mercoledì 24 settembre 2014

Tesoro, facciamo i conti. In margine a un matrimonio tra Puglia e Liguria

Dal Giornale del Popolo del 19 settembre

Lei dice che è il suo modo di vivere da donna indipendente, che ha badato a se stessa ben oltre l'adolescenza ed è abituata così. Lui sostiene (giurando che le origini pugliesi non c'entrano nulla) che ora che stanno per sposarsi e avranno tutto in comune, ha senso che anche i conti in banca siano uniti nel sacro vincolo della solidarietà coniugale. Lei sa per certo che lui non controllerà, che non è uno di quelli che starebbe lì a farle le pulci per un paio di scarpe. Lui conosce la misura della sua futura moglie, che certo non può essere definita una scialacquatrice. Azzarda che la sua fiera difesa del conto personale sia il risultato delle sue origini liguri ma lei nega. C'è di mezzo la riservatezza, un modo di vivere, una gestione della propria vita ormai consolidata, tutti elementi che mancavano quando ci si sposava poco più che bambini. Ora non è più così. Il mondo si è talmente evoluto che le partecipazioni si fanno autonomamente su internet, i parenti sono invitati solo fino al primo grado (un bel sollievo per il portafoglio se uno dei due ha ascendenze non esattamente nordeuropee) e agli invitati non è richiesto l'abito lungo ma solo il decoro di non presentarsi ignude come Belen al matrimonio della Canalis Ecco. Il mondo è cambiato. I conti saranno separati e soprattutto non c'è alcuna possibilità che gli ospiti se ne tornino a casa con un accendino con immagine di padre Pio come bomboniera.

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