domenica 11 ottobre 2015

Quelli che fondano start up e quelli che sognano scrivanie

Dal Giornale del Popolo del 9 ottobre

Tizio se n’è andato. Chi resta, nell’ufficio grigio, racconta che ha mollato tutto per fondare una start up. Gli impiegati guardano quelli che hanno preso il volo con gli occhi sognanti e l’immaginazione che galoppa. Si figurano uffici piccoli ma abitati dal design, palestre di creatività, flessibilità lavorativa, il brivido di chi mette in pratica la propria idea sperando ardentemente che sia quella giusta. L’azzardo di essere capi di se stessi e, in qualche caso, anche di altri. In un attimo si passa a far parte della tribù di quelli che gestiscono il proprio tempo, che lavorano da casa e lo raccontano come chi ha trovato l’America nella liberazione dagli orari d’ufficio. Dicono che in questi anni di crisi, cambiamenti, internet, rivoluzione digitale e varietà 2.0, la strada sia questa: tenere aperte sempre tante porte, non fermarsi mai e morettianamente, fare cose, vedere gente. Quelli che il tempo non vogliono per niente organizzarlo, ma solo occuparlo, rimangono nel paleolitico. Quelli che vorrebbero una scrivania, un ufficio, e non si rassegnano al fatto che iniziare a lavorare significhi aprire il computer e sedersi al tavolo da pranzo. Temono che le lunghe sessioni di ricerca di buone idee per emettere fattura li portino solo a guadagnare in massa grassa. Temono una marea di cose. Però in questi giorni di cambio dell’armadio, in questi giorni in cui hanno scosso la testa di fronte ad abiti meravigliosi che non si meritavano un’estate così breve, hanno capito che non hanno un guardaroba da disoccupati. E questo, capirete, è un passo importante.

Nessun commento: