giovedì 12 aprile 2012

Beautiful ha dei princìpi

Sul Giornale del Popolo del 29 marzo è iniziata la fenomenologia di Beautiful firmata dalla Ficcanaso. Stiamo riflettendo sull'opportunità di avviare un dottorato di ricerca sul tema.
Diffidate di chi dice di non aver mai perso una puntata. Uno dei segreti di Beautiful è proprio il non richiedere allo spettatore quella fedeltà che nessuno dei suoi protagonisti conosce né pratica. Si possono passare mesi o anni senza guardarlo, poi basta capitare un giorno per caso su Canale 5 dopo pranzo ed è come tornare in un locale un tempo amato e frequentato assiduamente. Possono esserci personaggi nuovi e intrighi freschi, ma lo schema comportamentale è sempre lo stesso e generalmente è basato su alcuni princìpi rassicuranti che si ripetono negli anni e che ci hanno più volte fatto ripetere che Beautiful è come il greco e il latino: insegna il metodo. Primo: la famiglia viene prima di tutto. Non c'è tradimento, sotterfugio, bassezza che non sia motivato dalla pretesa salvaguardia della famiglia come bene supremo. L'unità della famiglia è ben più importante della sua composizione, dunque piuttosto che rischiare di romperla (la famiglia) è sempre meglio allargarla. Tanto i dividendi aziendali ci sono per tutti. A Beautiful l'amore trionfa per contratto e non sono ammesse turpitudini come l'incesto. Nel caso in cui ve ne sia l'orribile sospetto si ricorre al test di paternità. E qui siamo a un altro caposaldo della soap che ha da poco compiuto venticinque anni: nessun padre può essere ragionevolmente chiamato tale fino a che non ci sia un test di paternità ad attestarlo. E così si apre il gustoso capitolo dei test del dna manomessi, perché Forrester e compagnia sono degli amatori tali che non si contano le donne che sostengono di portare in grembo un frutto del loro seme. Perché Beautiful, a suo modo, è rigorosamente pro life. (1. Continua)

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