Dal Giornale del Popolo del 3 agosto
Da giorni o forse da settimane (ormai la concezione del tempo non esiste
più) molte di noi si sforzano di capire a cosa servano. Afferrarne il senso
servirebbe a giustificare l'attrazione che esercitano sui tizi con cui
condividiamo occasionalmente i nostri divani. Insomma, esattamente come quattro
anni fa siamo qui a chiederci cos'abbiano di tanto divertente le acrobazie
delle ginnaste cinesi, il tiro con l'arco, la canoa, il lancio del peso. Non
basta il caldo, né l'asfissia dei palinsesti estivi a spiegare i pomeriggi
interi passati davanti alla televisione e la consultazione continua del
medagliere Per noi che ancora piangiamo sul mare perduto, il confino in casa
non viene alleviato da quegli annunci gongolanti: «C'è la gara di carabina da
dieci metri». Neanche il tempo di cercare “carabina” su Google immagini e siamo
già al tiro con l'arco, che evidentemente qualcuno ha continuato a praticare
dopo Robin Hood. Se esistessero specialità come il tiro all'ex fidanzato, i
cento metri su tacco dieci centimetri, lo sputo su passante da cinque metri,
loro conoscerebbero le regole e ce le spiegherebbero come si insegna a leggere
a un bambino. Con buone dosi di pazienza e ammirevole coscienza della
crucialità dell'impresa. Ovviamente il punto non è creare in noi un interesse,
ma fare sfoggio della propria scienza. La nostra indifferenza serve a farli
sentire i re della foresta, quelli che la competizione ce l'hanno nel sangue
come si addice ai predatori della specie. Le Olimpiadi servono a ricordarci che
i maschi sono maschi e le femmine sono femmine. Hai visto mai che in quattro
anni qualcuno se lo fosse dimenticato.
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