessima pubblicità e non solo con potenziali datori di lavoro. Insomma se hai voluto un account Facebook ti esponi per definizione al rischio dello spionaggio aziendale e sentimentale. Sanzionarlo è ingiusto. Anche perché sono a un passo da convincere un'amica a chiedere l'amicizia al tizio che mi spezzò il cuore alle elementari e non intendo farmi sfuggire le sue foto per niente al mondo.

Nessun commento: